Il Consolato di Cesare: Storia e Poteri
Durante il I secolo a.C., l'Impero Romano era sulla via di un successo senza precedenti, reduce dagli immensi trionfi ottenuti grazie alle vittorie conseguite durante le tre guerre puniche, che garantirono a Roma una notevole quantità di oro e ricchezze. Tuttavia, l’Urbe era all’epoca teatro di innumerevoli giochi di potere per il controllo del quadro politico della Repubblica e assisteva alla lotta intestina tra due importanti ceti sociali: gli optimates, fazione più conservatrice e favorevole all’aristocrazia, e i populares, sostenitori delle istanze popolari e "base" dell’autorità dei Tribuni della Plebe.
Pertanto, continue tensioni sociali e violenti scontri armati erano all’ordine del giorno, come il celebre conflitto tra Clodio (fazione dei populares) e Milone (fazione degli optimates). In questo clima estremo di avversità, rivolte e scandali, a Roma spicca un uomo che avrà un ruolo tutt’altro che indifferente negli equilibri politici e sociali dell’Urbe: Gaio Giulio Cesare.
La Giovinezza e l'Ascesa Politica di Cesare
Gaio Giulio Cesare nasce il 12 Luglio del 100 a.C., figlio del pretore e senatore Gaio Giulio Cesare e di Aurelia Cotta, appartenente alla gens Aurelii. Egli apparteneva alla gens Julia, direttamente originata da Julo, figlio di Enea e, secondo miti e leggende, della dea Venere. Cesare divenne fin da subito un personaggio molto popolare a Roma, schierandosi come lo zio Gaio Mario al fianco della factiones dei populares, nonostante provenisse da una nobile famiglia. Trascorse la sua gioventù sotto la dittatura di Silla, il quale non perdeva occasioni per lanciare “frecciatine” al ragazzo sulla sua eccessiva effeminatezza.
Per queste ragioni, Cesare decise di partire volontario verso l’Asia dove, sotto al comando del propretore Marco Minucio Termo, partecipò direttamente nella guerra contro Mitridate VI del Ponto. Questa fu probabilmente una delle prime vicende che permisero a Cesare di distinguersi militarmente. Tuttavia, ciò che maggiormente gravava sullo status di Cesare, erano gli ingenti debiti nei quali si ritrovava da tempo. Infatti, sebbene la sua famiglia avesse origini aristocratiche di un certo livello, non era affatto ricca per gli standard della nobiltà romana, e questo certamente lo motivò ad avvicinarsi rapidamente a illustri e abbienti personaggi che potessero aiutarlo, come Gneo Pompeo Magno e Marco Licinio Crasso (entrambi consoli nel 70 a.C.).
Egli riuscì infatti ad avviare la sua celebre carriera politica grazie al sostegno di questi due rinomati cittadini e uomini politici. Il suo percorso politico-militare inizia, come precedentemente citato, in Asia, dove prese parte alla guerra contro Mitridate VI del Ponto, combattendo nella provincia orientale e arruolando navi e milizie ausiliarie. Nel 73 a.C., mentre si trovava ancora a Oriente, venne eletto nel collegio dei pontefici. Una volta tornato a Roma, nel 72 a.C., Cesare fu anche eletto tribuno militare, risultando persino il primo degli eletti.
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I suoi rapporti erano particolarmente stretti con Crasso, il quale lo aiutò più volte a finanziare le sue campagne elettorali e a estinguere i suoi numerosi debiti, fino a quando venne non eletto questore nel 69 a.C., un anno dopo il consolato di Pompeo e Crasso. Tuttavia l’apice della sua carriera politica è da ricollegarsi a un celebre evento che toccò profondamente la storia di Roma del I secolo a.C., ovvero il primo triumvirato.
Il Primo Triumvirato
Nel 60 a.C. Cesare stipulò, di comune accordo insieme a Crasso e Pompeo (i maggiori capi politici del tempo), un accordo privato e segreto che, pur non trattandosi di una vera e propria magistratura ma per la notevole influenza dei firmatari, ebbe poi grandissime ripercussioni sulla vita politica e sociale dell’epoca, dettandone gli sviluppi per quasi dieci anni. Tale accordo è comunemente chiamato dai moderni come «primo triumvirato». Tale definizione però è impropriamente modellata sull’unico triumvirato che sia effettivamente esistito come magistratura della repubblica romana: quello ricoperto da Ottaviano, Antonio e Lepido a partire dal 43 a.C. Il cosiddetto «primo triumvirato» fu invece un accordo esclusivamente privato e segreto, la cui esistenza divenne chiara solo in un secondo tempo.
Gli accordi nati da tale alleanza, fissati a Lucca, prevedevano il proconsolato di Cesare in Gallia e nell’Illirico con il relativo comando di quattro legioni, l’affidamento di Africa e Spagna a Pompeo e infine la provincia di Siria e l’ambita campagna contro i Parti per Crasso che, non avendo ancora conseguito glorie militari, mirava a eguagliare il successo dei compagni. Nel 59 a.C., a un anno dalla stipulazione del triumvirato, Cesare avrebbe dovuto ottenere il consolato, una delle più alte cariche del cursus honorum romano, carica che riuscì a raggiungere grazie all’appoggio di Pompeo e al cospicuo finanziamento di Crasso. Per consolidare ulteriormente questa triplice alleanza, nello stesso anno Pompeo sposò Giulia, la figlia di Cesare.
Eletto console, Cesare onorò gli impegni presi con Pompeo e con Crasso, propose e fece approvare due leggi, che rispettivamente distribuivano la terra ai veterani di Pompeo e riducevano di un terzo i canoni che i publicani delle province orientali dovevano versare allo stato (con notevole vantaggio economico della classe dei cavalieri, cui Crasso apparteneva e che aveva il monopolio degli appalti di imposte). Inoltre fece approvare una lex Iulia de repetundis, per i procedimenti di concussione, che ampliava e migliorava la precedente legislazione sillana in materia. Un altro provvedimento prevedeva che i verbali delle sedute delle assemblee e del senato venissero resi pubblici.
Pertanto, grazie alla lex Vatinia, nel 58 a.C. Cesare era finalmente partito, dopo aver ottenuto il proconsolato dell’Illirico e della Gallia Narbonense (a seguito della morte del precedente proconsole morto all’improvviso, Quinto Cecilio Metello Celere) e Cisalpina per ben cinque anni. Le ragioni per cui scelse questa provincia erano inconsuete: la zona infatti, oltre a non essere particolarmente ricca, era anche assai turbolenta. Ma probabilmente era proprio questa seconda caratteristica che risultava attraente agli occhi dell’ambizioso e lungimirante console.
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Le Guerre Galliche e l'Aumento del Potere di Cesare
Cesare ottenne quindi il comando di tre legioni e il diritto di nominare i propri legati e di fondare colonie. Quello che gli si proponeva era di impegnare le sue legioni in un’azioni di conquista, volta a portare i confini di Roma sempre più a occidente nella Gallia libera (che i romani consideravano la Gallia barbarica) che si estendeva oltre i confini della sua provincia. Intorno all’anno 50-49 a.C., il carismatico condottiero Gaio Giulio Cesare aveva infatti ormai conquistato quasi tutta la Gallia (territorio comprendente oggi Francia e particolari zone di confine tra Svizzera, Belgio, Paesi Bassi e nord Italia. Le ricchezze, la gloria e la fiducia di un esercito che lo ammirava e rispettava per il suo grande carisma, erano solo alcuni dei principali obbiettivi che Cesare si era prefissato per poter contrastare a Roma il crescente potere politico di Pompeo.
Tuttavia, più aumentava il potere di Cesare e più cresceva l’inevitabile timore di Pompeo a Roma, per il fatidico momento in cui il suo ormai temuto avversario delle Gallie sarebbe dovuto rientrare in patria. Cesare sarebbe infatti stato certamente acclamato dai numerosi populares di cui era a capo per i suoi molteplici successi militari e per aver inoltre portato il numero delle sue legioni a dieci, un dato non indifferente, simbolo del nuovo potere e prestigio che stava acquisendo. Nel frattempo il triumvirato si stava lentamente sgretolando e, intorno al 53 a.C. Crasso era ormai uscito dalla scena politica, determinando così il definitivo scioglimento del triumvirato, e Pompeo, nettamente più avanti con gli anni rispetto al giovane conquistatore delle Gallie, aveva ottime ragioni per temere il crescente successo e carisma di Cesare a Roma.
Pompeo infatti, sebbene avesse da poco ottenuto la carica di proconsole in Spagna, si trovava ancora a Roma e, nel 52 a.C., venne eletto dal senato consule sine collega (ovvero “console senza collega”). Il senato infatti era estremamente preoccupato per gli innumerevoli successi conseguiti da Cesare, il cui mandato in Gallia stava ormai per giungere al termine. Pompeo e il senato infatti, da tempo alleati contro l’imminente pericolo, stavano dunque disperatamente tentando di tenere le redini di un contesto politico in pieno fermento, quando giunse la notizia che Cesare avrebbe voluto, una volta rientrato in patria, candidarsi per il consolato.
Tale carica era infatti tra le più ambite del cursus honorum romano, poiché garantiva l’immunità e, dato il crescente numero di sostenitori cesariani, sarebbe quasi certamente riuscito a ottenerla. Tuttavia Pompeo, per colpirlo nel vivo, in piena alleanza con il senato che temeva anch’esso la sua ascesa, promulgò una legge che non gli avrebbe permesso di candidarsi, se non da privato cittadino. La trappola escogitata con l’aiuto dei senatori si sarebbe dunque inevitabilmente conclusa con l’arresto di Cesare e la sua definitiva eliminazione dalla scena politica, garantendo così l’esclusivo consolato a Pompeo, che si sarebbe poi tradotto in una dittatura.
Data la precarietà e la pericolosità della situazione, poichè Cesare pur senza l’appoggio delle sue truppe avrebbe comunque avuto un enorme sostegno popolare (l’opinione pubblica era molto importante, poichè costituiva la stragrande maggioranza della popolazione, e le rivolte erano all’ordine del giorno), Pompeo e il senato non accettarono in nessuna maniera possibile l’ultimatum del generale. Tuttavia il senato, con la scusa di dover proteggere la Siria dai continui attacchi dei Parti, richiese che fossero aggiunte due legioni alla provincia orientale; Pompeo a questo punto non esitò a richiedere a Cesare le due legioni che, nel 53 a.C., gli aveva concesso in prestito per la sua impresa in Gallia. Cesare pertanto fu costretto a piegarsi a tali richieste, rinunciando così a due delle sue legioni.
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La Guerra Civile e la Dittatura di Cesare
A questo punto Cesare era completamente esposto e sul punto di diventare ufficialmente un nemico della res publica. La situazione, già gravemente incerta prima, si trovava ora a un bivio: Cesare avrebbe infatti potuto congedare l’esercito, scelta di per sè estremamente pericolosa essendo lui pienamente consapevole delle forze politiche e militari che possedevano Pompeo e il senato, o ribellarsi completamente alle imposizioni di Pompeo e senatori, preparando così le legioni in modo da poter oltrepassare il più importante confine politico della penisola italica, il fiume Rubicone. Tale fiume, pur non vantando notevoli dimensioni, rappresentava un limite inviolabile e attraversarlo in armi significava per i generali romani una vera e propria violazione delle leggi, oltrechè una sfacciata sfida posta nei confronti l’Urbe.
Pochi giorni dopo infatti, il 10 Gennaio del 49 a.C., prese una decisione che avrebbe cambiato per sempre il corso degli eventi storici, politici e sociali di Roma e, armate le truppe, scelse di attraversare il fiume presentandosi nella città armato e prossimo a sfidare Pompeo in una guerra civile che si sarebbe inevitabilmente scatenata da tale gesto. Cesare riuscì a entrare a Roma senza incontrare alcun tipo di resistenza, e tale guerra (49-45 a.C.) non tardò ad arrivare.
La guerra civile romana vede Cesare come protagonista indiscusso accrescere senza fine il suo potere politico e militare in pochissimo tempo. Lo stesso anno infatti, sempre nel 49 a.C., Cesare riuscì a conquistare interamente la penisola italiana e a sbaragliare in Spagna tutte le legioni ancora fedeli a Pompeo. Un anno dopo poi, nel 48 a.C., ottenne la nomina di console e partì verso la Grecia, dove, in Tessaglia, precisamente a Farsalo, sconfisse clamorosamente l’esercito di Pompeo, che si rifugiò in Egitto presso il faraone Tolomeo XIII, fratello di Cleopatra, il quale lo fece assassinare a tradimento.
Pertanto, il termine della guerra civile romana rappresenta un momento fondamentale sia per la storia romana che per la carriera politica e militare di Cesare. Egli a questo punto potè infatti ritornare a Roma indisturbato e praticamente privo di nemici che tentassero di ostacolare le sue ambizioni, ottenendo così la carica di dictator vitae (ovvero “dittatore a vita”). Tale carica rappresentava una figura caratteristica dell’assetto della costituzione della Repubblica romana, poichè garantiva un potere assoluto e non poteva essere controllato da nessuna istituzione o magistratura. Poteva inoltre sospendere tutti gli altri magistrati forniti di imperium o conservarli nel loro ufficio, ma essi sarebbero stati sempre e comunque subordinati a lui.
Forte dei successi militari, del sostegno dei populares ai quali promise l’abrogazione dell’ordinamento sillano e dell’appoggio del proprio esercito che minacciava una nuova occupazione dell’Urbe, Pompeo ottenne dal senato il trionfo e anche la propria candidatura al consolato, nonostante fosse ben al di sotto dell’età minima richiesta e non avesse seguito il cursus honorum (non aveva infatti ricoperto nessuna magistratura ordinaria). Non meno importante fu l’alleanza con Crasso che, grazie agli abusi compiuti durante le proscrizioni (confisca dei beni di chi era condannato a morte o all’esilio) era diventato l’uomo più ricco di Roma. Così nel 70 a.C. entrambi furono eletti consoli.
Fedeli alle promesse fatte, nel corso dell’anno di carica, i due consoli proposero e fecero votare una serie di leggi che smantellarono l’ordinamento sillano: innanzitutto restaurarono nella loro pienezza i poteri dei tribuni della plebe: essi poterono di nuovo proporre leggi all’assemblea popolare senza sottostare all’approvazione del senato e opporre il veto (ius intercessionis) alle iniziative degli altri magistrati. In secondo luogo furono eletti, dopo un intervallo di quindici anni, i censori, che epurarono il senato di 64 membri giudicati indegni (per la maggior parte creature di Silla) e condussero il censimento, che fece registrare la cifra di 900.000 cittadini. Infine venne modificata la composizione dei tribunali permanenti, togliendone l’esclusiva ai senatori, che fu per un terzo di senatori, per un terzo di cavalieri, e per un terzo di tribuni aerarii, una categoria mal conosciuta, ma il cui censo e i cui interessi erano molto vicini ai cavalieri, che potevano contare in pratica su due terzi dei membri.
Durante l’anno di carica, Cesare era riuscito ad assicurarsi il comando proconsolare per cinque anni nella Gallia Cisalpina (Italia settentrionale) e nell’Illirico (in seguito ottenne anche la Gallia Narbonese, l’attuale Provenza).Prima di lasciare Roma, però, tentò di assicurarsi un certo controllo della situazione politica. D’accordo con Pompeo e Crasso, appoggiò la candidatura al tribunato della plebe Publio Clodio Pulcro a lui alleato. Eletto tribuno, Clodio fece approvare una nutrita serie di leggi. Tra queste dobbiamo ricordare quella che abolì la pratica di prendere gli auspicii prima delle assemblee legislative, un provvedimento dalle notevoli conseguenze pratiche: gli auspici, infatti, erano manovrati dall’aristocrazia; quando temeva che un’assemblea prendesse provvedimenti sgraditi, essa riusciva regolarmente a rinviarla dichiarando che gli auspicii erano sfavorevoli.
Mentre Pompeo estendeva - con le sue vittorie - i confini orientali di Roma, nella capitale lo scontro tra popolari e ottimati diventava sempre più duro. Dalla parte dei populares e del ceto equestre militavano invece Lucio Licinio Crasso, Caio Giulio Cesare e Lucio Sergio Catilina.
La Fine di Cesare
Alla morte di Cesare, le classi sociali si trovarono di nuovo in conflitto. Nel 44 venne ucciso.
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