Lo straniero senza nome: Trama, analisi e curiosità del western di Clint Eastwood
Lo straniero senza nome è un film del 1973 diretto e interpretato da Clint Eastwood.
Nella piccola cittadina di Lago, arriva un misterioso straniero senza nome (Clint Eastwood), infallibile con la pistola.
La popolazione lo ingaggia per difendersi da tre banditi che vogliono mettere a ferro e fuoco la cittadina. Ma quali sono le vere intenzioni dell'enigmatico ospite?
Lo straniero si abbatte sul villaggio di Lago come un angelo vendicatore.
Apparentemente si fa assoldare per proteggere i suoi abitanti dall'imminente vendetta di tre malviventi, ma in realtà medita la sua di vendetta: più spietata, sanguinaria e, in fin dei conti, anche giustificata.
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Non sappiamo nulla del suo passato, non conosciamo il suo nome, né i motivi che lo hanno spinto verso Lago, ma emergono di lui il cinismo, la pienezza di sé e la freddezza che lo rendono un personaggio impenetrabile, impossibile da conoscere fino in fondo.
Scopriamo, attraverso alcuni flash-back, che un omicidio pesa sulla coscienza degli abitanti di Lago, quello dell'ex sceriffo Marshall Jim Duncan che è stato massacrato a colpi di frusta.
E lo straniero, l'angelo vendicatore, precipiterà letteralmente la città in un inferno perché tutti sono dannati, tanto gli esecutori materiali quanto i complici che hanno assistito inermi ad un simile atto di inaudita violenza.
Le case verranno tinte di rosso prima, e divorate dalle fiamme poi, la scritta "Lago" sarà mutata in "Hell" e il villaggio si trasformerà in uno scenario apocalittico che farà da sfondo alla carneficina finale, la quale risparmierà soltanto chi sarà ritenuto degno di poter fondare un ordine nuovo e giusto a partire dalle ceneri di una società irrimediabilmente corrotta.
L'inaffidabilità delle istituzioni (il sindaco e lo sceriffo), appare elemento significativo di questo film, esattamente come l'altra tematica centrale di questa pellicola, quella della vendetta, attraverserà l'intera opera del regista estendendosi fino all'ultimo capolavoro Gran Torino, nel quale, non più trattata nei termini di "resa dei conti finale", essa diverrà un atto sacrificale, disarmato e disarmante.
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Eastwood ripropone, in questa seconda regia, il personaggio leoniano che l'ha reso noto al mondo: il pistolero che viene dal nulla e nel nulla ritorna.
Qui però aggiunge al personaggio una valenza ultraterrena tale da rendere l'atmosfera del film irreale, grazie anche alla indovinata colonna sonora e la magnifica fotografia di Bruce Surtees, efficace soprattutto nelle scene notturne.
Compare dal nulla il cavaliere eastwoodiano e nel nulla scompare alla fine. Sin dalla prima silenziosa cavalcata per l'unica via del minuscolo paese di Lago ci vengono fornite delle coordinate che non si limitano al versante visivo (il procedere lento, gli sguardi stupiti degli abitanti) ma toccano anche quello sonoro con i passi del cavallo estremamente in rilievo al punto da diventare quasi ossessivi.
Quei passi segnano l'avanzare, tanto lento quanto inesorabile, di una vendetta che nella versione italiana viene esplicitata da un'infelice battuta messa lì per soddisfare un pubblico che si riteneva evidentemente insipiente.
Alla domanda del nano divenuto sceriffo su quale sia il suo nome il cavaliere nella versione originale rispondeva: "Lo sai il mio nome". Chi ha visto il film ne ha ascoltato una totalmente diversa.
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Eastwood non vuole costruire un personaggio da ammirare ma piuttosto da seguire per comprenderne il disegno strategico che progressivamente si dipana grazie al flashback/incubo che ci propone più volte il linciaggio dello sceriffo dinanzi all'intera popolazione che assiste senza intervenire.
Eastwood non vuole fustigare la borghesia, che è una classe sociale su cui ha avuto modo di esprimersi in termini favorevoli. Vuole molto più semplicemente (o sottilmente) fare cinema toccando anche la dimensione dell'allegoria.
Tanto da far definire da alcuni critici il suo personaggio un fantasma o, per meglio dire, un angelo vendicatore con una approfondita conoscenza delle colpe di chi merita una punizione anche senza essere stato confinato dietro le sbarre di una prigione.
È il primo western interpretato e diretto da Eastwood che mostra subito la propria particolare visione: storie di fantasmi, di sopravvissuti che si materializzano per un'ultima avventura.
Uno sconosciuto arriva in un paese del west che (apprenderemo poco per volta da allusioni e ricordi) vive bene sfruttando abusivamente una miniera dello stato; tutti gli abitanti avevano assoldato tre killer per eliminare brutalmente il loro sceriffo (straniero) che aveva scoperto l'abuso, poi avevano fatto arrestare i tre, che ora stanno per uscire di prigione e venire a vendicarsi.
Lo straniero senza nome giunge, sudicio e mirabile sul suo cavallo, nel villaggio di Lago (California), dieci case di legno in riva al mare, tra cui un saloon, un hotel, una chiesa e un barbiere.
Terzo film di Eastwood alla macchina da presa, "Lo straniero senza nome" è un western che vira molto nella commedia nera, dimostrando già le capacità del regista americano di saper affrontare generi diversi con maestria ed originalità.
Nella prima fase della sua carriera dietro la macchina da presa, tra due tipologie sostanzialmente “aliene” alla sua poetica come il thriller erotico (Brivido nella notte, 1971) e la commedia romantica (Breezy, 1973), Eastwood trova il coraggio di confrontarsi con il genere che, da attore, gli ha dato grande popolarità.
Il suo primo western è così un inevitabile omaggio al cinema di Sergio Leone e al filone “spaghetti”, come si evince già dall'incipit che ci mostra l'ingresso del protagonista nella polverosa cittadina di frontiera, sebbene non manchino riferimenti a Mezzogiorno di fuoco (1952) o ai I magnifici sette (1959).
La lezione del maestro della Trilogia del dollaro è appresa minuziosamente e replicata con abilità, mostrando una certa maturità raggiunta da Eastwood nei movimenti di macchina, nella direzione degli attori, nella costruzione di un'atmosfera carica di tensione.
Ma il film non è solo mera imitazione di cose già viste: notevoli la visionarietà horror-onirica di alcune sequenze e certe scelte visive dalla forte carica iconica (la città interamente dipinta di rosso sangue), interessante l'operazione di destrutturazione dell'epos western e dei suoi miti.
Lo stile del regista, sconcertante nella sua classicità capace di attraversare quarant'anni di cinema e reggere il confronto con le tendenze più innovatrici, appare già definito in questo film nelle sue linee essenziali.
Eastwood si mantiene fedele all'ambientazione western derivante dal cinema classico, ma tenta di dare alla storia dei contorni fantastici che minano la sicurezza dello spettatore e lo inducono a sospettare la presenza dell'elemento soprannaturale.
Per quanto un'eccessiva volontà di razionalizzazione abbia fatto in modo che il doppiaggio italiano cambiasse di senso l'ultima battuta pronunciata dallo straniero, trasformando così un finale ambiguo e misterioso in un epilogo degno dei più banali revenge-movies.
Eastwood ripredendo due aspetti del western all' italiana come l' umorismo cinico e la violenza come è stato scritto, dirige questo curioso western che ha come protagonista questo ambiguo personaggio che alla fine SPOILER.
Capeggiani i temi della vendetta e dell' ipocrisia. SPOILERSu un sito un utente ha scritto che l' ultima frase è stata storipiata nell' adattamenteo italiano. Sapreste dirmi allora cosa dice veramente?
Impauriti da un possibile ritorno di costoro, gli abitanti affidano ad uno straniero conosciuto come ottimo tiratore l'incarico di mantenere la pace a Lago.
È l'opposto di quanto avviene: dopo furibonde sparatorie, culminate con l'uccisione dei tre banditi, lo straniero abbandona il paese, ormai ridotto ad un cumulo di macerie.
L'esordio registico di Eastwood nel genere western ripropone gli stilemi leoniani (a partire dal personaggio innominato sbucato dal nulla) ma li rielabora in maniera personale puntando decisamente verso il noir.
Un pistolero solitario aiuta una piccola cittadina a difendersi da tre criminali vendicativi, anche se il ridente agglomerato di case è più marcio di quanto sembri.
Durata: 105 min.
Lo straniero senza nome è arrivato per la prima volta nelle sale italiane il 01 Settembre 1973; la data di uscita originale è: 22 Agosto 1973 (USA).
Le riprese del film si sono svolte in USA.
Girato in: 35 mm.
Proiettato in: 35 mm.
Rapporto immagine: 2,35 : 1.
Colore: a colori (Technicolor).
Formato audio: Mono.
Il film all'epoca ottenne uno straordinario successo (un incasso di 16 milioni dollari solo negli Usa con 18 giorni di riprese e un budget non stellare e su cui si era pure risparmiato) ma ricevette anche critiche non lusinghiere.
Una arrivò due anni dopo quando Clint propose a John Wayne una sceneggiatura per un film da fare insieme e l'attore la rifiutò aggiungendo un'invettiva contro la modalità con cui era stato rappresentato il West nel film.
Lo straniero violenta la prostituta che lo ha urtato volontariamente e riesce anche a far entrare nel proprio letto la moglie del proprietario dell'hotel in cui alloggia, che lo respinge.
È impossibile guardare oggi i primi film diretti da Clint Eastwod senza tener conto della straordinaria carriera che ne è seguita, ed è doveroso, prima di pronunciare un qualsiasi giudizio di valore, mettersi alla ricerca di tematiche, stilemi e personaggi che permettano di tracciare una linea di continuità che possa giungere fino alle opere più recenti.
Quando nel 1973 Eastwood si mette dietro la macchina da presa per la seconda volta e realizza il suo primo western, Lo straniero senza nome, ha ereditato la lezione di Sergio Leone, ma si guarda bene dall'imitare superficialmente lo stile del maestro e propone una personale rilettura del genere western.
In un paese formato da poche case arriva un cavaliere che dimostra da subito la propria abilità di pistolero.
Gli abitanti, che temono la vendetta di tre delinquenti (che in passato uccisero lo sceriffo locale, vennero denunciati e ora sono stati rilasciati) decidono di affidarsi a lui.
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