Scultori Contemporanei Stranieri Più Famosi: Un'Analisi del Mercato dell'Arte
Quali sono gli artisti viventi più quotati? Scopriamo insieme alcuni dei nomi che regnano nel mercato dell’arte. David Hockney, Damien Hirst, Banksy, Andreas Gursky, Jeff Koons e Yayoi Kusama sono solo alcuni dei più grandi e influenti nomi dell’arte contemporanea.
Mentre molti artisti hanno raggiunto la fama solo postumi, questi sono riusciti a godere di un enorme successo. Questi si dividono il mercato a colpi di cifre senza precedenti nelle aste più importanti del mondo, muovendo cifre nell’ordine di milioni di dollari. Diamo uno sguardo alle carriere e ai record milionari di alcuni degli artisti viventi più quotati.
Jeff Koons
Considerato l’erede di Andy Warhol, nel saper valorizzare gli effetti della massificazione e nell’ottenere il consenso del pubblico, Jeff Kooons, dopo un’esperienza nel marketing, ha applicato le regole di mercato alla sua attività di artista, realizzando opere molto quotate sul mercato, spesso riprodotte in pochi esemplari con varianti, riservate a una ristretta cerchia di collezionisti.
Le sue opere hanno raggiunto cifre astronomiche nelle aste più importanti al mondo, stabilendo dei veri e propri record. Il più significativo è stato nel 2019, quando la sua scultura “Rabbit” è stata venduta per 91,1 milioni di dollari da Christie’s, diventando l’opera d’arte più costosa mai venduta da un artista vivente.
Koons ha anche collaborato con numerosi brand di lusso e marchi commerciali, come Louis Vuitton, BMW e Kiehl’s continuando a esplorare i confini tra arte e commercio.
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Damien Hirst
Artista inglese, Damien Hirst è tra gli interpreti dell’arte contemporanei più noti e controversi. Tra le sue opere più celebri, troviamo sicuramente le serie di animali in formaldeide, come lo squalo in “The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living” del 1991 e i suoi dipinti di punti colorati noti come “Spot Paintings”, di cui ha prodotto più di 1.000 dipinti dal 1986 ad oggi.
Hirst si contende i record di vendita con Jeff Koons, in quanto le sue opere spesso superano milioni di dollari di vendite. È entrata nella storia l’asta di Sotheby’s del 2008, in cui Hirst ha venduto direttamente 223 delle sue opere per un totale di circa 200 milioni di dollari, un evento senza precedenti che ha rafforzato la sua posizione nel mercato dell’arte.
Più recentemente, nel 2020, una delle sue opere della serie “Cherry Blossoms” è stata venduta per oltre 14 milioni di dollari.
Cindy Sherman
Cindy Sherman è una fotografa e artista visiva americana, conosciuta per i suoi autoritratti concettuali in cui si traveste in vari personaggi, esplorando temi di identità, genere e ruolo sociale. La fama per la Sherman è arrivata con la sua serie “Untitled Film Stills” degli anni ‘70 e ‘80, in cui interpreta stereotipi di donne ispirate al cinema e alla cultura popolare.
Le sue opere mettono in discussione le rappresentazioni convenzionali e le costruzioni sociali, rendendola una figura chiave nell’arte contemporanea. La sua rilevanza tocca anche il mercato dell’arte da quando, nel 2014, una sua opera, proveniente dalla serie citata sopra, dal titolo «Untitled #96” è stata venduta per 3,89 milioni di dollari da Christie’s.
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Yayoi Kusama
Artista giapponese di fama mondiale, Yayoi Kusama, in oltre sei decenni, con la sua arte ha influenzando movimenti come il pop art, il minimalismo e l’arte concettuale. Sul mercato dell’arte, le opere di Kusama raggiungono cifre significative, con alcune opere vendute per milioni di dollari nelle aste internazionali.
Ad esempio, nel 2019, il suo dipinto “Interminable Net #4” è stato venduto per 7,9 milioni di dollari, segnando un record per l’artista. Questa quotazione riflette non solo la qualità e l’originalità del suo lavoro, ma anche la sua crescente rilevanza culturale e storica, segnato anche da celebri collaborazioni con il mondo della moda con brand quali Louis Vuitton e Marc Jacobs.
Andreas Gursky
Andreas Gursky è considerato uno dei più grandi fotografi contemporanei. La sua opera dal titolo Rhein II (1999) nel 2011 è stata battuta ad un’asta di Christie’s a New York per 4.338.500 milioni di dollari, un record storico nella vendita di una fotografia, durato per oltre dieci anni.
Diverse sue immagini hanno raggiunto lo status di icone contemporanee, contribuendo a sancire lo status di forma d’arte della fotografia.
David Hockney
Si ispira a ciò che lo circonda e ai paesaggi in sequenza: David Hockney, l'ottuagenario artista britannico al suo arrivo in California era rimasto colpito dai grandi viali, dalle palme e dalle ville. Diventato famoso grazie alla sua leggendaria serie sulle piscine, il suo capolavoro Portrait of an Artist (Pool with Two Figures) dipinto nel 1972 è stato venduto da Christie's nel 2018 per la cifra record di 79,9 milioni di dollari (79,8 milioni di euro), rendendo David Hockney l'artista più caro della storia.
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Il pittore, che oggi vive in Normandia, è l’artista vivente più quotato davanti a Jeff Koons.
Peter Doig
Ispirandosi ai grandi nomi dell’arte moderna, come Cézanne, Gauguin e Otto Dix, l’artista gioca con gli effetti del colore e dei materiali per produrre una narrazione principalmente simbolica: lavorare in modo sempre uguale sui motivi lo annoia. Peter Doig, artista di fama internazionale, ha collaborato alla collezione autunno-inverno 2021-2022 di Dior, su richiesta di Kim Jones, direttore artistico di Dior Hommes.
Venduto alla fine del 2021 da Christie's per la cifra record di 39 milioni di dollari (34,5 milioni di euro), l’olio su tela Swamped (1990) mostra una barca bianca che galleggia sulla superficie di uno stagno.
Jasper Johns
Il pittore americano Jasper Johns è stato fra i primi a fare uso di oggetti e motivi comuni per rovesciare le nozioni convenzionali dell'arte. Una delle sue tecniche chiave è il cosiddetto processo di encausto, una miscela di pigmento e cera liquida che dà trasparenza alla superficie dipinta. Nel 2014, il suo dipinto della bandiera americana Flag (1983) è stato venduto per 36 milioni di dollari (31,8 milioni di euro) da Sotheby's.
Ed Ruscha
Dagli anni '60 in poi si è affermato grazie ai suoi dipinti di lettere e per gli slogan sulla vita moderna americana. Spesso paragonato alla Pop Art, il suo lavoro grafico basato sulla tipografia su un layout di forte impatto denuncia e genera nuovi significati. Nel 2019, l'olio su tela Hurting the Word Radio #2 (1964) è stato venduto da Christie's per 52,5 milioni di dollari (46,4 milioni di euro).
In cinque anni, il suo valore è quasi raddoppiato, visto che nel 2014 il quadro Smash (1963) era stato venduto per 30,4 milioni di dollari (o 26,9 milioni di euro) sempre nella stessa casa d'aste.
Christopher Wool
Famoso per le parole incise su tele bianche e le sue composizioni astratte, Wool combina aerografia, pittura a mano e serigrafia in una palette cromatica minimal: bianco, grigio e nero, con rari tocchi di colore. Se nel 2013 il Solomon R. Guggenheim gli ha dedicato una retrospettiva, il 2015 è stato il suo anno record con Untitled (Riot) del 1990, smalto su alluminio, venduto per 29,9 milioni di dollari (26,4 milioni di euro) da Sotheby's.
Yoshitomo Nara
Questo artista dai molteplici riferimenti combina la cultura giapponese dei fumetti e le maschere tradizionali del teatro giapponese con la cultura occidentale, ispirazione che gli deriva dagli studi d’arte in Germania. Nel corso degli anni, abbiamo visto i suoi personaggi armarsi per difendersi dalle forze del male.
Con la vendita, nel 2019, di Knife Behind Back (2000) per 25 milioni di dollari (22 milioni di euro) da Sotheby's, Yoshitomo Nara si è affermato come uno degli artisti asiatici più ricercati e quotati al mondo.
Banksy
Nel 2018, l’artista di strada Banksy ha sorpreso il mondo dell’arte quando la sua opera “Girl with Balloon” è stata semidistrutta subito dopo essere stata venduta all’asta da Sotheby’s per oltre 1 milione di sterline. Appena battuto il martello, una trituratrice nascosta nella cornice ha ridotto metà del dipinto in strisce, trasformando l’evento in una performance artistica. Ribattezzata “Love is in the Bin”.
Sui muri di tutto il mondo, servendosi della tecnica stencil, denuncia con la sua arte le più scottanti questioni politiche e sociali, come il capitalismo consumista o la privazione della libertà. Nel 2021, Banksy stabilisce un record e diventa il primo artista a creare un'opera d'arte durante una vendita, generando lo sbigottimento generale da Sotheby’s quando La bambina con il palloncino si è autodistrutta davanti agli occhi sbalorditi dei presenti subito dopo essere stata venduta per 21,8 milioni di dollari.
Jenny Saville
Specializzata nella pittura di nudo figurativo, ritrae quasi esclusivamente soggetti femminili utilizzando spessi strati di pittura a olio. L'artista si è formata, fra l'altro, osservando un chirurgo estetico al lavoro nel suo studio di New York. Affascinata dalla carne e dall'imperfezione, Jenny Saville rappresenta corpi femminili che rifiutano di nascondersi e mette in discussione i tabù e la percezione del corpo da parte della società.
Altri Artisti Contemporanei
Nel vasto panorama dell’arte contemporanea - fatto di linguaggi, tendenze, poetiche e media diversissimi fra loro - abbiamo concentrato l’attenzione sui nomi il cui lavoro è strettamente correlato ai temi del design, dell’architettura e dello spazio. Gli artisti che scoprirete sono giovani promesse e grandi maestri, diversi fra loro ma accomunati da un analogo interesse.
Ci sono i tedeschi Candida Höfer e Thomas Ruff, massimi rappresentanti della fotografia oggettiva, che raffigurano interni o edifici con occhio apparentemente distaccato. Joep van Lieshout, Martin Boyce, Leonor Antunes, Tatiana Trouvé, Jorge Pardo e Tobias Rehberger trasformano pezzi di design in opere d’arte alla maniera dei ready made di Duchamp, ma in una versione super attuale.
Tomás Saraceno, Franz Erhard Walther, Carsten Höller, Rirkrit Tiravanija e Monica Bonvicini giocano in bilico fra l’installazione e la performance, realizzando lavori in cui includono spazio, azione e pubblico. Doh Ho Suh, Flavio Favelli, Rachel Whiteread e Hans Op de Beeck citano luoghi o elementi domestici trasformandoli in qualcosa di nuovo, emozionante.
Doug Aitken
Il pane di questo californiano classe 1968 sono sculture e video che diventano veri e propri interventi architettonici. Ci sono rimaste impresse le sue video-proiezioni sulle pareti esterne del MoMA, del 2007, così come il Sonic Pavilion sulle colline brasiliane, vero e proprio progetto costruttivo realizzato nel 2009. Sull’Isola Tiberina, a Roma, nello stesso anno, ha creato un’installazione che era decisamente un'architettura.
Suoi anche un treno inteso come una scultura viaggiante tra San Francisco e New York e la piattaforma al largo di Atene con un live theatre. “Mirage” è invece una casa con pareti e tetto fatti di specchi creata sulle Alpi Svizzere e nelle pianure dell’America dell’ovest; “Mirror” è la trasformazione in caleidoscopio delle pareti del Seattle Art Museum.
Il suo lavoro è stato presentato in istituzioni importanti in tutto il mondo, come il Whitney Museum of American Art, The Museum of Modern Art, Vienna Secession, Serpentine Gallery, Centre Georges Pompidou. Ha partecipato alla Biennale di Whitney (1997 e 2000), ha vinto l’International Prize alla Biennale di Venezia nel 1999 per l’installazione “Electric earth”; ma è stato protagonista di molte altre manifestazioni. Tra le ultime mostre personali ricordiamo quella da Victoria Miro a Londra e alla Faurschou Foundation a Beijing.
Leonor Antunes
Nata a Lisbona, vive a Berlino. Nel suo lavoro cita i maestri modernisti dell’arte, del design, dell’architettura, usando materiali tradizionali: corda, legno, ottone, pelle, gomma e sughero. “Il mio lavoro si adatta e reagisce all'ambiente per il quale è stato inizialmente prodotto o in cui si trova. In tal senso è come un'opera che si inserisce all'interno di un'opera, e che nella maggior parte dei casi viene rivelata da un processo di indagine sul design modernista e sulle sue storicità... soprattutto perché si adatta a un luogo specifico.
Sono molto interessata, ma non esclusivamente, al lavoro di alcune designer e artiste donne che sono state tendenzialmente allontanate dalle storie tradizionali o canoniche. La mia indagine su alcune figure spesso emarginate è l’origine del materiale con il quale lavoro, ma anche questo processo è più intricato, come di infusione e intarsio, un loop tra il perduto e il trovato, tra ciò che è dimenticato e ciò che è ricordato”.
Il suo lavoro è stato esposto in numerose istituzioni e manifestazioni, come la Biennale di Venezia (2017 e 2019), di Berlino (2014), di Singapore (2011), all’Haus Konstruktiv di Zurigo dopo la vincita del Zurich Art Prize 2019, all’Hangar Bicocca di Milano (2018), alla Whitechapel Gallery di Londra (2017).
Francesco Arena
“Considero le opere come altri corpi con i quali i nostri si confrontano, corpi significanti. E l’architettura è un altro corpo con il quale avere a che fare”. Così l’artista pugliese definisce il suo rapporto con l’architettura e il design. Nato a Mesagne in provincia di Brindisi nel 1978, ora vive e lavora a Cassano delle Murge (Bari), dove porta avanti una pratica che indaga il rapporto tra storia collettiva e personale, realizzando performance, installazioni e sculture in cui l’oggetto (derivante dal quotidiano o dalla tradizione scultorea) si adatta al dato storico - punto di partenza della sua creazione - per tradurlo in materiali filologicamente aderenti ad esso.
Tra le mostre recenti si ricordano la personale: Tre sequenze per voce sola alla galleria Raffaella Cortese di Milano e Due ritratti con persona alla Sprovieri Gallery di Londra. “Il design influenza il mio rapporto con gli oggetti e il loro utilizzo, personalmente prediligo un design dalle linee semplici, minimali, pensato non solo per l’occhio ma anche per il tatto. Mi piace sentire le forme di un oggetto in contrapposizione al corpo che in qualche modo deve adattarsi ad esso e non viceversa. D’altronde queste sono caratteristiche anche del mio lavoro dove, naturalmente, c’è un design che ha un suo significato preciso”.
Monica Bonvicini
“Penso che il design sia importante per ogni artista, anche se a livelli diversi. Come invece le cose appaiono, che storia raccontano, da dove vengono e perché... questi sono argomenti importanti per tutti”. Nata a Venezia nel 1965, vive e lavora a Berlino. Nelle sue opere si incontra e si scontra con la tradizionale visione di eredità modernista per la quale l’atto del costruire è una prerogativa essenzialmente maschile.
Nel suo linguaggio duro ed esplicito sono frequenti i richiami all’immaginario BDSM, con cinture, catene, gabbie, fruste appese al soffitto, cavi elettrici, specchi, fotografie, collage con i quali l’artista costruisce vere e proprie architetture, aperte o chiuse, visitabili o meno, con materiali sempre diversi. Ci ha detto: “Le mie prime installazioni-video e le sculture degli anni '90 hanno a che fare con l’architettura. A un certo punto ho smesso di leggere d’arte e ho iniziato a leggere solo libri e riviste d’architettura.
I due sistemi per certi versi si rispecchiano, sebbene attraverso una sorta di specchio distorto. E aggiunge: “Uso elementi architettonici classici, come e soprattutto i muri, ma anche le scale. Richiedono un certo grado di concentrazione mentre si usano, invitano e provocano una performance e diventano la traccia di un certo movimento.
Penso a opere come Scale of Things (to Come) o Stairway to Hell, l'installazione 15 Steps to the Virgin alla Biennale di Venezia a cura di Bice Curiger. Sto anche lavorando molto con le luci, quindi il design e la tecnologia mi interessano molto, come il fatto che la luce possa creare spazio e così facendo un senso di identità”. Bonvicini ha appena ricevuto l’Oskar Kokoschka Prize. In Italia l’ultima sua mostra è stata, nel 2019, alle OGR di Torino.
Martin Boyce
Scozzese basato a Glasgow, classe 1967, lavora sul confine tra arte, architettura, design e natura. “Da bambino, a Natale, i miei amici chiedevano palloni da calcio e pupazzi, io avrei voluto una lampada o una sedia per la mia cameretta. La disposizione degli oggetti nello spazio è sempre stata importante per me: prima in casa, poi in seguito alla scuola d’arte, quando ho cominciato a studiare le installazioni scultoree.
La prima su larga scala che ho realizzato è stata nel 2002 a Glasgow: un parco urbano notturno completo di recinzioni, panchine, pattumiere e alberi realizzati con luci fluorescenti”. Parlando del suo rapporto con l’architettura, ci racconta: “Le mie mostre sono spesso realizzate in relazione allo spazio espositivo. I pilastri di una galleria possono diventare tronchi d'albero che sostengono un baldacchino di foglie geometriche mentre l'ultimo piano di un palazzo a Venezia può diventare una piscina svuotata dall’acqua con tanto di trampolini in cemento.
Sono anche interessato a riconfigurare gli elementi architettonici. Una porta può essere rimossa dalla soglia e messa in orizzontale per diventare un letto; un camino può ospitare un interno piuttosto che il contrario. L'interazione di questi frammenti crea la possibilità di un insieme architettonico". Tra gli architetti cita Carlo Scarpa che "è stato molto importante in termini di comprensione di come un luogo può essere intrecciato in un altro" e Carlo Mollino, "affascinante per la scenografia dei suoi interni privati"
Boyce ha rappresentato la Scozia alla Biennale di Venezia del 2009, mentre nel 2018 ha inaugurato l’installazione permanente Remembered Skies alla Tate Britain di Londra.
Claudia Comte
Classe 1983, vive tra Svizzera e Germania. Parlando del design, e della relazione di questo con l'arte, dice: “per me è importante, poiché spesso presenta ciò che esiste già in natura. La visione microscopica di una foglia o di un fiocco di neve, la superficie di una pelliccia, le perle d'acqua sulla pelle, l'intricata smerlatura delle corolle di fiori, rivelano tutti pattern geniali che sono stati adattati ed estrapolati per secoli nell'arte e nel design”.
Pitture, sculture, installazioni ambientali partono spesso proprio dalla natura e la incorporano, analizzando forme, ripetizioni biomorfiche, regolarità geometriche. I suoi interventi murali rimandano a un certo minimalismo e spaziano dall’essere monocromatici fino all'avere una progressione di colori, ricordando certe opere di Sol LeWitt, Bridget Riley, John Armleder.
Dell’architettura racconta: “Il mio lavoro reagisce al volume, all'allineamento e all'equilibrio di qualsiasi interno in cui lo mostro. L'architettura è spesso la prima cosa che considero quando sviluppo un'installazione, infatti per prima cosa disegno spazio usando programmi come SketchUp. Facendo così ho un'idea molto chiara dell'ambiente. Ne imparo i limiti e le peculiarità: la simmetria, ad esempio, diventa una considerazione essenziale mentre eventuali ‘difetti’ sono aspetti in cui mi piace adattarmi in modo creativo”. Ci nomina anche alcuni architetti che l’hanno influenzata: “Pur non essendo riferimenti diretti, ammiro la semplicità dell'architettura di Tadao Ando e Peter Zumthor... Invece l’eccentricità di molta architettura postmoderna non mi ha mai veramente interessato”. Tra le sue ultime mostre, nel 2019, le due personali al Castello di Rivoli e al Copenhagen Contemporary.
Olafur Eliasson
Danese trapiantato a Berlino, nato nel 1967, le sue opere sono veri e propri ambienti immersivi in cui lo spettatore viene catturato in giochi di colori, luci, riflessi e movimento oppure nella messa in scena di fenomeni naturali, portandoci a chiedere cosa influenza la nostra percezione e quanta parte ha su di essa la nostra cultura. Obiettivo finale: avere più consapevolezza sul modo in cui interagiamo con il mondo.
Ma c’è anche lo studio della geometria, dei modelli di movimento, della costituzione dell’acqua, della temperatura dell’aria e l’interesse per il cambiamento climatico, le fonti di energia, la migrazione e l’architettura. Tra i suoi lavori più noti, The Glacier Melt Series 1999/2019, opera in cui torna a fotografare 30 ghiacciai dopo 20 anni, documentando il loro scioglimento.
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