Articolo 1463 del Codice Civile: Spiegazione Dettagliata
L'articolo 1463 del Codice Civile italiano disciplina le conseguenze dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione nei contratti a prestazioni corrispettive. Questo articolo si inserisce nel contesto più ampio della gestione del rischio contrattuale, affrontando situazioni in cui una delle prestazioni diventa impossibile per cause non imputabili al debitore.
Impossibilità della Prestazione e Liberazione del Debitore
Quando sopravviene l’impossibilità della prestazione per causa non imputabile al debitore (art. 1218 c.c.), questi rimane liberato in quanto la sua obbligazione si estingue. Tuttavia, nel determinare concretamente l’impossibilità della prestazione, non si può affatto prescindere dalla valutazione dell'interesse del creditore: dato che la prestazione ha da corrispondere ad un interesse, anche non patrimoniale, del creditore (art. 1174 c.c.), è evidente che non si potrà affatto parlare di impossibilità della prestazione tutte le volte in cui il creditore, nonostante eventi che abbiano colpito l’oggetto del rapporto, se ne dichiari ugualmente soddisfatto. In questo caso, se il creditore intende continuare nell'esecuzione del rapporto, adempiendo la propria controprestazione, il debitore non potrà sottrarvisi.
Il Rischio nelle Obbligazioni Corrispettive
Di qui appunto il problema del c.d. rischio e pericolo nelle obbligazioni corrispettive (o, più semplicemente, il problema del rischio della controprestazione) che l'art. 1463 intende risolvere. Quest'articolo, confermando il principio sancito nell'art. 1465 c.c. per i contratti traslativi, stabilisce che la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione non può chiedere la controprestazione e deve restituire quella che abbia già ricevuta.
Da quel fondamento si ricava facilmente quale sia la funzione del principio «casum sentit debitor» accolto dall'art. 1463. In definitiva, l'art. 1463 non fa altro che applicare un principio di logica giuridica, in quanto non sarebbe giusto che una parte conseguisse un arricchimento senza che la sua obbligazione corrispettiva venisse adempiuta.
Differenze tra Risoluzione per Inadempimento e Estinzione per Fortuito
La netta diversità strutturale tra la risoluzione per inadempimento e l'estinzione per fortuito di cui all'art. 1463 è la seguente:
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- Mentre nella risoluzione per inadempimento questa opera su entrambe le attribuzioni patrimoniali, nel caso di fortuito, il rimedio ex art. 1463 opera unicamente su di una obbligazione (quella rimasta superstite): l'altra obbligazione si è estinta per impossibilità della prestazione ex art. 1256 c.c., cioè per una causa diversa e che non ha a che fare con la pretesa risoluzione ex art. 1453 c.c.
- Il momento della estinzione delle obbligazioni è diverso nei due casi: nell'inadempimento l'obbligazione inadempiuta si estingue, non al momento dell'inadempimento, bensì o al momento della sentenza (1453 c.c.), o al momento della convenzione (risoluzione convenzionale: sub art. 1453 c.c.), o al momento della scadenza del termine ex art. 1454 c.c., o al momento in cui la parte interessata dichiara all'altra che intende valersi della clausola risolutiva (1456 c.c.), o al momento della scadenza dei tre giorni di cui all'art. 1454 c.c.
Poste queste caratteristiche strutturali del rimedio ex art. 1463, pare che il principio «casum sentit debitor» debba essere costruito così: avvenuta la rottura del rapporto di corrispettività teleologica tra gli arricchimenti (per il fatto che una delle obbligazioni corrispettive si è estinta per sopravvenuta impossibilità della prestazione, ex articolo 1256), l'ordinamento interviene per stabilire un nuovo mutamento giuridico (vicenda) al fine di evitare che il debitore della prestazione divenuta impossibile abbia a conseguire un arricchimento a cui non corrisponda un altro arricchimento a favore della controparte.
- Se l'obbligazione a carico del creditore della prestazione divenuta impossibile non è ancora stata adempiuta, detta obbligazione rimane estinta ipso iure, nello stesso momento in cui la prestazione della corrispondente obbligazione diventa impossibile: cioè le due obbligazioni corrispettive si estinguono ipso iure, contemporaneamente, l'una ex art. 1256, l'altra ex art. 1463.
- Se l'obbligazione a carico del creditore della prestazione divenuta impossibile è già stata adempiuta, l'adempiente acquista, ex lege, il diritto alla restituzione della prestazione eseguita.
Natura del Diritto alla Restituzione
E’ sulla natura di questo diritto alla restituzione che mette conto di fermare qui l'attenzione. Non può trattarsi di una vera e propria condictio indebiti perché, la condictio indebiti presuppone la inesistenza dell'obbligazione sin dal momento in cui il pagamento avviene (art. 2033 c.c.), mentre nel caso di impossibilità sopravvenuta ex art. 1463 c.c. di inesistenza dell'obbligazione corrispettiva al momento del suo adempimento non può affatto parlarsi in quanto il rimedio dell'art. 1463 c.c., presuppone, al contrario, che l'obbligazione corrispettiva fosse esistente al momento del suo adempimento.
Presupposti per l'Applicabilità dell'Articolo 1463
Per quanto riguarda i presupposti per l'applicabilità del rimedio ex art. 1463 c.c., oltre ai caratteri che deve rivestire l'impossibilità della prestazione (per i quali rinvio al commento dell'art. 1256 c.c.), occorre che il contratto sia:
- a prestazioni corrispettive;
- con efficacia puramente obbligatoria (per i contratti ad efficacia reale dispone l'art. 1465 c.c.).
Azione per la Restituzione della Prestazione
L'azione per la restituzione della prestazione già eseguita è un'azione personale: saranno qui applicabili le norme dettate per la ripetizione dell'indebito, tenendo però presente il fatto che qui si tratta di una prestazione eseguita in forza di un rapporto su quale l'ordinamento reagisce solo ex postfacto. In vista di ciò, deve dirsi che le norme sulla condictio indebiti, richiamate dall'art. 2033 c.c., potranno ricevere qui applicazione solo in via analogica e con i dovuti temperamenti.
Concludendo: l'interpretazione restrittiva dell'art. 1463 c.c., per quanto riguarda l'applicazione delle norme relative alla ripetizione dell'indebito si basa sulla considerazione della natura speciale dell'azione in restituzione ex art. 1463 c.c..
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Giurisprudenza rilevante
- Cass. civ. n. 37716/2022: Il datore di lavoro non può unilateralmente sospendere il rapporto di lavoro, salvo che ricorrano, ai sensi degli artt. 1463 e 1464 c.c., ipotesi di impossibilità della prestazione lavorativa totale o parziale, la esistenza delle quali ha l'onere di provare, senza che a questo fine possano assumere rilevanza eventi riconducibili alla stessa gestione imprenditoriale, compresa la diminuzione o l'esaurimento dell'attività produttiva.
- Cass. civ. n. 36329/2021: L'impossibilità sopravvenuta della prestazione, che derivi da causa non imputabile al debitore ai sensi dell'art. 1218 c.c., opera, paralizzandola, più propriamente in relazione ad una domanda di adempimento, determinando, essa, di diritto, nei contratti con prestazioni corrispettive, se definitiva, con la estinzione della relativa obbligazione, la risoluzione del contratto, ai sensi degli artt. 1463 e 1256, comma 1, c.c., con la conseguente applicazione delle norme generali sulla risoluzione ed in particolare di quella sulla retroattività, senza che si possa parlare di inadempimento colpevole, e, se temporanea, soltanto la sospensione del contratto stesso, naturalmente non oltre i limiti dell'interesse del creditore al conseguimento della prestazione, ai sensi dell'art. 1256, comma 2, c.c.
- Cass. civ. n. 23987/2019: In caso di risoluzione del contratto di locazione per impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile alle parti (nella specie per lo stato di inagibilità dell'immobile conseguente ad evento sismico), non trova applicazione l'art. 1591 c.c. - non essendo configurabile il godimento, anche di mero fatto, dei beni già locati e la possibilità di una utilizzazione diretta o di un reimpiego da parte del locatore dei beni stessi nel periodo tra la cessazione del contratto e la effettiva riconsegna - ma la disciplina generale dettata dall'art. 1463 c.c.
- Cass. civ. n. 8766/2019: In tema di risoluzione del contratto, l'impossibilità sopravvenuta della prestazione è configurabile qualora siano divenuti impossibili l'adempimento della prestazione da parte del debitore o l'utilizzazione della stessa ad opera della controparte, purché tale impossibilità non sia imputabile al creditore ed il suo interesse a ricevere la prestazione medesima sia venuto meno, dovendosi in tal caso prendere atto che non può più essere conseguita la finalità essenziale in cui consiste la causa concreta del contratto, con la conseguente estinzione dell'obbligazione.
- Cass. civ. n. 26958/2007: La risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione, con la conseguente possibilità di attivare i rimedi restitutori, ai sensi dell'art. 1463 c.c., può essere invocata da entrambe le parti del rapporto obbligatorio sinallagmatico, e cioè sia dalla parte la cui prestazione sia divenuta impossibile sia da quella la cui prestazione sia rimasta possibile.
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