Albergo Atene Riccione

 

Analisi della trama de "Il Viaggiatore Sfortunato"

Bisogna che vi racconti un po’ la trama, altrimenti non succederà nulla.

La Trama in Sintesi

L’anno è il 1899. Il luogo? È l’Inghilterra vittoriana. Marian, la protagonista della nostra storia, ha appena compiuto diciotto anni.

Dovrebbe esserne contenta, e invece è più infelice che mai: ha capito che, da quel momento in poi, tutto ciò che le farete sarà legale, l-e-g-a-l-e!

Non è l’unica ragione, comunque: è che la attende un matrimonio combinato. Brutto affare. Il tipo, sì, è un uomo benestante, però è troppo diverso da lei.

Ebbene, la nostra Marian passeggia mogia nel giardino del suo promesso sposo, sciupandogli inavvertitamente le aiuole; a un certo punto, zac!, incontra una volpe parlante che porta al collo un medaglione.

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Essendo la cara vecchia Inghilterra di fine Ottocento, le urla di Marian attirano il suo fidanzato, il quale, come da procedura, spezza la colonna vertebrale della miracolosa volpe con una fucilata.

Il cadavere, opportunamente conservato, viene poi inviato alla Royal Society, innescando accesi dibattiti sulla sua natura. Finché, un vigoroso Bertrand Russell, con una sagace battuta, riesce a convincere filosofi, naturalisti ed eruditi vari, che quella volpe parlante in realtà è solo un elaborato trucco di qualche hegeliano. Ecco come sono andate le cose in un mondo possibile, non troppo diverso dal nostro.

Il re delle volpi, però, non racconta di un mondo possibile e plausibile: solo di un mondo possibile.

E così, durante quel primo incontro, la volpe parlante si presenta a un’entusiasta Marian. Dice di chiamarsi Macbeth, e, nonostante non sia in coppia col Gatto, propone a Marian un vero affare: le chiede di accompagnarla in un lungo viaggio a Faerie, tipo un pianeta fatato, o chissà cosa.

Non aggratis, ovvio: in cambio, Macbeth promette che il suo padrone, il cosiddetto re delle volpi, esaudirà qualunque desiderio lei voglia. Qualunque! Oh puttana!, mica male come prospettiva!

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Marian vede finalmente una via d’uscita dal matrimonio combinato, perciò parte entusiasta all’avventura. Arrivata a Faerie, tuttavia, scopre che Aleister, il re delle volpi, ha ben altre faccende da sbrigare, e non ha tempo per esaudire il suo desiderio.

Infatti, pare che Faerie e l’Altrove (questo il nome con cui i Sidhe… ma non dovrebbero essere i Faeriani?… ehm, il nome con cui i Sidhe, ovvero gli abitanti di Faerie, chiamano la Terra) siano minacciati da un potente mago, Feardorcha.

Bella magagna, soprattutto per Marian: decisa a non sposare quel riccastro, la nostra eroina si mette in società con Aleister e Macbeth per fermare Mammaoca e salvare uomini e Sidhe.

Occhei! Era quello che serve sapere sulla trama.

Analisi dei Topoi e dello Stile

La trama è molto, molto carina! Certo, non è una traccia che meriti una stele celebrativa… è piena di cliché, di luoghi comuni abusatissimi.

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Ci sono innumerevoli “prestiti” (a partire dal titolo, che mi sembra sia già stato usato un paio di volte) da opere più o meno simili. E sia chiaro che il romanzo stesso non ne fa mistero, anzi, candidamente lo sottolinea.

Però sì, è banale, non ci piove. Ehi, chi ha detto che “banale è male”?

Il re delle volpi è uno young adult, e dunque si rivolge a un pubblico giovane. Non che i ragazzini siano dei decerebrati, tuttavia… diamine!, uno young adult è per sua natura un po’ un passatempo!

Mi spiego meglio: le banalità possono essere un problema, quando si rivolgono a un pubblico di adulti, i quali si suppone abbiano letto qualcosa in più della guida tv, e pertanto… potrebbero annoiarsi facilmente?

Anche quando c’è un intento didascalico, soprattutto se moraleggiante, le banalità non sono troppo gradite.

Va bene, lo young adult. Se opta per tale genere, l’autore non deve preoccuparsi eccessivamente di scovare topoi nuovi e stupefacenti, piuttosto dovrebbe sforzarsi di utilizzare i topoi giusti, quelli capaci di far sentire compresi e a proprio agio gli irrequieti giovincelli.

Eccallà, i topoi scelti dalla nostra Fiore pasticciona sono… sono giustissimi! Ma sì che lo sono, in essi si manifestano temi universali: il birthday beginning sottolinea il “traumatico” distacco dal nido famigliare; il personaggio shrinking violet rappresenta il senso di inadeguatezza vissuto da molti adolescenti; e il down the rabbit hole… be’, vi basti sapere che questa specie di tunnel, in cui ci si deve infilare per arrivare in un mondo nuovo, è da molti considerato addirittura come una metafora del… canale… vaginale… attraversato dal bambino durante il parto.

Ehm, può essere interpretato come un passaggio che porta a una seconda nascita, ecco.

Anche lo stile reclamava, e reclama tuttora, una valutazione positiva. In particolare, ho apprezzato il modo in cui Fiore è riuscita a caratterizzare e a raccontare i personaggi: l’ha fatto (e non importa se, magari, “ispirata” da qualcuno) in maniera sottile, senza ricorrere agli spiegoni. Ottimo.

A una prima occhiata, un brano simile non sembra descrittivo, ma… in realtà lo è. Ci consente, infatti, di farci un’idea piuttosto precisa a proposito della signora Crawford.

Solo da quelle poche righe, capiamo che la madre di Marian non è un personaggio negativo. Organizza un matrimonio combinato non perché ha la personalità di un’arrampicatrice sociale (al contrario della madre di Rose, in Titanic), ma perché vuole impedire a sua figlia di rimanere “zitella” e trovarsi (almeno, è questa la sua opinione) in difficoltà.

La signora Crawford, dunque, non è una cattiva madre, semmai è un po’ di corte vedute: non riesce a immaginare che Marian non socializza con gli uomini perché ha a cuore altri interessi, e conclude che il problema sia che sua figlia manca di personalità.

Pure il termine di paragone che la signora Crawford sceglie per definire Marian (“minestra con troppa acqua e poco sale”) rivela un interessante aspetto psicologico: la donna è il classico angelo del focolare, il cui principale scopo è di occuparsi della casa e della prole.

Un altro bell’esempio riguarda Macbeth, la nostra volpe magica. In realtà, dovete sapere… e magari è un po’ uno spoiler, ma ve lo faccio lo stesso… dovete sapere che, più avanti nella storia, si scopre che Macbeth non è un lurido canide col pelo sporco delle proprie feci. È un ragazzino, col pelo sporco delle proprie feci.

Ora, trattandosi di un ragazzino, Macbeth è un personaggio esuberante, iperattivo e incontenibile. «Veramente non ne ho idea. «Come prima cosa dobbiamo trovare del cibo. Non mangio da ieri e sto morendo di fame.

Vi ricordate degli action tag, no? Ecco, la nostra “so bad, it’s Fiore” se ne serve in maniera intelligente, riuscendo a ritrarre con precisione un comportamento tipico dei bambini: il risultato, neanche a dirlo, è un personaggio molto credibile, e per il quale si prova facilmente empatia.

Criticità nel Worldbuilding

Marian e Macbeth arrivano a Faerie. Fiore sposta la narrazione in un mondo magico, occhei? E prende a confondersi, occhei?

A discolpa della nostra amabile autrice, devo ammettere che non è affatto facile ambientare una storia in un mondo magico. I mondi possibili sono sempre una grana, e non solo dal punto di vista filosofico.

Un mondo possibile non deve per forza essere un mondo plausibile, tuttavia deve essere almeno un mondo coerente. E se si vuole la coerenza, be’, occorre farsi un mazzo così sul worldbuilding.

Cioè: l’autore deve sapere perfettamente (relax: deve sapere meglio che può) come funziona il “suo” mondo, e intendo sotto ogni punto di vista.

Con Faerie… mmmh… è che… allora, non posso dire che manchino i dettagli, assolutamente. Per dirne una, c’è questo re delle volpi, vabbuò?

Però non c’è modo di capire come cazzo è strutturata la società del regno delle volpi! No, lettori, non voglio dire che è tutto troppo complicato, né che si tratta di una società talmente aliena, rispetto alle nostre, da risultare inconcepibile.

No, voglio dire che in tutto il romanzo, IN TUTTO IL ROMANZO!, compaiono solo tre volpi! Oh, ve lo giuro: ci sono Macbeth, il re e… e un altro re, il predecessore di Aleister, che tra l’altro dura il tempo di una scorreggia e poi muore.

Dei comuni villici volpe conosciamo solo alcuni nomi, sappiamo che sono scappati via quando è arrivato a coso lì, Fettuccia come cacchio si chiama, e possiamo essere sicuri che stanno bene.

«Continui a non rispondermi, Aleister» lo riprese anche Macbeth con aria infelice. «Quando torneremo a casa? «Le altre volpi. «I miei servitori» aggiunse Aleister. «Sono tutti fuggiti da palazzo prima dell’attacco.

E quello era l’unico… L’UNICO!… brano in cui sono menzionati dei nomi di volpe!

Lettori, cerchiamo di fare i seri. Che cosa abbiamo appena visto? Abbiamo visto un romanzo che si concentra su un paio di personaggi e tralascia tutto il resto. Questo cosa vi fa venire in mente?

Macché “pranzo”, che diavolo?! No: vi fa venire in mente i chick-lit. Ricordate Ricco sfondato? Il protagonista chaddone ricopre un ruolo eminente, è al centro di grosse situazioni, muove un sacco di fili, e… e mai che si sappia nulla degli affari che fa, di come è strutturata l’azienda, di come si comporta quando è a cena con i mafiosi che gli permettono di guadagnare.

Quanti rosa, quante commedie romantiche hanno come protagonista un principe, un dirigente d’azienda, un ceo, senza che però si parli mai di bilanci, di pil, di tasse e di altre cose barbose?

No, sul serio, quanti? Cinquecento? Un milione? Vabbè, controllerò.

Pertanto, potete trarre la conclusione da soli, se Il re delle volpi fosse stato pubblicizzato come un inoffensivo chick-lit del menga… sì, probabilmente avrei fatto delle perculatine, ehm… però non l’avrei menata più di tanto col worldbuilding.

Epperò, porcaccia la zozza, le altre recensioni del libro (pure quelle negative!) non fanno altro che lodare proprio il worldbuilding! Gente, che vi fumate?!

Cioè, il romanzo si intitola “Il re delle volpi”, e Fiore si è dimenticata tutti i sudditi! Che, forse a insaputa della sua autrice, Aleister ha barattato il suo regno per un cavallo (già c’è Macbeth, Riccardo III poteva accompagnare solo)?

Esatto, non sapremo mai se le volpi serve della gleba considerano i loro sovrani dei Savoia o dei Windsor (cioè dei Sassonia-Coburgo-Gotha, crucchi del cavolo). Non sapremo mai se i furry regnanti sono in tale posizione perché sono più forti rispetto ai popolani.

Manco sapremo se ci sono altri titoli nobiliari, se ci sono le caste, o se ’ste volpi sono anglicane.

Ad esempio, Fiore ci mette a parte di un dettaglio notevole. «Come prima cosa dobbiamo trovare del cibo. Non mangio da ieri e sto morendo di fame. Davvero, Marian, potrei svenire da un momento all’altro! A Faerie non abbiamo bisogno di nutrirci, abbiamo la magia per quello. Aleister sembrò notarlo. Senza dire niente, le picchiettò con gentilezza su una spalla e il suo vestito iniziò a cambiare sotto ai suoi occhi.

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