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Vangelo, Accoglienza dello Straniero e Interpretazione Simbolica

Interpretare il racconto biblico in modo allegorico o simbolico significa considerare che il testo biblico non debba essere inteso letteralmente, come una descrizione storica o scientifica degli eventi, ma piuttosto come un racconto che comunica verità spirituali o teologiche più profonde attraverso l’uso di simboli o metafore.

L'Interpretazione Allegorica e Simbolica

Quando si adotta un’interpretazione allegorica, si cerca di trovare significati più ampi o simbolici dietro i racconti biblici.

Ad esempio, nel caso del racconto biblico della creazione, un’interpretazione allegorica potrebbe considerare i giorni della creazione come rappresentazioni simboliche di diverse fasi o aspetti del processo creativo divino, piuttosto che come periodi di 24 ore letterali. Questa interpretazione simbolica potrebbe enfatizzare il messaggio teologico che Dio è il creatore di tutto ciò che esiste, piuttosto che discutere dettagli scientifici o temporali specifici.

L’interpretazione simbolica, d’altra parte, cerca di individuare i simboli o le immagini presenti nel racconto biblico e li considera come mezzi attraverso i quali verità più profonde possono essere comunicate.

Ad esempio, il racconto della caduta dell’umanità nel libro della Genesi potrebbe essere interpretato simbolicamente per rappresentare l’alienazione dell’umanità da Dio e l’entrata del peccato nel mondo, piuttosto che come un evento storico preciso.

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L’interpretazione allegorica o simbolica è spesso utilizzata per conciliare le narrazioni bibliche con le scoperte scientifiche o per affrontare questioni complesse che non possono essere affrontate in modo letterale. Questo approccio consente di mantenere la rilevanza del testo biblico e di trarre insegnamenti spirituali senza entrare in conflitto con le conoscenze scientifiche o storiche.

Tuttavia, è importante sottolineare che l’interpretazione allegorica o simbolica non è l’unica prospettiva interpretativa e che ci sono altre correnti di pensiero che adottano un’interpretazione più letterale dei testi biblici. La scelta interpretativa dipende spesso dalle credenze, dalle tradizioni e dagli obiettivi specifici dell’interprete.

Simboli e Metafore nella Bibbia

La Bibbia è ricca di simboli e metafore che sono utilizzati per comunicare idee complesse e verità spirituali. Alcuni esempi includono:

  • Luce: La luce è spesso utilizzata come simbolo di verità, saggezza, guida divina e presenza di Dio.
  • Acqua: L’acqua è un simbolo ricorrente di purificazione, rigenerazione e vita spirituale.
  • Il gregge e il pastore: La figura del pastore e del gregge viene utilizzata come metafora per descrivere la relazione tra Dio e il suo popolo.
  • Pane e vino: Il pane e il vino sono simboli importanti nella tradizione cristiana, soprattutto durante l’Eucaristia o la Cena del Signore.
  • Albero della vita: L’albero della vita è un simbolo che compare nella Genesi e nel libro dell’Apocalisse.
  • Il leone: Il leone è un simbolo di forza, potere e regalità.

Questi sono solo alcuni esempi di simboli e metafore presenti nella Bibbia. Il testo biblico è ricco di immagini simboliche che possono variare a seconda dei contesti e dei libri specifici.

L'Invio dei Settantadue Discepoli

Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.

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Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: “Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. […] Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato».

I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».

L'Icona Biblica e il Cammino

L’icona biblica scelta ci mette sulla strada, sulle strade percorse dai 72 discepoli che Gesù ha inviato. Erano strade forse già note, perché Gesù ne ha percorse molte e verosimilmente i suoi discepoli lo avevano seguito nel suo percorrere la Palestina.

Ora però toccava ai discepoli imitare il maestro mettendosi per via. Da subito precisiamo che l’interesse di questa icona biblica non è tanto la missione, l’annuncio, quanto l’andare, l’essere per via, il disporsi in un situazione di pellegrinaggio.

L’evangelista lega l’invio dei 72 all’episodio immediatamente precedente («Dopo questi fatti»). Luca racconta in 9,51 che Gesù aveva preso la decisione di intraprendere il suo viaggio a Gerusalemme, dove avrebbe concluso la sua vita morendo sulla croce. Gesù stesso quindi è in cammino, sta compiendo un pellegrinaggio.

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Gesù è consapevole che non si tratta di un pellegrinaggio simile agli altri, vissuti per commemorare e rivivere la pasqua ebraica. Nella gloriosa apparizione sul monte Tabor, nell’episodio della trasfigurazione, intrattenendosi con Mosè ed Elia egli aveva parlato «del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme».

È dunque in questo contesto che Gesù prende l’iniziativa di inviare i suoi discepoli «a due a due davanti a sé». Egli forse pensa anche a chi lascerà sulla terra dopo la sua risurrezione e ascensione al cielo, pensa al “dopo di lui”. I 72 sono chiaramente invitati da Gesù e per Lui, per preparare la sua venuta. I 72 vanno sapendo che Gesù arriverà, che sta arrivando.

Un’interpretazione accreditata legge il numero 72 come il numero complessivo dei popoli della terra (secondo l’elenco riportato da Genesi 10, nella traduzione greca): l’invio riguarda tutte le persone del mondo e coinvolge tutte le persone del mondo.

L'Accoglienza e la Precarietà

Gesù constata che sono pochi gli operai che possono lavorare il “campo che è il mondo”. Esorta i discepoli a pregare il “padrone della messe”, cioè il Padre, che invii operai nella sua messe. Perché Gesù coinvolge nella sua preghiera gli inviati?

Subito dopo aver invitato a pregare, Gesù li invia. La consapevolezza del deficit (di operai) non genera né paura né paralisi, ma sollecita il mettersi in cammino. Sembra quasi che l’andare stesso sia il modo di pregare, ciò che permette di sperimentare l’operare di Dio nella storia.

Quando preghiamo infatti non siamo mai noi a suggerire a Dio che cosa deve fare (lo sa bene lui!); al contrario il nostro pregare è metterci in sintonia coi desideri di Dio, per poter comprendere che cosa ci chieda e ottenere il coraggio di attuarlo.

Gesù però aggiunge parole molto precise e chiare: «Non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada». L’andare comandato da Gesù ha uno stile particolarissimo. Impone una precarietà e di non poter fare affidamento su nessuna “ricchezza”. L’inviato deve dipendere da chi lo accoglierà. Gesù non si limita a mandare, ma manda VIA COSÌ.

L'Importanza dell'Incontro e della Guarigione

Gesù sembra privilegiare l’intimità della casa all’anonimato della strada: in questo senso si può intendere l’ordine di non salutare nessuno per strada, ma di cercare qualcuno che accolga nella propria casa. Agli occhi di Gesù, non sembra contare quante persone si raggiungono, conta piuttosto l’esperienza fatta.

Quando si incontra “un figlio della pace”, ovvero un uomo disposto ad accogliere il mistero di Dio, Gesù afferma che «La vostra pace scenderà su di lui». Le indicazioni di Gesù ai 72 entrano anche nei dettagli minuti: «Mangiate quello che vi sarà offerto». Gli inviati vivono di grande accoglienza: non hanno gusti propri e non hanno preclusioni all’incontro. Tutto per loro è buono e “puro”.

Oltre al saluto, l’altro gesto “comandato” dal Signore a favore degli altri è la guarigione: «Guarite i malati». L’annuncio esplicito («È vicino a voi il regno di Dio») è conseguenza di un gesto di prossimità molto particolare, ai malati.

La Gioia del Ritorno e la Custodia Divina

Al termine della loro missione, i 72 tornano pieni di gioia. Pare che la missione abbia avuto “successo”, anzitutto perché gli inviati stessi sono nella gioia. Nel vangelo di Luca la gioia è il sentimento che accompagna la nascita di Giovanni Battista e soprattutto di Gesù («Vi annuncio una grande gioia: è nato per voi un salvatore…»). La gioia è l’irrompere di Dio nella storia degli uomini.

Ai discepoli preoccupati di aver valorizzato bene il potere connesso al “nome di Gesù”, il Maestro insegna che la vera ragione della gioia e della pace è che i loro nomi sono custoditi da Dio: «Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli». La missione apre agli inviati la possibilità di scoprire che la loro vita è custodita nel cielo.

Gesù, che è pellegrino verso Gerusalemme, vuole anche i suoi discepoli pellegrini per il mondo. Non affida loro un messaggio verbale, ma uno stile di prossimità e vicinanza, reso quasi obbligato dal divieto di portare nulla con sé.

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