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Geografia del Turismo: Esplorando il Mondo Attraverso gli Occhi del Viaggiatore

Allora hai trovato l’articolo che fa per te. Che tu sia un semplice curioso, un operatore turistico, uno studioso della terra, un tecnico o un amministratore, aumentare le tue conoscenze su questa tematica può esserti molto utile per un’infinità di ragioni. In questo modo potrai imparare a prenotare i tuoi viaggi per tempo e nella stagione più favorevole alle tue esigenze, avere modo di documentarsi si usi, costumi, tradizioni o alimentazione. Avendo così la possibilità di studiare il menu pasquale o natalizio tipico, ad esempio, visto che magari non coincide con cosa mangiare a Caserta. Insomma: ti sei incuriosito?

Nei prossimi paragrafi andremo dunque a di rispondere alla domanda “geografia del turismo, cose’è?” cercando di darne una definizione esaustiva. Andando poi ad approfondire quali libri leggere o quali studi intraprendere per capirne di più o specializzarsi in questo ambito. A proposito di turismo: pronto a partire?

Cos'è la Geografia del Turismo?

Sappiamo cos’è la geografia e cos’è il turismo. Ma esattamente cosa si intende per geografia del turismo? «È una branca della geografia economica che studia regioni in cui c’è una grande affluenza turistica. Oltre a comprendere e disciplinare l’impatto economico del turismo in una determinata città e come questo condiziona i rapporti economici e funzionali con la propria regione di riferimento.

L’economia turistica è determinante nella formazione del reddito di molti paesi (come per la Grecia o la Tunisia), per altri è una discreta fonte di guadagno (come per Italia, Francia e Spagna), mentre per altri rappresenta un deficit elevato (come per la Germania). Il flusso turistico principale è quello tra paesi sviluppati, mentre il flusso turistico dai paesi ricchi verso il sud del mondo non rappresenta che il 15% del totale (quello in verso opposto non supera il 10%).

L’area mediterranea dell’Europa è la destinazione più favorita a livello globale. Tra le regioni meno sviluppate, sono più favorite quelle vicine ai paesi più ricchi (come l’area messicano-caraibica). Secondo le statistiche dell’Eurostat la Germania nel 2008 è il primo paese in Europa per arrivi turistici.

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Formazione e Studi nel Settore

Per formarsi correttamente nell’ambito della Geografia del Turismo, una laurea generica in geografia potrebbe non bastare. Questo perché esso è in gradi di fornirti le corrette e necessarie basi metodologiche e conoscitive specifiche funzionali allo svolgimento di effettive attività di lavoro in questo settore. Il tutto attraverso un giusto mix tra strumenti teorici e conoscenze pratiche.

Un corso perfetto anche e soprattutto per accrescere e aggiornare le competenze e la professionalità di chi si occupa dell’insegnamento di materie geografiche o se ne occupa in contesti tecnici, economici, scientifici, ma anche politici. E poi il marchio di fabbrica Unicusano: lezioni video e materiale per la formazione a distanza (FAD) appositamente predisposto. Grazie al nostro servizio di erogazione dei master e-learning, avrai una piattaforma riservata e personale dove poter seguire le lezioni quando vuoi e da dove vuoi, oltre a poterle rivedere tutte le volte che ne hai bisogno senza alcun limite di visualizzazione.

Che cosa trasforma un luogo in una destinazione turistica?

Sentiamo spesso parlare di luoghi o città come destinazioni turistiche privilegiate. Ma quale è la relazione tra un luogo e una destinazione turistica? Rispetto ad un tema complesso - e con ampi margini di confusione - come il turismo, parlare di destinazione turistica non è affatto un’astrazione. Le destinazioni turistiche non sono un altro o un altrove rispetto ai luoghi e alle città in cui viviamo.

E’ la dimensione del viaggio che ci fa pensare ad un altro e un altrove in cui essere rispetto al nostro quotidiano (interessante a questo proposito il libro di Marco Aime e Davide Papotti “L’altro e l’altrove. Antropologia, geografia e turismo”). Certo è che il fenomeno turistico abita, plasma e rimodella i luoghi. Quando questa azione di rimodellamento e cambiamento avviene senza pianificazione e senza una visione condivisa, purtroppo il risultato è un peggioramento della qualità della vita in quei luoghi.

Molti potranno obiettare che esistono destinazioni turistiche che sono non-luoghi, come ad esempio il modello dei villaggi-vacanza e le mete turistiche create a tavolino come Sharm El Sheik, ma il punto nodale è ora più che mai la sostenibilità di una destinazione turistica in termini economici, ambientali e sociali. A questo proposito il prof. e sottolinea come una buona qualità di servizi e infrastrutture per i residenti supporti e aiuti lo sviluppo del turismo.

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Turismo Balneare in Europa: Un Focus sull'Ex-Jugoslavia

PREMESSA: avendo l’anno scorso trattato Rimini e la Riviera Romagnola e avendo parlato dei relativi elementi di crisi, ora che si parla di turismo balneare in Europa viene naturale allacciarsi ai competitor dell’adriatico. E quindi dei Paesi dell’ex-jugoslavia in primis. Che sono anche quelli che per ovvi motivi entrano in competizione anche con la costa veneta (Jesolo, Caorle e via dicendo) e che con il Veneto sono anche così culturalmente collegati (soprattutto ovviamente le relative parti costiere: Istria, Dalmazia …). Qua quindi affronteremo questi Paesi analizzandone però il solo turismo balneare.

Partiamo ovviamente dalle premesse storiche del turismo attuale, ovvero di come era gestito nella ex-Iugoslavia. Ed in quell’epoca l’industria turistica era gestita quasi interamente dallo Stato. D’altronde si parla di un Paese nato come Paese comunista sebbene in seguito si sia poi distaccato dall’URSS e dal Patto di Varsavia. L’iniziativa privata era ammessa, ma soltanto a patto che non travalicasse la dimensione familiare. Inoltre seppur il turismo fosse importante in alcune regioni, soprattutto per quella che diventerà l’attuale Croazia, la “Iugoslavia” era comunque un Paese “lontano” e poco integrato nell’economia dell’allora CEE.

Agli inizi degli anni ’90 la deflagrazione della Iugoslavia (Paese il cui nome significava letteralmente “terra degli slavi del sud”) ebbe tra gli effetti collaterali il totale black-out del turismo. La guerra fu dura e si protrasse nel tempo, dal 1991 al 1995, con strascichi tutt’ora evidenti. La carta vi illustra la suddivisione etnica all’interno dell’ex Iugoslavia. Central Intelligence Agency in 1992. Così da quell’unico Stato si passò all’attuale suddivisione tra le varie “nazioni”, suddivisione che fu prodotto proprio su basi etniche (o per lo meno per quanto possibile su base etnica). Parlare di turismo in quel contesto è non solo riduttivo ma quasi fastidioso.

Certo è che quel patrimonio che attirava turisti ma che aveva anche un estremo valore culturale e simbolico subì ingenti danni. Come esempio di distruzione del patrimonio storico-artistico, che ovviamente non è stata la parte peggiore del conflitto visto l’alto numero di perdite in vite umane, si può citare un ponte. Il ponte è sicuramente il simbolo più rappresentativo della città di Monstar ma in certo qual modo lo si può estendere all’intera ex Iugoslavia. Questo aprescindere dalle ricostruzioni “televisive” occidentali.

Durante il conflitto serbo-bosniaco (1993-1995) la televisione occidentale aveva contribuito a diffondere l’idea che lo Stari Most (il ponte di Monstar) attraversasse la linea di separazione tra le due parti della città, quella a maggioranza cristiana e quella a maggioranza musulmana. Era quindi il frutto della dominazione ottomana contro cui avevano combattuto principalmente i serbi di religione cristiana.Le guerra nell’ex Iugoslavia ha tanti lati oscuri ma sulla distruzione di quel ponte siamo ben informati.

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Durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina (1992-1995), le forze secessioniste croate combatterono contro le forze governative bosniache e, il 9 novembre 1993, distrussero il ponte. Prima di questo evento, esso era già stato fortemente danneggiato nel 1992 dai bombardamenti attuati dai serbi. Entrambe le fazioni, sia la croata che la serba, vedevano un simbolo nel ponte e nell’area storica nelle sue vicinanze, una parte integrante della cultura bosniaca, da distruggere in quanto tale (e infatti anche prima della distruzione esso venne ripetutamente preso di mira.Finita la guerra poi avvenne la Ricostruzione.

Il ponte, incluso recentemente nell’elenco dei Patrimoni dell’umanità, venne ricostruito sotto l’egida dell’UNESCO. Le sue 1.088 pietre vennero lavorate secondo le tecniche medievali. Il lavoro di ricostruzione costò circa 12 milioni di euro finanziati da aiuti internazionali. L’Italia fu il maggiore finanziatore, e almeno di questo possiamo esserne contenti. Ad ogni modo al di là dei singoli luoghi martoriati dalla guerra, con la fine dei conflitti si affacciarono nuovi Stati indipendenti sul palcoscenico europeo.

Non senza difficoltà, come dimostrarono i bombardamenti NATO sulla Serbia e le difficoltà che si protrassero e che ancora oggi si protraggono, nei rapporti internazionali (sebbene l’UE cerchi da fare da intermediaria e di sviluppare relazioni politiche commerciali tra Paesi le cui relazioni sono tese. per esempio Albania e Kossovo da una parte e Serbia dall’altra. La costruzione di un’autostrada europea (con fondi UE) che attraversa questi Paesi è un esempio di tali politiche atte a creare premesse concilianti dovute a comuni interessi.

In ogni caso con l’indipendenza delle repubbliche adriatiche della ex-Iugoslavia, divenne impellente, per ravvivare le economie prostrate dal conflitto, la necessità di ripristinare l’industria turistica, assegnando, nella ripristinata libertà, un ruolo fondamentale al privato e alla capacità di attirare investimenti stranieri. Dei quattro ex-Stati della ex-Iugoslavia che si affacciano sul Mediterraneo, ovviamente chi ha puntato più di tutti sul turismo balneare come da tradizione e vocazione, è stata ovviamente la Croazia.

Sotto il profilo del turismo balneare, la Bosnia-Erzegovina con i suoi appena 11 km di costa risulta essere ininfluente per il turismo. Anche la Slovenia possiede un litorale poco esteso ma la sua propensione a proporsi come destinazione turistica l’ha portata a dar visibilità anche alla sua limitata fascia costiera.

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