Pellegrini e Viaggiatori: Una Storia di Fede, Commercio e Scoperte
Prima ancora che “viaggiare”, camminare è soprattutto “muoversi”. Parte tutto da lì, da una gamba posta avanti all’altra per centinaia di migliaia di ripetizioni. Il cammino è percezione attraverso il corpo: le caratteristiche del terreno, le pendenze, il vento, i particolari del paesaggio che non è una semplice cornice, una ambientazione, ma si fa tutt’uno con il soggetto che lo attraversa. Camminare è stabilire dei legami.
Il Pellegrinaggio: Un Viaggio di Fede e Purificazione
I pellegrini sono viaggiatori particolari. Hanno intenzioni chiare, aneliti precisi. Il loro cammino è tracciato da secoli, talvolta da millenni. Seguono un sentiero terreno e ne sono al tempo stesso distolti.
Il pellegrinaggio parte dall’assunto che esistano luoghi in cui, più che altrove, si manifesta il divino o il non-umano, e che valga la pena raggiungerli, periodicamente o almeno una volta nella vita. Testimonianze di questa attività esistono da tempi remoti in quasi tutte le religioni, dalle tre grandi monoteiste a quelle orientali. Milioni di persone sono state coinvolte in questo gigantesco cammino di purificazione e mutamento, che è apparso nella storia come una delle forze che muovono il mondo e lo rendono comune.
Legati a tempi lunghi, a velocità costanti, i pellegrinaggi sembra anche attenuare le disparità economiche tra coloro che li compiono. L’aspetto che distingue il pellegrino dagli altri viaggiatori, osserva poi Trojanow, è che in un’epoca dominata dalla fascinazione per un qualche Altrove egli è esattamente nel luogo in cui vuole essere. Non sta cercando qualcosa. Al contrario, desidera lasciarsi alle spalle il dominio incontrastato del fine, la ricerca costante di un obiettivo.
Esempi di Pellegrinaggio
«Lungo il Gange ci veniva spesso chiesto chi fossimo e dove stessimo andando (da quelle parti gli europei a piedi sono assai rari). Come risposta, bastava una parola: padyatra, facciamo un pellegrinaggio a piedi. La gente annuiva, era tutto chiaro. Persino altri pellegrini, sadhus per lo più, ci auguravano compiaciuti shubha yatra: “buon pellegrinaggio”.
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Il pellegrinaggio, nella circostanza l’hajj dei musulmani, è centrale in un altro libro di Trojanow, Il collezionista di mondi, romanzo incentrato sulla vita di Richard Francis Burton. Diplomatico, spia, viaggiatore attratto fatalmente dai luoghi più remoti e pericolosi, nel 1853 Burton si lanciò in un’impresa, il pellegrinaggio alla Mecca e a Medina, riuscita a pochissimi non musulmani prima di lui. Il viaggio, preparato accuratamente con l’appoggio della Royal Geographical Society, lo portò dall’Inghilterra ad Alessandria d’Egitto, quindi Il Cairo, Suez, Yanbu sul Mar Rosso e infine il tratto davvero pericoloso, verso i luoghi sacri dell’Islam.
I Porti come Snodi Cruciali per Pellegrini e Viaggiatori
Con ancora più forza, nel corso del XV secolo, i porti e gli approdi marittimi divennero snodi fondamentali per l’espansione delle reti commerciali, la mobilità delle persone e la diffusione culturale in Europa e nel Mediterraneo. Questo periodo, caratterizzato da un’intensificazione dei viaggi sia per scopi commerciali sia devozionali, vide un aumento significativo delle testimonianze lasciate da pellegrini, mercanti e avventurieri sulle strutture portuali e sull’operatività delle infrastrutture marittime.
Con queste premesse, l’articolo si propone di analizzare alcune di queste descrizioni, ponendo l’accento sulle impressioni e sulle osservazioni di viaggiatori che, spesso per la prima volta, si trovavano di fronte a porti stranieri o esotici, offrendo una prospettiva unica sulla struttura e sull’organizzazione di questi luoghi.
Descrizioni dei Porti nei Resoconti di Viaggio
L’analisi dei sette resoconti ha fatto emergere una certa ampiezza di descrizioni e aggettivazioni riferite ai porti incontrati nel loro viaggio. Il totale delle occorrenze riscontrate è 215; ascrivibili a diverse sfere percettive. Tra le più frequenti, in 29 occasioni, i viaggiatori affermano di trovarsi o di aver sentito parlare di un buon porto; in 25 descrivono i moli come attivi; in 24 ritengono l’approdo protetto; in 19 grande.
La "Bontà" dei Porti
Secondo l’analisi dei sette resoconti, la descrizione principale che i viaggiatori presi in considerazione fanno dei porti e degli approdi riferisce alla sfera del buono e, in generale, alla bontà dei porti. Luchino dal Campo, nel viaggio compiuto con il suo signore Niccolò III, definisce come buoni porti quelli di Giaffa e di Io/Ios, nelle Cicladi meridionali. Mariano da Siena, invece, riconosce questi aggettivi a Castilroxo, l’odierna Castelrosso/Kastellorizo e alla vicina Cacabo. Per l’avventuriero Tafur sono numerosissimi i buenos puertos, e non solo nel Mediterraneo: Ceuta, Genova, Porto Venere, Candia, Rodi, Castelrosso/Kastellorizo, Tenedo (isola poco a sud dello stretto dei Dardanelli, conosciuta anche come Bozcaada), Anversa, Trapani e Cagliari. Per Sanseverino il porto di Ragusa è bene situato, mentre Wey riconosce Giaffa come un buon porto. Felix Fabri, invece, parla spesso della necessità per i pellegrini di attraccare in un buon porto, come lo sono quelli di Nimona, sul’isola di Cipro, in Frigia, sulla parte asiatica dell’Ellesponto, vicino Troia, Io/Ios, che chiama anche Nyon o Nium, Corfù, Curzola/Korčula, Ragusa/Dubrovnik e Lesina. Anche La Mecca risulta essere per il domenicano di Ulm civitas bona et portis maris non mediocris. A volte, invece, l’aggettivo qualificativo non è sufficiente e i viaggiatori passano al comparativo di maggioranza migliore.
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Porti Attivi e le Loro Funzioni
I porti sono luoghi dove si svolgono diverse attività, per questo viaggiatori come Pero Tafur, Pietro Casola e Felix Fabri si concentrano sulla dimensione attiva dei porti e sulle tipologie di lavori che vi si svolgevano. Modone e Corone, in Morea sono puertos descargadores; a Candia, invece, nel molo fecho a mano vi sono molti mulini a vento. A Castelrosso/Kastellorizo ci sono saline che forniscono una grande rendita all’Ordine dei cavalieri di Rodi; presso il muro del porto di Rodi Pietro Casola conta almeno sedici mulini a vento che continuamente macinano; nelle vicinanze del porto di Corfù, invece, vi era un grande borgo dove si fanno li mercati, el è cosa molto spaxada, e lì sono tute le hostarie e taverne; mentre a Ragusa è in attività l’arsenale, dove si costruiscono navi e galee. Alessandria d’Egitto e Costantinopoli si distinguono per il grant cargo e descargo con los cristianos. In particolare Alessandria risulta essere civitas commodissime sita ad celebranda commercia, anche se Felix Fabri confessa di aver sentito molte storie terribili sui gabellieri (exactores) del porto. Alessandria è una delle città maggiormente frequentate dai mercanti italiani, che commerciano in tutto il Mediterraneo, e dagli egiziani, che riforniscono la città di merci e spezie aromatiche.
La centralità delle spezie riguarda anche La Mecca, verso la quale convergono in grande quantità spezie aromatiche, pepe, chiodi di garofano, zenzero e simili, e da lì vengono portate trasportate da pellegrini sui cammelli e inviate anche a Damasco, in Siria, e ad altri luoghi. Lo stesso Fabri, con poche parole, restituisce la centralità di Venezia nel commercio mediterraneo: nella laguna si trasportano omnia bona orientis et occidentis; ex quo bona orientis transfundunt in occidentem et occidentis in orientem.
Protezione e Fortificazioni dei Porti
I porti devono cercare di proteggere le imbarcazioni ancorate da tempeste e burrasche e allo stesso tempo proteggersi da potenziali attacchi nemici e di pirati. Per questo motivo molti dei porti che i viaggiatori incontrano sono protetti, muniti, circondati da mura o fortificazioni. Roberto da Sanseverino ringrazia il Signore di essere giunto nei porti di Milo, nel ducato di Nasso o dell’Arcipelago, e a Scarpanto/Kárpathos, nel Dodecaneso, prima dello scatenarsi del fortunale.
La protezione può essere offerta da elementi naturali, come a Porto Venere, dove un’isola davanti al porto fa muy grande abrigo o a Milo e Muter, vicino Sebenico/Sibenik, dove il promontorio e le pareti rocciose proteggono il porto; o da elementi artificiali, come catene, attestate a Kyrenia sull’isola di Cipro, Ragusa/Dubrovnik e Venezia, mura e fossati, come a Giaffa, o castelli e fortificazioni, come a Venezia, dove due castelli chiudono il porto dalla parte del mare, a Lesina, dove un castello sovrasta il porto e le acque, a Oplothiki/Porto Cavaliere, nei pressi di Loryma nell’odierna Turchia, dove erano due belle castelle, a Giaffa, con due torri, a Io, dove gli abitanti hanno fortificato la città con mura e torri, in particolare il porto, e hanno eretto una roccaforte estremamente robusta, che sorge in parte dalle profondità del mare o nella già citata Milo, dove accanto alla protezione naturale offerta dalle rocce del promontorio, vi era anche un castello per la sorveglianza del porto.
La posizione del porto, dunque, poteva risultare una caratteristica rilevante per la protezione e la funzionalità del porto. I viaggiatori a volte annotano questo aspetto.
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Dimensione e Capacità dei Porti
Tra le relazioni dei viaggiatori una caratteristica rilevante dei porti è la dimensione e capacità, per questo si ritrovano spesso gli aggettivi grande, ampio e simili. Ovviamente, tra tutte le città non si trova citade se possa equiparare a Venezia quanto al numero de li navilii, ed al grande porto e anche Costantinopoli è dotato di un porto amplissimum. Ma vengono considerati grandi scali anche Alessandria, Messina, Modone, Lesina e Castelrosso/Kastellorizo.
Per altri porti, invece, si preferisce l’aggettivo profondo o capace, destinato a significare quei porti che potevano ospitare imbarcazioni di un certo tonnellaggio, come Rodi, Io, Melo (che è al tempo stesso anche un parvos portus), Corfù e Curzola/Korčula.
Porti Pericolosi e Sicuri
Non sempre però i porti sono sinonimo di rifugio. A volta possono rivelarsi pericolosi. I motivi possono essere i più diversi, come la presenza di un’entrata angusta, una cattiva segnalazione dei moli o l’incapacità strutturale del porto di proteggere le imbarcazioni durante le tempeste. Roberto da Sanseverino elenca come porti pericolosi Venezia per l’ingresso delle navi nel porto, Giaffa e soprattutto Modone, che in poche pagine viene definito pericoloso ripetutamente. Il porto di Giaffa è molto pericoloso anche per Mariano da Siena e per Felix Fabri, che lo definisce horribilis portus. Tra i porti pericolosi vengono annoverati anche Candia e Ancona.
Altri porti invece erano capaci di trasmettere sicurezza. Nonostante la pericolosità, Modone era considerato da Pero Tafur un porto dove le navi potevano stare al sicuro; e anche Gibilterra tiene puerto muy seguro. Generalmente risultavano sicuri anche quei porti dell’Adriatico orientale, o della Sclavonia come la chiamavano i viaggiatori, per via della conformazione del territorio, ricco di insenature, isole e promontori naturali. A Pietro Casola viene detto che tra Fasana/Fažana e Brioni, in Istria, c‘era un porto che si diceva molto sicuro; e si distinguono per la loro sicurezza anche Rovigno, benché abbia un porto inconsuetus, e Lesina. Per lo stesso motivo, anche gli approdi delle isole dell’Egeo potevano trasmettere fiducia nel viaggiatore: la già citata Io/ios aveva un securo porto, ma lo erano anche Lemno e Milo, descritto come profundum, tranquillum et securum.
Segnaletica Marittima e Portuale
La presenza di fari, segnali o torri poteva essere dirimente tra un porto sicuro e uno pericoloso. A volte, i viaggiatori descrivono questi imprescindibili segni del paesaggio marittimo e portuale. Quando approda vicino a Sebenico/Sibenik, Felix Fabri raggiunge la sommità della collina che sovrasta il porto e trova un alto mucchio di pietre e sopra di esso una grande croce di legno come segno. Infatti, come spiega il domenicano, «in luoghi portuali, tali segnali sono posti in modo che, quando i naviganti vengono sorpresi da una tempesta, possano vedere verso quali coste devono rifugiarsi senza pericolo».
Alcuni di questi segni diventano punti di riferimento quasi iconici. Tuttavia, la fascinazione principale dei viaggiatori è esercitata da Rodi e Alessandria.
Il ricordo del Colosso di Rodi era ancora presente nel XV secolo: Fabri informa infatti che «ciò che il volgo racconta riguardo a questo Colosso è meraviglioso; ammetto di non averlo letto, ma di averlo udito. Dicono infatti che quel Colosso si trovava in mare e sorvegliava il porto di Rodi. Con le gambe distese l’una dall’altra, stava all’ingresso del porto, così eretto in altezza che le navi, per quanto alte e grandi, passavano sotto di lui, tra le sue gambe e sotto il suo ventre».
Mariano da Siena, invece, offre una misurata descrizione del porto a lui contemporanea e precisa che il molo di Rodi è largo circa dodici braccia, su di esso ci sono diciotto torri tonde, con un diametro di circa otto braccia, distanziate l’una dall’altra di circa otto braccia e su ognuna vi è un mulino a vento che macina continuamente; tra le torri, che potevano essere illuminate in caso di bisogno, e dai camminamenti delle mura, c’era almeno una bombarda.
Il colto domenicano racconta anche che ad Alessandria ci sono due porti separati da una lingua di terra molto stretta, sulla cui estremità si erge una torre di straordinaria altezza, che si dice sia stata costruita da Giulio Cesare e che i locali chiamano Fareglan, come anche l’intero porto con la lingua di terra e gli edifici. Il porto anteriore è destinato all’accoglienza delle navi dei cristiani, mentre quello posteriore è riservato alle navi musulmane; questa torre, precisa, un tempo «veniva chiamata Pharum o Farum, era altissima ed era una delle sette meraviglie del mondo. Infatti, essa stava sopra quattro grandi infrastrutture di vetro, che si trovavano a venti passi sotto la superficie del mare, sul fondo, e sopra di essi era stata costruita una pesante struttura che si elevava in alto. Sulla sua sommità ardeva sempre un fuoco acceso, il quale, brillando lontano e ampiamente sul mare, durante la notte era un segno per i naviganti per individuare il porto.
Alcuni di questi porti erano particolarmente affollati, in particolar modo quelli che si trovavano lungo la rotta dei pellegrini verso la Terrasanta, come Corfù o Lesbo; e quelli che avevano un ruolo economico preminente dal punto di vista commerciale, come l’antica Beronice, che nel XV secolo veniva chiamata Thor, porto egiziano sul Mar Rosso, dove giungevano le spezie aromatiche provenienti dall’India su navi costruite senza ferro e Alessandria, classibus et navibus repletus.
Tabella Riassuntiva delle Caratteristiche dei Porti
Caratteristica | Descrizione | Esempi |
---|---|---|
Bontà del Porto | Giudizio positivo sulla qualità e sicurezza del porto. | Giaffa, Io/Ios, Castelrosso/Kastellorizo, Genova, Porto Venere, Candia, Rodi, Anversa, Trapani, Cagliari, Nimona, Corfù, Curzola/Korčula, Ragusa/Dubrovnik, Lesina, La Mecca |
Attività Portuale | Descrizione delle attività commerciali e lavorative svolte nel porto. | Modone, Corone, Candia, Castelrosso/Kastellorizo, Rodi, Corfù, Ragusa, Alessandria d’Egitto, Costantinopoli, Venezia |
Protezione del Porto | Misure naturali o artificiali per proteggere il porto da tempeste e attacchi. | Porto Venere, Milo, Muter, Kyrenia, Ragusa/Dubrovnik, Venezia, Giaffa, Lesina, Oplothiki/Porto Cavaliere |
Dimensione del Porto | Valutazione della grandezza e capacità del porto. | Venezia, Costantinopoli, Alessandria, Messina, Modone, Lesina, Castelrosso/Kastellorizo, Rodi, Io, Corfù, Curzola/Korčula |
Pericolosità del Porto | Identificazione dei rischi e pericoli associati all'accesso e all'utilizzo del porto. | Venezia, Giaffa, Modone, Candia, Ancona |
Sicurezza del Porto | Valutazione delle misure di sicurezza e protezione offerte dal porto. | Modone, Gibilterra, Fasana/Fažana, Brioni, Rovigno, Lesina, Io/ios, Lemno, Milo |
Segnaletica Portuale | Descrizione di fari, segnali e torri utilizzati per la navigazione sicura. | Sebenico/Sibenik, Rodi, Alessandria |
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