Cosa pensano gli italiani degli stranieri immigrati: sondaggi e statistiche
L'immigrazione è un tema sempre più presente nelle ricerche su internet, in particolare in coincidenza con le campagne elettorali, come suggeriscono i dati di Google Trends.
I dati della figura 1 presentano l’evoluzione dal 2013 al 2018 del numero di ricerche su Google di una notizia ad argomento “immigrazione” e mostrano che quel numero cresce drammaticamente all’avvicinarsi del voto, sia in assoluto, sia in confronto con le ricerche a tema “industria” o “disoccupazione”. Ad esempio, nella settimana precedente il voto del 4 marzo 2018 si è avuto un picco, che è il culmine di una fase ascendente iniziata ai primi di febbraio, in corrispondenza con i fatti di Macerata.
Inoltre, l’immigrazione, che era al 7° posto fra le preoccupazioni degli italiani già nel 2008 [1], oggi è al primo posto e, stando all’Eurobarometro, le persone che se ne preoccupano ormai superano quelle che la considerano un’opportunità (Eurobarometer Special 469, 2018. Integration of immigrants in the European Union).
Tutto ciò, peraltro, in un periodo nel quale si è avuta una crescita eccezionale dei flussi migratori negli ultimi 10 anni (cfr. Figura 2) e dei consensi per i partiti che hanno assunto una posizione specificatamente anti-immigrazione, quali la Lega in Italia, il Rassemblement National in Francia o l’AfD in Germania.
Le ragioni dell’ostilità verso gli immigrati possono essere di carattere “materiale” (il timore che i salari cadano o sia più difficile l’accesso ai benefici del welfare) o ideologico (il puro e semplice razzismo, acuito dalla distanza culturale fra paesi di origine e di destinazione). Si combinano vecchi pregiudizi e nuove paure (ad esempio di ritrovarsi improvvisamente a vivere accanto a persone di cultura diversa dalla propria). Queste paure sono, in qualche modo, razionali, essendo l’impatto dell’immigrazione sui territori tutt’altro che trascurabile ma, se le emozioni legate alla percezione del fenomeno finiscono per prevalere, ad esse se ne sommano altre, ben poco razionali.
Leggi anche: Tour del Lago di Garda partendo da Gardaland
Nella letteratura politologica, sociologica ed economica, c’è evidenza empirica che queste motivazioni stanno influenzando non poco le opinioni e alimentano il consenso per i partiti anti-immigrazione.
Percezione e realtà: cosa emerge dai sondaggi
La percezione degli italiani sulla numerosità degli immigrati appare distorta.
Sono in molti quelli che sopravvalutano l’incidenza degli stranieri sulla popolazione complessiva. Le Les faits sont les faits, scriveva il filosofo della scienza Gaston Bachelard: i fatti sono inevitabilmente “fatti” nel senso di “costruiti”, esito ineludibile di un processo di selezione, inclusione, codificazione e interpretazione (soggettiva e interpersonale).
Se ciò vale nell’ambito delle science sociali, dove ogni passo del processo di ricerca incide sui “fatti” che saranno prodotti, a maggior ragione vale nei processi cognitivi che sovrintendono alla percezione dei fenomeni verso cui volgiamo lo sguardo, direttamente o meno (attraverso la comunicazione sociale), come la sicurezza, la disoccupazione, la povertà, le migrazioni.
Rispetto a quest’ultimo tema, la percezione degli italiani è risultata distorta, deformata, come ampiamente documentato da alcune ricerche condotte sull’argomento, sia in termini assoluti, sia in termini di raffronto comparativo (l’Italia rispetto agli Paesi europei ed extraeuropei). Ma qual è la percezione degli stranieri sull’argomento?
Leggi anche: Cosa fare a Reggio Emilia
Al 1’ gennaio 2018 si contano 5.144mila stranieri residenti nel nostro Paese, pari all’8,5% della popolazione totale. Se a questo numero si aggiungono i regolari non residenti e le presenze irregolari, stimate dalla Fondazione ISMU in 533mila unità, si arriva ad una incidenza di poco inferiore al 10% del totale.
La maggioranza dei cittadini sembra avere una immagine deformata dell’immigrazione in Italia. È ciò che emerge da alcune ricerche condotte sull’argomento i cui risultati, attraverso il confronto delle opinioni espresse dagli intervistati con i numeri reali forniti dalle statistiche ufficiali, documentano una “distorsione percettiva”.
Due studi sintetizzano efficacemente tale affermazione: il Rapporto Eurispes 2018 e la Ricerca dell’Istituto Cattaneo. Dal primo, emerge che solo meno di un intervistato su tre indica correttamente l’incidenza di stranieri sulla popolazione complessiva, il 10% ne sottostima la presenza, più della metà ne sovrastima la diffusione sul territorio, fino a indicare la presenza di un residente non italiano ogni quattro.
L’Istituto Cattaneo propone un’analisi basata sui dati forniti dall’Eurobarometro in merito alla presenza di immigrati stimati dai cittadini in Italia e negli altri Stati-membri dell’Unione Europea.
Alla domanda: “Per quanto ne sa Lei, qual è la percentuale di immigrati rispetto alla popolazione complessiva in Italia?” gli intervistati italiani stimano una presenza di stranieri pari al 25% del totale, superiore di 17 punti percentuali rispetto a quella reale.
Leggi anche: Guida alle attività turistiche
Nell’ambito dell’Indagine condotta dall’ISTAT nel 2012 sulla condizione dei cittadini stranieri in Italia, è stato approfondito il tema della rappresentazione di se’ e dell’altro elaborata nel corso della propria esperienza di vita nel nostro Paese. A tale riguardo, il questionario dell’indagine ha previsto la somministrazione di alcune domande volte ad indagare l’opinione dei rispondenti su tematiche che attengono non solo alla sfera personale, ma anche a fenomeni di rilevanza sociale (politica, economica, culturale), come quello dell’immigrazione.
Sulla base delle risposte raccolte nel corso dell’indagine, risulta che oltre il 70% degli intervistati concorda (seppure non completamente) con l’affermazione.
Il collettivo delle seconde generazioni con cittadinanza italiana sembrerebbe ritenere la presenza degli immigrati eccessiva nella stragrande maggioranza dei casi: in tale ambito il pieno accordo è espresso dall’ 83% dei rispondenti, 12 punti percentuali in più rispetto al contingente degli stranieri nati all’estero, con cittadinanza straniera, che dichiara di concordare completamente con l’affermazione in meno di un caso su tre.
Tra gli immigrati di prima generazione, chi ha trascorso in Italia meno di due anni dal suo arrivo, esprime accordo con l’affermazione sui “troppi” nel 77% dei casi, mentre chi vanta la più lunga permanenza nel paese la condivide nella misura di due terzi del collettivo.
Riguardo al genere, emerge che le donne, più degli uomini, ritengono che gli immigrati presenti in Italia siano troppi (73% contro 68%), mentre la lettura dei dati declinati per titolo di studio segnala il più alto grado di accordo da parte dei rispondenti che dichiarano di aver conseguito la licenza media o un attestato professionale (quasi tre casi su quattro), 7 punti percentuali in più rispetto a chi ha non ha conseguito alcun titolo di studio o è in possesso della sola licenza elementare.
Nelle ultime legislature, l’immigrazione è stata spesso al centro dell’agenda politica.
La classe politica e i media italiani hanno rivolto l’attenzione principalmente all’immigrazione irregolare, alla sicurezza e alla criminalità, mentre tematiche quali l’integrazione e la gestione dei migranti stessi sono spesso passate in secondo piano, come analizzato in uno studio di Michele Colucci del 2018.
Una delle conseguenze di questo approccio è la distanza tra il fenomeno reale (ovvero i dati sull’immigrazione in Italia) e quello percepito (l’incidenza del tema nell’opinione pubblica).
La posizione geografica dell’Italia la rende particolarmente esposta all‘immigrazione irregolare via mare, i cosiddetti “sbarchi”.
Trattandosi della tipologia di immigrazione maggiormente soggetta alla copertura dei media (e della politica), si alimenta facilmente l’idea che il nostro paese subisca in misura maggiore il fenomeno migratorio rispetto ad altri in Europa.
Secondo i dati Istat, gli stranieri, definiti come individui aventi una cittadinanza estera, residenti in Italia al 1° gennaio 2023 sono circa 5,05 milioni e costituiscono l’8,6% della popolazione residente.
Questo rende l’Italia il quarto paese in Europa per numero assoluto di cittadini stranieri residenti, al pari della Francia e dopo Germania (10,6 milioni) e Spagna (5,4 milioni). Se rapportati alla popolazione totale, anche i dati sui flussi migratori si ridimensionano.
Nel 2021, l’Italia è stata il quarto Paese per influsso migratorio in termini assoluti (318.366) ma quartultima in UE in termini relativi. Considerando solo il 2022, il nostro paese è stato invece ultimo tra i grandi Paesi Ue per numero di richiedenti asilo.
Questo nonostante l’invasione russa, che a fine febbraio 2022 ha portato 166.467 rifugiati ucraini a cercare protezione in Italia. I numeri riportati non rispecchiano, però, la percezione del fenomeno migratorio da parte della popolazione.
Il primo sondaggio, condotto tra i cittadini europei, rivela che sei persone su dieci pensano che siano arrivati più immigrati del dovuto nel decennio 2012-2022, e più del 40% appoggia l’innalzamento di barriere fisiche contro i flussi migratori. Confrontando il grafico sulle percezioni con i numeri presentati in precedenza, si evince che la valutazione dei cittadini europei non è strettamente correlata con l’effettivo numero di stranieri e migranti nel Paese.
Un sondaggio Ipsos del 2019 ci aiuta a comprendere ancora meglio la dimensione della distorsione tra immigrazione effettiva e percepita.
I dati relativi alla percezione dei cittadini ci spingono, di conseguenza, a riflettere circa i fattori che potenzialmente influenzano la percezione degli individui e, in primis, sulla formazione dell’opinione pubblica, strettamente collegata alla copertura mediatica e politica dell’argomento.
Nei grafici riportati qui sotto, possiamo notare la progressione del numero di tweet a tema immigrazione sia da parte degli account ufficiali dei leader di partito che dei partiti stessi.
Alcuni partiti nazionali, quali la Lega e successivamente Fratelli d’Italia, hanno sempre fatto dell’immigrazione un tema di sicurezza e legalità piuttosto che di gestione e opportunità, nonché un importante tema politico e identitario.
È, quindi, da leggere in quest’ottica l’azione mediatica di questi partiti rispetto alla questione, che rivela una sovraesposizione del fenomeno anche in periodi in cui il flusso migratorio verso le coste italiane è stato relativamente basso. Questa strategia di comunicazione è stata esacerbata nel 2019, anno della caduta della coalizione gialloverde e del conseguente passaggio della Lega all’opposizione: è infatti il 2019 l’anno in cui si registra l’apice di tweet riconducibili all’immigrazione in termini assoluti da parte dei leader di partito.
Lo scenario politico sembra, quindi, svolgere un ruolo determinante per capire l’attenzione rivolta al tema.
In Italia la percezione allarmistica nei confronti dell’immigrazione non è giustificata da una maggiore dimensione del fenomeno rispetto agli altri Stati dell’Ue.
L’opinione negativa sul tema è, dunque, da collegare più alla dimensione presunta dell’immigrazione che a quella effettiva. Ricordiamo che la distorsione percettiva può essere non solo causa, ma anche effetto di un atteggiamento sfavorevole nei confronti dei migranti.
Il parere degli immigrati
Nell’indagine condotta dall’ISTAT nel 2012 sulla condizione dei cittadini stranieri in Italia, è stato approfondito il tema della rappresentazione di sé e dell’altro elaborata nel corso della propria esperienza di vita nel nostro Paese.
In questo contesto, sono state poste alcune domande volte ad indagare l’opinione dei rispondenti su tematiche che attengono non solo alla sfera personale, ma anche a fenomeni di rilevanza sociale come l’immigrazione.
Gli italiani come li vedono gli immigrati?
- Il 78,3% degli stranieri residenti in Italia pensa che gli italiani siano grandi lavoratori.
- Il 26,1% ritiene che gli italiani siano razzisti.
- Il 44,8% degli immigrati pensa che siano spesso gli immigrati stessi a non volersi integrare.
- La maggior parte degli intervistati (67,6%) dichiara di saper leggere e scrivere in italiano.
- Quasi il 90% sa che la capitale d’Italia è Roma.
- Il 56,3% conosce il nome del Presidente della Repubblica.
- Il 53,5% conosce il nome del Presidente del Consiglio.
- Il 37,2% apprezza del nostro Paese il lavoro.
- Il 24,4% apprezza il cibo.
- Oltre 6 intervistati su 10 ritengono che sia troppo facile per gli stranieri entrare in Italia e che le leggi non siano abbastanza dure con i cittadini stranieri che delinquono.
Integrazione: un quadro complesso
Il livello di integrazione degli immigrati percepito dagli italiani è migliore in relazione ai luoghi più strutturati, come il lavoro e la scuola. Il 71% degli intervistati ritiene che il livello di integrazione nei luoghi di lavoro sia buono, e il 61% dà la stessa risposta riferita alla scuola. Il giudizio è invece negativo quando si passa alla vita quotidiana nelle città e alla partecipazione in campo culturale e pubblico.
Il 64% ritiene infatti che non ci sia un buon livello di integrazione degli stranieri nella vita di quartiere. Per il 78% l’integrazione è assente in relazione alla partecipazione alla vita culturale e addirittura per l’86% se si guarda alla partecipazione alla vita pubblica o politica.
Tra i principali ostacoli segnalati dagli intervistati rispetto a un pieno inserimento degli immigrati in Italia (una domanda che consentiva più di una risposta), ci sono fattori culturali e abitudini differenti (60%), seguiti da diffidenza e paura reciproca (50%), e dalla religione (45%).
Sul fatto che ai figli degli immigrati nati in Italia possa essere attribuita la cittadinanza italiana, ovvero che possa essere riconosciuto lo ius soli, il 53% è favorevole.
Politica e immigrazione: un legame controverso
I flussi di immigrati e rifugiati in Europa dell’ultimo decennio hanno esacerbato il sentimento anti-immigrazione e nazionalista di molti cittadini.
Un aspetto collegato riguarda il voto dei figli degli immigrati. In Italia, i partiti di centrosinistra hanno aperto alla concessione della cittadinanza ai figli degli immigrati (tramite ius soli o ius culturae), in contrasto con le posizioni del centrodestra.
Sono posizioni che nascono forse da un certo timore sulle implicazioni del voto dei figli degli immigrati per il panorama politico di lungo termine del paese di residenza. In uno studio recente, sono stati utilizzati i dati Ess tra il 2002 e il 2018 per analizzare il voto dei figli di immigrati alle elezioni politiche nazionali in ventidue paesi europei.
L’analisi evidenzia differenze sistematiche tra il voto di figli di immigrati e quello dei nativi, che siamo in grado di separare dall’effetto delle istituzioni del paese di residenza (identico per tutti gli elettori in un paese) e da tratti culturali (comuni ai figli degli immigrati e i nativi nel loro paese di origine). La figura 1 riporta la differenza stimata nel voto tra immigrati di seconda generazione e nativi da sinistra (valori negativi) a destra (valore positivo).
La figura evidenzia una maggiore propensione a votare a sinistra dei migranti di seconda generazione rispetto ai nativi, di dimensione confrontabile con l’effetto di altre caratteristiche socio-economiche dell’individuo, come il grado d’istruzione secondaria (rispetto alla primaria), risiedere in un’area urbana piuttosto che rurale o avere una forte identità religiosa.
Nell’analisi combiniamo l’informazione sul partito votato dagli individui intervistati da Ess con il programma politico del partito votato, quest’ultimo disponibile dal Manifesto Project Database. Questo ci consente di risalire alle opinioni dei votanti e di evidenziare come il voto degli immigrati rifletta una specifica domanda per alcune posizioni politiche, più che una visione ideologica della società.