Classifica dei Migliori Cantanti Stranieri: Voci che Hanno Definito un'Epoca
«Io sono lì con la mano tesa e spero che qualcuno l’afferri». Così Aretha Franklin ha descritto la sua missione di cantante. Questo legame profondo tra artista e ascoltatore è il tipo di connessione che sta alla base della musica. La nostra lista dei più grandi cantanti di tutti i tempi è un modo per celebrare questa connessione: ecco le voci che hanno fatto la storia e cambiato le nostre vite, dai più raffinati agli urlatori, dal gospel al punk, da Sinatra a Selena fino a SZA.
Quando, nel 2008, Rolling Stone ha pubblicato la prima lista dei 100 cantanti più grandi di sempre, ha utilizzato un complesso procedimento di votazione che teneva conto anche dell’input di alcuni musicisti molto noti. Questa nuova classifica è stata invece compilata dai nostri redattori e collaboratori principali e copre 100 anni di musica. Non ci sono cantanti d’opera: ci occupiamo di pop in senso lato, il che significa che quasi tutti gli artisti di questa lista hanno avuto carriere significative nel mercato di massa o come voci “crossover”.
Prima di iniziare a leggere (e commentare) tenete presente che questa è una lista dei cantanti più grandi, non delle voci più grandi. Il talento è impressionante, il genio è trascendentale. È vero che molti degli artisti citati hanno una voce notevole, sono perfettamente intonati e dotati di un’estensione notevole. Ma ci sono anche vocalist come Ozzy Osbourne che non hanno una bella voce, però hanno una gran voce.
Abbiamo quindi valorizzato l’originalità, l’influenza esercitata, la varietà e l’ampiezza della discografia. Ci sono voci splendide come quella di Mariah Carey, aspre come quella di Toots Hibbert, austere come quella di Willie Nelson, sontuose come quella di D’Angelo o caratteristiche come quella di Bob Dylan. Ma alla fine i cantanti sono in questa lista per una sola ragione: sono in grado di rifare il mondo semplicemente aprendo bocca.
Le Prime Posizioni della Classifica
La prima domanda che attraversa la mente, una volta spulciata la rinnovata classifica di Rolling Stone sui 200 migliori cantanti di sempre, è con quale logica i redattori e i collaboratori storici della rivista americana abbiano compilato l’aggiornamento e quale sia esattamente il senso delle recenti modifiche. Per tentare di venirne a capo, l'unica è provare a fare un passo indietro, concentrandosi in particolare sulle prime 100 posizioni.
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Un Cambiamento Drastico
La prima lista, più smilza, si fermava a cento artisti. Risale al 2008 e della giuria di esperti facevano parte anche i cantanti stessi. Nella premessa dello scrittore newyorkese Jonathan Lethem all’articolo si leggeva di artisti funamboli: «Quello che definisce la grandezza nel canto è che esiste una tensione di fondo tra il cantante e la canzone. Si sta costruendo un ponte nel vuoto e non possiamo mai avere la certezza che il cantante sia in grado di attraversarlo». Lethem elencava anche una serie di parole chiave che avevano guidato la selezione: «espressività, capacità di sorprendere, anima, grana, arguzia interpretativa, angolo di visione». E aggiungeva: «La bellezza della voce di un cantante ci tocca in un luogo che è tanto personale quanto quello da cui è uscita».
In cima alla classifica originale svettava Aretha Franklin, regina del soul ma anche artista che ha utilizzato la sua musica come strumento di attivismo e di lotta per i diritti civili (il suo brano Respect, ad esempio, è diventato un inno per il movimento dei diritti civili negli anni '60, ma anche la sua esibizione alla cerimonia di insediamento del presidente Barack Obama nel 2009 è diventato un simbolo della progressione e dell'unità nella società americana) e contribuito all’innovazione musicale grazie alla diffusione di nuove tecniche vocali e arrangiamenti musicali, il suo uso virtuoso del gospel, del blues e del soul e la potente influenza su una vasta gamma di generi musicali, dall'R&B al rock.
Analizzando le prime venti posizioni della classifica 2023, si può comunque rendere onore al fatto che si sia attinto a una varietà di stili musicali, con una forte rappresentazione di generi come il soul, il rhythm and blues, il rock 'n' roll, il pop e il jazz. E che, ancora di più. soul e R&B siano tra i generi più rappresentati, con artisti come Aretha Franklin, Whitney Houston, Sam Cooke, Ray Charles, Stevie Wonder, Otis Redding, Al Green, Marvin Gaye.
In generale la top 20 testimonia valori come l'autenticità, l'onestà emotiva e conferma la permanenza di temi universali come l'amore, il dolore, la speranza, la lotta per i diritti civili e la ricerca di significato nella vita. Ma la musica dei magnifici 20 non è soltanto concreta testimonianza della musica come espressione e connessione, ma anche prova di quanto questi artisti abbiano anche agito come agenti di cambiamento sociale, utilizzando la loro piattaforma per affrontare questioni importanti e per promuovere la giustizia e l'uguaglianza, ispirare il cambiamento positivo nel mondo e lasciare un'impronta duratura nella storia della musica e della società. A partire dall’empowerment al femminile di miss Bey ai messaggi, molteplici di Mercury.
Che nel corso della carriera da solista e con i Queen ha incoraggiato l'inclusione e la diversità, la libertà e l’indipendenza (come non ricordare l’iconica I Want to Break Free?), ma anche l’amore e la tolleranza, la sfida al conformismo o la consapevolezza sociale (basti pensare a Bohemian Rhapsody che tratta la pena di morte e Under Pressure che parla delle pressioni della vita moderna).
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Focus su Alcuni Artisti
Joni Mitchell
«Ero una piccolo soprano tutta sospiri», ha detto Joni Mitchell nel 1969. «Poi un giorno ho scoperto che potevo cantare nel registro basso. Ho pensato che avere perso la mia voce per sempre». Non era così. La sua bravura nello scrivere canzoni è stata ampiamente celebrata, specialmente in tempi recenti e dalle generazioni più giovani, ma anche la sua voce è irraggiungibile: il modo in cui sale di più ottave senza alcuno sforzo, la maniera in cui è a proprio agio nel registro basso come in quello alto, la sua profondità roca (per averne un assaggio basta ascoltare l’incredibile gioiello Lesson in Survival, dall’album For the Roses). Nonostante anni di sigarette e problemi di salute, ancora oggi Mitchell ci ricorda la sua grandezza con partecipazioni a sorpresa o preziose gemme recuperate dagli archivi.
Rod Stewart
L’ha reinventato diventando uno dei massimi interpreti rock. Stewart è in grado di spezzarti il cuore mentre canta come un ubriacone e sa farti rabbrividire o sorridere con la stessa facilità. Quando è in palla, rende meravigliosi anche i pezzi più ordinari. Quando il materiale con cui si cimenta è ottimo, diventa irresistibile. Se avesse pubblicato anche il solo Every Picture Tells a Story del 1971, un tour de force vocale in cui ogni emozione è evocata con estrema precisione, meriterebbe di comparire in questa classifica. Non ha mai smesso di imparare nuovi trucchi, come dimostrano i vari volumi di Songbook.
Toni Braxton
«Ho sempre avuto una voce bassa», ha detto Toni Braxton al Guardian nel 2020. «Ricordo che, a scuola, tutte cantavano Joy to the World e io ero l’unica che non riusciva a farla nella tonalità giusta». La voce della cantante R&B lascia ancora senza parole e non per ciò che non è in grado di fare: è per il timbro morbido e la capacità di infiammare anche i sentimenti più semplici. La super hit Un-Break My Heart ne evidenzia l’estensione della sua voce, ma è nella riflessiva Breathe Again che mostra d’essere in grado di far salire lentamente l’emozione fino a ottenere un effetto devastante.
Linda Ronstadt
La regina del country-rock non ha mai voluto essere una soprano che si limitava a un solo genere. E perciò nell’arco di quattro decenni s’è fatta guidare dalla curiosità invece di assecondare i desideri dei fan, mossa tipica anche del suo amico Neil Young. Si è rapidamente affermata come la più grande interprete nella storia della musica cantando di tutto, dagli standard operistici al repertorio tradizionale messicano della sua famiglia, facendo conoscere ai baby boomer canzoni che, altrimenti, non avrebbero mai scoperto. E con un’estensione leggendaria di diverse ottave poteva davvero cantare di tutto: chi altri sarebbe in grado di interpretare come lei sia Blue Bayou che Tú, sólo tú?
Mavis Staples
Nei dischi che ha pubblicato negli ultimi due decenni, che cantasse di diritti civili o lavorasse con collaboratori come Jeff Tweedy, Staples ha trovato sempre il contesto giusto per la sua vocalità. Ma ha anche dimostrato che le voci possono invecchiare in modo straordinario ed espressivo. Staples ha avuto una vita all’insegna di alti (era nel Last Waltz di The Band) e bassi (la perdita del padre e delle sorelle) e in tutto ciò che canta infonde esperienza, calore, saggezza, accettazione.
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Ella Fitzgerald
Le voci cambiano, succede col passare degli anni. Nel caso di Ella Fitzgerald, lo stile si è arricchito, la vocalità ha guadagnato in carattere e il suo fraseggio in sensibilità, mentre la voce ha dato l’illusione della giovinezza per decenni, anche quando aveva superato decisamente i 60 anni. Pazzesco. Il celebre eloquio precisissimo di Fitzgerald era lì fin dalla sua prima incisione, A-Tisket, A-Tasket del 1938 con l’orchestra di Chick Webb. Se l’orecchio di chi è cresciuto col rock potrebbe trovare un po’ fredda la sua precisione chirurgica, la grana della sua voce è sempre meravigliosamente calda. È sensuale, erudita ed energica e vale la pena ascoltarla in tutte le fasi della sua carriera.
James Brown
Definire James Brown semplicemente un cantante sarebbe sminuente Se lo si ascolta al suo apice, tipo in brani come Super Bad, si è esposti a un fuoco di fila ininterrotto di effetti vocali. Il suo inimitabile canto roco è solo la rampa di lancio. A sparare in orbita le sue performance sono il modo in cui bilancia il fraseggio con piccole digressioni che attirano l’attenzione (esortazioni aspre come “Heh!”, “Hey!”, “Good God!”) e, nei passaggi dai bridge alle strofe, quel tipico urlo che scrosta la pittura dai muri, come un Little Richard in saturazione. Brown era in grado di cantare melodie come i migliori interpreti (si ascoltino Try Me o It’s a Man’s Man’s Man’s World), ma la sua vera genialità consisteva nel trasformare la vocalità pop in uno sport di contatto: una tecnica che Michael Jackson, fra gli altri, avrebbe utilizzato per costruire il suo impero.
Ariana Grande
Con un registro altissimo che rivaleggia con quello della migliore Mariah Carey e una voce che copre otto ottave, Ariana Grande è diventata una delle più grandi star degli anni 2010, ma la sua genialità si esprime su più livelli. Essendo brava, conosce l’importanza dell’essere misurati e usa il suo dono in performance mozzafiato (vedi God Is a Woman), ma anche semplici (7 Rings) disseminate in un catalogo già piuttosto ricco. La scaletta del tour di Sweetener non dava tregua: una raffica di hit sparate senza perdere colpi. Ancora più notevole è la sua abilità tecnica. «Conosce ogni minuscolo aspetto della sua voce», dice Savan Kotecha, co-autore che lavora con lei fin dagli esordi: «“Qui c’è una nota leggermente calante”. E noi: “Cosa? No, non lo è”. E lei: “Sì invece, in quella sillaba là”. Ariana Grande alla voce è il corrispettivo di ciò che Jimi Hendrix era alla chitarra».
Teddy Pendergrass
Anche se è stato uno dei cantanti più importanti dei ’70, ci sono voluti anni perché il nome di Teddy Pendergrass diventasse popolare. Ha acquisito una certa notorietà all’inizio dei quel decennio come cantante (ma non leader) del gruppo Harold Melvin and the Blue Notes, per poi intraprendere la carriera solista nel 1977. La sua voce non era fatta per restare in secondo piano: il timbro imponente come una sequoia era il fulcro di emozioni altrettanto enormi. La voce virile e possente di Teddy poteva rendere una separazione simile alla fine del mondo (The Love I Lost del 1973 è l’esempio più devastante), ma sapeva anche essere di una delicatezza avvolgente, come nella supplica del 1975 Wake Up Everybody.
Etta James
Etta James è una delle voci blues per eccellenza. Non solo ha contribuito a plasmare il primissimo R&B e il rock’n’roll, ma è anche diventata il modello per una nuova epoca di standard. Il suo contralto versatile le ha permesso di affrontare diversi generi e di esprimere l’ampia gamma di emozioni delle sue canzoni. Aveva una voce che ammaliava e comunicava con disinvoltura sia una furia immensa, sia passioni tenere. La sua At Last ha accompagnato all’altare milioni di coppie in tutto il mondo, legando per sempre il suo ricordo alla rappresentazione in musica più pura dell’amore da favola.
Aaliyah
Forse la cosa più notevole della voce di Aaliyah, oltre a versatilità ed estensione, era il controllo quasi sovrannaturale: sembrava sempre che trattenesse la potenza per arrivare a esplorare meglio ogni aspetto dei sentimenti che descriveva. Non vuol dire che aveva un’espressività emotiva limitata, anzi. Il suo fraseggio sprigionava calore quando un brano sensuale lo richiedeva e la sua intelligenza musicale era sempre ben in evidenza. È scomparsa tragicamente a soli 22 anni, nel 2001, e perciò non sapremo mai quanto si sarebbe evoluta in profondità e ricchezza. Il segno che ha lasciato nel R&B e nel pop negli anni ’90 è però indelebile.
Louis Armstrong
L’era moderna della popular music americana inizia con Louis Armstrong. La sua voce dal tono roco e immediatamente riconoscibile piaceva subito e funzionava alla grande sia nel registro comico (You Rascal You del 1931), sia in quello tragico (Black and Blue del 1929). In più, il suo swing rilassato e accentuatissimo ha trasformato profondamente il senso del ritmo nel pop (non solo a livello strumentale, ma anche nel cantato). Ascoltate le sue outtake di studio degli anni ’50 in cui reinsegna a Lotte Lenya (la cantante che l’ha interpretata originariamente) come swingare Mack the Knife: sentirete quanto lei è desiderosa d’imparare, perché sapeva di avere il migliore insegnante possibile. Per non dire del suo modo rivoluzionario di suonare la tromba.
Curtis Mayfield
Ci sono musicisti che si cimentano col falsetto. Curtis Mayfield ci viveva dentro, cantando con una voce mielosa capace di tessere le trame vocali più coinvolgenti mai sentite nel pop. Era un suono che si abbinava perfettamente all’approccio doo-wop e gospel degli Impressions (la parte di Mayfield in People Get Ready ha qualcosa di angelico) e funzionava bene anche nelle canzoni di protesta, quando raccontava la storia di una “vittima delle esigenze del ghetto” in Pusherman o parlava della morte violenta di un amico in Billy Jack. «La bellezza del suo stile è che la voce è delicata e accessibile, non è aggressiva o minacciosa», ha detto Aloe Blacc, «ma al contempo i testi sono potenti e politicizzati».
Van Morrison
Per toccare con mano il genio vocale di Van Morrison occorre andare oltre le parole. Possiamo concentrarci, per esempio, sulla seconda parte di una sua performance live del 1974 di Listen to the Lion: comincia con un crooning dolcissimo e un mormorio estasiato, prova una dozzina di cadenze diverse sulla parola “you” e alla fine si abbandona a grugniti e gemiti. Fin dai suoi esordi nei Them, poi durante gli anni mistici di Astral Weeks e Veedon Fleece, fino alla sua incarnazione attuale nei panni di cantore rude di R&B (con idee profondamente errate sui vaccini anti-Covid e i lockdown), ha sempre cercato di coniugare i lamenti e le urla dei suoi idoli come Lead Belly e Ray Charles con un’instancabile ricerca di ciò che Greil Marcus descrive come lo “yarragh”, la verità fondamentale di una canzone.
Kurt Cobain
La voce di Cobain era un suono in guerra con se stesso: spesso ruvida al punto di sembrare grottesca, ma fortemente melodica anche quando era imbruttita. Questa miscela nasce dalle sue diverse influenze vocali, che vanno dalle cantilene leziose di Eugene Kelly e Frances McKee dei Vaselines fino al ringhio ferito di Greg Sage dei Wipers. Il risultato era una voce in grado di far emergere la melodia nel noise-metal caotico di School o Breed e di scovare la lametta nascosta nel frutto grunge di Drain You o In Bloom. «È una voce che mi ha sempre sconvolto», ha detto John McCauley dei Deer Tick a Rolling Stone. «Avevo già sentito gente con la voce roca, ma quella di Kurt era diversa. Non è una voce bella, non si era certo formato con degli studi formali, ma mi dava speranza».
Dusty Springfield
Sfrontata, sexy, divertente e triste: Dusty Springfield era in grado di emergere in mezzo a un muro di suono (il suo grande successo d’esordio I Only Wanna Be with You), evocare timidezza lussuriosa (The Look of Love) o trasudare sicurezza sessuale e seduzione (Breakfast in Bed). In What Have I Done to Deserve This, la sua hit del 1987 coi Pet Shop Boys, si è adattata senza problemi a un contesto techno pop. Il suo apice è senza dubbio è la performance vulnerabile e gioiosa in Son of a Preacher Man, il momento più elevato di un’artista che per molti è la più grande cantante soul bianca di tutti i tempi.
Thom Yorke
Il suo falsetto dolente ha aperto la strada a migliaia di Chris Martin, nessuno dei quali si è mai neppure avvicinato all’ululato ferito di Street Spirit, alla nota altissima e ultraterrena in Let Down o al mormorio magnetico in Wolf at the Door. Ciò che quei millennial mugolanti non hanno saputo imitare è la genuina alienazione nella voce di Yorke, la sensazione che lui sia sincero quando canta di essere terrorizzato dalle automobili, dai computer e dai minotauri. Se anche tu provavi le stesse cose, lui era il tuo uomo. Ha detto: «Trovo nella musica una qualità catartica della musica anche nei momenti di stress. La musica finisce per sorprenderti. Ti prende alla sprovvista». Questo è un suo modo tipico, sobrio, di descrivere ciò che ha dato al mondo negli ultimi 30 anni.
Estensione Vocale di Alcuni Cantanti Famosi
Molti dei cantanti oggi famosi hanno una tecnica al di fuori del comune. Voce di testa, voce armonica, voce di petto o voce piena, la forza del loro talento è riuscire a trascinare folle di ascoltatori appassionati. Che si tratti di tenori, contro tenori, bassi, soprani, che abbiano delle virazioni nella voce, una bella tecnica vocale o un registro vocale atipico, c’è qualcosa che non per tutti è semplice: cantare in acuto e raggiungere le note più alte. L'estensione vocale cantanti è il sale stesso del fascino di un cantante di successo. Eh già, le note più acute sono quelle che fanno rabbrividire per l’emozione e che ci impressionano. E quando ci riflettiamo, ci rendiamo conto che non tutti i cantanti sono in grado di raggiungere le note più alte.
Ecco una tabella riepilogativa degli artisti e delle ottave che riescono a raggiungere:
Artista | Numero di ottave |
---|---|
Mariah Carey | 5 ottave |
Jonas Kaufmann | 3,5 ottave |
Ariana Grande | 4 ottave |
Christina Aguilera | 4 ottave |
Prince | 4,5 ottave |
Maria Callas | 3 ottave |
Axl Rose | 5,5 ottave |
Céline Dion | 4 ottave |
Giuni Russo | 5 ottave |
Albano Carrisi | 4,5 ottave |
Luciano Pavarotti | 3,5 ottave |
Marco Mengoni | 3,5 ottave |
Mina | 3 ottave |
Sia | 3 ottave |
In conclusione, non c’è bisogno di parte con una voce particolare, perché questa sia acuta: tutti questi grandi nomi della canzone sono diventati grandi cantanti perché la loro voce arriva molto in alto, impressionandoci, facendoci sognare e ispirandoci!
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