Chi sono gli Stranieri: Definizione e Inquadramento Giuridico in Italia
Istituzioni, esponenti politici e media puntano sempre più l’attenzione sulle persone immigrate e straniere, enfatizzando notizie di cronaca, diffondendo valutazioni allarmistiche e proponendo misure legislative sempre più criminalizzanti e discriminatorie.
Lo straniero è, letteralmente, colui che non appartiene al luogo in cui si trova. L’etimologia stessa della parola, che deriva dall’antico francese estrangier (da estranee: estraneo) indica colui che è alieno ad una data realtà territoriale e giuridica.
Comunemente è straniero il "non cittadino”, cioè colui il quale pur trovandosi sul territorio di uno Stato non ne possiede la cittadinanza. É straniero, evidentemente, chi non è cittadino italiano. Tuttavia, nell’epoca della globalizzazione questa definizione negativa non è più sufficiente per identificare le regole giuridiche che si applicano ai “non-italiani”.
Regole diverse, infatti, si applicano agli stranieri “comunitari”, cioè ai cittadini di Paesi appartenenti alla Unione Europea, rispetto ai cittadini “extra-comunitari”. Ma anche tra questi ultimi si dovrà ulteriormente distinguere tra coloro che sono in possesso di permesso di soggiorno per motivi di lavoro (c.d. “regolarmente soggiornanti”), e gli altri (c.d. “legalmente oppure non-legalmente residenti”).
È, quindi, fondamentale distinguere, innanzi tutto, a quale “tipo” di “straniero” ci dobbiamo riferire per poter poi individuare le regole che la legge italiana applica e per rispondere alle possibili domande che si pongono.
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Anzitutto, ove si assuma l'Italia come Stato ospite (cioè come Stato diverso da quello di cui si ha la cittadinanza), sono stranieri:
- i cittadini europei non italiani;
- i cittadini extraeuropei;
- gli apolidi;
- i rifugiati o profughi o sfollati e i richiedenti asilo, in ogni caso coloro i quali godono di una protezione internazionale o comunque di un'altra forma di protezione speciale.
Lo straniero può, peraltro, assumere posizioni soggettive differenziate e specifiche, ognuna delle quali è disciplinata da un corpus di norme differenti, cioè da un insieme di poteri, diritti, obblighi e facoltà. Conseguenza di tale distinzione non è solo il diverso quadro giuridico di riferimento, ma, come si vedrà, anche la diversa posizione soggettiva rispetto al godimento di determinati diritti.
Secondo il Consiglio d'Europa sono stranieri tutti coloro che "have no actual right to nationality in a State whether they are merely passing through a country or reside or are domiciled in it, whether they are refugees or entered the country on their own initiative, or whether they are stateless or possess another nationality” (1962).
In termini negativi si esprime l'art. 1 della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen, ove si definisce straniero colui il quale non possiede la cittadinanza di un Paese membro delle (allora) Comunità Europea, quindi, il "non - europeo”.
Allo stesso modo, anche il legislatore italiano ha ritenuto di ricorrere a una definizione negativa, indicando come stranieri coloro i quali non sono cittadini di Stati appartenenti all'Unione europea ovvero coloro ai quali è stato loro riconosciuto lo status di apolide (art. 1 d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, cd.
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L'Extracomunitario
Il termine “extracomunitario” esprime lo stato giuridico di cittadinanza di un soggetto (persona fisica o giuridica), rispetto alle norme relative alla cittadinanza europea.
Un soggetto extracomunitario è colui che non possiede la cittadinanza di uno degli Stati membri dell’Unione europea, a differenza di coloro che sono invece cittadini dell’Unione Europea, a tutti gli effetti.
Dal linguaggio legale-burocratico, l’espressione si è progressivamente diffusa anche nel linguaggio comune (a partire dai primi anni ottanta) per designare, enfaticamente, la diversità dei migranti nel territorio italiano rispetto alla popolazione locale.
Il termine “extracomunitari”, infatti, viene ora prevalentemente utilizzato per discriminare, rispetto a quella che è la comunità locale, gruppi eterogenei di persone, connotandoli (secondo alcuni) alla stregua di una comunità “illegale” e “irregolare”, connotata da segretezza, sovversività e invisibilità.
Secondo il docente Grace Russo Bullaro, il sentimento dietro il termine extracomunitari è lo stesso di quello che ha generato il termine. Nel linguaggio letterale, il termine extracomunitario ha una storia simile a quella di clandestino: nasce come aggettivo, che significa “ non facente parte dell’Unione Europea”. L’uso come sostantivo è, invece, successivo.
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Secondo l’Enciclopedia Treccani, il termine extracomunitari (specialmente al plurale maschile) indica coloro che emigrano da paesi economicamente disagiati (specialmente da regioni dell’Africa e dell’Asia) negli stati dell’Unione Europea, in cerca di lavoro e di condizioni di vita migliori. È un termine (come detto) che deriva propriamente dal linguaggio burocratico: uno dei rari casi in cui un vocabolo di natura tecnica è diventato di uso comune.
Inquadramento Giuridico dello Straniero in Italia
In particolare, la disciplina della condizione giuridica dello straniero in Italia è principalmente regolata dalle seguenti normative:
- per la c.d. “condizione di reciprocità”: art. 10 della Costituzione italiana; e art. 16 delle Disposizioni sulla legge in generale (c.d. preleggi); in base a tale principio un cittadino straniero non regolarmente soggiornante può compiere un atto in Italia solo se l'italiano è ammesso a compiere tale atto nel Paese da cui proviene lo straniero;
- per gli stranieri persone fisiche: D. Lgs. 25 luglio 1998 n. 286 (Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero (come modificato dal D. Lgs. 19 ottobre 1998 n. 380 e dal D. Lgs. 13 aprile 1999 n. 113); D.P.R. 31 agosto 1999 n. 394 (regolamento di attuazione del T.U. in materia di stranieri); legge c.d. Bossi-Fini;
- per il sistema italiano di Diritto internazionale privato (conflicts of law): legge 31 maggio 1995 n. 218;
- per le società straniere: legge 31 maggio 1995 n. 218 (art. 25); e artt. 2506 e segg. c.c.;
- per la cittadinanza: legge 5 febbraio 1992 n. 91; D.P.R. 12 ottobre 1993 n. 572; art. 19 legge 218/1995;
- per le c.d. Legalizzazione e la Apostille: D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445; e Convenzione dell’Aja 5 ottobre 1961 sulla “Apostille”;
- per gli apolidi: la Convenzione di New York del 28 settembre 1954; la legge 1 febbraio 1962 n. 306; la legge 5 febbraio 1992 n. 91 (art. 16) ed il D.P.R. 12 ottobre 1993 n. 572 (Reg. attuativo), art. 17.
Occorre però sottolineare che l’art. 17 del Trattato CE istituisce una cittadinanza dell’Unione Europea, attribuita a chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro.
L’appartenenza all’Unione Europea comporta diverse conseguenze, alcune di grande rilievo, quali il divieto di discriminazioni sulla base della cittadinanza ed il principio del primato del diritto comunitario.
Da diversi anni, col decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286 e della sua norma d’attuazione (decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394), anche la condizione dei cittadini stranieri extracomunitari è radicalmente mutata.
La norma-base continua ad essere l’art. 16 delle disposizioni preliminari del codice civile, che pone la condizione di reciprocità, in forza della quale lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino nella misura in cui i cittadini italiani possano compiere nello Stato estero i medesimi atti.
La condizione di reciprocità, tuttavia, non riguarda i diritti fondamentali, ma soltanto il versante patrimoniale (acquisti immobiliari, costituzione di società, ecc.).
L’art. 1 del citato d.p.r. 394/1999, dopo le modifiche introdotte dal d.p.r. 18 ottobre 2004, n. 334, così dispone:
- Ai fini dell'accertamento della condizione di reciprocità, nei casi previsti dal testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di seguito denominato: «testo unico», il Ministero degli affari esteri, a richiesta, comunica ai notai ed ai responsabili dei procedimenti amministrativi che ammettono gli stranieri al godimento dei diritti in materia civile i dati relativi alle verifiche del godimento dei diritti in questione da parte dei cittadini italiani nei Paesi d'origine dei suddetti stranieri.
- L'accertamento di cui al comma 1, non è richiesto per i cittadini stranieri titolari della carta di soggiorno di cui all'articolo 9 del testo unico, nonché per i cittadini stranieri titolari di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo, per l'esercizio di un'impresa individuale, per motivi di famiglia, per motivi umanitari e per motivi di studio, e per i relativi familiari in regola con il soggiorno.
Ne consegue che lo straniero radicato in Italia, se la sua condizione corrisponde alle tipologie sopra descritte, è esentato dalla condizione di reciprocità ed i suoi diritti non sono, quindi, condizionati all’accertamento circa la sussistenza della reciprocità.
La condizione dello straniero può anche dipendere, inoltre, dalle previsioni di trattati multilaterali (ad esempio, lo Spazio Economico Europeo) o bilaterali. Al riguardo, il sito internet del ministero degli Affari Esteri contiene pagine appositamente dedicate a questa rilevante tematica.
Ancora, la condizione dello straniero può dipendere anche dalla sua eventuale qualità di rifugiato o di apolide, con la conseguente applicazione delle Convenzioni internazionali che ne delineano lo statuto.
La Condizione Giuridica degli Stranieri in Italia
La Costituzione italiana afferma che la presenza dello straniero in Italia è regolata dalla legge, nel rispetto delle norme e dei trattati internazionali.
In base a questo principio costituzionale, allo straniero presente nel territorio dello Stato italiano sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana, anche qualora la sua presenza sia “irregolare”.
Lo straniero che soggiorna regolarmente in Italia gode, in linea generale, dei medesimi diritti attribuiti al cittadino italiano e, in particolare, a tutti i lavoratori stranieri e alle loro famiglie è garantita parità di trattamento e uguaglianza piena di diritti, rispetto ai lavoratori italiani.
Inoltre, la Costituzione (come anticipato) riconosce il diritto di asilo allo straniero che, nel proprio Paese, non può esercitare le libertà democratiche che essa garantisce a tutti i cittadini italiani.
L’Italia, invero, aderisce alla Convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati del 1951 (cosiddetta “Convenzione di Ginevra”). Secondo quest’ultima, uno straniero può chiedere e ottenere lo status di “rifugiato”, all’interno del nostro Paese, se dimostra di avere giustificato timore di poter essere perseguitato (entro il territorio del proprio Paese) per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un gruppo sociale o per le proprie opinioni politiche.
Il diritto di asilo non spetta, tuttavia, allo straniero che costituisce un pericolo per la sicurezza dello Stato, che ha commesso gravi reati dentro o fuori dal territorio italiano, crimini contro la pace, crimini contro l’umanità e crimini di guerra o, infine, atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite stesse.
In Italia, la domanda di asilo può essere presentata all’ufficio di Polizia alla frontiera oppure all’Ufficio Immigrazione presso la Questura del luogo in cui il richiedente intende avere il proprio domicilio.
Diritti e Doveri dello Straniero
Tutti i cittadini stranieri che intendono recarsi in Italia godono, secondo l’art. 2 del Testo Unico sull’Immigrazione, degli stessi diritti fondamentali dei cittadini italiani e, proprio come questi ultimi, devono adempiere ai propri doveri.
A chiunque, purché sia in possesso dei requisiti previsti dalla legge, è consentito vivere in Italia e/o diventare cittadino italiano a tutti gli effetti ma, per farlo, bisogna conoscere i diritti e i doveri da rispettare.
Secondo il dettato dell’art. 1, della Costituzione Italiana: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”.
È anche nel rispetto di tale articolo che gli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia hanno, come tutti i cittadini italiani, diritto ad un compenso adeguato per il lavoro svolto, al versamento dei contributi per la sanità e la previdenza e alla garanzia del sostentamento nei casi di malattia o infortunio.
Inoltre, se lo straniero dovesse essere vittima di discriminazioni o sfruttamento sul luogo di lavoro, ha il diritto di rivolgersi alle autorità pubbliche o alle organizzazioni sindacali, per vedere rispettati i propri diritti.
Tutti i cittadini stranieri, proprio come gli italiani, hanno il diritto di essere curati nelle strutture pubbliche: l’art. 9, della Carta dei Valori della Cittadinanza e dell’Immigrazione recita: “I trattamenti sanitari sono effettuati nel rispetto della volontà della persona, della sua dignità e tenendo conto della sensibilità di ciascuno.
Definizioni Importanti
E’ quindi importante definire alcuni termini:
- “Richiedente asilo”: così si definisce chi è fuori dal proprio paese e presenta, in un altro Stato, domanda di asilo per il riconoscimento dello status di rifugiato/a in base alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951, o per ottenere altre forme di protezione internazionale.
- “Rifugiato/a”: la definizione è data dall’art.1 della Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status delle persone rifugiate, di cui l’Italia è uno dei 147 Paesi che l’hanno firmata. Secondo questa definizione chi chiede rifugio è una persona che “temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale od opinioni politiche, si trova fuori del paese di cui ha la cittadinanza, e non può o non vuole, a causa di tale timore, avvalersi della protezione di tale paese”.
- “Migrante irregolare”: dal punto di vista tecnico-giuridico così si definisce lo straniero (non cittadino UE) che: a) ha fatto ingresso eludendo i controlli di frontiera, senza valido titolo di ingresso (es. visto); b) chi è presente nel territorio dello Stato privo dei titoli richiesti ex lege di ingresso e soggiorno (es. visto, permesso di soggiorno); c) chi non ha lasciato il territorio del paese di destinazione a seguito di un provvedimento di allontanamento. La situazione di irregolarità si riferisce, dunque, non alla persona, ma all’ingresso o al soggiorno di quest’ultima nel territorio dello Stato.
Miti Sull'Immigrazione
È fondamentale sfatare alcuni miti comuni sull'immigrazione:
- “Le carceri sono piene di immigrati e stranieri”: Falso. Erano 17.987 le persone detenute straniere presenti nelle carceri italiane al 15 giugno 2023, pari al 31,3% del totale della popolazione detenuta. Erano oltre il 37% quindici anni fa. Tale percentuale è stata in sostanziale calo continuo da allora a oggi.
- “La maggior parte dei crimini è commessa da immigrati e stranieri”: Occorre distinguere: se è vero che le persone straniere prive di un titolo valido di soggiorno denunciate sono quasi 33 volte in più di quelle italiane accusate di un reato, le persone immigrate regolarmente soggiornanti sono denunciate 1,5 volte. Il problema non si ha con la comunità straniera regolarmente residente, che delinque di fatto quanto le persone italiane, bensì con chi è senza permesso di soggiorno nel nostro Paese.
- “C’è un’invasione di immigrati”: Falso: non esiste alcuna invasione di persone straniere in Italia. Infatti, il numero delle persone straniere residenti in Italia - immigrate o nate nel Paese - si è assestato, nell’ultimo quinquennio, sui 5 milioni (l’8,6% della popolazione). Di questi, all’inizio del 2022, sono 3.561.540 persone non comunitarie, delle quali il 65,8% ha un permesso di soggiorno di lungo periodo.
- “C’è un’emergenza immigrati, non sappiamo dove mettere chi arriva”: Falso: l’Italia nel 2022 ha ricevuto 77.000 richieste d’asilo, mentre la Germania ne ha ricevute 218.000, la Francia 137.000, la Spagna 116.000 (fonte: Eurostat 2023). La percezione distorta del numero di persone straniere presenti nel nostro paese dipende in gran parte dalle politiche di accoglienza: la c.d. ’“emergenza” è in realtà un fenomeno strutturale che dura ormai da anni e non dipende tanto dagli arrivi, quanto dall’assenza di volontà politica di voler garantire un’accoglienza idonea a chi chiede asilo.
- “Gli immigrati rubano i posti di lavoro agli italiani”: Falso: le persone straniere che lavorano sono 2.374.000 e rappresentano il 10,3% del totale di quelle occupate. Di queste, 2.068.000 (l’87,1%) sono con contratto di lavoro dipendente. Tra le persone straniere occupate, il 29,9% svolge lavori per cui non è necessaria alcuna qualifica professionale, contro il 9,5% di quelle italiane. Il 61,4% delle persone straniere laureate svolge lavori di livello più basso rispetto al titolo conseguito (fonte: Rapporto CENSIS 2023).
Come evidenzia il Rapporto IDOS sulle migrazioni 2023, sebbene nel 2022 il tasso di occupazione dei cittadini e delle cittadine straniere sia cresciuto, rimane invariata la segregazione occupazionale: le lavoratrici straniere maggiormente impiegate nei settori della cura e del lavoro domestico, i lavoratori stranieri impiegati soprattutto nell’industria e nell’edilizia.
“L’Italia continua a occupare massivamente le persone straniere in attività manuali e a bassa qualifica, da cui derivano retribuzioni inferiori: i non comunitari dipendenti da aziende del settore privato percepiscono, secondo l’Inps, il 31,2% in meno della media nella stessa categoria (15.707 euro annui rispetto a 22.822)”.
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