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Ho visto Nina volare: significato e analisi di un capolavoro di Fabrizio De André

“Ho visto Nina volare” è uno dei brani più intensi di Fabrizio De André, scelto come brano iniziale della raccolta “Tu che m’ascolti insegnami” di Sony Music. Curata dalla moglie Dori Ghezzi, l’album è diviso per tematiche, dall’amore, alla guerra, all’infanzia dell’autore.

Un'introduzione alla tradizione contadina

“Mastica e sputada una parte il miele mastica e sputa dall'altra la cera”. Parole che a noi, moderni cittadini, sembrano insensate, tutt'al più allegoriche, e che si riferiscono invece ad una tradizione contadina, un tempo quotidiana e necessaria. Il gesto richiama l’azione delle donne d’un tempo a separare appunto il miele dalla cera, come a voler introdurre in un contesto l’esperienza dell’ascoltatore.

È una tradizione che De André decide di riprendere a causa del suo amore per la campagna, per ciò che è incontaminato, per ciò che ogni uomo può costruirsi a poco a poco durante la sua vita. Questi pochi versi suggeriscono così la passione per un viaggio quotidiano, come un continuo oscillare di dolore e dolcezza (“cera” e “miele”), e la fatica per imparare a comprendere la sofferenza e la gioia, a ricordarle ed accettarle entrambe nel silenzio di ogni giorno, lo stesso di un immenso paesaggio contadino.

“Mastica e sputa prima che venga neve”. Ma il nostro tempo, lo hanno detto i più grandi poeti fin dal mondo antico, è breve. Dobbiamo dunque “imparare la vita” prima che sia troppo tardi, prima che arrivi l'inverno e quella pace che la neve porta con sé, la pace di una battaglia ormai finita. Che sia vinta o persa dipenderà da noi, la morte è l'unica ghiacciata sicurezza in tutto questo.

La ricerca di un significato nell'universo

“luce luce lontana più bassa delle stelle quale sarà la mano che ti accende e ti spegne”. E l'uomo, tra la cera e il miele, alza gli occhi, guarda l'orizzonte, si chiede chi abbia potuto creare l'Universo, chi ha la capacità di accendere e spegnere il sole ogni giorno. Interrogativi a cui ovviamente ognuno dà la sua risposta, in fondo non è questo l'importante.

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Queste domande, che attraversano il pensiero filosofico e scientifico fin dalle sue origini, contrastano con quel “Ho visto Nina volare” immediatamente successivo. Come se l'amore potesse dare un senso ad un universo che ci appare insensato, anche l'amore ingenuo di un bambino, anche l'amore di chi si accontenta di uno sguardo in lontananza e di una speranza riposta nel futuro.

L'immagine di Nina e la libertà

“ho visto Nina volare tra le corde dell'altalena un giorno la prenderò come fa il vento alla schiena e se lo sa mio padre dovrò cambiar paese se mio padre lo sa mi imbarcherò sul mare”. Eccola Nina, una bambina a cui De André associa la sua infanzia nelle campagne Piemontesi. E' sull'altalena, Nina, e Fabrizio sembra osservarla di nascosta, dicendosi che un giorno la prenderà, potrà toccarla così come fa il vento.

Eppure Nina sembra essere molto di più di un amore infantile e un dolce ricordo di un adulto, nel contrasto che l'amore per lei provoca tra Fabrizio e il padre sono nascoste tutte le interpretazioni che a questa bambina possono essere attribuite. Nina è la libertà, una libertà pur sempre limitata da alcuni pilastri,valori, le corde dell'altalena, e proprio per questo VERA libertà. E' l'unica anarchia possibile: quella che si fonda su una visione ottimistica della natura umana, su un uomo capace di convivere con gli altri grazie alle leggi che ha dentro di sé, più forti di qualunque Costituzione.

O forse Nina è ogni sogno di un bambino che deve ancora vivere i suoi anni migliori, che ha fretta di crescere. Si ripromette che costruirà il suo futuro, che vivrà a modo suo, e sarà disposto anche ad allontanarsi dalla famiglia per questo. In entrambi i casi, è fondamentale la centralità dell' IO narrante: sembra quasi che a vedere Nina volare sia solo lui, come un fantasma che il padre, con il mondo dei pregiudizi che egli rappresenta, non riesce più a cogliere.

E in entrambi i casi, inoltre, “un giorno la prenderà, come fa il vento alla schiena”, ma il vento non afferra, tutt'al più spinge e prima o poi passa oltre. Nina è quindi un obiettivo che difficilmente si realizzerà, sia come ragazza sia come utopia, è un sogno sfiorato che si è cercato di far vivere. Nessun rimpianto, però.

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L'ombra e la maschera

“stanotte è venuta l'ombra l'ombra che mi fa il verso le ho mostrato il coltello e la mia maschera di gelso e se lo sa mio padre mi metterò in cammino se mio padre lo sa mi imbarcherò lontano”. Un'ombra che coincide con la vera identità del protagonista. E' infatti uno stato d'animo comune agli anni dell'infanzia e dell'adolescenza quel chiedersi quale sia il proprio io; è quasi una scissione tra ciò che gli altri vedono in noi e ciò che noi vediamo in noi stessi.

Quest'ombra lo raggiunge dunque di notte, ricordandogli la ridicola ipocrisia che durante il giorno egli si è portato dietro. Il ragazzo le mostra una maschera di gelso, potremmo dire di seta, sottile quindi, ma in realtà estremamente spessa perché estremamente difficile da eliminare. Essa è infatti protetta da un coltello. E' quindi l'immagine di un ragazzo che vive la sua battaglia quotidiana, insieme ai suoi segreti, tra cui c'è anche lo stesso amore per Nina, e la sua incapacità di scoprirli, di scoprirsi.

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