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Michele Straniero: Un Intellettuale Eclettico e la Sua Canzone di Capodanno

Michele Luciano Straniero, nato a Milano nel 1936, è stato una figura intellettuale eclettica. Lo si ricorda come fondatore, con Sergio Liberovici, del gruppo Cantacronache.

Cantacronache: Una Rivoluzione nella Canzone Italiana

A ventuno anni con Sergio Liberovici (1930-1991) diede vita al Cantacronache, per la scrittura di canzoni non evasive o banalmente sentimentali ma centrate su temi sociali, di vita reale. Nato a Torino dal 1958 al 1962, insieme a Emilio Jona, Fausto Amodei, Margot, nel pieno del miracolo economico italiano, Cantacronache scriveva, cantava e cercava di radicare il gusto per un altro tipo di canzoni, prendendo nettamente le distanze dalle canzonette di successo stile Festival di Sanremo.

Straniero raccontò che «poco dopo il suo ritorno da Berlino, Liberovici mi aveva lanciato una proposta come niente fosse: perché non provare a scrivere noi qualche canzone, e meglio ancora, a coinvolgere qualche scrittore noto e dotato come lo stesso Calvino? Fare insomma come in Francia, dove tra gli chansonnier e gli autori di canzoni che il pubblico adottava e faceva sue, c’erano non tanto dei semplici parolieri, quanto degli autentici poeti come Aragon, Prévert, Queneau? Ne discutemmo a lungo, decidemmo di fare qualche prova, di trovare un nome all’iniziativa: e fu Cantacronache, evidentemente modellato su cantastorie, per indicare un segno contenutistico - la vita quotidiana, la vita reale, la cronaca - di radicale rottura con l’andazzo sanremese». Il nome del gruppo spiegava bene il progetto.

“Delle canzonette leggere in sé e per sé non ce ne importava molto: il nostro interesse non era mercantile, ma precisamente sociologico e ideologico, e decisamente contenutistico”, ricordava Michele Straniero in La rivolta in musica. Canzoni a cui non spettava il compito di intrattenere un pubblico indistinto, ma farsi strumento per mostrare la realtà e ricostruire criticamente fatti di cronaca, consegnandoli così alla memoria collettiva.

Per la prima volta emergeva con chiarezza la differenza tra “canzonetta” (bene di consumo nella nascente cultura di massa: “oggetto d’uso”, prodotto “gastronomico” slegato dal reale, come lo definì Umberto Eco) e canzone d’impegno (canzone d’autore, in cui riconoscere una poetica, un personale sguardo sulle cose). Evadere dall’evasione, infatti, era il motto scelto dai torinesi. Che erano sostenuti dalle voci più illuminate tra gli intellettuali, gli scrittori, i poeti dell’epoca.

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Canzoni diverse che facevano emergere uno sguardo alternativo sulla realtà politica, sociale e culturale italiana della fine anni Cinquanta e primi anni Sessanta, comunemente considerati gli anni del boom economico. Non era certo l’Italia del benessere quella evocata dalle canzoni di Cantacronache, ma l’Italia vista dalla parte di chi le trasformazioni le subiva, l’Italia della protesta, di chi stava dalla parte delle minoranze e osservava la realtà con occhio critico, cercando di smascherarne le contraddizioni.

Le loro canzoni si facevano carico di raccontare fatti, eventi, condizioni esistenziali spesso rimaste celate. Come gli omicidi bianchi nelle zolfare, tra cui quella siciliana di Gessolungo, dove nel 1958, per un’esplosione da grisou morirono quattordici lavoratori e vi furono cinquantotto feriti. E poi il lavoro al nord, con le prime lotte operaie, le difficoltà delle donne nelle fabbriche, una lettura del boom per niente gioiosa, anzi, minata dalla fatica e dai sacrifici patiti dai lavoratori, dall’apatia racchiusa nelle parole di Canzone triste, intonata da Margot su testo di Italo Calvino.

La lettura critica, dunque, del miracolo economico, con l’idea che celasse con la sua fascinazione i reali problemi del paese, avviato a una fase di forte cambiamento in tutti i settori. Come ricordava Amodei in Ero un consumatore e in La canzone della Michelin. La politica italiana del luglio 1960 con la morte di giovani nelle piazze durante uno sciopero, resa celebre dalla canzone Per i morti di Reggio Emilia.

Un particolare momento storico, il luglio ’60, che per certi aspetti rappresentò un rimosso, per altri un cambio della politica della memoria istituzionale in Italia, con il recupero dell’antifascismo. Con questa e altre canzoni, Cantacronache ebbe il merito di comporre le prime canzoni sulla Resistenza, con l’intenzione di tramandare i valori emersi dalla lotta partigiana alle nuove generazioni. Sul tema della Resistenza, inoltre, curò l’album Canti della Resistenza italiana 5 per l’etichetta I Dischi del sole (1964), coinvolgendo figure di spicco come Giovanna Daffini, il Gruppo Padano di Piadena, Mario Lodi.

Cantacronache esordì nella primavera del 1958, il 1° maggio, da un camion che seguiva il corteo promosso dai sindacati, e due giorni dopo con il primo vero concerto nei locali dell’Unione culturale, intitolato 13 canzoni 13. Il gruppo continuò un lungo viaggio fra case del popolo, feste di partito, brevi esibizioni in apertura di comizi. Intellettuali e scrittori sostennero il gruppo, scrivendo testi. Fra gli altri: Franco Antonicelli, Giovanni Arpino, Eco e soprattutto Emilio Jona (ricercatore di canto popolare), il poeta Franco Fortini e Italo Calvino, che al Cantacronache regalò Dove vola l’avvoltoio? e Oltre il ponte.

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"Storia di Capodanno" e Altre Opere

In quel 1958 Michele Straniero scrisse anche Storia di Capodanno. Fra il 1957 e il 1958 si verificarono in Sicilia incidenti mortali sul lavoro nelle cave di zolfo, dato ispirativo per il testo più famoso e durevole di Michele Straniero, La zolfara.

Il repertorio del gruppo si aprì alla riflessione storica. Un testo di Michele Straniero pagò debito alla Resistenza: Partigiani fratelli maggiori. Nel 1961 Stranieeo partì per la Spagna assieme al Cantacronache per raccogliere nuovi canti antifascisti. Il racconto di quell’esperienza uscì in volume (S. Liberovici - M.L. Straniero, Canti della nuova Resistenza spagnola 1939-1961, Torino). Appena pubblicato finì nella classifica dei dieci saggi più venduti.

Tra i temi chiave di Cantacronache, anche la protesta sociale e politica. Il collettivo fu tra i primi a occuparsi di ricerca sul campo e restituzione di canti del passato, raccolti poi in diversi album. Anche le rivoluzioni fuori dall’Italia trovavano l’attenzione dei torinesi e di Straniero in particolare che partecipò al viaggio in Spagna alla ricerca dei canti della nuova resistenza spagnola durante la dittatura franchista.

L'Eredità di Michele Straniero

Importante l’attività di curatore di dischi di canto popolare, politico e sociale, nell’ambito del Nuovo Canzoniere Italiano, dove fu tra le figure più rilevanti dopo la fine dell’esperienza con Cantacronache. Ma collaborò anche a diverse produzioni collettive per I Dischi del Sole, interessandosi di canto anarchico. Con Franco Lucà, negli anni Ottanta diede vita al Centro di Cultura Popolare di via Perrone a Torino e alla rivista mensile “Folk notes”: da queste due esperienze nasceva, nel 1988, il Folkclub, che rilancerà la musica popolare e d’autore.

Michele Luciano Straniero venne travolto da un’auto mentre stava attraversando corso Rosselli a Torino il 4 agosto 1998. Non si riprese più e morì a Torino il 7 dicembre 2000, lasciando una eredità di opere incompiute.

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Così scrive Giovanni Straniero nel booklet di Domani si vive e si muore, album pubblicato dall’editore Nota, nato da una raccolta di poesie inedite composte da suo zio Michele Luciano Straniero nell’arco della vita, e trasformate in canzoni da Michele Gazich (voce, viola, violino, pianoforte) e Federico Sirianni (voce e chitarra acustica), accompagnati dal basso elettrico e dal banjo di Marco Lamberti.

“Avere incontrato Michele Straniero e avere musicato le sue parole è un dono immenso - scrive Michele Gazich - è stato un abbeverarsi alla fonte della canzone d’autore. Domani si vive e si muore è un’opera che lascia un segno indelebile, per tante ragioni. Per la qualità evocativa dei testi, che si insinuano nell’animo di chi ascolta, mosso a partecipazione, condivisione di emozioni e sentimenti. Per la natura sensibile degli arrangiamenti, rispettosi del mondo musicale dell’autore; per la restituzione di un Michele L. Straniero introspettivo, privato che, con uno spiraglio di luce, ha rischiarato i momenti più segreti e inaccessibili della sua vita.

Giovanna Marini nell’autobiografia Una mattina mi son svegliata, lo definì “un grande personaggio di intelligenza lucidissima”, tra i primi studiosi in Italia a interessarsi di folklore, e in particolare di musica popolare, con l’obiettivo di portare all’interno della musica italiana nuove istanze legate all’impegno sociale e alle lotte delle classi subalterne, molto presenti nella canzone di tradizione.

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