Proteste a Barcellona contro il Turismo di Massa: Cause e Conseguenze
Da inizio anno, in Spagna, migliaia di persone sono scese in strada per manifestare contro l’impatto del turismo di massa sui luoghi in cui vivono. Le proteste più grandi sono avvenute a Barcellona, a Malaga, nelle isole Canarie e nelle Baleari: a Palma di Maiorca, l’isola più grande delle Baleari, sono state organizzate due proteste nell’arco di tre mesi.
Le Cause delle Proteste
Il turismo di massa è un fenomeno globale che porta significativi benefici economici, ma anche una serie di problemi socio-ambientali. Barcellona, una delle destinazioni turistiche più popolari al mondo, ha recentemente vissuto intense proteste contro l'overtourism. Le proteste a Barcellona, che hanno coinvolto circa 2.800 manifestanti, sono scaturite dall'aumento vertiginoso del costo degli alloggi e dei beni di consumo. Negli ultimi dieci anni, i prezzi delle case sono aumentati del 68%, con un incremento del 18% solo nell'ultimo anno. In aggiunta ai problemi abitativi, il costo della luce è cresciuto notevolmente, aggravando ulteriormente la situazione economica delle famiglie. Questo aumento è spesso collegato alla crescente domanda energetica generata dal turismo di massa, che pone una pressione significativa sulle infrastrutture locali.
Con l’aumento del numero degli affitti brevi per turisti o nomadi digitali e l’acquisto di case da parte di investitori o nuovi residenti provenienti dall’estero, il numero delle case disponibili diminuisce, mentre il loro prezzo aumenta. E, di pari passo, aumentano anche gli adesivi di protesta attaccati sulle pareti degli appartamenti turistici (spesso indicati con l’abbreviazione AT), sui quali si leggono messaggi come “AnTes esta era mi casa” (“primA quesTa era casa mia”) o “ApesTando a turista” (“puzzA di Turista”).
Solo nel 2023, infatti, nell’arcipelago delle Canarie sono arrivati 15 milioni di turisti stranieri, a fronte di due milioni di residenti, e l’impatto di questo flusso turistico si vede non solo sul mercato immobiliare, ma anche sul sistema sanitario, su quello scolastico, sulle infrastrutture e sul patrimonio naturale.
La Spagna diventa una meta turistica relativamente tardi rispetto ad altri Paesi, come l’Italia e la Francia, ad esempio, che erano già tappe obbligatorie dei Grand Tour dei nobili ottocenteschi. L’industria del turismo spagnola inizia a formarsi verso la metà dell’Ottocento, per poi subire un forte battuta d’arresto prima a causa della guerra civile e poi per via della fallimentare politica economica dei primi decenni del regime franchista, che provoca una grande carestia. A fine anni Cinquanta, il dittatore Francisco Franco decide infine di aprire la Spagna al turismo di massa e investire i ricavi nell’acquisto di macchinari necessari per rivitalizzare le fabbriche del Paese. A questo proposito, il ministro dell’Informazione e del Turismo Manuel Fraga Iribarne inventa l’iconico slogan “Spain is different” e plasma l’immagine della Spagna come destinazione turistica ideale, nonostante si tratti, a tutti gli effetti, di una dittatura.
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Il turismo diventa quindi il motore del boom economico spagnolo: da un milione nel 1951, i turisti in Spagna arrivano a 14 milioni nel 1964 e 34 nel 1973.
Le Conseguenze del Turismo di Massa
Nonostante tutti questi sforzi, nel 2023 Barcellona ha registrato 26 milioni di presenze, a fronte di una popolazione di 1,8 milioni di abitanti, con conseguenze enormi: il prezzo medio degli affitti è di circa 1.200 euro e supera il salario minimo fissato dal ministero del Lavoro (pari a 1.134 euro), il tessuto commerciale dei quartieri si dissolve a favore di negozi di souvenir, gadget e catene di caffetterie.
Il turismo di massa non solo influisce sui prezzi degli alloggi, ma esercita anche una forte pressione sulle infrastrutture energetiche. Le strutture ricettive e le attrazioni turistiche consumano grandi quantità di energia, soprattutto durante i mesi estivi. A Barcellona, la pressione sulle infrastrutture energetiche è particolarmente forte durante l'alta stagione turistica. La città deve affrontare non solo un aumento del consumo di energia, ma anche la necessità di garantire un servizio affidabile per residenti e visitatori.
“Anche se Fuerteventura è un’isola grande, sono arrivate tante persone in poco tempo e senza pianificazione. Non abbiamo acqua, mangiamo solo cibo importato, tutto è carissimo e il nostro patrimonio sta andando in rovina”, hanno spiegato gli organizzatori delle proteste dello scorso aprile, che hanno portato in strada circa 57mila persone per diffondere un messaggio chiaro: “Le Canarie hanno un limite”.
“Abbiamo bisogno di regolare l’arrivo di navi da crociera e aerei alle Baleari, limitare il numero di visitatori, approvare una moratoria che riduca gradualmente il numero di posti letto per turisti e controllare la compravendita di immobili da parte dei non residenti”, ha spiegato Pere Joan Femenia, portavoce della piattaforma Canviem el rumb, che negli ultimi tre mesi ha organizzato due manifestazioni contro il turismo di massa nelle isole Baleari: solo nell’isola di Maiorca, nel 2023, si contavano 12 turisti per ogni residente.
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Tra gli organizzatori c’era anche il sindacato delle cameriere ai piani, che hanno denunciato il grande paradosso di chi vive del turismo in queste isole. “I 1500 euro al mese che prendiamo non ci bastano se gli affitti arrivano a costarne 1200. Inoltre, qui il 21% della popolazione è a rischio di povertà, ma nel settore turistico manca la manodopera.
Le Reazioni e le Misure Adottate
Ed è anche qui che, nello stesso anno, venne sospesa la concessione di nuove licenze turistiche in tutta la città. Nei due mandati successivi, la sindaca Ada Colau confermò la decisione del suo predecessore e fece un passo oltre: vietò l’apertura di nuovi hotel nel centro storico della città e istituì un corpo di circa 10mila ispettori per individuare e sanzionare gli appartamenti turistici illegali. Nel giugno di quest’anno, il nuovo sindaco, Jaume Collboni, ha annunciato che, a partire dal 2028 la città non rinnoverà le licenze degli oltre 10mila appartamenti che vengono affittati a breve termine ai turisti.
Le misure di Collboni e dei suoi predecessori sono ritenute insufficienti però dall’Assemblea dei quartieri per la decrescita turistica, che riunisce più di un centinaio di associazioni cittadine e che a inizio luglio ha portato migliaia di persone a manifestare sulla Rambla (3mila persone secondo la polizia, 20mila secondo l’organizzazione).
Il sindaco di Barcellona, Jaume Collboni, ha annunciato un piano per eliminare gradualmente gli affitti a breve termine entro il 2028, ma molti cittadini ritengono che questo non sia sufficiente per risolvere il problema.
Barcellona si è impegnata a chiudere tutti i 10.000 appartamenti turistici della città entro il 2028 e le autorità nazionali stanno prendendo provvedimenti contro Airbnb.
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Anche l'Italia sta affrontando problemi simili nelle sue principali destinazioni turistiche. A Venezia, ad esempio, verrà introdotto un biglietto d'ingresso per i turisti per controllare il flusso di visitatori e mitigare gli effetti negativi del turismo di massa. Altre città italiane stanno aumentando le tasse di soggiorno per gestire meglio l'impatto turistico. Queste misure sono necessarie per bilanciare i benefici economici del turismo con la sostenibilità ambientale e il benessere dei residenti locali.
Tabella: Impatto del Turismo a Barcellona
Indicatore | Dato |
---|---|
Presenze turistiche (2023) | 26 milioni |
Popolazione residente | 1,8 milioni |
Prezzo medio degli affitti | 1.200 euro |
Salario minimo | 1.134 euro |
L'Attivismo Contro il Turismo
Da circa dieci anni, il simbolo della rivolta al turismo è Barcellona: è qui infatti che nel 2014 i residenti della Barceloneta, ex quartiere marinaro della città, hanno dato il via alla prima manifestazione contro il turismo di massa in Spagna. Il 27 aprile 2024, nei pressi della famosa Sagrada Familia di Barcellona, un autobus turistico è stato bloccato da un gruppo di attivisti. Questi hanno utilizzato pistole ad acqua e affisso un grande striscione con la scritta “Protesta contro il turismo”. Questo atto di protesta ha attirato l’attenzione dei media, evidenziando le crescenti tensioni tra il fenomeno della turistificazione e la reazione della comunità locale.
Durante una grande manifestazione a Barcellona nel luglio 2024, gli attivisti hanno presentato un manifesto che richiedeva misure concrete per ridurre la dipendenza economica dal turismo.
L'anno scorso, nel mese di luglio, per la prima volta erano entrati in azione manifestanti a favore della "decrescita del turismo": turisti furono presi di mira con pistole ad acqua. Le immagini fecero il giro del mondo. Ora quelle immagini sono tornate."È molto probabile che le pistole ad acqua torneranno", aveva annunciato Daniel Pardo, uno degli organizzatori della protesta di Barcellona. "Infatti, incoraggiamo le persone a portare le proprie".
Una manifestazione di migliaia di partecipanti ha invaso sabato 6 luglio la Rambla di Barcellona al grido “Turista torna a casa”. La città catalana soffre, come molte altre città europee, ormai da tempo del problema del sovraffollamento di turisti, cosa che ha spinto circa tremila cittadini, come sostengono le autorità, 20mila per gli organizzatori, a scendere in strada per protestare. Non è la prima che a Barcellona si svolgono iniziative di questo genere, che vede arrivare ogni anno in città circa 30 milioni di turisti, cosa che ha trasformato nel tempo questa opportunità di sviluppo in una soffocante problematica.
Nel corso della manifestazione di protesta sono diversi i cartelli che hanno esposto molti slogan come “Il turismo uccide la città” e “Turisti tornate a casa non siete i benvenuti”. La protesta si è svolta in maniera totalmente pacifica, anche se non sono mancati alcuni momenti di tensione dovuti a scontri verbali tra manifestanti e turisti, che sono stati colpiti anche con getti d'acqua.
Quello che distingue l’attuale ondata di attivismo da quelle precedenti è un passaggio da una resistenza reattiva a proposte organizzate e costruttive. Gruppi come l’Assemblea di quartiere per la decrescita turistica (ABDT) sono in prima linea, andando oltre la semplice opposizione per proporre soluzioni concrete. In occasione di una grande manifestazione nel luglio 2024, è stato presentato il loro manifesto, che chiedeva la riduzione della dipendenza economica dal turismo e la transizione verso un’economia eco-sociale.
Le Sfide Future
Ma se Barcellona ha avuto quasi un decennio per sperimentare modi per contrastare gli effetti negativi del turismo di massa, lo stesso non si può dire di Malaga, grande città andalusa e centro principale della Costa del Sol, che fino a pochi anni fa non era affatto una delle grandi mete della Spagna. Negli ultimi anni, infatti, grazie a un processo di riqualificazione urbana, Malaga ha smesso di essere una città di passaggio per turisti diretti ad altre località della Costa del Sol o alle città più famose della regione, come Granada o Siviglia, per diventare un’importante destinazione turistica, che nel 2023 è stata visitata da 1,6 milioni di persone.
E se finora l’allarme su l’insostenibilità dell’attuale modello turistico nel Paese è arrivato dalle isole e dalle città, i prossimi cittadini a dover scendere in strada saranno probabilmente quelli delle regioni del Nord, come la Cantabria. “C’è un interesse da parte del turismo nazionale e internazionale per il Nord [della Spagna]”, ha spiegato a Público Belén García dell’associazione Ecologistas en Acción. “Questo fenomeno ha a che fare con la crisi climatica e le estati sempre più lunghe e calde. Sta succedendo lo stesso anche sul mar Baltico su scala europea: luoghi fino a poco tempo impensabili stanno iniziando a diventare mete di vacanza”.
In attesa di misure nuove o più ambiziose, il rischio è quello di cadere in una serie di trappole ideologiche che la scrittrice Anna Pacheco ha osservato durante il tour di presentazione del suo libro Estuve aquí y me acordé de nosotros, uno studio sulle dinamiche lavorative nel settore del turismo. “L’idea che non ci sia ‘spazio per nessun altro’ può trasformarsi in tempi relativamente brevi in discorsi anti-immigrazione che i partiti razzisti e xenofobi possono sfruttare a loro favore”, osserva Pacheco. Vale anche il contrario, ovvero: sì, qui c’è spazio, ma non per tutti, solo per il cosiddetto “turismo di qualità”, in cui Pacheco vede presupposti classisti. Infine, un altro rischio, quando si parla di lotta alla turistificazione è quello di evocare un passato idealizzato, in cui la presunta identità storica del territorio era ancora intatta. “Cosa significa dire che un centro è veramente autentico? A quale anno dobbiamo tornare, a quale secolo?”, chiede Pacheco.
Le proteste a Barcellona evidenziano un problema globale che richiede soluzioni innovative e sostenibili. La gestione del turismo di massa e del consumo energetico deve diventare una priorità per le amministrazioni locali. È necessaria una ricerca più approfondita e intersezionale, in particolare studi longitudinali ed etnografici che esaminino gli impatti di classe, genere e ambiente del turismo. Le politiche attuali tendono a focalizzarsi principalmente sulla gestione dei visitatori, piuttosto che affrontare la crescita del turismo e le disuguaglianze di potere. Questo approccio limitato non riesce a risolvere le cause profonde del problema.
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