Informazioni sul Turismo nel Nagorno Karabakh
Quando ho iniziato a pensare di visitare l’Armenia, una serie di richieste di preventivi a diverse guide/agenzie locali mi hanno portato a scoprire il Nagorno Karabakh, politicamente uno Stato non riconosciuto che vive sospeso.
Dopo una guerra cruenta con l'Azerbaigian, il cessate il fuoco è arrivato solo nel 1994: l’accordo, raggiunto con la mediazione della Russia, riconobbe la vittoria militare degli armeni a cui rimase il controllo del Karabakh e di altre regioni dell’Azerbaigian. L’unica via di accesso e di uscita è quella dal confine Armeno, unico Stato che riconosce la sua autonomia.
Cosa Vedere nel Nagorno Karabakh
Il Nagorno Karabakh è un piccolo stato armeno in permanente stato di difesa. In autarchia politica, ma molto legato all'Armenia, offre un'atmosfera speciale, montuoso e molto verde. Merita una visita per i suoi paesaggi e la sua peculiarità quasi insulare.
Shushi
La nostra prima tappa è stata Shushi e la sua chiesa bianca che, durante la guerra, fungeva da deposito delle armi. Da qui si giunge a Shushi, capitale storica del Karabakh e, in passato, una delle capitali culturali del Caucaso, fondata nel 1750 in cima ad una montagna ad un’altitudine compresa tra i 1400 ed i 1800 metri, con la chiesa di Surb Amenaprkich. Se la capitale attuale è la moderna cittadina di Stepanakert, annidata al centro di un’accogliente vallata, nell’Ottocento la città più importante era la vicina Shushi, raccolta intorno a un’imponente fortezza medievale costruita su un ampio sperone roccioso. Durante la guerra con l’Azerbaigian del 1992-94 la cattedrale di Shushi e gran parte delle abitazioni furono quasi completamente distrutte; ma quando ci andai durante la mia prima visita, ferveva la ricostruzione.
Mercati Locali
Anche in questo viaggio il mercato, qui dove il turismo non entra o quasi, è realmente quello delle persone del luogo. Conobbi così un paese incantato, dove il tempo sembrava sospeso a una quotidianità serena e un pochino antiquata: bambini che giocavano per la strada, madri tranquille che gettavano sulla prole un’occhiata ogni tanto, palloni lanciati con vigore e palloncini fluttuanti in aria, poche macchine, piccoli negozi seminascosti, un mercato coperto lussureggiante di erbe ed ortaggi sconosciuti, di vasi di miele profumatissimo, di gingalov hatz, squisiti involtini di pane lavash ripieni di verdurette assortite, cotti al momento e profumati di spezie.
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Vank e il Monastero di Gandzasar
Siamo così approdati a Vank una comunità rurale della Regione di Martakert. Da qui si procede verso il Monastero di Gandzasar (13th.c.), situato nel distretto di Mardakert del Nagorno Karabagh. In armeno “Gandzasar” indica tesoro di montagna o di collina. Gandzasar fu la residenza del Catolicosato di Aghvank della semiautonoma chiesa armeno-albana dal XIV secolo fino al 1836 quando quest’ultima venne definitivamente unita alla Chiesa Apostolica Armena. Ora è la sede dell’arcivescovo armeno dell’Artsakh. Era il centro culturale e spirituale degli armeni di Artsakh ed è stato il centro della lotta di liberazione nazionale contro gli iraniani e gli invasori ottomani. Visita della Chiesa di San Giovanni Battista, una delle sette meraviglie dell’architettura armena. Il monastero offre una vista magnifica ad una gola del fiume Khachen.
Il governo ha organizzato alcuni anni fa un matrimonio collettivo nel monastero adiacente e, sia in diversi luoghi della capitale che altrove, è facile trovare foto di questa cerimonia fra il sacro ed il profano in cui circa 150 coppie dentro e fuori la chiesa ricevevano un sacramento, su cui lo Stato ha provato ad investire per ripopolare la demografia debole, dopo la sanguinosa guerra.
Dopo aver visitato il complesso, il parroco ci invita a mangiare, alla sua tavola, lo Jingial che avevamo comprato in paese. Non parla inglese, Lilit traduce e media fra noi e lui. Ci mostra con orgoglio i doni che i fedeli il giorni di Pasqua gli hanno donato (quadri dipinti da loro), condivide il suo formaggio, ci offre il caffè ed il vino; conversiamo mangiando e ammirando il panorama sulle montagne dalla sua finestra.
Vedere un prete in abito talare e con croce al collo, imbracciare un fucile, proprio in quanto ossimoro, non mi ha fatto temere nulla, in quel contesto. "E’ una domanda che mi aspettavo e temevo: difficile per il contesto, difficile per la lingua, difficile per le attese e la paura di evitare fraintendimenti. Diamo la nostra versione, molto diplomatica, di persone che non sanno per fortuna attualmente cosa sia la guerra. Da qui al confine ci sono 18 km, io la mia gente siamo disposti a tutto per far rispettare ciò che è nostro”.
Monumento Tatik e Papik
Concludo con quello che per il Nagorno Karabakh è il simbolo della Repubblica dell’Artsakh: il monumento Tatik e Papik detti “Grandpa e Grandma”. Costruito nel 1967, si erge su una collina alle porte della capitale e rappresenta la longevità e la caparbietà del popolo dell’ Artsakh. Ha le fattezze di un uomo e di una donna anziani e le forme di due montagne. Mentre scattavamo le foto di rito, le donne puliscono le scale per arrivarci passando lo straccio, nonostante la pioggia, ed un un gruppo di ragazzi ci invita a leggere il cartellone che spiega la storia del monumento.
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Informazioni Pratiche
Accesso al Nagorno Karabakh
L’unica arteria di collegamento per il Nagorno Karabakh è la M 12 che da Goris (sud Armenia) raggiunge Berdzor (dogana) e da qui la capitale, una strada in ottime condizioni di manutenzione che sinuosamente si arrampica verso l’altopiano del Karabakh.
Consigli Utili
Sappi che l'Azerbaigian ti negherà l'ingresso e potrebbe anche annullare il tuo visto, se hai un timbro della repubblica autoproclamata del Nagorno Karabakh. È meglio quindi farsi timbrare il passaporto su una pagina a parte.
Quando Andare e Quanto Restare
- Karabakh: quando partire? Tutto l'anno.
- Karabakh: quanto restarci? 2 - 3 giorni.
Un’Atmosfera Speciale
Uno stato non riconosciuto ma indipendente, dove incontri un ministro che sta ripulendo dalle erbacce le aiuole ai lati della porta del suo albergo, dove anno dopo anno cresce un turismo di appassionati curiosi, di sognatori e di archeologi: non è facile parlarne - e neppure capirlo.
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