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Crimini Commessi da Stranieri: Analisi Statistica in Italia

La popolazione detenuta straniera rappresenta da sempre un tema estremamente delicato, oggetto di polemiche sia quando si parla di criminalità che quando si parla dei fenomeni migratori. Per svolgere un’analisi compiuta del fenomeno, si può partire dalle presenze di stranieri sul territorio italiano. Al 1° gennaio 2024 si contano ufficialmente 5.307.598 persone straniere residenti, pari al 9% della popolazione complessiva.

Il dato si pone in costante aumento: al 1° gennaio 2023, i residenti stranieri erano circa 5 milioni e costituivano l’8,7% della popolazione. Per ciò che concerne, invece, gli irregolari, stando al XXIX Rapporto ISMU sulle migrazioni 2023, questi sono circa l’8% della popolazione straniera presente in Italia.

Passando ad analizzare le presenze in carcere, al 30 aprile 2025 risultano 19.740 persone straniere, pari al 31,6% della popolazione detenuta. Negli ultimi anni, la presenza di detenuti stranieri si è mantenuta costante seppur assumendo un andamento decrescente.

Al 31 dicembre 2004, tra le persone detenute, il 31,7% erano persone straniere, con un picco raggiunto nel 2007 (37,5%). Negli anni successivi, le presenze hanno assunto un andamento oscillante per poi assestarsi in costante decrescita dal 2017, con un lieve incremento registrato tra il 31 dicembre 2023 (31,4%) e il 31 dicembre 2024 (31,8%).

A fronte del crescere della popolazione straniera residente, il numero delle persone straniere in carcere si riduce. Rapportando le presenze di persone straniere in carcere alle persone straniere libere, solo lo 0,4% circa si trova recluso; trattasi di valore meramente indicativo che non tiene conto del numero oscuro di persone straniere presenti sul territorio irregolarmente che, come visto, rappresentano una percentuale piuttosto bassa.

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Si possono trarre delle conclusioni di rilievo da tale primo dato: la propaganda che vuole raccontare un’emergenza criminalità legata alle persone straniere non è confortata dai dati. A fronte del crescere della popolazione straniera residente, il numero delle persone straniere in carcere si riduce.

Rispetto alla distribuzione geografica, si evince come siano le regioni del nord Italia a detenere il numero maggiore di popolazione detenuta di origine straniera. Rispetto al totale degli stranieri in carcere, infatti, il 20,8% di costoro si trova nelle carceri lombarde, il 12% nel Lazio, il 9,8% in Piemonte, il 9,8% in Emilia-Romagna, il 7,9% in Toscana e il 7,3% in Veneto.

Sono 40 gli istituti in cui la presenza delle persone straniere supera della metà la popolazione detenuta italiana: la CC di Sondrio (73%), la C.C. di Trieste (70,2%), la C.C. di Bolzano (68,9%), la C.R. di Livorno “Gorgona” (68,2%), la C.C. di Piacenza “San Lazzaro”, (67,2%), la C.C. di Siena (66,7%), la C.C. di Milano “F. Di Cataldo” San Vittore (66,4%), la C.C. di Padova (64,8%), la C.C: di Firenze “Sollicciano” (64,2%), la C.R. di Arbus “Is Arenas” (62,5%), la C.C. di Verona “Montorio” (61,5%), la C.C. di Sanremo (61,3%), la C.R. di Onani “Mamone” (61,2%), la C.C. di Modena (60,9%), la C.R. di Porto Azzurro “P. De Santis” (60,7%), la C.C. di Cuneo (60,3%), la C.C. di Cremona (59,8%), la C.C. di Ravenna (59,7%), la C.C. di Venezia “Santa Maria Maggiore” (59%), la C.C. di Udine (59%), la C.C. di Mantova (58,6%), la C.C. di Belluno (57,9%), la C.C. di Alessandria “G. Cantiello - S. Gaeta” (57,7%), la C.R. di Laureana di Borrello “L. Daga” (57,4%), la C.C. di La Spezia (56,6%), la C.C. di Brissogne “Aosta” (56,5%), la C.C. di Biella (56,4%), la C.C. di Perugia “Nuovo Complesso penitenziario Capanne” (56,1%), la C.C. di Firenze “Mario Gozzini” (56%), la C.C. di Bologna “R. D’Amato” (55,9%), la C.C. di Rieti “N.C.” (55,7%), la C.C. di Trento “Spini Di Gardolo” (54,8%), la C.C. di Grosseto (54,2%), la C.C. di Prato (53,8%), la C.C. di Arezzo (53,7%), la C.C. di Pisa (53%), la C.C. di Varese (52,4%), la C.C. di Vercelli (52,1%), la C.C. di Lodi (51,8%), la C.C. di Lecco (51,8%).

Si nota come gli istituti con maggiori presenza di stranieri si trovino principalmente nel Nord-Italia e in Sardegna, confermando la tendenza a collocare le persone straniere in istituti di medio-piccole dimensioni, anche dove vi è una elevata percentuale di lavoranti, ma siti in località poco collegate con il resto del territorio.

Bisogna a questo punto chiedersi chi sono queste persone, che caratteristiche anagrafiche presentano e da dove provengono. Guardando alla nazionalità, la rappresentanza maggiore è costituita dal Marocco (21,9% sul totale), seguito da Romania (10,9%), Tunisia (10,9%), Albania (9,7%) e Nigeria (5,3%).

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Guardando alla popolazione detenuta femminile, la maggior parte delle detenute proviene dalla Romania (199 detenute), seguita da Nigeria (89 detenute), Marocco (56), Bosnia Erzegovina (35) e Brasile (35). Utile, rispetto alla provenienza, confrontare la presenza in carcere rispetto alla popolazione libera.

Stando agli ultimi dati disponibili, dal 2011 al 2023 l’aumento nelle residenze di persone straniere in Italia si è verificato per la popolazione asiatica (+23%), seguito da quella africana. Di contro, si sono ridotte le presenze di persone provenienti dall’Europa centro-orientale (-6,5%).

Guardando al 2023, sono le persone provenienti dalla Romania a rappresentare la presenza più consistente (1 milione e 82 mila residenti), cui seguono albanesi, marocchini, cinesi e ucraini. Al di sopra delle 100 mila unità si collocano anche bengalesi, indiani, filippini, egiziani, pakistani e senegalesi. Un aumento consistente ha interessato i flussi provenienti dall’Ucraina a causa del conflitto in corso dal 2022.

È questo l’esito positivo dell’integrazione, della presenza delle nuove generazioni e dei ricongiungimenti familiari. Paragonando i dati delle migrazioni con le presenze in carcere si nota come, partendo dalla popolazione maggiormente rappresentata nel Paese -la Romania- la presenza di Romeni in carcere si sia progressivamente ridotta: al 31 dicembre 2023 costituivano l’11,2% degli stranieri, percentuale scesa al 10,9% al 31 dicembre 2024. Il tasso di detenzione al 2023 era pari appena allo 0,2%.

Guardando all’Albania, al 31 dicembre 2023 gli albanesi rappresentavano il 10,4% della popolazione detenuta, scesa al 9,8% al 31 dicembre 2024. Quanto al tasso di detenzione, gli albanesi presenti in Italia nel 2023 (regolarmente soggiornanti) erano 389.646, con un tasso di detenzione pari allo 0,5%. E’ questo l’esito positivo dell’integrazione, della presenza delle nuove generazioni e dei ricongiungimenti familiari.

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Di contro, se si prendono in considerazione altre comunità ampiamente rappresentate in carcere, si nota come la percentuale di detenuti marocchini e tunisini tenda a crescere lievemente. Per i primi si è passati dal 20,9% del 31 dicembre 2023 al 21,5% del 31 dicembre 2024. Per i secondi, si è passati dal 10,3% del 31 dicembre 2023 al 10,8% al 31 dicembre 2024.

In rapporto alla popolazione libera, per ciò che concerne la comunità marocchina, al 1° gennaio 2023 è presente un numero di persone marocchine regolarmente soggiornanti pari a 399.146, con un tasso di detenzione pari all’1%, in crescita rispetto agli scorsi anni (l’anno precedente era pari allo 0,97%). Il numero di Tunisini presenti in Italia, prendendo come riferimento sempre il 2023, era pari a 98.243, con un tasso di detenzione di circa il 2%, anche in questo caso lievemente in aumento (1,9% nel 2022).

Si tratta in entrambi i casi di paesi extracomunitari che hanno subito una notevole stretta rispetto alla possibilità di accedere a permessi e a conseguenti possibilità di lavoro maggiormente stabili.

La popolazione detenuta straniera si presenta come sostanzialmente più giovane rispetto agli italiani. Dove la fascia di età per questi ultimi va dai 50 ai 59 anni (23,5% della popolazione detenuta italiana), con gli stranieri che si fermano al 10%, questi si collocano primariamente nella fascia di età che va dai 30 ai 34 anni (17,9% del totale degli stranieri), dove gli italiani nella medesima fascia sono il 10,9%.

Segue la fascia compresa tra i 35 e i 39 anni (17,7%) e quella che va dai 25 ai 29 anni (16%); gli italiani sono rispettivamente il 12,7% e il 7,4%. Sono diverse le ragioni che potrebbero spiegare tale fenomeno.

Anzitutto, gli italiani sono raggiunti da condanne sostanzialmente più lunghe. Inoltre, occorre considerare che gli italiani hanno più agevole accesso a misure alternative e collocamenti domiciliari, grazie al supporto degli affetti sul territorio, cosa che spesso non avviene per le persone straniere, cui le istituzioni non offrono adeguati strumenti di reinserimento.

Guardando alla posizione giuridica, immediatamente si nota come, proporzionalmente, le persone detenute straniere imputate ricoprano una percentuale maggiore rispetto agli italiani: gli stranieri imputati rappresentano circa il 29% della popolazione detenuta straniera contro il 23% circa degli italiani rispetto alla popolazione detenuta italiana.

Con riguardo alle tipologie di reato, le persone straniere commettono principalmente reati contro il patrimonio: il 26,7% del totale dei reati commessi da persone straniere, contro il 22,8% degli italiani sul totale dei reati commessi da italiani. Resta minima l’incidenza per gli stranieri dei reati connessi al 416bis dove -sul totale dei reati rientranti in tale fattispecie- gli stranieri costituiscono appena il 2,4%.

Le tipologie di reati commessi giustificano le tipologie di condanne, che risultano sostanzialmente più brevi per le persone straniere. Al 31 dicembre 2024, sul totale degli stranieri, il 29,3% risulta condannato per pene comprese tra i 5 e i 10 anni. Sul totale delle condanne comprese tra i 3 e i 5 anni, gli stranieri incidono per il 37%, percentuale che cresce man mano che le condanne diminuiscono: 40,7% sul totale delle condanne comprese tra 2 e 3 anni; 42,6% sulle condanne da uno a due anni e 45,5% sulle condanne inferiori ad un anno.

Di contro, se si guarda alle condanne maggiormente elevate, sul totale delle condanne comprese tra i 10 e i 20 anni gli stranieri rappresentano il 20,8%, sul totale delle condanne superiori ai 20 anni il 12,2% e, infine, sul totale delle condanne all’ergastolo gli stranieri incidono per il 7,6%.

Tale dato si completa guardando alle pene residue: sul totale dei residui pena compresi tra 2 e 3 anni, gli stranieri rappresentano il 33,5%; sul totale dei residui da 1 a 2 anni, il 37,4% e sul totale dei residui inferiori ad 1 anno arrivano al 42%. Di contro, sul totale del residuo dai dieci ai 20 anni gli stranieri rappresentano il 15,4% e sul totale dei residui pena oltre i 20 anni, il 16,4%.

Problemi degli stranieri in carcere

Preoccupante resta l’accesso ai mediatori culturali: sul totale dei detenuti stranieri presenti al 31 dicembre 2024, ogni 100 detenuti sono presenti 1,7 mediatori.

I mediatori ogni 100 detenuti restano inferiori a 2 per la popolazione straniera proveniente dall’Est Europa, dal Nord Africa, da altri paesi africani e dal Sud America. Il valore aumenta a 3,1 mediatori ogni 100 detenuti per coloro che provengono dal medio ed estremo oriente.

Rispetto alle prese in carico degli uffici di esecuzione penale esterna, al 30 aprile 2025 risultano prese in carico 142.773 persone. Di queste, appena il 20,4% sono persone straniere. Tra queste, la maggior parte provengono dall’Europa (42,6% del totale), seguite dalle persone provenienti dal continente africano (36,7%). Il valore complessivo di persone straniere prese in carico risulta del tutto insufficiente per far fronte alle loro esigenze tenuto conto che, come rilevato, la maggior parte si ritrova con un residuo pena inferiore ai limiti di legge previsti per l’accesso a misure alternative alla detenzione.

La sproporzione di accesso alle misure alternative e a maggiori tutele risulta tanto più evidente se si guarda al contesto della detenzione minorile e dei giovani adulti. Sono moltissimi i minori stranieri non accompagnati che faticano a prendere contatto con le loro famiglie di origine, che vorrebbero accedere al lavoro al fine di ottenere un sostegno economico e che spesso si avvicinano a circuiti delittuosi, principalmente piccolo spaccio, furti e rapine. Molti di questi ragazzi non parlano l’italiano e i mediatori sono del tutto insufficienti.

Si inserisce qui anche la difficoltà nell’ottenere i documenti e nel comprendere le procedure per regolarizzare la propria posizione sul territorio. La normativa e l’orientamento di diverse Questure rendono tale obiettivo pressoché irraggiungibile.

Il trattamento delle persone straniere in carcere è sintomatico di quello che è il pensiero maggioritario nel Paese: marginalizzazione ed esclusione dal territorio. Ciò, nonostante si sia visto come, nei casi in cui i processi di integrazione hanno funzionato, si sono ridotte le presenze in carcere. Posizioni maggiormente regolari portano un ricorso inferiore al circuito criminale per garantirsi la sopravvivenza. L’integrazione è l’unica risposta possibile.

Nel discorso politico dei partiti di destra si è soliti associare l’aumento degli stranieri residenti in Italia a un “problema di sicurezza”. La leader di Fratelli d’Italia e, presumibilmente, futura prima premier italiana donna - Giorgia Meloni - in piena campagna elettorale, chiedeva a gran voce per l’Italia l’istituzione del blocco navale, per “difendere i confini dall’immigrazione, che costituisce un problema di sicurezza”.

Prendendo per buono l’assunto di base di Salvini e Meloni, ovvero che maggiore immigrazione in Italia - e in Europa - porti con sé un innalzamento degli indici di criminalità, bisognerebbe riscontrare un aumento dei reati a livello nazionale e internazionale, visto che i numeri dei richiedenti asilo sono in aumento.

Stando ai dati Eurostat, negli ultimi dieci anni in Francia, Germania, Italia e Spagna, c’è stato un notevole aumento del numero dei richiedenti asilo: Madrid è passata da 2.350 nel 2012 a 62.050 nel 2021, con un picco di 115.175 richieste nel 2019. Roma registrava 17.170 domande nel 2012, mentre nel 2021 il numero è salito a 45.200.

Nonostante gli aumenti dei richiedenti asilo, non si è registrato nello stesso periodo un aumento della criminalità in Italia, Francia e Germania; l’unica eccezione è la Spagna.

Facendo riferimento ancora una volta a Eurostat e agli indici di criminalità, nel nostro paese i “sospettati e delinquenti” erano 501 mila nel 2012. È vero, però, che il tasso di criminalità è maggiore tra i residenti stranieri che tra gli “autoctoni”, ma il dato necessita di una considerazione: bisogna ricordare, infatti, che gli stranieri rappresentano solo il 10 per cento della popolazione, ma si concentrano principalmente nelle fasce più fragili: sono più poveri, svolgono lavori meno qualificati, spesso vivono ai margini della società.

Vediamo quali tipologie di reati sono aumentate e quali diminuite negli anni scorsi. Stando sempre ai dati del Ministero dell’Interno, sono calati i delitti: in particolare, il loro numero totale è sceso del 7,1 per cento rispetto al periodo agosto 2019-luglio 2020.

Se si considera che nel 2020, per diversi mesi, l’Italia ha vissuto in lockdown a causa della pandemia, l’ulteriore calo di questo dato assume un valore ancora più positivo. Sono diminuiti gli omicidi (-6,4 per cento), le rapine (-3,8 per cento), i furti (-12,8 per cento).

I dati degli stranieri nelle carceri meritano una riflessione a parte. Come ricorda l’ultimo rapporto dell’associazione Antigone, al 31 dicembre 2020 negli istituti penitenziari italiani erano presenti 53.364 detenuti dei quali 17.344 con nazionalità diversa da quella italiana: il 32,5 per cento dei carcerati era quindi di origine straniera.

Dai dati dell’ultimo rapporto si apprende che, sempre al 31 dicembre 2020, i principali reati per cui i detenuti stranieri si trovavano reclusi sono: reati contro il patrimonio, reati contro la persona, violazione delle norme sugli stupefacenti. Mentre bassissima è la quantità di reclusioni per associazione di stampo mafioso (250 detenuti stranieri si trovavano ristretti per questa ragione contro gli oltre 7.024 detenuti italiani), e per violazione delle leggi sulle armi (769 gli stranieri e 8.628 gli italiani).

Questi dati necessitano di ulteriori specificazioni: si è sottolineato che generalmente gli stranieri, regolari e non, commettono crimini differenti rispetto a quelli che commettono gli italiani. Si tratta perlopiù di crimini considerati meno gravi, e questo si rispecchia nella diversa durata della pena.

Come mostrano i dati Antigone, i detenuti stranieri costituiscono quasi la metà del totale dei condannati a pene inferiori a un anno: appena il 12 per cento dei detenuti stranieri sconta invece pene superiori ai 20 anni.

Gli stranieri sono costantemente aumentati mentre i reati complessivi, in Italia, sono costantemente diminuiti (Pesaresi, 2019). Per cui, in base ad un ragionamento logico, sembrerebbe che gli stranieri commettano meno reati degli italiani ma questo contrasta con il numero degli stranieri detenuti che costituiscono un terzo di tutti i carcerati, più del triplo della quota di stranieri in Italia.

Il fenomeno, in realtà, è molto complesso e va approfondito. La popolazione straniera residente nel 2017 in Italia era di 5.144.440 persone, che rappresentavano l’8,5% del totale della popolazione. Le forze di polizia, nello stesso anno, hanno riscontrato 262.235 segnalazioni, riferite a persone denunciate ed arrestate, a carico degli stranieri resisi responsabili di attività illecite, pari al 29,8% dello specifico totale generale di tutte le persone denunciate ed arrestate in Italia; il dato risulta in aumento rispetto a quello del 2016 allorquando le segnalazioni erano state 261.244, pari al 29,2% del totale.

La stessa percentuale delle denunce/segnalazioni di stranieri si registra anche fra le persone condannate. Il primo dato che emerge è dunque che gli stranieri sono responsabili del 30% circa dei reati che si commettono in Italia a fronte di una presenza di stranieri residenti dell’8,5%.

Il tasso di criminalità è definito dal rapporto tra il numero dei reati denunciati e la popolazione residente in un determinato anno. Solitamente è espresso per 100 mila abitanti. Una ricerca della Fondazione Hume del 2016 (Cima et al., 2016) ha calcolato il tasso di criminalità relativo degli stranieri nei paesi dell’Unione Europea per comparare il comportamento degli stranieri nelle diverse nazioni. Quello che si è calcolato, in sostanza, è la probabilità che un reato sia commesso da un immigrato rispetto ad un nativo.

La Fondazione Hume, per avere una stima più stabile ed in grado di tenere in considerazione tutte le informazioni disponibili, ha considerando sia la quota di autori denunciati che la quota di detenuti nel 2013. In generale il tasso di criminalità degli stranieri è superiore a quello della popolazione autoctona in quasi tutti i paesi salvo l’Irlanda e la Lettonia.

Al sesto posto troviamo l’Italia. Quì il contributo degli stranieri è circa 6 volte quello degli autoctoni (Fondazione Hume, 2016). Utilizzando gli stessi dati ma spalmati su un numero molto più ampio di anni il risultato è sostanzialmente lo stesso. Anzi ne esce fortemente rafforzato. Si tratta dei dati, elaborati da Pittau e Iafrate (2018) che vanno dal 2006 al 2016 raccolti dal Ministero dell’Interno/Direzione centrale di Polizia criminale. Secondo questa ricerca che analizza un terzo di tutti i reati commessi in Italia, i reati commessi dagli stranieri, nell’ultimo decennio, sono il 31% del totale (ovvero gli stranieri denunciati).

Un’altra ricerca conferma il quadro statistico. Si tratta in questo caso di un lavoro di Luigi Maria Solivetti (2018) che ha utilizzato dati dell’Istat e del Ministero dell’Interno. Questa ricerca parte dall’analisi dei dati relativi agli imputati. Il lavoro che Solivetti ha fatto è simile a quello realizzato per la precedente tab. 2 e cioè ha calcolato il tasso di immigrati imputati per popolazione immigrata (ossia, numero di immigrati imputati per anno, per ogni 100.000 immigrati residenti nel Paese) per poi confrontare questo dato con quello del tasso dei nativi imputati (numero nativi imputati per anno per 100.000 nativi residenti).

Questi due valori sono poi stati condensati in un indice di sintesi che è l’indice di incriminazione degli immigrati che misura l’incidenza relativa di un fenomeno in una sotto-popolazione.

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