"Alle fronde dei salici": Il significato di "piede straniero sopra il cuore" nell'opera di Quasimodo
La lirica di Salvatore Quasimodo, intitolata “Alle fronde dei salici”, viene pubblicata per la prima volta su una rivista, nel 1945. Successivamente, viene inserita nella raccolta “Giorno dopo giorno” (1947). L’indicazione delle date, sopra riportate, non riguarda solo il dato cronologico di pubblicazione della lirica, ma rappresenta un aspetto decisivo per cogliere il messaggio che la stessa lirica propone.
Composta da dieci endecasillibi sciolti, “Alle fronde dei salici" è probabilmente il più celebre dei componimenti di Quasimodo e, come già anticipato, segna il passaggio del poeta dall’ermetismo a un nuovo tipo di poesia, che sgorga spontanea dopo la devastante esperienza della Seconda guerra mondiale. Infatti, il contenuto della lirica è totalmente influenzato dal contesto, quello di giorni scanditi da dolore, disperazione e morte. Una situazione che rende impossibile per i poeti abbandonarsi al canto e alla scrittura.
Il contesto storico e il significato del "piede straniero"
La poesia "Alle fronde dei salici" è stata scritta da Quasimodo durante il periodo della guerra contro i nazisti. Quasimodo in questa poesia esprime tutto il suo odio verso gli oppressori e il sacrificio che fa per voto di non scrivere poesie. Tra i diversi significati simboli che troviamo in Alle fronde dei salici, c'è quello del "piede straniero", inteso come i soldati tedeschi che freddamente calpestano i sentimenti (il cuore) di tutto il popolo. Il mondo della guerra, oppresso e soffocato, triste e mai atteso, rievocato nel secondo verso del componimento con il piede straniero sopra il cuore.
Difatti, il dato storico riguarda nello specifico l’occupazione di Milano da parte delle truppe naziste dopo il 25 luglio 1943, quando ebbe inizio la resistenza. Sono scene di vita quotidiana, umile e sommessa, stravolte dall’atrocità e dalla crudeltà della guerra, tanto è che il palo del telegrafo, oggettivo materiale e concreto, diventa simbolo della crocifissione e della pietà dell’uomo, ora alienato, ora deturpato, ora battuto con cieca e inutile violenza da chi finge o crede, ancora più grave, di appartenere alla razza suprema del mondo (nota: Riferimento al nazismo), in cui tutto è consentito, persino la possibilità di stabilire la morte altrui.
Simbolismi e riferimenti religiosi
Quasimodo inserisce dei riferimenti alla religione, usando altri significati simbolici come la "madre (Maria) che va incontro al figlio crocifisso (Gesù), oppure quando usa "l'agnello" come animale per rappresentare i lamenti dei bambini. Quasimodo nelle sue poesie usa molto spesso i riferimenti al Vangelo; questo probabilmente significa che ha vissuto una vita all'insegna della religiosità. Lo stesso fatto di "fare un voto" è simbolo di sottomissione a un dio, più precisamente, in questo caso, a Dio della religione Cristiana.
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Per poi tornare alla realtà, nella poesia, inserisce un elemento che quasi "stona" con i riferimenti biblici: "il palo del telegrafo", messo quasi in antitesi con il "figlio crocifisso", proprio per accentuare il legame tra il Vangelo e la vita moderna, grazie anche ad un enjambements che divide crocifisso da figlio per metterlo più vicino possibile al "palo del telegrafo".
L'impatto della guerra e il silenzio della poesia
Con quest’opera Quasimodo si allontana definitivamente dall’Ermetismo e dal suo individualismo avvicinandosi a una poesia mirata alla riscoperta dei valori di una società collettiva. Questo passo è contestualizzato nel recente passato di Quasimodo, che ha vissuto come tutti oppresso dall’invasore tedesco, costantemente circondato da dolore e morte. In quelle circostanze anche la poesia taceva, come raggelata dalla comune angoscia. Questa poesia sembra allora rispondere a coloro che, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, criticarono l’atteggiamento degli scrittori italiani legati alla tradizione ermetica, che non avevano adeguatamente preso posizione contro l’orrore, rifugiandosi piuttosto nel silenzio.
Non si tratta di una capacità innata e congenita di Quasimodo, ma viene adesso fornita dall’impossibilità di dare spazio alla poesia, la quale non può offrire che il silenzio, nell’immagine delle “cetre” che oscillano, quasi in balia di se stesse, appese alle fronde dei salici, l’albero che rappresenta e simboleggia, in una versione di vera disumanizzazione, il pianto e il dolore. Sul finale si intravede la riflessione sulla poesia in quella cetra appesa, poiché nemmeno i poeti possono più cantare; la poesia rimane impotente e sconcertata davanti alle brutture del conflitto mondiale.
La prima persona plurale (‘noi’, ripresa al verso 9 dalle ‘nostre cetre’) indica e identifica il bisogno misto di speranza e umanità, a conferma di una direzione inedita della stessa poesia. Il ‘noi’ esprime con sguardo critico il valore, assoluto e incontrovertibile, della solidarietà, della compartecipazione e della condivisione non solo umana, ma universale. In una tale prospettiva, Salvatore Quasimodo lancia il messaggio, sotterraneo e inatteso, della solidarietà, della possibilità di stringere i mortali in ‘social catena’, affinché la condivisione e l’unione tra gli uomini sulla terra possano alleviare il peso della sofferenza.
Il peso, quello generato dalla sofferenza, difficilmente scomparirà tra gli uomini, difficilmente potrà essere cancellato. La ferita è profonda, il dolore di una madre per la perdita del proprio figlio è il segno di una vita ormai giunta al tramonto, alla fine, così come i morti tra le piazze rimangono senza vita, spezzato il loro cuore e scosso il loro agire.
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“Tra i morti abbandonati nelle piazze […] al lamento d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo?". Sono i versi 3,4.5.6 e 7, uno dei contributi poetici più significativi dell’intera cultura novecentesca, capaci di raccogliere in cinque righe la follia rappresentata e alimentata dalla guerra, attraverso scene di un’atrocità e una crudeltà mai vista. Una poesia che ha carattere universale, che può essere letta al di fuori del contesto in cui fu scritta.
Il sentimento di fratellanza evidenzia, in una chiave di lettura più chiara, il fulcro del discorso, sviluppato in forme sempre più comunicative, insieme drammatiche e composte nel loro misurato rigore.
Transizione dalla poesia ermetica a quella sociale
Questa poesia è la concretizzazione del cambio di direzione della poetica di Salvatore Quasimodo: per alcuni versi ci sono elementi che danno una continuità rispetto al vecchio sé, ma ciò che veramente cambia nel profondo sono i temi affrontati, molto più concreti e di natura sociale e civile.
La poesia è scorrevole e l'italiano usato è quasi quotidiano, nonostante alcuni significati simbolici e alcune metafore che potrebbero bloccare la scorrevolezza della poesia.
E come potevano noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.
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