Albergo Atene Riccione

 

Dire quello che si è visto: Significato e implicazioni

Le frasi idiomatiche, i proverbi e i modi di dire sono molto frequenti nel parlare comune, sia in forma scritta che orale. Poiché il significato dei modi di dire non è sempre letteralmente comprensibile, è necessario familiarizzarsi con il loro significato e imparare ad utilizzarli correttamente.

Imparare ad utilizzare i modi di dire e le espressioni idiomatiche renderà il vostro linguaggio più fluente, e per questo vi consigliamo di cominciare da quelli maggiormente utilizzati. Le tabelle elencano i modi di dire suddivisi per frequenza d'uso. Potete cominciare imparando le espressioni più frequenti, quelle che vengono costantemente utilizzate nei programmi televisivi e nei film oppure che sentirete sicuramente se visitate determinate regioni o paesi.

Quando avrete imparato questi primi modi di dire, potrete proseguire con gli altri. Nessuna delle espressioni riportate in questa pagina è desueta o antiquata. Le seguenti espressioni sono estremamente frequenti nel parlare comune.

Espressioni idiomatiche e il loro significato

Il valore di "documento di identità linguistica" riconosciuto a ciò che viene individuato come "detto" è coerente con il modo in cui gli studiosi si rivolgono a quel particolare oggetto di studio rappresentato dal proverbio. Temistocle Franceschi sostiene che la natura profonda di ogni tipologia proverbiale è quella di essere una componente "retorica" della competenza linguistica, destinata a restituire in modo sintetico ed espressivo consuetudini e opinioni condivise.

Alcune espressioni riflettono consuetudini locali, come quelle veneziane:

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  • Ma no ti gà na casa ciò?!: Frase ideata da un venditore di piante veneziano per invitare le persone ad abbellire le proprie case. A Venezia, la frase viene usata per salutare un amico, chiedere come va o invitare a tornare a casa.
  • Oii!: Utilizzata da tutti a Venezia, dal gondoliere che avvisa della sua presenza a chi vuole fare baruffa, come saluto a un amico caro o a chi sta per arrabbiarsi.
  • Andemo vedere cossa fa el marco: Si usa per congedarsi dicendo di andare a vedere quanto vale il marco tedesco (ora non più in uso), ma anche scherzosamente per dire di andare a vedere cosa fa l’amante (il “marco”) a tua moglie.
  • Sìe ore ea cresse, sìe ea càea: Ogni sei ore l’acqua entra dal mare alla laguna per poi ritornarci. Detta a chi si arrabbia perché gli va tutto storto, consolandolo che prima o poi andrà bene.
  • Sàpa piàn e spènsi (s di rosa) guaìvo: Detta a una persona che piano piano mette in atto qualsiasi cosa aveva in mente di fare, anche a danno di altri.
  • …el vien dal Garda: I temporali violenti nel Veneziano provengono da ovest.
  • Bisogna veder sel mar riceve o se el torna indrìo: Le previsioni sono previsioni e quando il maltempo va da ovest verso est, si spera che "non torni indietro" e si sfoghi in mare e non a Venezia.
  • Ma te vien dal Dòeo?: Ad una persona che non è tanto sveglia.
  • Al Dòeo eò gà mòeo e àea Mira ‘lghè tira: Frase tipica tanto per fare la rima.
  • Seghenè: Rivolto ad uno scansafatiche che non si dà tanto da fare per guadagnare.
  • Eà gà visto piú cassi èa che i cessi de S.Bòrtoeo: Detto ad una donna di facili costumi.
  • Sù e sò come eà pee del casso: Quando uno va a zonzo inutilmente.
  • Se no ghe fosse el ponte el mondo sarìa un’ìsoea: Il ponte è quello “della libertà” e collega la terraferma con Venezia.
  • Luna sentàda marinèr in pìe: Quando la falce lunare è rivolta verso terra è sintomo di bel tempo.
  • Ae porte dell’ospeàl: Quando uno sta molto male.
  • El rusa, ea rasa…: D’aver colto in fallo una persona che ha appena scoreggiato o preavvisare simpaticamente la propria pernacchia.
  • Va eà! Petacoche!: Petacoche va inteso come una persona infantile che la tira per le lunghe.
  • Dal Trasto àea sentina: La differenza di essere seduti sul trasto e seduti giù in sentina signicherebbe in pratica “cadere dall’alto in basso”.
  • A paiòl: “andar a pajol” significa cadere nel pagliolato ed è quando uno è ubriaco a tal punto che non si regge in piedi.
  • Nome che…: Rafforzativo di una frase.
  • “Ma ti gà el moreto a casa?”: Significa domandare se a casa uno è abituato o no d’avere il servo di colore che che lo sostituisca nei gesti di costesia.
  • Primo, secondo e Capodistria: Il primo è il primo canale della Rai, il secondo è il secondo e Capodistria sarebbe la prima rete televisiva vista dopo quella nazionale.
  • Palco, sorapalco e musica in platea: Il complesso sistema, macchinoso di un’opera teatrale è pagagonato qui ad un’abbigliamento altrettanto rindondante della persona a cui è indirizzata la frase.
  • Chi dise ma in cùeo eò gà: Chi è in dubbio se lo prende sempre in quel posto.
  • Perderse par’l caìgo: Quando uno fa tardi ad un appuntamento probabilmente è perché ha trovato la nebbia.
  • Pantaeòn sé in chèba: I soldi ormai ce li hai in tasca.
  • Un alto e un basso fà un guaìvo: Se ne nella vita una volta va male, un’altra volta andrà bene e perciò avrai pareggiato.
  • Impissa eà ‘uce! Gavemo da star tanti ani al scuro: Accendi la luce! Abbiamo tanti anni da passare al buio (sottoterra).
  • Magna e bevi che eà vita se un lampo: Approffitta, mangia e bevi che la vita è breve e dopo non potrai più godertela a questo modo.
  • I te porta da Capeeti: frase di qualche tempo fa.
  • Che togo!: Famoso fino a pochi anni fa, si riferisce al celebre ammiraglio giapponese che sbaragliò la flotta russa nella grande battaglia navale degli stretti di Tsushima. Detto di cosa meravigliosa.
  • Da novéo tuto se beo: Detto specialmente nel rapporto tra fidanzatini novelli, dove sembra che l’amore sia infinito e che lo stato di grazia durerà inalterato per sempre.
  • Nialtri semo altri teèri: Il teèr è, ad esempio, il telaio della finestra. Usato dalle donne nei confronti del marito quando prolunga la discussione con una lunga polemica.
  • Che Dio te mandasse pan, pesse e un spin in cùeo che te saltassi alto come un cavàeo: Che il Signore ti doni di che sfamarti (pane e pesce) ma che, digerendo il tutto, almeno uno spino ti buca il buco del culo e che sentendo molto dolore, tu faccia un salto così alto solo come un cavallo può farlo. Invece di “Oh bella, ma guarda un pò”.
  • Cò l’acqua riva aea gòea anca i stronsi nua: Quando le difficoltà stanno quasi per avere la meglio, chiunque (anche uno stronzo) trova la forza per reagire.
  • El se partìo cò toe e cavaeti: Detto di persona che assume improvvisamente un comportamento tanto anormale da sembrare rasentare la follia.
  • Vado a coionar i orbi: Vado a prendere in giro i ciechi. Vado a dormire.
  • El se entrà e i o gà portà fora in quatro: è stato ricoverato in ospedale e subito lo hanno portato fuori in quattro (becchini). Si è deciso ad entrare in ospedale…troppo tardi.
  • No se pol morìr de san: Nessuno muore di “sano”, di qualcosa bisogna pure ammalarsi e morire.
  • Descanta bauchi,sveia macachi: Quando uno commette un’accortezza che se la poteva risparmiare.
  • Ciò, ciapa! Mètitio in soasa: Eccotelo. Mettitelo in cornice. Sottoliineare l’altrui seriosa affermazione (da incorniciare) con sarcasmo, alludendo così alla pratica innutilità o alla leggerezza del concetto espresso.
  • Te vegno eà e cò un morsegon te staco el lai: Se vengo lì, con un solo morso ti stacco il fianco destro (il lai) della barca.
  • Far i gatini: Vomitare dopo una gran bevuta di alcolici.
  • Va remengo Garibaldi: Garibaldi ha “unito l’Italia del sud con quella del nord”, si usa dire. E a quelli del nord non va giù.
  • Siera da scorese: Avere una brutta cera.
  • Rosegoto: Pezzo di pane secco. Non vale niente e quindi…
  • Baretta fracada: Soggetto incazzato col cappello ben impiantato in testa fino alle sopraciglia.
  • Cori zotolo: Invitare qualcuno a togliersi dai piedi e lasciarlo andare dove vuole lui.
  • Mandoeòn: Persona un po’ indietro di comprendonio o anche qualcuno di alta statura ma molto giovane.
  • Corighe drio ti…: Quando non vale la pena di fare qualcosa in cui si debba far fretta.
  • Magnime el bàgari: Invitare qualcuno a cibarsi del nostro pene per evidenziare la nostra fermezza di non ottemperare a quel dato inutile, e probabilmente rischioso, bisogno.
  • No go anda: Non avere anda significa non avere voglia.
  • Andar a torsio: Andare in giro inutilmente senza combinare un gran ché.
  • Man sgorlando: A mani vuote.
  • Cò sti ciari de luna: Con questo andazzo…
  • Vanta el nono: Sostieni il nonno altrimenti cade.
  • Come un musso in mezo ai lampi: Disorientato.
  • Come un coeombo nel granèr: Appagato, soddisfatto, sicuramente non stressato.
  • Se o cavémo dale stròpe: Togliersi qualcuno di torno.
  • ‘ndar co a mona sui copi…: Cadere rovinosamente a terra.
  • a siora Zanze (xe deboe de suste)…: Indica una persona che non sta mai ferma un attimo.
  • far ‘a bea: Tagliare la corda, scappare in modo scaltro.
  • petacoche: Si usa per indicare una persona che si lamenta sempre anche per futili motivi
  • te staco i brassi e te ‘i meto in man: Minaccia tipo veneziana.
  • far ‘e gatorisoe (gatorigoe/gatarigoe): Fare il solletico
  • bisato da braga:
  • Molton: Si dice di una persona “che no ghe riva”, ovvero non dotato di un’intelligenza molto sviluppata.
  • Avér (o pretèndar) pòsso scàfa e cagaòr: Chi gode di estremo benessere o fortuna.
  • Andarse a far ciavette: Andarsi a fare benedire.
  • Siera da bacan: Essere molto abbronzati dappertutto.
  • Mona fiapa: Epiteto in uso fra le popolane per indicare donna che andasse a partorire in ospedale.
  • Varda che te tetteefono: Segnalazione in codice adolescenziale di un bel paio di tette di passaggio.
  • Gnanca par morte morir: Giammai.
  • Ghe n’ho ‘na sgionfa: Sono stufo.
  • Ti xé pèzo de quea del peòcio: Si dice di persona insistente.
  • …anca se’l deventa gransio (non importa)…: Se uno promette un regalo a un altro e se lo dimentica sempre.
  • Bona, bona ma tanto ignorante: Frase che sottolinea la bontà di carattere di una persona che purtroppo però non ha potuto frequentare la scuola.
  • Se eà mudanda pesa, no gera massa ‘na scoresa: Solo in apparenza si ha il controllo delle cose, spesso hai un progetto ma attenzione! l’imprevisto e’ ...

In area fiorentina, alcune espressioni assumono significati particolari:

  • I’ soccorso di Pisa e’ gl(i) arriò dopo morto: Un vecchio detto che sottolinea l'inutilità di un aiuto tardivo.
  • L’è come la banda di’ Ponte a Rifredi, prima d’esser d’accordo l’è belle finita la festa!: Riferimento alla lentezza nell'accordo.
  • I’ ninfolo l’è ni’ senso di’ macellaro: Un termine specifico del mestiere del macellaio.
  • Nano: In San Frediano, un modo di chiamare i ragazzi, diverso dal significato comune.
  • babbalocco: Per dire che uno è un poeretto.

L'importanza del contesto

La presenza o meno di un detto rimanda all'evidenza per cui ogni micro-comunità cittadina è depositaria di un proprio repertorio, non del tutto sovrapponibile con quello di altre aree. L'individuazione e il riconoscimento come detto di un'espressione linguistica particolarmente implicata con le consuetudini della specifica (micro)comunità può portare il parlante a qualificare come detto il resoconto di una consuetudine in quanto tale, anche quando non è possibile ravvisare nessuna particolare modalità linguistica codificata.

Detti e oralità

La pertinenza dialettologica del modo proverbiale dipende dal fatto che siamo in presenza di modalità linguistiche implicate con i meccanismi di identificazione del parlante rispetto alla propria comunità di riferimento. Lo strutturarsi della competenza attorno a ricorrenti modalità di contestualizzazione rimanda a un’organizzazione linguistica del sapere che è connaturata alla dimensione dell’oralità, dove l’apprendimento della lingua tende a svilupparsi attorno a modi formulari.

Dire ciò che si prova: un atto di assertività

Spesso restiamo zitti per paura della reazione degli altri, perché mostrare quello che sentiamo ci spaventa, ma alla fine siamo noi a stare male. Se non diciamo ciò che pensiamo o sentiamo, gli altri non potranno indovinarlo, e noi staremo sempre peggio.

Far sapere agli altri come vi sentite, dare la vostra opinione, esprimere le vostre idee o dire di no vi farà sentire più liberi, e padroni della vostra vita. Essere assertivo significa affermare se stessi.

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Cinque buoni motivi per cui dire quello che proviamo:

  1. Sarà una liberazione.
  2. Vi sentirete più vicini agli altri.
  3. Sarete voi stessi.
  4. Migliorerete la vostra comunicazione.
  5. Diventerete più coerenti.

Come dire ciò che si prova

Per riuscire a dire quello che proviamo, bisogna semplicemente imparare ad essere assertivi. L’assertività si utilizza per esprimere ad altre persone i nostri veri desideri e i nostri bisogni, dimostrando dignità e fiducia in noi stessi.

  • Cambiate i pensieri negativi per altri positivi.
  • Siate consapevoli del fatto che gli altri non possono leggervi nel pensiero.
  • Tenete a mente il vostro obiettivo.
  • Esprimetevi in modo chiaro.

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