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Il Consolato Romano: Funzioni e Poteri

Il consolato rappresentava la più alta magistratura nell'antica Roma. Dopo la cacciata dei re (tradizionalmente nel 509 a.C.), venivano eletti annualmente due consoli, inizialmente dai comizi centuriati e, a partire dall'età di Tiberio, dal Senato. La posizione di console era spesso il punto culminante della carriera di un politico romano.

Origine e Storia del Consolato

La tradizione romana narra che, una volta cacciati i re, i loro poteri furono trasferiti a due sommi magistrati eletti annualmente. In tal modo, la loro autorità non fu altro che una continuazione di quella regia, con le limitazioni essenziali della temporaneità e della collegialità.

Nel 509 a.C. fu istituito il consolato con la cacciata dell'ultimo re di Roma, Tarquinio il Superbo. Inizialmente, i consoli erano chiamati praetores (termine che in seguito verrà usato per un'altra magistratura) e la loro principale funzione era quella di comandare l'esercito e amministrare la giustizia.

La designazione prevalente per questi magistrati fu quella di consules, derivante dalla radice del verbo consulere, col significato di "provvedere" o "consultare". Oltre a consules, si utilizzarono anche i termini praetores e iudices, e il titolo di consules non sarebbe stato usato prima del 450 a. C., preceduto da quello di praetores.

Le due teorie più autorevoli sull'origine dell'istituto consolare sono quelle di G. De Sanctis e di G. Beloch. Secondo De Sanctis, il sorgere del consolato sarebbe stata una delle cause occasionali, anziché l'effetto, del tramonto della monarchia. Beloch, invece, teorizza che alla monarchia elettiva a vita sarebbe succeduta la dittatura, considerata una vera e propria carica monarchica annuale.

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Poteri e Funzioni dei Consoli

In età repubblicana, i consoli godevano di ampi poteri, limitati dall'annualità e dalla collegialità. Avevano il comando militare, competenze legislative, giudiziarie e finanziarie, oltre alla facoltà di curare opere pubbliche e di contribuire a organizzare le operazioni del censimento. Il console, inoltre, conferiva il nome all'anno (eponimia).

Nella Roma Repubblicana, il console era il vertice dell’apparato statale. Ogni anno, due cittadini venivano eletti dai comizi centuriati per esercitare il supremo comando civile e militare. A differenza dei monarchi, però, i consoli non avevano un potere assoluto.

Le competenze inerenti a tale suprema magistratura erano numerose. Innanzitutto, i consoli avevano il comando militare dell’esercito (imperium militiae). Detto comando si estrinsecava innanzitutto nella gestione delle operazioni belliche (sotto l’egida del controllo senatoriale), nel compimento delle operazioni di leva e nella nomina degli ufficiali; in secondo luogo esercitavano il potere di polizia nel territorio cittadino (imperium dòmi).

All’interno della città di Roma esercitava l'”imperium Domi”, ovvero il potere di far rispettare l’ordine e l’obbedienza ai suoi ordini, anche se questo potere non era assoluto.

Oltre al comando militare, i consoli erano responsabili dell’amministrazione della città e dell’applicazione delle leggi. Spesso presiedevano i processi e prendevano decisioni in merito a dispute legali. I consoli rappresentavano Roma nei rapporti con gli altri popoli. Negoziare trattati, ricevere ambasciatori e dichiarare guerra o pace faceva parte delle loro responsabilità.

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Limitazioni al Potere Consolare

I consoli non avevano un potere assoluto, infatti, il loro potere era limitato da diversi fattori:

  • Controllo del Senato: Il Senato era l’organo più influente della Repubblica e, sebbene non potesse formalmente dare ordini ai consoli, di fatto ne controllava le decisioni.
  • Veto dei Tribuni della Plebe: I tribuni avevano il potere di veto su qualsiasi decisione ritenuta dannosa per il popolo.
  • Collegialismo: Ogni console aveva un collega con lo stesso potere. Se uno cercava di agire da solo, l’altro poteva opporsi e bloccare le sue decisioni.
  • Termine Annuale: Essendo in carica per soli 12 mesi, i consoli non potevano instaurare un dominio personale duraturo. E alla fine del loro mandato, potevano essere perseguiti per eventuali abusi di potere.

Ammissione dei Plebei al Consolato

Il consolato fu appannaggio quasi esclusivo dei patrizi fino a quando le leggi Licinie-Sestie (367 a.C.) non stabilirono che uno dei due consoli dovesse essere plebeo.

Durante i primi decenni della Repubblica, il consolato era un privilegio riservato ai patrizi, la classe aristocratica romana. Tuttavia, con l’aumento delle tensioni sociali tra patrizi e plebei, furono introdotte le Leggi Licinie-Sestie nel 367 a.C., che permisero ai plebei di accedere alla carica consolare.

I Patrizi non avevano altra scelta che scendere a compromessi. Per questo motivo, i plebei ottennero il permesso di creare una propria assemblea chiamata “Concilium Plebis” o consiglio della plebe. Comprendendo la necessità di cooperare con i plebei, i Patrizi iniziarono gradualmente a riconoscere alcuni diritti. I plebei ottennero nuovi successi sociali l’anno successivo, quando venne stabilito per legge che almeno uno dei due consoli doveva essere plebeo. Che fosse un plebeo o un patrizio, i poteri di un console rimasero comunque gli stessi. Dovevano presiedere il Senato, proporre delle leggi e comandare l’esercito.

Invece l'elezione contemporanea di due plebei si verificò per la prima volta soltanto nel 215 a. C., ma fu impugnata per opposizione degli auguri, sicche uno degli eletti si dimise, e soltanto nel 172 a. C.

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I consules esercitavano il potere in forma collegiale ed erano dotati di identici poteri: ciascuno di essi poteva, dunque, esercitare il potere nella sua interezza, salvo il veto dell’altro.

Collegialità e Turno

La collegialità propria del consolato importava nei colleghi un eguale potere e quindi il diritto per ciascuno di essi di compiere lo stesso atto di governo, indipendentemente dall'altro; ma poiché molti degli atti di governo non potevano emanare che da uno solo di essi, per evitare conflitti si ricorse al turno o alla sorte.

Durante il turno, che era generalmente di un mese e cominciava col console più anziano, soltanto il console prescelto aveva diritto ai dodici littori coi relativi fasci, e forse da ciò con Augusto risorse l'uso che i due consoli ogni mese si alternassero i fasci.

Il Consolato nel Medioevo

Con il termine console si indicano anche i magistrati delle città comunali italiane tra la fine dell'11° sec. e l'inizio del 13°, quando furono soppiantati dal governo del podestà. I consoli erano designati o approvati dall'arengo in numero variabile e di solito restavano in carica per un anno. Dall'inizio del sec. 12° il termine console.

Nel Medioevo il console era un magistrato mercantile e la sua origine risale alla prima fase evolutiva del comune. Egli appare per la prima volta a capo della unione delle vari classi sociali, scelto tra i valvassori, i mercanti, i borghesi e gli artigiani.

I consoli erano in numero variabile da due a dodici, duravano in carica un anno (non erano rieleggibili) e venivano eletti dal parlamento cittadino. L’accesso al consolato non era precluso ad alcun ceto, ma nella prassi tale carica venne prevalentemente ricoperta da nobili e da esponenti dell’alta borghesia.

Numerosi documenti risalenti all’ultimo ventennio del secolo XI dimostrano che tale magistratura si era estesa rapidamente in tutte le città italiane: a Lucca e a Pisa tra il 1081 e il 1085, a Pavia nel 1084, a Milano nel 1085, ad Asti nel 1095 e a Genova nel 1098.

Declino del Consolato

Purtroppo alla fine della repubblica e con l’ascesa dell’impero sotto Augusto, il potere del console terminò. Le varie assemblee avevano perso la loro autonomia e la oggettiva capacità di emanare delle leggi e quindi di nominare i consoli.

In età imperiale ai consoli.

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