Escursione nella Filosofia: Un'Introduzione
L’escursionismo può essere molto più di una semplice attività fisica; può diventare un'esperienza profondamente arricchente se affrontata con una prospettiva filosofica. Diverse correnti di pensiero offrono spunti interessanti per vivere il cammino in modo più consapevole e significativo.
L'Escursionismo Cartesiano: Il Dubbio Metodico in Montagna
L’escursionismo cartesiano trova le sue radici nella filosofia di René Descartes (1596-1650), il celebre filosofo francese considerato il padre del pensiero moderno. La chiave dell’approccio cartesiano alla conoscenza è il “dubbio metodico”: per trovare una verità solida, indubitabile, occorre mettere in discussione ogni convinzione precedente. Cartesio, nella sua filosofia, insisteva sull’importanza di una metodicità nel ricercare la verità.
Come si traduce tutto ciò nel contesto di un’escursione in montagna o in un ambiente naturale? L’escursionista cartesiano non si avventura semplicemente “a caso” su un sentiero, ma prima di compiere il primo passo, si interroga su ogni aspetto del percorso. Si chiede: “So davvero dove sto andando? Posso fidarmi della mappa o del GPS? Quali sono le condizioni meteo, e ho informazioni certe su di esse?” Questo atteggiamento non è segno di timidezza o insicurezza, ma espressione di una razionalità profonda.
Un’escursione cartesiana inizia molto prima di allacciare gli scarponi. Il momento della preparazione è cruciale: l’escursionista analizza mappe topografiche, guide, dati meteo, altimetrie, valutando ogni informazione con metodo. La ragione è la bussola interiore che orienta ogni decisione. Se la filosofia cartesiana valorizza la chiarezza e la distinzione, la stessa logica si applica alla preparazione: un buon GPS, carte ben leggibili, una bussola tarata, app affidabili.
Strumenti e Preparazione
La scelta degli strumenti è altrettanto importante. L’escursionista cartesiano non si fida ciecamente di un’unica fonte, ma confronta diverse fonti di informazione, bilancia l’uso della tecnologia con la conoscenza diretta e verifica la coerenza tra questi dati. Analogamente, l’escursionista cartesiano si avvale di strumenti di misura e verifica: altimetri, barometri, mappe digitali e analogiche, termometri, se necessari.
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Se in filosofia cartesiana il concetto di chiarezza e distinzione è fondamentale per comprendere le idee vere, nell’escursionismo cartesiano si traduce nella cura maniacale dell’attrezzatura. Le scarpe da trekking devono essere adatte al terreno specifico, lo zaino bilanciato, il vestiario a strati calibrato sulle condizioni previste. Non è un accumulo caotico di dispositivi, bensì una scelta ragionata: ciascuno di questi oggetti è “chiaro” nella sua funzione e “distinto” nella sua utilità, proprio come un’idea cartesiana ben definita.
Il Dubbio Costante Durante il Percorso
Una volta iniziata l’escursione, l’approccio cartesiano si manifesta nel continuo esercizio del dubbio. Se l’escursionismo epicureo favorisce il piacere e il rilassamento, se quello stoico abbraccia la difficoltà come sfida, l’escursionismo cartesiano predilige la conferma razionale del tragitto. In caso di incertezza, potrebbe decidere di tornare leggermente indietro per ritrovare un punto di riferimento certo, piuttosto che avventurarsi in ipotesi non verificate. Questa prudenza non è paura, ma rigore metodologico: non costruire la tappa successiva su una base insicura.
Nella filosofia cartesiana, il risultato del dubbio metodico è la scoperta di un fondamento indubitabile (il celebre “Cogito ergo sum”). Nell’escursionismo cartesiano, il traguardo non è naturalmente l’autocoscienza, ma la comprensione esatta del percorso. L’escursionista cartesiano ambisce a un rapporto con la natura fondato su dati sicuri. Non confonde una sagoma lontana per un albero se non ne è certo: si avvicina, osserva, conferma.
Un altro aspetto centrale del Cartesianesimo è l’uso della matematica come strumento di chiarezza, ordine e verità. Cartesio affidava alla ragione, supportata da strumenti matematici, il compito di fornire un fondamento stabile al sapere. Analogamente, l’escursionista cartesiano può integrare il proprio cammino con misure precise: la distanza percorsa, la quota raggiunta, la posizione esatta su una mappa.
Etica e Contemplazione
Accanto agli aspetti gnoseologici e metodologici, non dobbiamo trascurare la dimensione etica. Il Cartesianesimo, pur essendo noto principalmente per il suo approccio epistemologico, offre spunti anche sul piano morale. Cartesio non separava nettamente la ricerca della verità dal corretto uso della ragione nella vita quotidiana. Essere certi del percorso può prevenire imprevisti, incidenti, interventi di soccorso superflui. La ragione applicata all’escursionismo non è sterile controllo, ma una forma di rispetto per la natura, i propri compagni di cammino e l’ambiente in cui ci si muove.
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L’escursionismo cartesiano non esclude la contemplazione e la bellezza. Potrebbe sembrare un approccio freddo e analitico, ma la sorpresa nasce proprio dal fatto che, eliminando confusioni e incertezze, l’escursionista cartesiano è libero di godere della natura nella sua autenticità. Una volta certi di trovarsi sul giusto sentiero, senza dubbi su direzioni, orari e meteo, la mente è più serena e ricettiva. L’esperienza estetica diventa più nitida, perché nulla la disturba. È come pulire un vetro appannato: prima la vista è confusa, dopo la pulizia (il dubbio metodico, la verifica, l’attenzione razionale), il panorama appare in tutta la sua nitidezza.
Limiti e Metafore
Naturalmente, l’escursionismo cartesiano non è privo di limiti. Alcuni potrebbero criticarlo come eccessivamente razionale, riducendo la spontaneità, l’improvvisazione, la sorpresa dell’avventura. Tuttavia, questa rigidità è al servizio della sicurezza, della comprensione e dell’affidabilità dell’esperienza. L’escursionista cartesiano non vuole impedire l’entusiasmo, ma garantire che l’entusiasmo sorga su basi solide.
L’escursionismo cartesiano può anche essere visto come una metafora dell’esistenza. Così come Cartesio cercava un fondamento solido per la conoscenza, l’escursionista cartesiano cerca un fondamento solido per la propria esplorazione. Nella vita come sui sentieri, a volte ci si trova davanti a bivi non segnalati: le scelte improvvisate possono portare fuori strada. Adottare un atteggiamento cartesiano significa procedere con metodo, verificare, mettere in dubbio, cercare conferme.
In definitiva, l’escursionismo cartesiano non è semplicemente un modo di fare trekking, ma un vero e proprio approccio filosofico all’esperienza del camminare nella natura. È un invito alla lucidità, all’impiego di una ragione costruttiva, al riconoscimento del valore del dubbio come strumento per raggiungere la certezza. Lontano dall’essere un escursionismo “freddo”, l’approccio cartesiano permette di godere della natura senza cadere vittima di illusioni o confusioni.
L'Escursionismo Aristotelico: Virtù e Osservazione nella Natura
Aristotele (384-322 a.C.) è stato uno dei più grandi filosofi dell’antichità, allievo di Platone ma al tempo stesso critico e innovatore rispetto all’insegnamento del maestro. Se Platone aveva collocato al centro del suo pensiero il mondo delle Idee, invisibili e perfette, per Aristotele la conoscenza nasce principalmente dall’osservazione e dallo studio della realtà concreta. Nel suo approccio, Aristotele si interessava di tutto: dalla metafisica alla biologia, dalla logica all’etica, dalla politica all’estetica. La sua filosofia è realista, empirica, orientata all’osservazione diretta.
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Una delle caratteristiche principali dell’approccio aristotelico è l’enfasi sull’osservazione diretta. Se Platone invitava a distogliere lo sguardo dal mondo sensibile per contemplare le Idee pure, Aristotele invitava a guardare la natura, a studiarne i fenomeni, a ricavare principi generali dai casi particolari. Questo significa prestare attenzione ai dettagli: osservare le forme delle foglie, i comportamenti degli animali, la composizione del suolo, le variazioni della luce, il canto degli uccelli, la distribuzione delle specie vegetali a diverse altitudini. Ogni fenomeno diventa un dato empirico da cui trarre conoscenza. L’escursionista aristotelico potrebbe portare un taccuino per annotare le proprie osservazioni, magari una guida botanica o ornitologica, così da poter attribuire un nome alle creature incontrate.
Il Giusto Mezzo e l'Eudaimonia
Aristotele è famoso per la sua etica delle virtù, basata sulla ricerca del giusto mezzo (mesòtes) tra due opposti difettivi ed eccessivi. Il coraggio, ad esempio, è una virtù che si colloca tra la codardia (difetto) e la temerarietà (eccesso). Analogamente, l’escursionista aristotelico non vuole una passeggiata banale e priva di stimoli, né un’avventura estrema e pericolosa. Questo principio del giusto mezzo applicato all’escursionismo riguarda la scelta del percorso, la durata e la difficoltà. Invece di spingersi su un sentiero impraticabile o, al contrario, camminare solo su una strada asfaltata, l’escursionista aristotelico si impegna a cercare un itinerario di media difficoltà, adeguato alle proprie capacità, in grado di generare crescita personale.
Aristotele definisce la “eudaimonia” come la felicità intesa non come un mero piacere momentaneo, ma come una fioritura piena dell’essere umano, la realizzazione delle proprie potenzialità attraverso la virtù e la ragione. L’escursionismo aristotelico può essere considerato un mezzo per perseguire questa eudaimonia.
- Corpo: L’attività fisica dell’escursione migliora la salute, aumenta la resistenza, ossigena i muscoli, riduce lo stress, favorisce il benessere generale. Per Aristotele, l’uomo è un animale razionale che ha un corpo con esigenze precise.
- Mente: L’osservazione e la riflessione sul paesaggio stimolano l’intelletto. L’escursionista aristotelico non cammina a testa bassa, isolato dai suoi pensieri, ma interagisce con l’ambiente, formulando ipotesi, cercando spiegazioni, identificando cause ed effetti.
- Spirito (o dimensione interiore): Anche la dimensione etica e spirituale è coinvolta. L’escursionista aristotelico non si limita a osservare, ma si interroga sul proprio posto nel mondo, sul rapporto con la natura, sulla responsabilità di preservare l’ambiente, sulla misura del proprio agire.
Indagine sul Campo e Finalità
Aristotele fu uno dei primi grandi naturalisti dell’antichità. Classificò piante e animali, studiò le loro caratteristiche, tentò di comprendere le leggi sottese ai fenomeni biologici. L’escursionista aristotelico può ispirarsi a questa eredità, trasformando la camminata in una sorta di “indagine sul campo”. Identificare i vari tipi di alberi, distinguere tra conifere e latifoglie, scoprire quali specie animali vivono nella zona, capire i meccanismi di adattamento di piante e animali all’ambiente montano o collinare: tutto ciò rende l’escursione un’esperienza di apprendimento continuo.
Aristotele interpretava la natura in chiave teleologica, ossia individuava finalità insite negli enti naturali. Ogni essere vivente tende a realizzare la propria forma, il proprio “telos”, la propria finalità intrinseca. L’escursionista aristotelico, in questa chiave, potrebbe chiedersi: qual è il fine del camminare nella natura? L’obiettivo non è solo arrivare a destinazione, ma camminare in modo significativo. Il fine non è soltanto il panorama finale, ma il percorso stesso, inteso come processo di comprensione e affinamento della propria persona.
Dimensione Sociale e Metafisica
Aristotele considerava l’uomo un “animale politico”, destinato a vivere in una comunità. Anche nell’escursione, pur svolta talvolta in solitudine, si può riflettere sulla dimensione sociale. L’escursionismo aristotelico non è quindi un’esperienza meramente individuale. Pur valorizzando l’osservazione personale e la crescita interiore, non dimentica la dimensione comunitaria. È la ricerca del ben vivere insieme, del creare situazioni in cui la virtù diventi contagiosa, un esempio per i compagni di cammino.
Aristotele, nella sua metafisica, introdusse la distinzione tra materia e forma. Ogni ente è composto di materia (il substrato) e forma (il principio che lo rende ciò che è). Nell’escursione, si può metaforicamente trasporre questo concetto: il paesaggio è “materia” grezza, ricca di particolari, vari elementi naturali. L’escursionista, con il suo sguardo ordinatore, la sua mente razionale, dona al paesaggio una “forma” interpretativa. Allo stesso modo, la propria esperienza di cammino è materia (le sensazioni fisiche, le immagini, i suoni) che la mente Aristotelica modella in una forma sensata.
L’escursionismo aristotelico, come descritto in queste pagine, è ovviamente un modello ideale, una metafora filosofica. Nel contesto contemporaneo, rappresenta un invito a un approccio colto, equilibrato e virtuoso al rapporto con la natura. Si tratta di coltivare la conoscenza e la virtù lungo il sentiero, di armonizzare corpo e mente, di cercare un equilibrio tra la sfida fisica e la sicurezza, di rispettare la natura come fonte di dati e lezioni, non come semplice scenario. Così, chi intraprende un’escursione ispirandosi ad Aristotele, troverà nel bosco non solo alberi, ma categorie, cause, essenze, relazioni; troverà non soltanto fatica o piacere, ma virtù in azione; non soltanto un fine ricreativo, ma un telos esistenziale.
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