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Crisi del Turismo a Roma: Cause e Conseguenze

Alle cinque del pomeriggio il sole a Roma è ancora alto, e i turisti cercano riparo all’ombra del Colosseo. All’inizio di luglio Roma, come gran parte del Centro-Sud italiano e diverse aree d’Europa, è stata interessata da un’ondata di calore che ha portato le temperature ben oltre la media stagionale. In città si sono superati i 40 °C. La causa principale è stata l’anticiclone subtropicale africano, una vasta area di alta pressione che ha portato aria molto calda e bloccato l’ingresso di correnti più fresche.

Impatto dei Cambiamenti Climatici sul Turismo Romano

Le temperature estreme stanno già condizionando i periodi in cui le persone scelgono di visitare Roma. Secondo le previsioni dell’Enit, l’Agenzia nazionale del turismo, il numero di turisti stranieri che visiteranno l’Italia ad agosto è molto più basso rispetto a quello dei turisti che sono venuti a giugno e verranno a settembre. Quest’anno ad agosto dovrebbero arrivare circa 695 mila turisti internazionali a Roma, a giugno invece sono stati 892 mila e a settembre ne sono attesi 946 mila. L’alterazione del meteo non sta cambiando solo il flusso dei turisti, ma anche il lavoro di chi è nel settore del turismo, specie nelle città d’arte.

Molte guide di Roma hanno deciso di ridurre il numero di tour giornalieri per evitare le ore più calde, e di preferire percorsi meno esposti al sole. Alcuni siti archeologici romani hanno esteso gli orari di apertura per il periodo estivo, ma molti operatori del settore vorrebbero di più. Per Isabella Ruggiero, presidente dell’Associazione guide turistiche abilitate (Agta), gli orari infatti sono il problema più grande: «Il foro romano apre alle 9 ma dopo le 10 non c’è più ombra, sono anni che chiediamo di aprire prima alla direzione del Parco Archeologico del Colosseo, Foro e Palatino ma la risposta è sempre stata negativa».

Anche la giunta di Roma si è interrogata su come contrastare le ondate di calore, non solo per quanto riguarda i cittadini ma anche per i turisti: «Abbiamo ampliato la rete di fontanelle» dice Edoardo Zanchini, direttore dell’ufficio clima del comune di Roma, «abbiamo esteso gli orari di visita ai fori imperiali e installeremo 435 pensiline alle fermate degli autobus».

I membri dell’Assemblea capitolina, nel gennaio del 2025 hanno approvato un documento che definisce una strategia di adattamento climatico per Roma. Il piano, tra le altre cose, include una serie di interventi volti a rendere la città più vivibile durante l’estate, tra cui la piantumazione di oltre 30.000 alberi e 115.000 tra piante e arbusti, con particolare attenzione ai quartieri più vulnerabili. Tra gli obiettivi per i prossimi anni c’è la riduzione della temperatura media in due quartieri, Centocelle e il centro storico.

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Inoltre il comune prevede l’installazione di nebulizzatori accanto alle fontanelle, con l’obiettivo di rinfrescare l’ambiente urbano nelle zone più esposte. Queste difficoltà non sono legate solo alle alte temperature, spiega Cristina Mottironi, docente all’Università Bocconi e ricercatrice specializzata in turismo e sviluppo delle destinazioni, «ma anche ai fenomeni estremi associati al cambiamento climatico: incendi, alluvioni, siccità».

Come evidenzia uno studio della European travel commission il 74 per cento dei turisti europei ha modificato il proprio modo di viaggiare a causa della crisi climatica, il 17 per cento ad esempio cerca di evitare temperature estreme, mentre il 15 per cento ha detto di essere in cerca di destinazioni con condizioni meteo più stabili, infine il 15 per cento monitora costantemente le previsioni del tempo prima di decidere dove andare.

Effetti Economici e Sociali dei Cambiamenti Climatici nel Settore Turistico

La crisi climatica, oltre a provocare gravi perdite in termini economici e anche di vite umane che ormai sono sotto gli occhi di tutti tanto in Italia quanto all’estero, può arrecare pesanti danni anche a un settore che a prima vista potrebbe sembrare immune: il turismo. A condurre l’indagine sono stati tre ricercatori italiani, che hanno appurato come gli effetti economici e sociali dei cambiamenti climatici a livello locale giochino un ruolo determinante nel mercato turistico, considerato che chi viaggia spesso basa le proprie scelte di destinazione su fattori come il clima. Il punto di partenza da cui sono partiti è che il settore turistico rappresenta una fonte di sostentamento per tante comunità, è un motore di entrate fiscali e un mezzo per connettere realtà locali a quelle internazionali.

«Nello studio abbiamo riscontrato che, in base alla località, anche solo un punto percentuale di perdita nella qualità dovuta al cambiamento climatico può portare a un adattamento forzato dell’offerta», afferma Matteo Mazzarano, autore principale dello studio e ricercatore Cmcc. Lo studio mette in evidenza come il cambiamento climatico sia una fonte di rischio sistemico per il settore turistico e rivela anche come situazioni di disuguaglianza, come il divario Nord-Sud in Italia, potrebbero essere aggravate, poiché le località settentrionali risultano, in media, relativamente meno danneggiate in termini di offerta turistica rispetto a quelle meridionali.

Turismo e Crescita Locale: Un Rapporto Controverso

Un occasional paper pubblicato per la Banca d’Italia nell’ottobre del 2019 intitolato Tourism and local growth in Italy (Turismo e crescita locale in Italia), analizza il rapporto, per stessa ammissione degli autori, tuttora controverso tra il turismo e la crescita economica. Dov’è più alta la disoccupazione, l'impatto del turismo è più forte, ma nelle altre aree può anche contrastare la crescita del Pil pro capite, poiché incoraggia le attività e l’occupazione con produttività inferiore.

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Complessivamente, possiamo concludere che l’impatto del turismo sullo sviluppo locale è importante per alcune aree territoriali, ma non dovrebbe essere enfatizzato. In sintesi, lungi dal poter essere il «petrolio di un paese», il turismo è una risorsa che può giocare un ruolo anche importante nelle aree economicamente meno sviluppate di un territorio, ma per la cittadinanza potrebbe avere effetti addirittura deleteri, in termini sia di lavoro che di abitabilità, quando in contesti “capitalisticamente maturi” il suo peso venisse sovrastimato.

Con 54 dei 1.092 siti Unesco, l’Italia è il primo paese al mondo per luoghi registrati come patrimonio dell’umanità. Grattando leggermente la patina che lo ricopre, troviamo infatti che i settori trainanti della spesa turistica, sia nazionale che estera, sono i servizi di alloggio associati alle seconde case (30,8%), il comparto alberghiero (16,7%), della ristorazione (8%), del commercio al dettaglio (6,1%) e dei trasporti (6%). Inoltre, in una economia accusata di scarsa produttività per ogni unità di lavoro impiegata e in assenza di investimenti in ricerca e sviluppo significativi, la «competitività di prezzo» si traduce con la riduzione del costo del lavoro, ossia con l’abbassamento del salario che permette la vendita di un bene o di un servizio a un prezzo più concorrenziale.

È la stessa Banca d’Italia a dover dare spazio ai critici del processo di turistificazione incontrollato, o per meglio dire, “guidato dal mercato”, ammettendo che tale industria i) sviluppa «impiego a bassa produttività e contenuta qualità di capitale umano», ii) sottrae risorse al comparto «manifatturiero o dai servizi a più alta tecnologia», e iii) potrebbe innescare «effetti inflattivi nel mercato immobiliare», specialmente nella «fascia periferica della città» quando la spesa confluisce in occasione dei “grandi eventi”, «come nel caso del Giubileo del 2000». Inoltre, «un elevato afflusso di visitatori dall’esterno si può tradurre in fenomeni di congestione e degrado, rendendo difficile la stessa gestione e tutela dei beni culturali e del territorio».

Tuttavia, il 6% del Pil è una somma importante, quasi un terzo della spesa pensionistica annuale del 2019, più di quattro volte il gettito generato dall’Imu-Tasi nello stesso anno. Contrariamente a quanto afferma il senso comune, il valore aggiunto generato dai servizi culturali rappresenta invero solo lo 0,8% del totale di spesa generata, ossia uno 0,1% in meno del trasporto aereo, un decimo della ristorazione, un po’ meno di un ottavo del commercio e addirittura inferiore a quello riconducibile alle agenzie di viaggio e agli operatori turistici, che segnano il 2%.

Abbiamo detto che l’Italia detiene il più grande patrimonio artistico-naturale del mondo e che, a dispetto di una cronica incapacità di sfruttare appieno questo patrimonio rispetto alla concorrenza, il suo apporto al settore non può rappresentare il traino dell’industria turistica e dell’indotto a essa collegato. Questo aspetto è confermato da un altro dato rilasciato dal Cst, e cioè che solo il 9,9% della quota dei servizi culturali sono “prodotti” per essere destinati alla domanda turistica.

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Ancora un piccolo passo: nel 2017, in Italia gli arrivi complessivi di turisti, sia provenienti dall’estero, sia da altre regioni del paese, ha superato le 123 milioni di unità, generando un incremento del 53,9% rispetto al 2000 e un numero di presenze (notti trascorse nelle strutture ricettive) oltre i 420 milioni. Quasi la metà di questi provengono dall’estero, la maggior parte da Germania, Francia, Regno unito, Stati uniti, Olanda e Svizzera (tutte tra il 5 e il 6,5 per cento della quota totale, tranne la Germania che tocca il 28,2%).

Su scala globale, per le sole provenienze dall’estero, nel 2017 la “United Nations World Tourism Organization” (Unwto, Organizzazione mondiale del turismo delle Nazioni unite) riporta che le prime cinque posizioni sono occupate, nell’ordine, da Francia (86,9 milioni), Spagna (81,8 mln), Usa (76,9 mln), Cina (60,7 mln) e Italia (58,3 mln). Dove si spende di più - dati al 2013, in miliardi di dollari - è negli Stati Uniti (126 mld), poi in Francia, Spagna, Cina e nella regione autonoma di Macao.

In base ai dati raccolti dal “Global Destination City Index” elaborato da Mastercard, al 2019 le destinazioni con i maggiori arrivi (quindi non presenze, ma neanche scali temporanei) internazionali sono state Bangkok (22,7 milioni di registrazioni), Parigi (19,1), Londra (19), Dubai (15,9) e Singapore (14,6).

Nell’ultimo documento rilasciato dall’Istat sul “Movimento turistico in Italia” nel novembre del 2019 (dati 2018), è Roma invece ad aggiudicarsi la prima posizione come città italiana per presenze turistiche, 29 milioni di pernottamenti nell’anno contro i 12,1 milioni di Milano e Venezia, le più dirette inseguitrici, assorbendo il 9,4% del totale della clientela straniera e il 6,8% del totale nazionale. Questi dati sono in linea con quanto pubblicato dal Comune di Roma su tutta la provincia ne “Il turismo a Roma nel 2017”, ossia 27,7 milioni di presenze e 11,8 di arrivi distribuiti sugli oltre 12.800 esercizi ricettivi presenti sul territorio, ma inferiori rispetto a quelli pubblicati dall’“Ente bilaterale del turismo del Lazio” (Ebtl), che conteggia 15,3 e 34,8 milioni gli arrivi-presenze nel 2018.

Possiamo dunque affermare che per spiegare la porzione di realtà che ci troviamo davanti, il concetto di turismo va ampliato, o meglio riempito, con due contenuti: da una parte, il turismo “classico”, quello legato alle ferie dal lavoro e alla stagionalità; dall’altra, quello per lavoro, connesso alle attività soprattutto finanziarie e alle funzioni cognitive delle catene globali di produzione del valore. Ma che ne dica Federturismo della Confindustria, a dispetto del rimarchevole valore tra giro d’affari diretto, indiretto e indotto, nessuno dei due può essere un elemento strategico per un’economia, soprattutto se questa è già a un certo stadio di “maturità”, perché preso in sé l’aumento statistico della mobilità delle persone e del relativo portafoglio di spesa non è un elemento di sviluppo in grado di rappresentare un vantaggio competitivo. Semmai, l’espansione del fatturato a esso riconducibile può essere funzione dello sviluppo di un’economia tout court.

Infatti, la condizione necessaria perché un luogo sia nel gruppo di testa delle statistiche internazionali sulla mobilità delle persone, ossia ciò che in fondo tiene insieme il turismo classico e quello per motivi di lavoro, è il potenziamento delle capacità infrastrutturali e tecnologiche e (sempre più) la “semplificazione” del regime fiscale: solo così, in ossequio al dogma del profitto, si è in grado di creare le condizioni affinché un proprietario di capitale possa vedere remunerato il suo investimento. In sintesi, è l’offerta che rende una città, una regione o un paese, una meta ambita dal consumatore dinamico (travel detailer) del XXI secolo, non il suo patrimonio storico-naturale.

Roma: Una Capitale con Peculiarità Uniche

Tra tutte le metropoli globali Roma possiede delle peculiarità che la rendono unica, due sono le principali: avere un patrimonio artistico e archeologico unico al mondo per quantità, qualità e varietà; essere capitale di uno stato nazionale e contemporaneamente capitale globale della cristianità. Come dicevamo prima Roma è due volte capitale, e questo ha comportato la funzione privilegiata di essere la sede della pubblica amministrazione e degli enti nazionali, nonché delle strutture di comando vaticane. L’industrializzazione romana è stata quindi a prevalenza statale, caratterizzata da basso sviluppo tecnologico, ma ha presentato anche delle eccezioni significative per quanto riguarda soprattutto il comparto industriale militare e l’indotto a esso collegato.

La Turistificazione a Roma: Un Processo Complesso

Per turistificazione possiamo indicare quella molteplicità di effetti prodotti dai flussi turistici nella configurazione degli spazi urbani, nella loro funzione e nella loro fruizione. Possiamo aggiungere a ciò che la turistificazione è un processo di valorizzazione continua del patrimonio urbano e della rendita ad esso collegata, che nella città di Roma assume una particolare importanza. Una messa a valore che è allo stesso tempo una messa a profitto...

Il turismo a Roma chiude il 2022, secondo i calcoli dell’Ente Bilaterale Turismo del Lazio, con il 33% di visitatori in meno rispetto all’ultimo anno valido per il confronto, il 2019. Il crollo verticale dei turisti durante il periodo segnato dall’emergenza sanitaria (2,5 milioni di turisti nel 2020 e 3,6 milioni nel 2021) non è pienamente compensato, come mostra il grafico in apertura, dalle performance del primo anno senza limitazioni legate al Covid-19.

Il paradosso è che, in realtà a Roma cresce la domanda di lavoro nel settore alberghiero ma diminuisce l’offerta di personale. A questo proposito Federalberghi, l’associazione di categoria che rappresenta gli interessi delle imprese alberghiere in Italia, parla di una “crisi di vocazione” dei lavoratori del settore dell’accoglienza. Mancano principalmente receptionist, cuochi e camerieri. Soprattutto l’Italia incassa gli effetti di un ritardo storico nell’emancipazione del lavoro nel settore turismo. I settori dell’ospitalità e della ristorazione sono infatti afflitti dai contratti atipici, da paghe basse e da un sistematico ricorso al lavoro nero.

Il report sul turismo nel Lazio nel 2022 sottolinea anche alcuni segnali positivi: prima di tutto l’aumento della domanda di lavoratrici donne, con 34mila domande pervenute agli operatori nel corso dell’anno, + 9,6% rispetto al 2019. In crescita anche i lavoratori tra i 18 e i 24 anni, balzati al +10,7% rispetto al 2019.

La pandemia e l’inflazione poi, responsabile dell’aumento del costo dei biglietti aerei che entro marzo 2023 potrebbe raggiungere il 20%, hanno portato meno turisti e di conseguenza hanno obbligato gli alberghi di lusso romani a dover effettuare tagli di personale. L’Hotel Sheraton Parco de’ Medici ha tagliato ben 164 posti di lavoro, il Majestic Roma 47. In totale, sommando il personale licenziato dal IH Hotel Cicerone, dall’Ambasciatori Palace e dal Victoria si arriva a 340 lavoratori licenziati.

Se il 2022, complice il difficile assetto geo politico ed economico, non è stato l’anno del boom del turismo nella città della Dolce Vita non sono tuttavia mancati segni di miglioramento. Come ad esempio l’aumento dell’indice di redditività per camera. Non solo, se guardiamo la media del flusso turistico rispetto al 2019 con riferimento a date specifiche, grandi eventi sportivi, culturali e legati al mondo della moda, l’incremento delle presenze è del 20%, come afferma in una nota la Direzione Turismo di Roma.

Carlo Cafarotti, assessore allo Sviluppo Economico, Turismo e Lavoro del comune di Roma ha affermato che Roma si è correttamente riavviata verso la ripartenza: il terziario avanzato ha fatto ampio ricorso allo smart working. Purtroppo tanta parte del PIL romano è legato alla presenza fisica delle persone, dei clienti. Basti pensare all’industria del turismo e a tutte le imprese in generale, che faticano a tornare ai livelli precedenti di redditività necessaria a garantirne la sopravvivenza.

Sul fronte Lavoro, nei limiti delle disponibilità finanziarie degli Enti Locali, sono stati posticipati tutti i maggiori pagamenti dovuti (es. tassa di soggiorno, COSAP, TARI, etc.) proprio per dare un respiro alle casse delle aziende. A Roma, si sta lavorando all’esenzione COSAP per l’anno 2020.

La pianificazione strategica è al centro dell’operato: sono stati già conclusi i lavori nel settore del turismo, con il piano FUTOUROMA. In questo momento si sta lavorando alla pianificazione dell’intera filiera agroalimentare: dalla produzione alla nutrizione, il cosiddetto “Piano Agrifood”. Successivamente si avvieranno i lavori con focus sullo “Smart Business“, focalizzandoci sull’utilizzo intensivo delle tecnologie.

F. Rossi riporta i principali risultati di un sondaggio Ipsos sulla percezione del turismo dei cittadini romani. Il turismo a Roma è visto positivamente da una parte rilevante dei romani quanto a benefici economici e culturali, pur lamentando effetti collaterali come traffico, rifiuti e affitti in aumento. Da questo punto di vista alcuni dei risultati dell’indagine riportati nell’articolo segnalano come: il 49% dei romani consideri il turismo un’opportunità economica e culturale; il 44% sottolinei l’aumento dei posti di lavoro come effetto positivo; il 41% apprezzi la maggiore offerta di eventi e iniziative. Allo stesso tempo il 36% segnala negativamente l’aumento del traffico e il 42% chiede un miglioramento delle infrastrutture. Soprattutto il 59% degli intervistati accoglierebbe con favore regole più rigide sugli affitti brevi e il 53 % si è dichiarato d’accordo con la stretta sulle Key-box.

L. Bison analizza le cause dei dati deludenti sugli afflussi turistici per il Giubileo. Sembra che i turisti inizino a evitare i grandi eventi internazionali, religiosi o culturali, come le Olimpiadi di Parigi 2024 o il Giubileo di Roma 2025. Fra le cause della regressione si annoverano: che gli eventi di massa vengono ora percepiti come complicati da gestire, affollati, costosi e poco sicuri e che l’effetto post-Covid ha lasciato in eredità una preferenza per vacanze più tranquille, nella natura o in località meno affollate alla ricerca di autenticità, sostenibilità e meno stress.

La Questione degli Affitti Brevi

Secondo Massimiliano Fuksas, le città attraggono ricchezza, ma espellono i residenti reali, soprattutto le classi popolari e medie. Questo processo ha portato alla scomparsa della comunità urbana, sostituita da una popolazione temporanea fatta di turisti. Un ruolo centrale in questo svuotamento lo hanno le piattaforme come Airbnb, che, attraverso gli affitti brevi, trasformano le case in luoghi anonimi e impersonali, senza relazioni, senza proprietari riconoscibili. Le città diventano così spazi di consumo, non più di vita.

M.E. Fiaschetti riporta che nell’ultimo anno, il contributo di soggiorno incassato dal Comune di Roma ha raggiunto i 200 milioni di euro, segnando un notevole incremento rispetto al 2023, grazie all’aumento dei flussi turistici e all’intensificazione dei controlli contro l’evasione. Il Comune utilizza le entrate del contributo per finanziare una vasta gamma di interventi, dalla promozione culturale alla manutenzione urbana, passando per il miglioramento dei trasporti e la tutela dell’ambiente.

M.Gabanelli e A.Priante sottolineano che con la crescita degli affitti brevi - quasi mezzo milione di case in Italia, prevalentemente gestite da privati ma con un numero crescente di società specializzate - è esploso anche un business parallelo, quello della gestione degli immobili da parte di agenzie come BnButler. Il sistema genera effetti distorsivi, penalizza i proprietari e rende sempre più difficile trovare abitazioni a prezzi accessibili per lavoratori e studenti, aggravando il problema dell’emergenza abitativa nelle grandi città.

D. Acquaro e C. Dell’Oste esaminano i primi risultati dell’applicazione della nuova cedolare secca al 26% sugli affitti brevi, introdotta per contrastare l’evasione fiscale e regolamentare meglio il settore. Dai dati emerge che solo una piccola parte dei locatori ha scelto questa nuova tassazione, mentre la maggioranza continua a preferire le vecchie aliquote, soprattutto per le case destinate a un solo affitto breve.

L. Cavestri riporta che nel mese di giugno, i prezzi degli affitti brevi nelle città italiane hanno registrato un aumento medio del 4,7%, una crescita che riflette la carenza di offerta e una domanda sempre più sostenuta, soprattutto durante la stagione turistica. In città come Venezia, Firenze e Roma, i canoni giornalieri hanno raggiunto livelli particolarmente alti, esercitando una forte pressione sui residenti.

M. Ceci riporta un’indagine condotta da Unipol che rivela che gli italiani stanno diventando sempre più critici nei confronti del turismo di massa. Sebbene molti riconoscano i benefici economici del turismo, cresce la percezione dei problemi legati all’overtourism, come l’aumento dei rifiuti, i luoghi sovraffollati e la riduzione di alloggi disponibili per i residenti, soprattutto a causa dell’espansione degli affitti brevi. Le città più colpite da questi effetti sono Verona, Firenze e Roma.

S. Piras riporta che a Roma, il mercato degli affitti brevi sta rallentando rispetto alle aspettative, con guadagni inferiori a quelli attesi e una diminuzione dei nuovi bed & breakfast. A Roma, in media, un affitto breve garantisce una rendita netta del 3,3%, mentre con i contratti tradizionali a lungo termine si può arrivare fino al 3,8%. Questa tendenza è rilevata anche in altre città come Milano, Napoli e Firenze, dove il rendimento degli affitti brevi non sembra più giustificare i maggiori rischi e le complicazioni organizzative.

Ch. Adi. e Ste. Pir riportano che a Roma, le zone dove si registrano più prenotazioni per affitti turistici sono il centro storico, Trastevere e l’area del Vaticano. Tuttavia, il tasso di occupazione generale degli affitti brevi sta diminuendo rispetto all’anno precedente e la finestra di prenotazione si è accorciata, segno di una domanda meno prevedibile e più frammentata. Per molti proprietari la redditività degli affitti brevi sta diventando meno vantaggiosa rispetto agli affitti di medio-lungo periodo destinati a lavoratori o studenti, considerati più sicuri e continuativi.

L. Monticelli sottolinea che la difficoltà di trovare casa nelle grandi città italiane sta diventando un problema sempre più serio, tanto da ostacolare la mobilità lavorativa e compromettere la crescita economica. L’offerta di case si è bloccata per la complessità burocratica e per i costi crescenti delle materie prime, mentre il mercato degli affitti a lungo termine è sempre più penalizzato dalla concorrenza degli affitti brevi, come quelli per turisti.

Tabella Riepilogativa: Arrivi Turistici a Roma (Dati ENIT)

Mese Turisti Internazionali Previsti
Giugno 892.000
Agosto 695.000
Settembre 946.000

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