Il Lungo Viaggio di Leonardo Sciascia: Analisi Approfondita
Sei in procinto di affrontare l’esame di Maturità 2024 e tra le possibili tracce della prima prova di analisi del testo potresti trovare “Il Lungo Viaggio” di Leonardo Sciascia. In questo articolo, ci addentreremo nell’analisi del testo di questa opera, esplorando non solo il contenuto in sé ma anche la vita dell’autore e il contesto storico-letterario che ha dato vita a quest’opera. Ti guideremo attraverso le complesse tematiche trattate da Sciascia, offrendoti tutti gli strumenti necessari per prepararti al meglio per il tuo esame. Preparati a esplorare la storia, la cultura e le riflessioni che “Il Lungo Viaggio” porta con sé, conoscendo meglio Leonardo Sciascia e il suo tempo.
“Il Lungo Viaggio” di Leonardo Sciascia: un racconto emblematico
“Il Lungo Viaggio” è un racconto di Leonardo Sciascia che si trova nella raccolta che porta il titolo "Il mare colore del vino", datata 1973. Il lungo viaggio è un racconto emblematico di Leonardo Sciascia, incluso nella raccolta Il mare colore del vino, pubblicata nel 1973. In poche pagine, l’autore siciliano riesce a condensare un dramma collettivo che ha segnato la storia dell’Italia meridionale: il fenomeno dell’emigrazione e la disperata ricerca di una vita migliore.
Attraverso una narrazione essenziale e carica di tensione, Sciascia racconta la vicenda di un gruppo di contadini siciliani che, spinti dalla povertà, si affidano a un trafficante senza scrupoli per raggiungere clandestinamente l’America. Il viaggio, però, si rivela un inganno: dopo giorni di navigazione, i migranti scoprono di non aver mai lasciato la Sicilia. Questo epilogo beffardo trasforma l’illusione in disillusione, evidenziando la condizione di miseria e impotenza in cui versano i protagonisti.
Riassunto de "Il Lungo Viaggio"
“Il Lungo Viaggio” è un racconto di Leonardo Sciascia, incluso nella raccolta “Il mare colore del vino” pubblicata nel 1973. Quest’opera narra la tragica avventura di alcuni contadini siciliani all’inizio del Novecento che, desiderosi di sfuggire alla miseria della loro terra, decidono di emigrare in America. Ingannati da un truffatore di nome Melfa, pagano una somma considerevole per quello che credono sia il viaggio verso una vita migliore. Dopo un estenuante viaggio di undici notti, durante le quali sognano un futuro di prosperità e benessere, i protagonisti scoprono di essere stati ingannati: anziché a New York, sono stati portati su un’altra spiaggia della Sicilia, lontani da casa ma non meno poveri o disperati di prima.
Attraverso questa vicenda, Sciascia esplora temi come l’illusione del sogno americano, l’inganno e la disillusione, offrendo al contempo una critica alla condizione sociale e alla disperazione che spingeva tanti suoi conterranei alla ricerca di un futuro migliore altrove.
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Anni Cinquanta. In una notte buia un gruppo di poveri contadini siciliani si era dato appuntamento su un tratto di spiaggia deserta, arida e pietrosa situata tra Gela e Licata. Alcuni di loro non avevano nemmeno visto prima il mare e stavano realizzando il sogno di tutta la loro vita, ovvero andare in America, la meta simbolo della ricchezza e delle opportunità, ma per raggiungerla dovevano imbarcarsi clandestinamente nel cuore della notte e intraprendere un viaggio che sarebbe durato diversi giorni. Hanno dovuto vendere tutti i loro oggetti di valore, i loro muli e asini, le loro abitazioni e i mobili per accumulare le 250 mila lire per il viaggio. Il signor Melfa, un uomo dal volto sincero e dalla parlantina facile che a quanto pare conosceva le difficoltà di questi contadini si era proposto di accompagnarli con il suo piroscafo.
Alcuni di loro hanno pure chiesto in prestito soldi agli usurai, tanto chi più li avrebbe ritrovati una volta che si sarebbero stabiliti in America. Si trattava di un viaggio lungo e anche rischioso in quanto illegale, pertanto doveva tutto essere effettuato nella massima segretezza. Si divertivano a immaginare le facce che avrebbero fatto gli usurai, per una volta anche loro vittime di una beffa, si vedevano già con le tasche piene di soldi e alcuni di loro hanno scritto lettere per i loro parenti americani da spedire una volta arrivati a destinazione così da farsi venire a prendere alla stazione di Trenton (città del New Jersey). Adesso c'era solamente di pazientare un po' e affidarsi alle capacità di navigazione del signor Melfa.
Era ancora notte e uno degli uomini imbarcati aveva persino messo in dubbio che quella fosse l'America dal momento che non è facile orientarsi vedendo solo cielo e acqua, ma ci ha pensato il signor Melfa a sciogliere ogni dubbio facendo notare a tutti le luci delle città, l'aria diversa e un orizzonte che non avrebbero mai potuto aver visto prima. Tutti gli imbarcati cominciarono a prendere fiducia e saldarono il conto al signor Melfa, scesero dalla barca coi pochi bagagli che si erano portati e per la felicità si erano messi a cantare. Il signor Melfa li aveva rimproverati perché lui era ancora lì e dovevano dargli almeno il tempo per andarsene, cosa che fecero.
Dopo un po' alcuni stanchi di aspettare si misero in esplorazione e fecero alcuni passi, dapprima sentirono il lontananza il canto di un carrettiere come quelli che passano in Sicilia, poi giunsero in una strada asfaltata, certo, ma se la immaginavano più ampia e dritta, successivamente videro delle automobili Fiat. Qualcosa non tornava, l'America aveva molto in comune con la Sicilia e uno di loro provò a dare una spiegazione logica e disse che queste auto gli americani le regalano ai giovani per capriccio come in Sicilia si fa con le biciclette. Incrociano anche la polizia in motocicletta, dalla quale si tennero ben nascosti in quanto adesso sono stranieri in terra straniera senza alcuna autorizzazione.
Poi videro un segnale stradale con scritto "Santa Croce Camerina - Scoglitti", un nome di città che gli sembrava aver già sentito prima, forse ci sarà stato un suo zio pensò uno di loro, e poi in America le parole non si leggono così come si scrivono ribatté un altro. Gli insulti fecero calare il silenzio nel gruppetto di contadini, dopo un po' quello che ricordava di aver già sentito il nome Santa Croce Camerina si ricordò che qualche tempo fa suo padre ci andò per la mietitura, e così si resero conto dell'amara verità e che non era il caso di avvertire i propri parenti americani perché erano sbarcati in...
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Analisi dei temi principali
Il racconto affronta temi centrali della narrativa di Sciascia, come l’inganno, la fragilità delle speranze umane, il senso di immobilità sociale e l’ingiustizia. Uno dei temi centrali de Il lungo viaggio è l’emigrazione, fenomeno che ha segnato profondamente la storia della Sicilia e dell’Italia meridionale nel XX secolo.
Nel periodo tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, migliaia di italiani lasciarono la loro terra natia per cercare fortuna in America, in Argentina e in altre nazioni industrializzate. I protagonisti del racconto incarnano questa aspirazione collettiva: sono uomini e donne ridotti alla miseria, pronti a sacrificare tutto per un’opportunità. La loro determinazione nel lasciare la Sicilia è alimentata non solo dalla fame, ma anche da un sogno quasi mitico dell’America, vista come una terra di abbondanza e di riscatto sociale.
Tuttavia, nel corso della narrazione emerge il dramma della loro condizione: il viaggio non è il frutto di una scelta consapevole, ma di una necessità imposta dalle ingiustizie sociali e dall’assenza di prospettive. La speranza dei contadini viene tradita da un inganno crudele. Il trafficante che organizza la traversata non è altro che un truffatore, che approfitta della disperazione altrui per arricchirsi. Egli rappresenta una figura ricorrente nella storia delle migrazioni: l’intermediario senza scrupoli che vende illusioni, garantendo un passaggio sicuro in cambio di denaro.
L’inganno non riguarda solo il viaggio, ma l’intero sistema sociale che permette e alimenta queste truffe. Il culmine drammatico del racconto è la scoperta dell’inganno: i migranti sbarcano con entusiasmo, convinti di aver raggiunto l’America, solo per rendersi conto di essere ancora in Sicilia, nei pressi di Gela e Licata.
Questo momento segna il passaggio dalla speranza alla disperazione. I protagonisti si ritrovano al punto di partenza, privati non solo dei loro risparmi, ma anche della loro dignità. Il lungo viaggio, anziché portarli verso una nuova vita, si conclude con un’amara presa di coscienza: la realtà è immutabile, e non esiste una via di fuga dalla miseria. La loro delusione assume una dimensione esistenziale: non si tratta solo della perdita di un’opportunità economica, ma della distruzione di un sogno.
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Uno dei temi più ricorrenti nella narrativa di Sciascia è l’idea dell’impossibilità di cambiare il proprio destino. Ne Il lungo viaggio, questa condizione è rappresentata in modo simbolico attraverso la beffa finale: i protagonisti percorrono un viaggio lungo e faticoso solo per ritrovarsi nello stesso luogo da cui erano partiti. L’immobilità sociale è quindi uno degli elementi più significativi del racconto. Nonostante gli sforzi, la Sicilia sembra condannata a rimanere sempre uguale, con le stesse disuguaglianze, la stessa povertà e la stessa mancanza di opportunità.
Questa visione pessimistica riflette una critica alla società italiana del tempo, incapace di offrire ai suoi cittadini alternative dignitose. Il racconto utilizza simboli potenti per rafforzare il suo messaggio. La barca fatiscente su cui viaggiano i protagonisti simboleggia la fragilità delle loro speranze. Il mare è un elemento chiave del racconto: rappresenta il confine tra la miseria e il sogno di una nuova vita, ma è anche il luogo della truffa e dell’inganno.
Lo stile narrativo di Sciascia
Sciascia utilizza uno stile asciutto ed essenziale, privo di enfasi retoriche. La narrazione è lineare, e il racconto procede con un ritmo implacabile, portando il lettore a condividere l’illusione dei protagonisti fino al momento della rivelazione finale. L’uso del discorso indiretto libero permette di entrare nella mente dei personaggi, facendo emergere le loro speranze e le loro emozioni senza bisogno di spiegazioni superflue.
Sciascia adotta il linguaggio semplice e popolare ed aggiunge anche gli insulti e le bestemmie per dare colore alla novella, per rallegrarla un po'. Nel racconto sono presenti alcune figure retoriche tipiche del linguaggio popolare:Similitudine: "rimanevano sulla strada come statue", "le nostre macchine loro le tengono... Questo racconto narra la storia di uomini poveri e sfruttati, ma soprattutto poco istruiti e pertanto facilmente raggirabili.
I personaggi
I protagonisti del racconto sono degli emigranti anonimi. Gli emigranti lasciano dietro di sé una terra che Sciascia definisce come «l’arida plaga del feudo», per raggiungere la terra dei sogni, spazio di abbondanza e luce. Durante il viaggio, gli emigranti intravedono la terra paradisiaca che sognano: dall’imbarcazione le luci delle città costiere degli Stati Uniti brillano nella notte raddolcita dalla brezza. ma una volta arrivati, l’ambiente gli appare simile a quello di casa. Persino quando leggono sui cartelli stradali i nomi di Santa Croce Camerina, persino quando scambiano due parole in italiano con un abitante del luogo e persino quando quest’uomo legittimamente li manda al diavolo in risposta alla loro richiesta di informazioni su come raggiungere Trenton, gli emigranti negano la realtà dei fatti.
Solo attraverso i ricordi, uno di loro si rende conto che Santa Croce Camerina è un paesino della costa siciliana dove suo padre tanti anni prima aveva trovato lavoro durante una brutta annata nelle campagne. Protagonista è un gruppo di siciliani provenienti da paesi interni, lontani dal mare, i quali decidono di affrontare il lungo viaggio in mare per andare in America a far fortuna. Sorprendentemente il viaggio dura meno di quanto si aspettavano i clandestini siciliani: dopo undici notti si vedono in lontananza le luci delle città che appaiono ai viaggiatori come stelle scese al mare.
Contadini: sono poveri, ignoranti, credono nel sogno americano fino alla fine arrivando a negare anche l'evidenza. Signor Melfa: è il proprietario di un'imbarcazione ed è un abile truffatore perché conosce le sue vittime e li fa viaggiare e giungere a destinazione di notte, cosicché tutta l'operazione possa essere eseguita indisturbato. Non preoccuoato tanto per il traffico di uomini (dal momento che non li fa andare oltre la Sicilia) quanto per il fatto che avrebbe perso il guadagno del raggiro se l'avessero scoperto e si sarebbe messo nei guai, perché i contadini saranno pure ignoranti ma hanno la forza fisica per menare qualcuno. Dall'aspetto viene descritto come un uomo onesto e sincero, inoltre viene definito un gran chiacchierone ed è grazie al suo linguaggio semplice e continuo che questi contadini affidano a lui tutti i loro risparmi, e per farsi rispettare usa di tanto in tanto delle bestemmie.
Biografia di Leonardo Sciascia
Leonardo Sciascia, nato l’8 gennaio 1921 a Racalmuto, in provincia di Agrigento, è stato uno degli scrittori e intellettuali più influenti del Novecento italiano. La sua opera spazia dalla narrativa al saggio, dalla critica letteraria alla politica, ed è profondamente radicata nella realtà sociale, storica e culturale della Sicilia, terra di origine che ha continuamente esplorato nei suoi testi. Sciascia è noto per la sua capacità di unire acuta analisi sociale e impegno civile, affrontando temi come la mafia, la giustizia, l’abuso di potere e la ricerca della verità.
Tra le sue opere più famose si annoverano “Il giorno della civetta” (1961), che affronta il tema della mafia con uno stile asciutto e realistico, e “Il contesto” (1971), una riflessione sul potere e la corruzione. Sciascia è stato anche un attivo partecipante alla vita politica italiana, svolgendo il ruolo di parlamentare. Si è spento il 20 novembre 1989 a Palermo, lasciando un’eredità letteraria che continua a essere un punto di riferimento per la comprensione della società italiana e siciliana del suo tempo.
Contesto storico e culturale
“Il Lungo Viaggio” di Leonardo Sciascia matura in un contesto storico e culturale molto particolare, ovvero la Sicilia del dopoguerra, in un’epoca segnata da profondi cambiamenti sociali e dalla persistente emigrazione. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’Italia, e in particolare il Sud, attraversava un periodo di grave crisi economica, con un’agricoltura arretrata e una disoccupazione diffusa. La Sicilia, con le sue peculiari condizioni socio-economiche, era una delle regioni più colpite. La terra, dominata da latifondi e caratterizzata da un sistema feudale di gestione agricola, offriva poche opportunità ai contadini, i quali erano costretti a vivere in condizioni di povertà.
In questo contesto, l’America rappresentava un sogno di prosperità e libertà, un’utopia per migliaia di italiani che vedevano nell’emigrazione l’unica via di fuga dalla miseria e dalla mancanza di prospettive. Gli anni ’50 e ’60 segnano l’apice di questo fenomeno migratorio, con flussi massicci di italiani che partivano verso gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia e l’America Latina. La Sicilia, con il suo bagaglio di tradizioni, superstizioni e un forte senso di appartenenza, viveva questa diaspora con un mix di speranza e rassegnazione, in una lotta costante tra l’attaccamento alla terra natia e il desiderio di un futuro migliore.
In questo quadro, Sciascia intesse la trama de “Il Lungo Viaggio”, utilizzando il racconto come uno spaccato della realtà siciliana, esplorando le dinamiche dell’emigrazione e i suoi effetti sull’identità individuale e collettiva. Attraverso la sua narrazione, Sciascia non solo racconta una storia di inganno e disillusione ma offre anche una critica sociale pungente, riflettendo sulle problematiche di un’isola e di un popolo costretti ad affrontare la difficile scelta tra la permanenza e la partenza, tra la conservazione delle proprie radici e la ricerca di un’illusoria felicità altrove.
Riflessione critica e personale
“Il Lungo Viaggio” di Leonardo Sciascia, pur essendo ambientato nella Sicilia del dopoguerra, offre una lente attraverso cui osservare le odierne dinamiche migratorie e si rivela da questo punto di vista straordinariamente attuale. In particolare, richiama profondamente con le storie di coloro che, provenienti principalmente dalle coste africane, intraprendono viaggi pericolosi attraverso il Mediterraneo per raggiungere l’Italia, spinti dalla speranza di una vita migliore. Questi moderni viaggi della speranza, intrisi di vulnerabilità e desiderio di sfuggire a condizioni di vita insostenibili, si specchiano nella narrazione sciasciana di inganno e disillusione, dove la promessa di un futuro prospero si rivela un’illusione, oltre che un rischio: la cronaca è piena di racconti di viaggi ammassati in imbarcazioni improbabili, naufragi, mancati soccorsi, vite spezzate.
L’opera ci interpella sulla responsabilità collettiva di fronteggiare le sfide dell’immigrazione in modo umano e sostenibile, riconoscendo e valorizzando le aspirazioni e la dignità di chi si trova costretto a lasciare la propria terra. Il parallelo tra i contadini siciliani del racconto e gli immigrati di oggi evidenzia un ciclo continuo di disperazione e speranza, sollecitando una riflessione sulle politiche migratorie e sull’integrazione. In contrapposizione, lo stesso desiderio di miglioramento personale e professionale spinge numerosi giovani italiani a cercare opportunità all’estero, riflettendo l’altra faccia della medaglia migratoria. Anche in questo caso, il tema della ricerca di una vita migliore, caro a Sciascia, si manifesta con una risonanza amara.
Questi giovani, pur non dovendo affrontare i pericoli fisici dei migranti che attraversano il Mediterraneo, si confrontano con l’esilio volontario come scelta obbligata per realizzare le proprie aspirazioni, in una terra che pare non offrire più un futuro. La riflessione critica offerta da “Il Lungo Viaggio” ci porta quindi a considerare le similitudini tra queste due esperienze migratorie, sottolineando come, sia nel caso degli immigrati che arrivano in Italia, sia per i giovani italiani che la lasciano, il nucleo della questione rimanga la ricerca di un’esistenza dignitosa. L’opera di Sciascia diventa così un monito a non dimenticare che, al di là delle diverse circostanze e geografie, la migrazione è innanzitutto un’espressione del bisogno umano di speranza, sicurezza e opportunità.