Michele L. Straniero: Alle Origini della Canzone d'Autore Italiana
Cantautore, musicologo e giornalista, Michele L. Straniero (2000-2025), di famiglia pugliese molto legato a Trani e Barletta, è stato tra i fondatori del gruppo CANTACRONACHE, nato a Torino nel 1958. Considerato uno dei precursori della canzone d'autore impegnata e di denuncia, ha segnato una svolta nella storia musicale e culturale italiana.
La figura di Straniero, nel venticinquennale della sua scomparsa, rivive oggi nel libro STRANIERO ALLE ORIGINI DELLA CANZONE D'AUTORE di Giovanni Straniero e Federico Sirianni (ed. Voglino, 2025), in collaborazione con il Premio Tenco di Sanremo, l'Istituto Ernesto De Martino di Sesto Fiorentino e la Fondazione Donat Cattin di Torino.
Una biografia intensa costruita attraverso ricordi personali, testimonianze, documenti inediti, poesie, diari e corrispondenze con grandi protagonisti del Novecento. Il volume, arricchito da decine di fotografie, è il risultato di un attento lavoro di raccolta compiuto dal nipote Giovanni, che ha ritrovato e curato questi materiali oggi conservati nell'Archivio Straniero presso la Fondazione Donat-Cattin al Polo del '900 di Torino.
Tra i suoi corrispondenti, nomi come Umberto Eco, Giulio Einaudi, Danilo Dolci, Ermanno Olmi, Giorgio Gaslini, Vittorio Messori e Domenico Rea, che aiutano a restituire l'immagine di una personalità poliedrica, a tratti fragile, ma sempre artisticamente fervida.
Inoltre, nel libro sono presenti i contributi firmati da: Fausto Amodei, Fausto Pellegrini, Michele Gazich, Alessio Lega, Chiara Ferrari, Grazia Di Michele, Maria Rosaria Omaggio, Sergio Sacchi, Carlo Savona, Piero Carcano, Isabella De Silvestro, Carlo Rovello, Fabio Di Stefano, Paolo Enrico Archetti Maestri.
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L'Esperienza dei Cantacronache
Certamente non si può parlare di Michele L. Straniero, senza raccontare dell’esperienza dei Cantacronache, un’avventura politico-musicale nata a Torino e che vide coinvolti tra il 1958 e il 1962, oltre a Michele L. Straniero, anche Sergio Liberovici, Fausto Amodei, Margot Galante Garrone, Emilio Jona, Italo Calvino, Umberto Eco, Franco Fortini, Giovanni Arpino, Gianni Rodari, Franco Antonicelli, Piero Gobetti e molti altri.
A “Cantacronache” furono associati scrittori e poeti (Italo Calvino, Franco Fortini, Umberto Eco, Giovanni Arpino, Franco Antonicelli, Gianni Rodari), musicisti (Fiorenzo Carpi, Giacomo Manzoni, Piero Santi, Valentino Bucchi), impegnati a riscattare le banalità della canzonetta italiana in competizione con il grande modello francese degli Aragon, dei Prévert, dei Queneau che avevano tenuto alto il livello della canzone transalpina.
A questa militanza i “Cantacronache” fornirono le prime canzoni di protesta, un punto di identità. Nel contesto italiano di quegli anni, caratterizzati da un'aspra contrapposizione, sindacale, culturale fra destra e sinistra, questa canzone si profilò con una chiara determinazione politica, forse anche per questo segnando anche la sua fine avvenuta con il mutare dei rapporti di forza nei successivi equilibri consociativi.
A Michele Straniero va soprattutto il merito di aver legato questa esperienza, collaudata nei salotti torinesi di Giulio Einaudi e di Carlo Galante Garrone (la cui figlia col nome di Margot fu la prima donna ad aderire al gruppo), al vero canto del popolo di cui si fece assiduo indagatore.
Nel volume con allegato CD pubblicato insieme a Emilio Jona nel 1996 (Cantacronache un avventura politico-musicale degli anni cinquanta), in cui è tracciato il bilancio di quell’esperienza, egli stesso ricorda come, dopo tanto vani quanto illusori tentativi di farsi accettare dall’industria discografica, nei giri presso i circoli operai e le organizzazioni di partito cantando le tredici proverbiali canzoni del loro spettacolo, l'esito più importante fu quello di ridestare nel pubblico la memoria delle canzoni urbane (politiche e di lavoro) anteriori al fascismo: “eravamo pronti, davanti a un bicchiere di vino e a una tavola imbandita, a ricordare.
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Di lì si diramò una vasta ricerca di testimonianze, anche minute e aneddotiche (come i canti parrocchiali), ma che consentì a Straniero di calarsi a fondo nei modi espressivi del popolo. Anche quando (dopo il 1962) le ragioni di aggregazione del gruppo vennero meno e i suoi esponenti si dedicarono a iniziative separate, egli consolidò la sua scelta mirante a fare da ponte tra la tradizione del canto popolare (in gran parte sotterranea ed emarginata) e la nuova realtà urbana, servita a senso unico dall'edonismo delle canzoni di consumo.
Per lui e per i “Cantacronache” più che mai vale il concetto formulato da Ernesto De Martino come riconoscimento del folclore progressivo, cioè del “dramma collettivo vivente del mondo popolare in atto di emanciparsi non solo socialmente ma anche culturalmente”.
Alcune canzoni dei “Cantacronache” sono rimaste nella memoria collettiva: fra tutte Dove vola l’avvoltoio? di Calvino e Liberovici. Ma se essa si è imposta è dovuto anche al canto di Michele Straniero che giungeva non come espressione di uno stato d'animo, ma come enunciazione di un’idea, come una sferza, la cui venatura oscura caricava il messaggio di premonizioni.
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L'Eredità e il Ricordo
Dall'esperienza del Cantacronache, durata dal 1958 al 1962, nacque una nuova stagione per la canzone d'autore italiana. Un'eredità raccolta e trasformata da artisti come Fabrizio De André, Francesco Guccini, Francesco De Gregori, Eugenio Finardi, Pierangelo Bertoli e, prima di loro, Paolo Pietrangeli, Ivan Della Mea, Giovanna Marini e Gualtiero Bertelli.
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Così lo ricordava Umberto Eco: «Se non ci fossero stati i Cantacronache e quindi se non ci fosse stata anche l'azione poi prolungata, oltre che dai Cantacronache, da Michele L. Straniero, la storia della canzone italiana sarebbe stata diversa. Michele non è stato famoso come De André o Guccini, ma dietro questa rivoluzione c'è stata l'opera di Michele».
Rivoluzionò la canzone italiana con parole scomode ma necessarie. Michele Luciano Straniero, giornalista, poeta e musicologo, fu l’anima di un progetto culturale che negli anni ’50, a Torino, decise di rompere con la leggerezza della canzone tradizionale per trasformarla in strumento di impegno, denuncia e consapevolezza civile. Nascevano così i Cantacronache, un collettivo di artisti e intellettuali che cambiò il modo di scrivere e promuovere la musica in Italia.
Un libro che nasce dall’archivio personale di Michele Luciano Straniero, custodito a Torino dalla Fondazione Donat Cattin.
Domani si vive e si muore: Un Album di Inediti
Ma M.L. Straniero (per me zio Michele, ed essendo il nostro unico zio, a lui piaceva ricordarcelo sempre dicendoci: Non avrai altro Zio al di fuori di me) fu un artista e un intellettuale a 360° gradi: infatti non era solo il fondatore e l’interprete principale di Cantacronache, ma fu in primis un poeta.
Nel corso di tutta la sua vita, Michele ebbe una sorta di vita pubblica dove doveva cantare e fare il ricercatore sul campo, ma anche una vita privata più intima e introspettiva che sfociava nelle poesie e nei suoi pensieri che metteva per iscritto. Anzi, possiamo dire che Michele, da ragazzo, si mise prima a scrivere poesie e poi testi per canzoni, che, come si sa, hanno due metriche diverse.
E scriveva in qualunque posto e in qualsiasi momento, su un’agenda telefonica o sui fazzolettini di carta al ristorante. Nelle sue canzoni, Michele urla la denuncia di cronaca quotidiana, nelle sue poesie sussurra le sue particolari emozioni.
Ed è a questo punto che entrano in campo Michele Gazich e Federico Sirianni, aiutandomi a dare vita a queste poesie di Straniero, e scegliendone alcune inedite da mettere in musica. Così nasce questo particolare disco dal titolo Domani si vive e si muore, dove Gazich e Sirianni hanno svolto un complesso lavoro scrivendo la musica e gli arrangiamenti, con anche la partecipazione di altri artisti che in qualche modo hanno avuto a che fare con Michele Straniero (Giovanna Marini, Fausto Amodei e altri a cui accennerà a breve Michele Gazich).
Qui vorrei chiudere proprio con una frase che M.L. Straniero scrisse, molti anni fa, nella quarta di copertina di un suo libro:
Queste nostre canzoni, a dire il vero, non ebbero mai un grande successo: stavano troppo fuori della norma di mercato. Come vogliamo chiamarle: magari le everreds, le semprerosse? Lasciamole senza nome e dedichiamole anche a chi non le volle mai nemmeno ascoltare, o le osteggiò con durezza implacabile perché le sentiva diverse. E infatti lo erano, diverse: non cercavano di vendersi al miglior offerente, ma (addirittura!) di cambiare la nostra vita e la faccia del mondo.
Giovanni Straniero, Michele Gazich e Federico Sirianni raccontano “Domani si vive e si muore”, l’album di inediti di Michele L. Canzoni diverse.
Abbeverarsi alla Fonte
Ho conosciuto Giovanni Straniero tanti anni fa: era appena scomparso il suo illustre zio e ho ancora negli occhi l’immagine di noi due ragazzi che, con chitarra, violino e gli occhi lucidi per l’emozione, cantiamo e suoniamo le canzoni di Michele Straniero. Ci rivedo come se fosse oggi mentre giravamo per case, strade e mansarde torinesi tra mille chiacchiere, mille sogni e altrettanti bicchieri di vino.
Se non ci fossero state quelle notti, quella condivisione così vera, semplice e gratuita, il disco di inediti di Michele Straniero forse non sarebbe mai nato. Altro elemento fondamentale per dare vita a questo album è stato però certamente anche e forse soprattutto Federico Sirianni: per quanto mi riguarda, è stata la più feconda e soddisfacente collaborazione nello scrivere canzoni.
Ho amato da sempre scrivere da solo e sono, ahimè, piuttosto refrattario a collaborare. Ma, grazie all’attenzione, al talento e alla inusuale sensibilità di Federico Sirianni, è avvenuta una svolta epocale. Va detto, a onor del vero, che avevamo con noi anche un terzo uomo, un grande poeta che ha scritto (quasi) tutti i testi: Michele Straniero.
Sono nate otto canzoni (da otto testi inediti di Michele Straniero che Federico ed io abbiamo musicato) molto commoventi e molto spavalde. Ma qui mi preme dire ancora due cose: la prima è che questi testi che Michele Straniero ci ha lasciato sono molto diversi da qualunque cosa da lui pubblicata in vita. Chissà che cosa era in animo di farne… Musicarli? Pubblicarli come poesie? Tenerli per sé?
Difficile dare una risposta: l’attività artistica di Michele Straniero, come saprete, fu bruscamente interrotta dall’incidente che lo condusse a una prematura scomparsa. Certamente questi testi presentano, come dicevamo scherzosamente, ma non troppo, con Federico: Another side of Michele Straniero. La seconda cosa che desidero dirvi è che, dopo aver musicato i suoi testi, Federico ed io ci siamo sentiti di dedicargli due canzoni, che incorniciano ora gli inediti.
Queste due canzoni creano una sorta di ponte tra lo Straniero cantautore politicamente impegnato e quello emotivamente turbato che emerge nelle canzoni inedite di Domani si vive e si muore. La prima è una sorta di prologo, la prima dell’album: fatalmente l’abbiamo intitolata Ho incontrato Michele Straniero, perché quest’incontro ci ha sconvolti, arricchiti, messi in discussione e cambiati nel profondo.
Cosa aggiungere? Era da decenni che non mi emozionavo così tanto! Non ho parole per dire la mia gratitudine a Giovanni Straniero. Lo ringrazio per aver trasformato due navigati artisti come Federico e me in due esordienti… Tali ci sentivamo nel cantare queste canzoni.
Desidero anche ringraziare il tecnico del suono Fabrizio Cit Chiapello che, presso lo studio Transeuropa a Torino, ha registrato e mixato con cuore e maestria e Marco Tibu Lamberti, mio storico collaboratore, che ha dato anima anche a quest’album, suonando esemplarmente bassi, chitarre, etc. Tanti, infine, sono stati i miei amici personali che hanno donato con attenta dedizione la loro collaborazione a quest’album, rendendolo ancora più prezioso.
Parlo di Moni Ovadia, Gualtiero Bertelli, Giovanna Famulari, Maurizio Bettelli, Andrea Del Favero, Paolo Lucà. Non li ringrazierò mai abbastanza. Avere incontrato Michele Straniero e avere musicato le sue parole è un dono immenso; è stato un abbeverarsi alla fonte della canzone d’autore.
La Fatica e il Pericolo
Il lavoro culturale, per dirla alla Bianciardi, di approcciare i testi inediti di Michele Straniero, l’uomo che con Sergio Liberovici diede il via alla grande stagione della canzone d’autore italiana, immaginandoli come canzoni ex-novo, è stata un’esperienza straordinaria e faticosa dove, nella fatica, era compreso il pericolo: quello di misurarsi con artisti di enorme statura e uscirne, come accade spesso, con le ossa rotte.
Era peraltro la prima volta, per me che nella composizione di una canzone, la partenza è quasi sempre il testo, tentare di scrivere delle musiche su parole già scritte e, spesso, almeno questa era l’impressione, non per essere musicate. Ho condiviso tutto questo con Michele Gazich - raramente un incontro musicale si è dimostrato anche un incontro umano così straordinario - lui sicuramente più musicista di me, in una composizione a quattro mani e, man mano che il magma prendeva forma, assumeva sempre di più un senso, un colore, una visione che ci convinceva di stare sul sentiero giusto.
L’idea, forse non dichiarata ma pensata sottotraccia da entrambi, era di restituire a quei testi inediti una forma canzone diversa da quella ispirata alla musica popolare dei Cantacronache, più vicina invece alla canzone d’autore che, grazie a lui e ai suoi grandi compagni di viaggio, ha vissuto negli anni immediatamente successivi stagioni meravigliose.
Anche perché, pur rimanendo tracce di un pensiero politico e di un’analisi lucida e spietata della società circostante, sulle parole che avevamo davanti c’era il M.L. Straniero persona che si rivelava nelle sue fragilità più intime e in cui l’arguzia e il sarcasmo si mettevano un poco di lato per fare spazio a una dolce e dolente confessione del proprio sentire.
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