Il Re dei Viaggi: Significato e Metafore
Chi non si è mai interrogato sul vero significato del viaggio? Scrittori, poeti, musicisti e artisti di ogni genere hanno cercato di interpretare questo concetto sfuggente.
Per molti, il viaggio comincia fuori dalla porta di casa, ma è altrettanto vero che si può viaggiare in mille modi anche restando tra le mura domestiche.
Cos'è il viaggio? Un'allegoria dell'assoluto o una perdita di senso? Un'occasione mancata, un appuntamento sfuggito, un amore che cerca invano una stazione di sosta, uno sguardo fugace, l'orrore di una guerra, il sorriso di un bambino? Il viaggio è tutto questo e molto altro.
Talvolta, il viaggio promesso non si realizza, lasciando un vuoto incolmabile. Ma forse, negli ultimi istanti di vita, rivivremo tutti i momenti significativi come in un lampo, e solo allora comprenderemo il senso del nostro vagare su questa terra.
Come ha scritto Hermann Hesse: "Sole, splendimi sin dentro al cuore, vento caccia via pensieri e pene, non v'è al mondo diletto maggiore che andar vagando sconfinatamente". E Jean Paul diceva: "Oh spazio aperto e libero, come ti cerchiamo col nostro desiderio".
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Molti autori hanno espresso il loro pensiero sul viaggio:
- Walt Whitman: "A piedi e a cuor leggero prendo la strada maestra, in salute, libero, il mondo davanti a me. Davanti a me la lunga strada polverosa che porta dove voglio."
- Bertolt Brecht: "Siediti e meditando viaggia; è bello percorrere il mondo senza stancarsi."
- Marcel Proust: "A chi mi domanda perché viaggio, rispondo che so bene da cosa fuggo. Ma non quello che sto cercando."
- Julien Gracq: "Le strade non portano a nessuna meta, tutte terminano in noi."
- André Gide: "Il luogo bello della vita è la strada, non la mia stanza."
- Gustave Flaubert: "Molti vanno a Parigi, ma pochi ci sono stati."
- Karl Kraus: "Si dice che viaggiare sviluppi l'intelligenza, ma si dimentica di dire che l'intelligenza bisogna già averla."
- Louis-Ferdinand Céline: "Esiste non so dove, un bellissimo paese: altrove."
- Italo Calvino: "Detesto viaggiare: a che mi serve se quello che si può vedere uno ce l'ha già dentro."
Come afferma Claudio Magris: "Il viaggio non è una merce, è prima di tutto un'esperienza morale ed intellettuale, un diverso modo di guardare il mondo."
Oggi più che mai, il viaggio è visto come un'avventura di vita e di conoscenza. Viaggiamo tutti, chi più chi meno, a partire dai banchi di scuola. La psicanalisi ci ha insegnato a viaggiare dentro noi stessi.
Alcuni viaggiano per celebrare un traguardo, come se il viaggio fosse una ricompensa. Per altri, il viaggio è il traguardo stesso. Solo viaggiando scopriamo chi siamo veramente, e leggendo e ascoltando le storie di viaggi altrui prendono forma nuove avventure.
Come diceva un saggio: "Non è importante nel viaggio il punto cardinale, ma il punto di vista. Quando si viaggia si accetta di perdersi, così come quando ci si innamora. Se non ritorni diverso da come sei partito, è come non avessi mai viaggiato."
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Il viaggio è un'esperienza che coinvolge diverse dimensioni: Come. Dove. Verso. Dentro.
Sono convinta che esista un “viaggio per ogni momento della vita che stiamo vivendo”. Tra le mille destinazioni del mondo, c’è n’è una che, nel qui e ora del presente, risponde in maniera peculiare al “nostro mood del momento”. Scoprirla è già il primo passo per costruire il nostro viaggio dei sogni: quello che risponde esattamente (o quasi) ai nostri bisogni e alle nostre esigenze di oggi. Per questa ragione, troverete anche suggerimenti sulla meta più in sintonia con il vostro “mood” personale del momento o con la vostra personalità. Cosa ti aspetti dal viaggio? Quali emozioni cerchi?
Uno degli aspetti che reputo imprescindibili di un viaggio è cercare di assorbire qualcosa della cultura che mi ospita. Ovviamente, quando si è in viaggio, nutrirsi di momenti “wow” è più semplice. Quali sono i momenti “wow”? Sono quelli in cui ti fermi e ti senti al momento perfetto, nel luogo perfetto.
Il Viaggio come Metafora
Daniela Scala, in un suo articolo, definisce il viaggio come una metafora della malattia. L'articolo dal titolo: Scala D. il viaggio come metafora della malattia. GIFAC 2020;34(2):85-87, parte dalla letteratura: un viaggio attraverso il viaggio dei viaggi, l’Odissea e Ulisse. Il viaggio come metafora della vita, il viaggio come metafora della malattia Daniela Scala. Riassunto. La letteratura è uno strumento delle Medical Humanities, insieme di discipline che si avvale del contributo delle scienze umanistiche, delle scienze sociali e delle arti espressive, e che possono essere definite come qualsiasi forma sistemica di studio che si propone di raccogliere e interpretare l’esperienza umana. L’Odissea è letteratura e racconta di un viaggio… Quante volte abbiamo sentito riferire da pazienti… “quando ho iniziato il mio viaggio nella malattia…” “la malattia è stata come un viaggio”.
Un viaggiatore per antonomasia è Ulisse e l’Odissea è il racconto del suo viaggio per tornare alla sua Itaca. Questo articolo si pone l’obiettivo di offrire “diverse letture” dell’Odissea e del suo eroe passando per uno di principali interpreti dell’eroe omerico, Dante, e per finire con la riflessione di Recalcati su Ulisse e sulle potenzialità legate alla letteratura.
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La letteratura, infatti, è uno strumento delle Medical Humanities, un insieme di discipline che utilizzano le scienze umanistiche, sociali e le arti espressive per comprendere l'esperienza umana.
Quante volte abbiamo sentito dire da pazienti: "Quando ho iniziato il mio viaggio nella malattia..." oppure "La malattia è stata come un viaggio"? Spesso, i racconti dei pazienti assumono la forma di viaggi fantastici, con luoghi misteriosi, animali e personaggi bizzarri, e rimedi magici o soprannaturali.
La malattia può rappresentare un viaggio interiore, una ricerca spirituale per ritrovare se stessi, come nel libro di Tiziano Terzani "Un altro giro di giostra". Diventa un'opportunità, una "quest narrative", come proposto da Arthur Frank, in cui la sofferenza è parte del viaggio della vita e la malattia trasforma la persona.
Ulisse, il viaggiatore per eccellenza, nell'Odissea, rappresenta la tenacia e la volontà di superare gli ostacoli. Dante Alighieri lo interpreta come un consigliere fraudolento, ma ne ammira la sete di conoscenza e la curiosità quasi scientifica. Ulisse rinuncia al ritorno in patria per amore del sapere.
La Divina Commedia, a sua volta, è un viaggio allegorico dell'uomo verso la purificazione e la felicità, rappresentata da Dio. Dante e Ulisse, due viaggiatori con analogie e differenze, entrambi mossi dalla sete di conoscenza.
Dante, però, ascende verso la luce divina, mentre Ulisse esplora il mondo orizzontalmente. La conoscenza dantesca cresce con la moralità, mentre per Ulisse conoscenza e morale sembrano separate.
Nella Divina Commedia, la sete di conoscenza di Ulisse diventa negativa, qualcosa da controllare per non superare i limiti imposti da Dio, altrimenti si rischia il naufragio e la dannazione.
Ulisse: Diverse Interpretazioni
Possiamo interpretare l'Odissea in modi diversi, leggendo il suo protagonista sotto una nuova luce? Ulisse, non è solo l'eroe astuto e coraggioso, ma anche un uomo che piange e nasconde il suo volto, come quando ascolta il poeta Demodoco cantare la caduta di Troia. È il naufrago, il mendicante, l'eroe che si finge "nessuno", che conosce l'arte della diminuzione, il padre che torna dal figlio e dalla sua amata Penelope.
Questo naufragio è il risultato del rifiuto dell'immortalità offerta dalla dea Calipso, perché Ulisse resta fedele alla sua memoria, alla sua famiglia, alla sua donna. Non sono le virtù guerriere e lo spirito di conoscenza a definire Ulisse, ma l'attaccamento ai suoi amori, Penelope e Telemaco, in un connubio tra forza e fragilità.
Secondo i modelli di narrazione proposti da Frank, se ci fermiamo al ritorno di Ulisse ad Itaca, l'Odissea è una "restitution narrative", un ritorno alla salute e all'integrità. Ma possiamo leggere anche altro.
Come si conclude l'Odissea? Ulisse deve ancora navigare, tornare "nell'alto mare aperto", come profetizzato da Tiresia. Dopo la vendetta contro i Proci, dovrà compiere un ultimo viaggio verso genti che non conoscono il mare, dove la morte lo attende. Il suo ritorno non rappresenta la fine del suo dolore, né la pace al suo tormento.
L'Odissea può essere interpretata anche come una "chaos narrative", un viaggio senza miglioramenti, un'esistenza in cui la vita non migliora mai. Questa è un'altra possibile lettura.
Ogni lettura è soggettiva, ogni lettore trova qualcosa di sé nell'opera. Come dice Massimo Recalcati: "Quando leggo un libro, non mi limito ad assorbire cognitivamente il suo mondo narrativo o teorico, ma incontro qualcosa - una x, che in quel libro - mi legge... Così che impariamo qualcosa di chi siamo dal libro che leggiamo, perché noi stessi in fondo siamo un libro che attende di essere letto."
Ogni volta che leggiamo un libro, scopriamo qualcosa di nuovo su noi stessi. Comprendere noi stessi è fondamentale nella relazione con il paziente, con i familiari e con gli altri professionisti della salute.
Una formazione alle Medical Humanities consente al professionista della salute di acquisire l’abilità di cogliere non solo le diverse modalità con cui le persone comunicano le loro emozioni, ma anche di riconoscere le proprie; di comprendere la specificità e unicità dell’esperienza del paziente e della propria come professionista della salute, senza limitarsi alla sola dimensione biomedica; di costruire una sensibilità etica, ossia una capacità di azione professionale che consideri non solo i propri valori, ma anche quelli dell’altro; di coltivare una costante autoriflessione, soprattutto sulle reazioni personali alle esperienze dell’altro.
Le Medical Humanities, che sono state inizialmente introdotte per imparare ad aver cura dei pazienti, sono in ultima istanza un modo per aver cura anche di noi stessi.
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