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Villa Foscari "La Malcontenta": Storia e Architettura di un Capolavoro Palladiano

La villa che Palladio realizza per i fratelli Nicolò e Alvise Foscari intorno alla fine degli anni ’50 sorge come blocco isolato e privo di annessi agricoli ai margini della Laguna, lungo il fiume Brenta. È dunque la prima villa che si incontra risalendo da Venezia il fiume dove moltissimi nobili veneziani costruirono le loro ville, rendendo così la Riviera del Brenta zona unica al mondo per la concentrazione di meraviglie architettoniche e testimonianze storiche. Più che come villa-fattoria si configura quindi come residenza suburbana, raggiungibile rapidamente in barca dal centro di Venezia.

La famiglia dei committenti è una delle più potenti della città, tanto che la residenza ha un carattere maestoso, quasi regale, sconosciuto a tutte le altre ville palladiane, cui contribuisce la splendida decorazione interna, opera di Battista Franco e Gian Battista Zelotti.

La villa venne costruita tra il 1550 e il 1560 per i Foscari con una funzione prevalentemente rappresentativa. Infatti, situata in una posizione suggestiva e facilmente raggiungibile da Venezia, ospitò nel tempo molti personaggi illustri, tra cui Enrico III di Valois re di Polonia e di Francia.

Nel secolo scorso è nata una leggenda secondo cui nella villa, allora abbandonata e solitaria, era stata relegata una nobildonna di casa Foscari a scontare in solitudine una vita dissoluta. Da qui il nome “La Malcontenta” non solo alla villa palladiana, ma all’intera località. Altra derivazione possibile di Malcontenta è forse il ricordo di alluvioni rovinose avvenute nel passato.

La frazione di Malcontenta dista circa 8 Kilometri dalla sede municipale del Comune di Mira. E’ possibile raggiungerla percorrendo la strada S.S.

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Storia della Villa

Nel 1500, la località dove sorge l’edificio, apparteneva alla famiglia Valier, mentre la gestione del territorio era stata affidata, dai proprietari, ai procuratori di San Marco. Successivamente i procuratori vendettero i lotti di terreno a Federico Foscari che morì nel 1527 lasciando i suoi beni ai figli Alvise, Giacomo e Ferigo.

La villa fu commissionata da Nicolò e Alvise Foscari nel 1555, come ricorda anche Giorgio Vasari nel “Le vite de più eccellenti pittori scultori e architettori”, Firenze 1568. Nicolò morì prima di vederla completata. In suo ricordo fu realizzata un’iscrizione sulla facciata, sotto il timpano: “Nicolaus et aloysius Foscari fratres Federici Filii”.

Verso la metà del 1600, la zona dove sorge la villa, diventa un vero e proprio centro e, dal 1700, si denunciano nella zona barchesse, stalle, osterie e casette. Durante il periodo Napoleonico gli eredi lasciarono la villa abbandonata a sé stessa e in totale decadimento. Nei catasti del periodo austriaco del 1839 risultano ancora esistenti la villa e la cappella, ma già le casette e la piazza non sono più denunciate. Dopo anni di totale decadimento la villa fu restaurata dall’Americano Albert Landsberg che la acquistò nel 1926. Un secondo restauro fu realizzato, grazie al contributo dell’ente delle ville venete, nel 1965.

Architettura e Struttura

La villa sorge su un alto basamento, che separa il piano nobile dal suolo umido e conferisce magnificenza all’edificio, sollevato su un podio come un tempio antico. Nella villa convivono motivi derivanti dalla tradizione edilizia lagunare e insieme dall’architettura antica: come a Venezia la facciata principale è rivolta verso l’acqua, ma il pronao e le grandi scalinate hanno a modello il tempietto alle fonti del Clitumno, ben noto a Palladio. Le maestose rampe di accesso gemelle imponevano una sorta di percorso cerimoniale agli ospiti in visita: approdati davanti all’edificio, ascendevano verso il proprietario che li attendeva al centro del pronao. La tradizionale soluzione palladiana di irrigidimento dei fianchi del pronao aggettante tramite tratti di muro viene sacrificata proprio per consentire l’innesto delle scale.

La struttura è costituita da un salone centrale a crociera, circondato da quattro sale e coperto da soffitti a volte. La facciata sul lato anteriore è caratterizzata da un’imponente loggia con colonne di ordine ionico.

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L’edificio è a bugne lisce e diviso in tre ordini da leggeri risalti, tipico esempio della sobrietà palladiana. L’attenta e parca distribuzione delle finestre e delle cornici esalta ancor più la gradualità del bugnato, contribuendo a fare della Malcontenta una delle più affascinanti costruzioni palladiane.

Salite le scale che portano al piano del portico dobbiamo osservare, prima di entrare in casa, il disegno sofisticato della grande porta che replica, in cotto, il portale di un antico tempio romano.

La fabbrica progettata da Palladio per Nicolò e Alvise Foscari, al ritorno dal suo ultimo viaggio a Roma (1554), è una espressione di straordinaria compiutezza delle sue convinzioni teoriche. È su tre piani, di modo che in essa si viene a realizzare una distinzione fra le attività funzionali (a piano terreno), quelle "nobili" (al primo piano) e quelle di deposito delle derrate agricole (al piano superiore). È simmetrica, di modo che ciascuno dei due committenti possa avere un appartamento autonomo. Ciascun appartamento - parte a parte dell'asse di simmetria - è dotato di tre stanze. Di queste, due stanze (la maggiore e la minore) hanno misure che sono regolate da un medesimo criterio proporzionale; la terza ha una pianta quadrata.

I due appartamenti sono disposti a fianco di uno spazio centrale di alta rappresentanza che è d'uso comune per entrambi, secondo la prassi già adottata in altre ville (e comunque in uso da sempre nelle case veneziane). Entro la fabbrica, lo spazio centrale è a crociera. Questa soluzione architettonica attribuisce a tutta la costruzione il carattere di edificio a pianta centrale.

Questo corpo di fabbrica - una sorta di parallelepipedo - è connotato da un elemento architettonico eccezionale, che viene vigorosamente a marcare la sua immagine esterna (verso la Riviera del Brenta): un portico (nel caso specifico un portico esastilo d'ordine ionico) che riproduce la tipologia di un tempio dell'antichità romana. E' la prima volta che una citazione del genere fa la sua apparizione, in vece di una loggia, nella ricca produzione palladiana di case di villa.

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In questa sua forma esemplare, cioè con colonne anche sul lato del portico, non sarà più ripetuta, perché nessun'altra fabbrica palladiana ha scale esterne che ascendono al portico lateralmente. Gli ornamenti, che generalmente sono in pietra, qui sono realizzati in cotto. Essi marcano orizzontalmente la facciata principale, si dispiegano, come "fasce", sui lati della fabbrica e si estendono fino alla sua facciata posteriore, concorrendo a formare una composizione inaspettata.

La finestra che appare sulla facciata posteriore è anch'essa una evocazione di una antica tipologia costruttiva romana (quella delle terme), così come lo sono nella facciata principale l'apparizione del portico e il sistema di scale esterne che salgono a esso.

Questa fabbrica è realizzata - in evidente polemica con la tradizione veneziana - con un sistema strutturale di concezione romana.

La villa è una dimostrazione particolarmente efficace della maestria palladiana nell’ottenere effetti monumentali utilizzando materiali poveri, essenzialmente mattoni e intonaco. Come è ben visibile a causa del degrado delle superfici, tutta la villa è in mattoni, colonne comprese (tranne quegli elementi che è più agevole ricavare scolpendo la pietra: basi e capitelli), con un intonaco a marmorino che finge un paramento lapideo a bugnato gentile, sul modello di quello che compare talvolta sulla cella dei templi antichi.

La facciata posteriore è uno degli esiti più alti fra le realizzazioni palladiane, con un sistema di forature che rende leggibile la disposizione interna; si pensi alla parete della grande sala centrale voltata resa pressoché trasparente dalla finestra termale sovrapposta a una trifora.

Decorazioni Interne

La fabbrica eretta da Andrea Palladio sulle rive del Brenta è decorata, al piano nobile, da un ciclo pittorico che investe le pareti e i soffitti di tutte le sue stanze. La realizzazione di questo ciclo decorativo prende avvio non appena giunge a compimento il cantiere edilizio e si svolge per fasi successive, con l’intervento di diversi pittori.

Battista Franco (1510 ca.-1561) - un artista veneziano la cui formazione si era compiuta a Roma, nel clima culturale stimolato dalla lezione di Michelangelo - inizia a operare qui fra i primi, e però muore lasciando la sua opera incompiuta. Al suo fianco e anche, poi, per continuare la sua opera interviene Battista Zelotti (1526-1578), un partner di Paolo Veronese che si cimenta nella esecuzione del grande ciclo pittorico.

Gli affreschi furono iniziati dal pittore Battista Franco, dopo la sua morte furono continuati e completati dal noto pittore Giambattista Zelotto, con l’aiuto di Bernardino India. Le raffigurazioni rappresentano temi allegorici e mitologici, sfruttando i motivi architettonici dell’edificio creano un effetto illusionistico degli spazi. Gli affreschi del salone centrale, purtroppo, sono stati molto danneggiati, mentre giungono intatti quelli dei saloni laterali.

La decorazione delle pareti del salone è regolata da una partizione architettonica che è rispettosa della logica compositiva della architettura palladiana. Sopra le porte, sono assise arti e virtù raffigurate come personaggi femminili di particolare bellezza. Il soffitto invece illustra il mito di Astrea, la vergine divina che aveva voluto rimanere sulla terra quando gli altri dei si erano ritirati nell’Olimpo, e però deve infine ricongiungersi a loro quando, sulla terra, i costumi si corrompono perché il Male prevale sul Bene.

La decorazione della stanza quadra di ponente è regolata da una pergola illusoria che regge delle piante di vite, cariche di grappoli d’uva. Nelle campiture di questa pergola sono raffigurate come fossero delle scene che si svolgono all’interno, una scena pagana e un concerto.

La decorazione delle stanze piccole è ispirata ai temi del Tempo e della Fama, rappresentati come un uomo canuto e come una giovane donna nuda, che suona contemporaneamente due trombe, una d’oro e una d’argento. Nelle piccole lunette che appaiono in questi camerini sono raffigurati paesaggi veneti immaginari.

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