Albergo Atene Riccione

 

Consolati e Spera: Un'Analisi del Significato Teologico e Spirituale

Recentemente, è stata sollevata una riflessione su un brano del Capitolo 1 della Seconda Lettera ai Corinzi di San Paolo, riguardante il rapporto tra la saldezza della fede in Cristo e la comunione dei fedeli nella gioia. Al termine del primo capitolo della sua Seconda Lettera ai Corinzi San Paolo scrive: «Noi non intendiamo fare da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia, perché nella fede voi siete saldi» (2Cor. 1, 24).

Interpretazioni della Traduzione CEI 2008

Questa traduzione, la "CEI 2008", può essere interpretata in diversi modi:

  1. Un atto di rispetto reverenziale di Paolo e Timoteo verso i cristiani di Corinto.
  2. Un atto di disinteresse verso la fede dei Corinzi.

Tuttavia, queste interpretazioni potrebbero non rendere appieno il significato originale del testo.

Ritorno alle Fonti: Greco e Latino

Per chiarire il significato, è utile ritornare al testo in lingua greca e latina, le lingue originali del Nuovo Testamento. Il testo in Greco (e a specchio quello Latino), affermano solo così: “Noi non siamo padroni della vostra fede, siamo invece sinergici (sunergoi/audiotores) con la vostra gioia: infatti (gar/nam) voi siete saldi nella fede“.

Si notano chiaramente alcune diversità di costruzione sintattica rispetto alla traduzione della CEI 2008:

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  1. “Essere padroni” e “intendere di far da padroni” sono due concetti molto diversi.
  2. Essere “collaboratori” di qualcosa e sentirsi “sinergici” con qualcuno sono due esperienze molto diverse: la prima è un fare insieme qualcosa; la seconda un percepire in armonia qualcosa.
  3. “Infatti” non ha lo stesso valore logico-sintattico di “perché”: questo introduce una proposizione causale o finale; quello una constatazione di fatto.

L’esito della traduzione sarebbe questo: “È ovvio, cari amici e confratelli in Cristo di Corinto, che io e Timoteo non siamo padroni della vostra fede: la vostra fede è salda. Essendo la vostra fede salda, sapete benissimo che siamo davvero in sintonia con la vostra gioia”.

La Gioia: Un'Analisi Approfondita

In questo contesto, è essenziale definire la gioia. In questo caso, la parola latina usata da san Girolamo nella Vulgata è “gaudium“. Etimologicamente indica “un vivo rallegramento dell’animo di fronte ad un bene ottenuto”. La gioia, quindi, non è solo il piacere. Spesso alla gioia si accompagna anche il piacere, non c’è dubbio. Ma essa è qualcosa di più intenso e profondo. Infatti, può esistere anche senza il piacere.

San Tommaso d’Aquino conclude che la gioia è l’emozione che proviamo quando sappiamo di essere di fronte ad un vero bene di cui anche godiamo.

La Natura della Gioia secondo C.S. Lewis

Secondo C.S. Lewis, la peggiore via per cercare la gioia è l’introspezione. La gioia si scorge, al contrario, fuori di noi. Essa è qualcosa che ci intercetta dall’esterno. Proviamo gioia quando siamo di fronte al buono, al bello e al vero che ci sorprende. La gioia, quindi, non è altro che la conscia emozione che restituisce la saldezza del Bene, del Bello, del Buono.

Grazie alla gioia possiamo disincantare il mondo e comprendere che questa vita è solo una grande apparenza. La sostanza di ciò a cui aneliamo non si trova pienamente qui, ma altrove. La gioia, quindi, rivela, in forma di realissimo e vivacissimo segno premonitore, la presenza di Dio, di cui Gesù Cristo è piena Rivelazione.

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Sinergia nella Gioia e i Pericoli dell'Invidia

Essere sinergici nella gioia significa sperimentare sintonia con coloro che l’hanno percepita e ne conoscono il vero significato. I credenti possono condividerla, ma non possono collaborare nel produrla. Per comprenderlo a fondo, basti pensare al contrario della condivisione della gioia, cioè una delle forme del peccato contro lo Spirito Santo (il peccato imperdonabile), ovvero l’invidia della Grazia altrui.

Infatti, siccome la gioia è la manifestazione della presenza di Dio nelle nostre vite, si capisce che nessun fedele in Cristo (laico o ministro ordinato che sia) potrà auto-concepirsi come il suo padrone e produttore.

La Gioia Cristiana e la Sofferenza

La gioia cristiana non è assenza di sofferenza o eliminazione della sofferenza. Essa è consolazione nella sofferenza. È la beatitudine di chi si sente consolato mentre è afflitto perché sa, di una certezza salda come la roccia, che Dio non disprezza il cuore affranto e umiliato di coloro che gli vogliono bene. La gioia cristiana implica la passione e la croce, non le esclude.

Le Virtù Teologali: Fede, Speranza e Carità

Fede, speranza e carità sono le tre virtù teologali. Determinano il legame tra uomo e Dio e l’agire morale cristiano. Possiamo considerare virtù tutti quegli aspetti dell’indole umana che spingono a compiere buone azioni, ma non solo. Questa tensione verso il bene si traduce in una tensione verso Dio.

Si tratta di quelle virtù che determinano il rapporto tra l’uomo e il divino, essendo tutte e tre rivolte direttamente a Dio. Sono dunque delle virtù che, pur partendo dall’uomo, tendono al divino, e in esso trovano la propria origine, oggetto e ragione d’essere. Queste tre virtù sono strettamente legate l’una all’altra: la carità, intesa come amore per Dio, deriva dalla fede, cioè dalla rivelazione di Dio stesso, e anche dalla speranza nella vita eterna che conoscere Dio porta.

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Fede

Se partiamo dal presupposto che Dio è Verità, possiamo dire che la fede è la virtù che ci permette di credere in Lui e in tutto ciò che Egli ha rivelato come unica e ineluttabile Verità. Abbandonarsi del tutto a Dio dunque è la chiave della fede, ma non si tratta di un abbandono passivo. La fede esige anche che noi agiamo in nome di Dio, secondo la sua volontà, e solo questo ci rende degni di essere sui figli, e parte del corpo di Gesù.

Speranza

La speranza è la virtù che spinge l’uomo a desiderare la salvezza eterna e il regno dei cieli come massima forma di felicità e adempimento dell’esistenza. La speranza non va intesa come un semplice anelito alla felicità dopo la morte. Ogni azione della nostra vita, ogni attività, trae da essa vigore e ragione d’essere.

La speranza ci spinge ad affrontare le prove di ogni giorno, ci sostiene nelle delusioni e ci protegge dai momenti di sconforto. Gesù ha voluto alimentare il fuoco della speranza predicando le beatitudini, che descrivono agli uomini cosa occorre per essere davvero felici e offrono un modello per vivere secondo i Suoi insegnamenti.

  • Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
  • Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
  • Beati i miti, perché erediteranno la Terra.
  • Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
  • Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
  • Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
  • Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.

Carità

La carità è la virtù dell’amore per eccellenza. L’amore per il prossimo a cui Gesù ci invita è totale, universale, perché include anche coloro che non conosciamo, perfino i nostri nemici. È ancora Gesù che ci spiega come e quanto dobbiamo amare Dio: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il massimo e primo comandamento” (Mt.

Dobbiamo inoltre considerare che, mentre fede e speranza finiscono con la morte, la carità non avrà mai fine. La carità comincia in questa vita, in questa terra, ma dura per l’eternità.

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