Viaggiatori nel Tempo: Trama, Recensioni e Riflessioni
Le storie sui viaggi nel tempo continuano ad affascinare, offrendo spunti di riflessione sulla natura del tempo, sulle scelte che facciamo e sulle conseguenze delle nostre azioni. Questo articolo esplora diverse opere letterarie che trattano questo tema, analizzandone le trame, le recensioni e le emozioni che suscitano nei lettori.
Il Ministero del Tempo: Un Romanzo Innovativo
Nella Londra di un futuro prossimo, una dipendente pubblica si ritrova coinvolta in un misterioso progetto governativo. Questo progetto raccoglie "espatriati" da diverse epoche storiche con l'obiettivo di testare i limiti del viaggio nel tempo sugli esseri umani.
Il suo compito è quello di fare da "ponte", ovvero agevolare l'adattamento del soggetto che le viene affidato. Il suo espatriato è noto come "1847": si tratta di Graham Gore, un ufficiale di Marina che nel 1847 partecipò alla famosa - e sfortunata - spedizione artica guidata da sir John Franklin.
I “ponti” sono istruiti a non sovraccaricare gli espatriati di troppe informazioni perché l’obiettivo principale dell’esperimento è vedere se siano in grado di adattarsi con successo a un’epoca storica diversa, e se la transizione provochi in loro un cambiamento significativo.
Inizialmente disorientato, Graham Gore si trova a vivere con il suo “ponte” - una donna single abituata a cavarsela da sola -, e a confrontarsi con oggetti e concetti misteriosi quali “lavatrice”, “Spotify” e il “crollo dell’Impero Britannico”. Tuttavia, Gore è ricettivo e si adatta rapidamente, e, nel corso di una lunga e afosa estate, lui e la donna passano dall’imbarazzo all’amicizia a un’appassionata relazione sentimentale.
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Il ministero del tempo ci racconta l’evoluzione del rapporto tra Graham, uomo vittoriano estremamente affascinante, e il suo “ponte”, nome con cui vengono identificati i lavoratori del ministero assegnati ad ogni “expat” durante il primo anno dell’esperimento.
I punti di forza del romanzo di Kaliane Bradley sono molti: innanzitutto l’idea originale, poi il fascino naturale che scaturisce da un protagonista come Graham.
Kaliane Bradley è una scrittrice e editor anglo-cambogiana che vive a Londra. I suoi racconti sono apparsi su numerose riviste, tra cui “Electric Literature”, “Catapult”, “Somesuch Stories” e “The Willowherb Review”. È stata la vincitrice del 2022 Harper’s Bazaar Short Story Prize e del 2022 V.S. Pritchett Short Story Prize.
Belle Époque: Nostalgia e Rievocazione Identitaria
La “Belle époque” è un film magnetico ed emotivamente stimolante, in cui l’intelligente trama narrativa fa da sfondo al tentativo - riuscito grazie alla rara sensibilità di un certo cinema francese - di scandagliare i più intimi sentimenti dei personaggi, ma con lo sguardo ammiccante di chi riesce a farlo con (apparente) leggerezza.
La trama è semplice, ma di per sé eloquente: Victor (uno straordinario Daniel Auteuil), fumettista in crisi (anche coniugale), trascurato e privo di stimoli, è un uomo che vive nel passato, che rifiuta la tecnologia che scandisce ogni momento del mondo moderno; come se avesse fermato il tempo, sembra essere rimasto ancorato ad un’epoca idealizzata, incapace di adattarsi alla complessità, alle sfaccettature e alle pieghe della vita contemporanea, di ritrovare le coordinate (ideali e materiali) che un tempo gli sembravano sicure.
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Marianne (Fanny Ardant), sintonizzata sui moderni registri comunicativi, è tutta protesa verso il futuro, che vive in una ossessiva dimensione tecnologica, che riempie ogni momento ed ogni aspetto di sé; finisce addirittura per elaborare, con l’aiuto del figlio (autore di serie animate su piattaforme digitali), un programma basato su un algoritmo per proseguire on line la propria attività di psicoanalista!
Due persone, in realtà, in fuga da se stesse. Incapaci di vivere il presente, e rivolte chi al passato, chi al futuro.
La scintilla dell’azione è data dal figlio della coppia, che mostra uno ‘spiccato legame edipico’ con la madre - le foto che ne arredano l’appartamento, noterà con ironia Victor, fanno pensare ad una ‘mostra sul complesso di Edipo’ -, ma è anche animato dal desiderio di poter ‘lavorare’ con il padre, coinvolgendolo in quella che è una evoluzione del lavoro di immagini cui Victor si dedicava con le matite.
È lui a consegnare al padre un regalo: la partecipazione a “voyageurs du temps”, la possibilità di rivivere la ricostruzione storica e la messa in scena di un ‘tempo’, quello scelto dal ‘cliente’.
È così che Victor, lasciato dalla moglie, sceglie di accettare il regalo ricevuto con scetticismo. Ma, a differenza di chi sceglie di rivivere l’epoca nazista, o l’epoca di Hemingway, Victor sceglie di tornare a Lione, il 16 maggio del 1974: il giorno in cui ha conosciuto Marianne.
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“Belle époque” che non è solo il bistrot dove Victor ha conosciuto Marianne, ma evoca anche quel periodo storico caratterizzato da euforia e frivolezza, e perciò vissuto con un sentimento nostalgico quando l’epoca della prosperità e dello sviluppo vennero travolte dai lampi dei cannoni della prima guerra mondiale.
Ed è proprio la nostalgia le fil rouge del film. Nostalgia vissuta non come vezzo o come ‘industria’, ma veicolata su un registro delicato, mai forzato o sbandierato.
Nel film il richiamo nostalgico non appare mai fine a se stesso, ma viene utilizzato come strumento di rievocazione identitaria, serbatoio narcisistico, che consente ai personaggi di costruire una dimensione nuova, vitale, che si collochi tra passato e futuro.
E così, stimolato dal ‘ritorno al passato’, Victor, lasciato dalla moglie e senza lavoro, riscopre se stesso e la propria vitalità nel rapporto con Margot, che, nella ricostruzione scenica, interpreta Marianne da giovane.
Ed è qui che la storia di Victor e Marianne si intreccia con quella di Margot ed Antoine, il ‘regista’ di “viaggiatori del tempo”.
Ed è Margot, che nella vita di Victor sembra quasi assumere il ruolo di deus ex machina, di elemento risolutore della ‘tragedia’ interiore, a rivelare un’ulteriore cifra narrativa, quando, rivolgendosi per l’ultima volta a Victor, ammonisce: “Non possiamo riscrivere le persone come vorremmo che rimanessero per sempre, non possiamo dirigere tutto (…) altrimenti viviamo solo di inizi, ci perdiamo la vita vera”.
Parole che Antoine le suggerisce tramite l’auricolare, nella mise en scène organizzata per dissolvere le illusioni di Victor, travolto dalla forza vorticosa della ‘nostalgia’; ma che Margot vivifica, facendole proprie con una ‘interpretazione’ commossa, rivolgendole in realtà all’uomo incapace di amarla.
“Ogni amore rende felice, persino quello infelice”, scrive Lou Von Salomé (1900), sottolineando l’enorme potenzialità vitale che è alla base di ogni relazione d’amore (e di ogni creazione).
È così che l’enorme potenzialità vitale di Victor ritrova un canale dal quale sgorgare, che gli consente di riprendere in mano le ‘redini’ della propria esistenza; e di essere ri-guardato con occhi nuovi, ma antichi, da Marianne, che, in un momento di sincerità, ammette che la causa di tutto è la rabbia verso se stessa, proiettata su Victor.
“L’obiettivo non è semplificare le cose”, dice Marianne, “ma accettarne la complessità”.
“Tutte le piccole cose diventano enormi quando ci si conosce da quarant’anni”, avverte Marianne, quando, recandosi personalmente nella ricostruzione scenica, rivive anch’ella la belle époque di Victor; al quale rammenta altre belle époque della loro storia d’amore, quasi per dissolvere l’incantesimo di una idealizzazione assoluta.
E così, con una inquadratura delle scarpe molto suggestiva, che rievoca l’attenzione di Truffaut per i dettagli femminili, sotto gli occhi (celati da un vetro specchio) del regista e del figlio (che sa un po’ di ‘buco della serratura’), che il passato ed il futuro, dimensioni metaforiche utilizzate da entrambi, pur in modo dicotomico, per fuggire dall’insoddisfazione del presente e dall’incapacità di confrontarsi con esso, provano ad incontrarsi; in una dimensione in cui gioia e dolore, felicità ed afflizione diventano, consapevolmente, la cifra irriducibile della vita, e quindi di una relazione d’amore reale.
Figli del Tempo: Un Salto nel Futuro Lontano
Uno straordinario romanzo alla pari, per le tematiche trattate, di quelli di autori al top del genere, come Stanislaw Lem, Philip K. Dick o Ray Bradbury. Facciamo, con l’ineguagliabile macchina del tempo che è la scrittura, un balzo in avanti di parecchie migliaia di anni.
L’umanità ha colonizzato un considerevole numero di pianeti: grazie ad un nanovirus, che accelera esponenzialmente l’evoluzione, li ha prima resi abitabili, in seguito le scimmie hanno preparato il terreno e per ultimi sono scesi i coloni. Nonostante il “progresso” la razza umana non ha perso il suo vizio originale: la guerra; il movimento ecologista e terroristico “Non Ultra Natura” ne scatena una interplanetaria e la Terra, con tutte le sue colonie, distrutta!
Entriamo ora nel vivo della storia, seguitemi e non vi svelerò nulla che possa rovinarvi il piacere della lettura. Ci vengono offerte tre angolazioni diverse per cogliere l’essenza più profonda della narrazione.
Su un satellite artificiale troviamo la scienziata Avrana Kern, la creatrice del nanovirus, e il computer Elisa suo alter ego che continua ad inviare messaggi con problemi matematici per stimolare l’intelligenza degli esseri che popolano il pianeta di Kern, ma questi non sono scimmie: il nanovirus ha agito sui ragni che, di generazioni in generazioni, crescono in dimensione prendendo sempre più coscienza della propria capacità di apprendere e di relazionarsi con gli altri insetti molto meno senzienti di loro. Vivono in comunità molto grandi, in eterna lotta con le formiche che alla fine sottomettono con l’emissione di sostanze chimiche.
La situazione non è certo migliore sulla Gilgamesh: il capitano Guyen la dirige con fermezza, gli scontri con gli altri membri del comando, tra repentini cambi di alleanze, si fanno sempre più frequenti.
L’approdo sul Pianeta di Kern viene impedito con la forza da Avrana la quale teme che gli uomini possano inquinare e disturbare l’evoluzione degli abitanti del pianeta da lei creato. I viaggiatori sulla Gilgamesh sopravvivono grazie all’animazione sospesa e i protagonisti chiave, come il classicista Holsten Mason e l’ingegnere Isa Lain, dovranno adattarsi, ad ogni loro risveglio, ai mutamenti e alla cultura che si evolve anche nel micromondo dell’Arca spaziale.
Per l’intera Umanità il lussureggiante pianeta di Kern rappresenta l’ultima ancora di salvezza, pena l’estinzione della specie, ma ancora una volta l’Uomo non ha imparato nulla degli errori del passato: nelle intenzioni dei viaggiatori interplanetari è sbarcare, annientare la popolazione del pianeta o quanto meno sottometterla riducendola in schiavitù.
Vorrei porre l’accento su come Tchaikovsky sia riuscito a narrarci questo monumentale romanzo, che si svolge nel corso di migliaia di anni, senza perdere il filo conduttore della storia in perfetto equilibrio tra il mondo dei ragni e quello degli umani.
Adrian Tchaikovsky vive insieme a sua moglie a Leeds, città in cui svolge la professione di avvocato. Autore della fortunata serie fantasy Shadow of the Apt, per i suoi romanzi è stato nominato al David Gemmell Legend Award e al British Fantasy Society Award.
Altre Opere sui Viaggi nel Tempo
Gli spostamenti temporali all’interno della narrazione sono una componente che non smette mai di incuriosirmi, la ricerco nelle trame e devo ammettere di averne letti un buon numero.
- La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo: Un romanzo che riesce a farti entrare nell’intimo dei suoi personaggi, una lettura coinvolgente e toccante, il finale poi non ti lascia scampo. Ti entra dentro piano piano e lascia radici. L’espediente narrativo dei viaggi nel tempo è davvero originale. Passato, presente e futuro si intrecciano nella vita di Henry, che non controlla i suoi balzi temporali, ma è indissolubilmente innamorato di Clare e la ritrova sempre, in anni e luoghi diversi.
- La straniera (Outlander): Clare passa attraverso un cerchio di pietre nel 1945 e si ritrova nella Scozia del 700, poco prima del massacro di Culloden. Anche questa serie ha una componente storica preponderante e davvero ricercata (un plauso all’autrice), seppur abbia anche un incipit estremamente moderno.
- Passenger: Etta e Nicholas, una ragazzina dei nostri giorni e l’altro un pirata del 1700 …e vi ritroverete a fare il tifo per una possibile unione tra i due dall’inizio alla fine! Qui l’elemento time travel è dato dal fatto che ci sono famiglie in grado di viaggiare nel tempo e il tempo stesso è visto come qualcosa di vivo, che protegge la propria integrità ricucendo gli strappi temporali quando qualcosa degli eventi originali cambia.
- Trilogia delle Gemme: Nella famiglia di Gwendolyn la prescelta sarebbe dovuta essere la perfetta cugina Charlotte, ma contro ogni pronostico l’insignificante Gwen si ritroverà al centro di una serie di eventi cha la trascineranno avanti e indietro nella storia accompagnata da Gideon, giovane rampollo e pronipote del misterioso Conte di Saint Germain.
- Un caffè e via: Quello che accomuna i diversi romanzi è una caffetteria e quell’unico caffé preso a quell’unico tavolino che è in grado di farti tornare indietro a un momento della vita per il lasso di tempo in cui il caffè è caldo. È un romanzo che lascia qualcosa, non quell’euforia che regala tipicamente una bella lettura appena terminata, ma più una sensazione di …consapevolezza.
Titoli Menzione Speciale
- Invictus: Farway Gaius McCarthy non è un ragazzo come gli altri. Tutti lo considerano uno strano prodigio. Figlio di una viaggiatrice del tempo del 2354 d.C. e di un gladiatore dell’Antica Roma, la sua esistenza è un evento straordinario che al contempo distorce e infrange le leggi della natura.
- La pergamena perduta. I viaggiatori del tempo: Sara e Luca sono gemelli e frequentano la prima media. Luca, durante una gita scolastica al castello di Conegliano, trova una vecchia pergamena. Da quel momento comincia a fare strani e inquietanti incubi, finché l’incontro con il vecchio e saggio bibliotecario Achille Strufaldi non l’aiuterà a ricordare.
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