Analisi del quarto episodio de "Gli Anelli del Potere": tra citazionismo e dissonanze narrative
E veniamo al quarto episodio di questa nuova stagione degli Anelli del Potere (delle prime tre abbiamo parlato qui).
Ma andiamo con ordine, non senza dedicare un istante alle ambientazioni sempre più spettacolari e alle efficaci transizioni sulla mappa della Terra di Mezzo che separano le scene, contrassegni di un comparto tecnico di qualità che mostra sempre più e sempre meglio le proprie capacità.
Il problema, come avevo già detto in precedenza, è che un simile sforzo produttivo non trova riscontro in una scrittura adeguata e ne rimane inevitabilmente penalizzato.
L'introduzione di Tom Bombadil: un'operazione riuscita a metà?
Nell’ultima puntata dello show avevamo lasciato lo Straniero/Gandalf e le sue compagne di viaggio, Nori e Poppy, nel bel mezzo della tempesta scatenata dall’apprendista Stregone per allontanare i cavalieri del Rhûn.
Adesso, l’Istar arriva (quasi per caso) presso un misterioso eremita e, dopo avergli detto che «ci sono delle stelle sopra la [sua] collina» (sbalorditivo!), trova accoglienza nella sua dimora.
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Eccoci finalmente di fronte a Tom Bombadil. O perlomeno di fronte a un soggetto che ne porta il nome, ma non molto altro a tutto dispetto del fatto che alcune scene di cui è protagonista sono evidentemente estrapolate dal Signore degli Anelli e riproposte verbatim nella serie.
Questa operazione, tuttavia, è compiuta senza alcun apparente sforzo di adattamento al diverso contesto narrativo, creando non poche dissonanze.
Così, ad esempio, Gandalf rimane intrappolato in un “Uomo Ulivo” (proprio come gli hobbit nell’Uomo Salice della Vecchia Foresta) e viene liberato da Tom con le medesime parole usate nel Signore degli Anelli («Non dovresti risvegliarti. Mangia terriccio, scava a fondo, bevi acqua, va’ a dormire», esattamente quelle del capitolo La Vecchia Foresta).
Poco dopo, lo stesso Tom risponde alle domande dell’apprendista Stregone affermando: «Ma tu sei giovane e io sono vecchio. Il più anziano, ecco chi sono [etc.]» (come nel capitolo Nella casa di Tom Bombadil).
L’effetto di quel che vorrebbe essere un raffinato gioco di citazioni (ma che pare più che altro uno svogliato copia/incolla) risulta particolarmente straniante.
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Va benissimo che nella Vecchia Foresta un albero incattivito catturi degli hobbit giovani ed inesperti, ma che la situazione si ripeta identica nel Rhûn alle spese di un Maia (non esattamente l’ultimo arrivato, per quanto ancora non pienamente cosciente dei propri poteri) suona davvero stonato e meccanicamente ripetitivo.
A pensar male si fa peccato, si sa, ma come non ritenere che Payne e McKay inseriscano il povero Bombadil solo per accattivarsi i fan più legati ai libri di Tolkien?
Naturalmente, c’è un’altra manciata di scene creata ad hoc dagli showrunner; in esse, però, la resa è incerta e maldestra oltreché in aperto contrasto con quanto è dato sapere della natura di Tom Bombadil.
Penso alla parte, incomprensibile e anche un po’ cringe, in cui si ode un canto di donna (Baccadoro?) e alla domanda dello Straniero su chi ci sia lì con loro Tom risponde con un’aria esterrefatta: «Ci sei tu… cioè, penso che tu ci sia. Sei qui?».
Ancor peggio è la scena in cui egli inizia ad istruire Gandalf: «Il bastone di un mago è come un nome. È già tuo da brandire se ti dimostri di esserne degno… oggi hai dimostrato di non esserlo».
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D’altro canto, il Tom Bombadil della serie è sensibilmente diverso da quello di Tolkien.
Quest’ultimo è presentato come una sorta di genius loci della Vecchia Foresta, un essere misterioso che vive «entro confini da lui stesso stabiliti» (Il Signore degli Anelli, Il Consiglio di Elrond) e non se ne allontana mai, nemmeno quando è in gioco il destino del mondo; oltretutto, egli stesso afferma che «una volta a oriente la [sua] sapienza viene meno» (Ivi, Nebbia sui Poggitumuli).
Negli Anelli del Potere, invece, lo ritroviamo chissà perché “in missione” nel Rhûn e lo vediamo assumere il ruolo di “maestro” di Gandalf.
Altro grave fraintendimento di Tolkien: questi afferma che «Tom Bombadil non è una persona importante; per la narrazione, intendo» ma suggerisce una sua «importanza come “commento”» (Lettere, n. 144); ciò basta agli showrunner per considerarlo «una sorta di personaggio anti-drammatico», «un personaggio che non ha un programma particolarmente forte», che «osserva il dramma, ma resta perlopiù in disparte» e per riproporlo nell’inedito ruolo di un “saggio trickster” alla stregua di personaggi come Yoda.
«Non ero destinato a trovare un bastone sotto queste stelle», chiosa lo Straniero, «ero destinato a trovare te».
Del resto, trovo persino commovente il candore con cui gli showrunner si esprimono su Tom: «La sua giacca è ancora blu e i suoi stivali sono gialli. C’è una piuma di cigno nel suo cappello. Tutte queste cose sono lì. Ma il giallo è un gradiente, il blu è un gradiente».
Fin qui ci fermiamo al personaggio.
Se poi analizziamo il suo impatto sulla storia, cogliamo che egli ha già “addestrato”, fallendo, il misterioso Stregone Oscuro.
Quest’ultimo, peraltro, viene adesso presentato come un Istar.
Escluderei che si tratti di Saruman: se così fosse, praticamente tutta la storia del Signore degli Anelli sarebbe da buttare via.
È possibile che sia allora uno degli Stregoni Blu o che gli showrunner abbiano inopinatamente aumentato il numero degli Istari discesi nella Terra di Mezzo?
O che sia uno dei Nazgûl all’inizio della sua carriera?
Nori e Poppy nel Rhûn: un'eco di Tatooine?
Frattanto, ritroviamo Nori e Poppy in un paesaggio desertico che fa molto Tatooine.
Le due si imbattono in un loro simile che si presenta come uno degli Sturoi (i “Nerbuti”, nella traduzione di Ottavio Fatica) e questi le porta nell’accampamento segreto della sua gente, dove la capovillaggio racconta loro di una terra chiamata Sûzat - Sûza è il nome in Ovestron della Contea (2) - della quale i mezzuomini vanno in cerca da anni ed anni…
È chiaro: l’inopinato inserimento di una stirpe di proto-hobbit nella Seconda Era dev’essere in qualche modo puntellato in questa storia rivisitata dalla serie Amazon e questo espediente, fatta la tara allo stravolgimento cronologico, non sarebbe in sè una cattiva idea.
Resta, però, che innalzare la Contea a una sorta di terra promessa sembra davvero eccessivo.
Elrond e Galadriel: una missione ad alto rischio
Le altre linee narrative dell’episodio sono certamente di impatto ed interesse minori rispetto a quella su Tom Bombadil.
Elrond, come già notato, ha tirato fuori le… proprie risorse interiori e ora capeggia una spedizione per l’Eregion, col compito di avvertire Celebrimbor che Halbrand altri non è che Sauron (bastava che Galadriel svelasse a tempo debito questo segreto di Pulcinella…).
Ovviamente, la stessa protagonista si unisce al gruppo ma il saggio amico di un tempo diffida di lei e del suo Anello e la tensione si taglia col coltello.
Ben presto la compagnia trova il cammino interrotto da un ponte abbattuto e si trova costretta a ripiegare a sud attraverso i Tumulilande (“Poggitumuli” nella traduzione di Fatica).
Naturalmente, l’elfica Karen sa bene che si tratta di un tranello di Sauron e che il passaggio da quelle colline corrotte dal male fa parte del suo piano; naturalmente, un Elrond in pieno eccesso di decisionismo testosteronico ignora i suoi saggi consigli; naturalmente, la compagnia si imbatte negli Spettri dei Tumuli (“Esseri dei Tumuli” nella traduzione di Fatica), ingaggiando con loro una fiera lotta.
Ma non è finita qui: la compagnia si imbatte in un’orda di orchi in marcia verso l’Eregion.
Prima ancora che lo scontro abbia inizio, uno degli elfi viene ferito a morte da una freccia vagante del nemico ma Galadriel utilizza l’anello Nenya per guarirlo magicamente.
Eccoci messi al corrente di un inedito potere di Nenya, potere che ricorda il Force Healing di Rey e che appare almeno altrettanto coerente in termini di lore (4).
Mentre la battaglia si preannuncia ardua, Galadriel ordina alla compagnia di tornare nel Lindon per informare Gil-Galad del dilagare degli orchi, affida a Elrond il suo Anello e, entrata in modalità Mary Sue, si getta da sola in battaglia facendo strage di nemici.
Per un secondo, lo spettatore si ricorda che ci si trova ancora nei Giorni Antichi e che gli Eldar dovrebbero essere all’apice del loro vigore spirituale e fisico: perché Galadriel ed Arondir siano gli unici che rispecchino un minimo di questo vigore in mezzo a una stragrande maggioranza di Elfi presentati come mezze calzette rimane un mistero (come lo rimase, a onor del vero, per una simile scena dello Hobbit di Peter Jackson con Legolas e Tauriel protagonisti).
Arondir, Isildur ed Estrid: una sottotrama poco avvincente
La parte meno avvincente (e convincente) della puntata è senz’altro quella che ruota intorno ad Arondir (Ismael Cruz Córdova), Isildur (Maxim Baldry) e alla new entry Estrid (Nia Towle), impegnati nella ricerca di Theo.
Resterà certamente memorabile - ma per tutti i motivi sbagliati - la scena in cui il giovane númenóreano cade come uno sprovveduto tra le sabbie mobili e trascina con sé l’Elfo che tenta di salvarlo.
Estrid corre in loro soccorso, finché dal pantano emerge un’immonda creatura vermiforme che ha ingoiato i due e Arondir la fa a pezzi dall’interno.
La scena sarebbe già abbastanza disgustosa così com’è, ma c’è sempre tempo e modo di peggiorare.
Isildur, infatti, chiede cosa fosse quel mostro e Arondir risponde solenne: «Sono senza nome le cose nei più profondi posti di questo mondo».
Una volta tanto, parrebbe di trovarsi di fronte a una ripresa quasi sensata delle parole di Tolkien - penso alle «creature senza nome» che «rodono il mondo» di cui parla Gandalf (Il Signore degli Anelli, Il Cavaliere Bianco) - ma purtroppo l’elfo perde una buona occasione per tacere e aggiunge: «Questo qua lo chiameremo “pasto”».
Dimenticate il lembas: il menu cambia, e non in meglio.
Capiamoci: qui non si tratta di avere lo stomaco delicato.
Citazionismo e mancanza di idee: un bilancio sull'episodio
Bastano Tom Bombadil, gli Spettri dei Tumuli e la Contea a inzeppare un’ora scarsa di visione di riferimenti e citazioni casuali?
Evidentemente no, perché adesso compaiono anche gli Ent e le Entesse, che apprendiamo essere i veri autori dell’imprigionamento di Theo e degli uomini di Pelargir.
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