Escursione: Significato e Uso Corretto in Italiano
La parola escursione deriva dal latino excursio -onis, a sua volta derivato da excurrĕre, che significa «correr fuori».
Definizione e Signficato di Escursione
In italiano, escursione ha diversi significati:
- ant. Scorreria.
-
- Gita o breve viaggio fatto a scopo scientifico, o turistico, o igienico; si dice in partic. di gite in montagna.
- Ciascuna delle esercitazioni di campagna di reparti militari che si spostano quasi giornalmente da una località all’altra, aventi come scopo l’allenamento fisico e l’addestramento dei quadri e delle truppe.
- Nel linguaggio tecnico e scientifico:
- Lo spostamento (talora lo spostamento massimo consentito) di un elemento di un meccanismo, di parti di un organo, e sim.: l’e. del pistone in un cilindro; l’e. del tergicristallo; e. dell’indice di uno strumento. Con sign. analogo, in anatomia e fisiologia: l’e. laterale del femore; e. articolare, cioè delle articolazioni; e. respiratoria, il movimento completo di espansione e contrazione dei polmoni e del torace nelle due fasi di inspirazione ed espirazione (e anche la differenza delle misure del perimetro del torace in ciascuna delle due fasi).
- Differenza tra i valori massimo e minimo che una grandezza assume in un certo suo ciclo di variazione; in partic., in meteorologia, e. termica, la differenza tra il massimo e il minimo valore della temperatura di un dato corpo (aria, suolo, ecc.), raggiunti in un determinato intervallo di tempo (giorno, mese, ecc.) e quindi, rispettivamente, e. diurna, mensile, stagionale, annua, ecc. Con sign. analogo, nel linguaggio medico, e.
Uso Transitivo di Verbi di Movimento: Un'Analisi Linguistica
È interessante notare come alcuni verbi intransitivi di movimento, come uscire, entrare, salire e scendere, vengano talvolta usati in forma transitiva.
L’uso transitivo dei verbi in questione è registrato in alcuni dizionari di lingua: il GRADIT lo testimonia, con la glossa di meridionalismo, per tutti e quattro i verbi; per salire e scendere aggiunge anche la notazione "popolare". Il Sabatini-Coletti 2008 registra l'uso transitivo solo per scendere e salire, con la glossa di regionalismo, senza specificare l'area di riferimento.
Nel Devoto-Oli 2014 troviamo una situazione analoga a Sabatini-Coletti: la transitività è registrata solo per scendere e salire, ma con la differenza che scendere per "tirare giù" è annotato come regionale, mentre salire per "portare qualcosa in una posizione più alta, mettere su" come meridionale e popolare. ZINGARELLI 2016 registra come meridionalismi scendere e uscire, ma non entrare e salire, naturalmente nei sensi che qui si trattano.
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La forma al centro della questione è uscire: degli esempi forniti dai nostri utenti il 65% è con uscire, il 20% con scendere, circa il 13% con salire e meno del 2% con entrare.
Si può scendere qualcosa o qualcuno da casa, dallo scaffale o dal seggiolone, mentre la cosa (quasi sempre un alimento o una bevanda) si esce soprattutto dal frigo(rifero), solo in quattro esempi dal garage (e trattasi dell'auto). La frase che incarna lo stigma (esci il cane) è proposta solo sei volte.
Si salgono e si scendono soprattutto cose pesanti (pacchi o valigie), mentre si entrano solo il divano e i cuscini in caso di pioggia.
Come fanno notare alcuni utenti, l'uso di questi verbi in forma transitiva sarebbe “economicamente vantaggioso”, visto che in italiano comune e colloquiale le frasi equivalenti sono tirare la carne o il burro fuori dal frigo o la lingua dalla bocca, metter fuori la zampa dalla gabbia, portar fuori il cane e dentro i cuscini, portare o tirare su il pacco e giù le valigie.
In realtà si tratta di una possibilità che, per altre forme verbali, riguarda un'area ben più estesa del sud della penisola: Vittorio Coletti scrive sul n. 51 della “Crusca per voi” (2015, II) che tornare "nel senso di restituire o ricondurre qualcuno o qualcosa" (tornami la penna) "è attestato anticamente (in Boccaccio, perfino nel Bembo), ma in tempi recenti è proprio quasi solo degli italiani del nord est" (p. 22). E avanzare è transitivo nel senso di 'lasciare, serbare' (ho avanzato del prosciutto) almeno in area lombarda; rimanere in analogo senso (ho rimasto del pane) è romagnolo e suscita perplessità in parlanti meridionali (“Vivo in Romagna ma ho origini meridionali. In questa zona dell'Italia si sente dire ho rimasto, ma essendo convinta che l'ausiliare del verbo rimanere sia il verbo essere, chiedo cortesemente a Voi la conferma”) e incertezza nei parlanti romagnoli (“nel gergo romagnolo, si utilizza molto il verbo ho rimasto, anche se grammaticalmente è un errore. Cosa impedisce al fenomeno di essere accolto nell'italiano comune?
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Tornando al nostro quartetto di partenza, risulta che è uscire l’oggetto della diffusione virale in rete, probabilmente perché se ne avverte, in questo accomunato al suo opposto, il grado maggiore di contravvenzione alla norma.
Abbiamo anche visto che entrare e uscire trovano più resistenza a essere accolti nella lessicografia rispetto a scendere, attestato invece in tutti i dizionari considerati e, con salire, considerato anche popolare, ossia slegato dalla dimensione territoriale.
Questi due ultimi verbi ammettono anche in lingua la possibilità di un uso transitivo e quindi, mentre uscire ed entrare prevedono tassativamente l'ausiliare essere, richiedono l’ausiliare avere: sono salito da te e sono sceso all'alba, ma anche ho salito la gradinata e ho sceso le scale.
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