Lo straniero senza nome: Trama, analisi e curiosità del film di Clint Eastwood
Lo straniero senza nome (High Plains Drifter), diretto e interpretato da Clint Eastwood, è un western che vira molto nella commedia nera, dimostrando già le capacità del regista americano di saper affrontare generi diversi con maestria ed originalità. Ebbene oggi, per il nostro consueto appuntamento coi Racconti di Cinema, disamineremo Lo straniero senza nome (High Plains Drifter), diretto e interpretato nientepopodimeno che da Clint Eastwood.
Trama
Nella piccola cittadina di Lago, arriva un misterioso straniero senza nome. Lo straniero senza nome giunge, sudicio e mirabile sul suo cavallo, nel villaggio di Lago (California), dieci case di legno in riva al mare, tra cui un saloon, un hotel, una chiesa e un barbiere. Un pistolero solitario aiuta una piccola cittadina a difendersi da tre criminali vendicativi, anche se il ridente agglomerato di case è più marcio di quanto sembri.
Un misterioso straniero arriva a Lago, California; dopo averlo visto in azione con la pistola, gli abitanti della cittadina gli chiedono di difenderli contro una banda di criminali che sta per tornare a vendicarsi di chi li aveva denunciati. Solo contro una moltitudine, lo straniero deve fare ricorso a tutta la sua astuzia e abilità.
Uno sconosciuto arriva in un paese del west che (apprenderemo poco per volta da allusioni e ricordi) vive bene sfruttando abusivamente una miniera dello stato; tutti gli abitanti avevano assoldato tre killer per eliminare brutalmente il loro sceriffo (straniero) che aveva scoperto l'abuso, poi avevano fatto arrestare i tre, che ora stanno per uscire di prigione e venire a vendicarsi.
Anno 1870. La storia inizia quando un misterioso straniero (Eastwood) si materializza dal caldo del deserto. Arriva a cavallo nella piccola città di Lago, dove la sua presenza è considerata una minaccia dalla popolazione meschina ma codarda. Alla ricerca disperata di aiuto contro tre prigionieri appena rilasciati, i leader della città si avvicinano cautamente a Eastwood e lo supplicano di salvare la loro città dai criminali. Eastwood accetta di aiutarli, ma nel frattempo mette la città sottosopra.
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La vendetta e la giustizia
La pellicola vede per la prima volta cimentarsi l’allora quarantatreenne attore USA nella direzione di un film western. La vendetta è l’unica cosa che conta, la linfa vitale che può smuovere dalla stagnazione morale l’ipocrisia della società. In un paese formato da poche case arriva un cavaliere che dimostra da subito la propria abilità di pistolero. Gli abitanti, che temono la vendetta di tre delinquenti (che in passato uccisero lo sceriffo locale, vennero denunciati e ora sono stati rilasciati) decidono di affidarsi a lui.
Impauriti da un possibile ritorno di costoro, gli abitanti affidano ad uno straniero conosciuto come ottimo tiratore l'incarico di mantenere la pace a Lago. È l'opposto di quanto avviene: dopo furibonde sparatorie, culminate con l'uccisione dei tre banditi, lo straniero abbandona il paese, ormai ridotto ad un cumulo di macerie.
Lo straniero rientrato nella città completamente ridipinta organizza il “bentornati” ai tre, con tanto di tavolata a festa e di esposizione di uno striscione di benvenuto; fa preparare i cittadini allo scontro ma, nel momento in cui i tre arrivano in città sparando, nessuno reagisce e molti vengono uccisi, mentre lo straniero si era allontanato lasciando che i cittadini si arrangiassero.
Il giorno dopo lo straniero riparte, solo, nonostante il sorriso compiacente di Sarah. Fuori città incontra Mordecai che sta scrivendo il nome per la tomba dello sceriffo Duncan ucciso dai tre. Mordecai vuole sapere il nome dello sconosciuto (che non lo aveva mai detto a nessuno) e lui risponde che sta scrivendo proprio il nome di suo fratello (Marshall Jim Duncan rest in peace).
Analisi e commenti
È il primo western interpretato e diretto da Eastwood che mostra subito la propria particolare visione: storie di fantasmi, di sopravvissuti che si materializzano per un'ultima avventura. Nella prima fase della sua carriera dietro la macchina da presa, tra due tipologie sostanzialmente “aliene” alla sua poetica come il thriller erotico (Brivido nella notte, 1971) e la commedia romantica (Breezy, 1973), Eastwood trova il coraggio di confrontarsi con il genere che, da attore, gli ha dato grande popolarità.
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Il suo primo western è così un inevitabile omaggio al cinema di Sergio Leone e al filone “spaghetti”, come si evince già dall'incipit che ci mostra l'ingresso del protagonista nella polverosa cittadina di frontiera, sebbene non manchino riferimenti a Mezzogiorno di fuoco (1952) o ai I magnifici sette (1959). La lezione del maestro della Trilogia del dollaro è appresa minuziosamente e replicata con abilità, mostrando una certa maturità raggiunta da Eastwood nei movimenti di macchina, nella direzione degli attori, nella costruzione di un'atmosfera carica di tensione. Ma il film non è solo mera imitazione di cose già viste: notevoli la visionarietà horror-onirica di alcune sequenze e certe scelte visive dalla forte carica iconica (la città interamente dipinta di rosso sangue), interessante l'operazione di destrutturazione dell'epos western e dei suoi miti.
Eastwood torna al western seguendo solo sé stesso, dirigendosi e producendosi. Arriva persino a citarsi con la locandina di High Plains Drifter in mezzo a Breezy (che esce nello stesso anno). Tra i tre film d’esordio è sicuramente la pellicola più convincente. Dimostra come Siegel e Leone abbiano influenzato in maniera evidente e significativa il gusto cinematografico di Eastwood, capace comunque di aggiungere, sin dall’inizio, la propria prospettiva morale e il gusto per l’essenziale, con il rifiuto di ogni elemento barocco.
Oltre ai maestri sopra citati, si guarda anche ad Anthony Man e ai classici del genere (Mezzogiorno di fuoco , per citarne uno). L’obbiettivo e decostruire l’eroe, ridurlo ad una dimensione umana. La prospettiva di una missione finale, necessaria a chiudere i conti: è solo uno degli elementi che verranno ripresi lungo tutta la carriera del regista, sia a livello di contenuti che per altri particolari, come le impeccabili scenografie di Henry Bumstad (che curerà anche quelle de Gli spietati). Un western che sintetizza una nuova versione del genere, capace di tener conto della lezione italiana ma di nuovo ancorata a valori e modelli statunitensi. L’elemento fantastico spiega al meglio il valore della parabola. I piani obliqui e l’ambientazione crepuscolare contribuiscono in modo decisivo a trasmettere inquietudine.
Eastwood riprende il mito dello “Straniero senza Nome” inaugurato con il western italiano fondendolo con il thriller e il noir. Il polveroso western perde soggettività in favore delle terre californiane di Lago, tranquille, ordinate e silenziose ma che nascondono nelle fondamenta la viltà della borghesia e la stagnazione morale dei suoi abitanti. Lago è una moderna Sodoma, un luogo in cui anche la più ottimistica redenzione di Cristo non è applicabile. Qui il crepuscolo non è l’attesa per un futuro incerto e sicuramente infelice. Lago è solamente una parabola in attesa che si avveri. Le considerazioni morali del regista tuttavia non investono solo il villaggio ma anche la figura dell’eroe che, appunto, gode di leggendarietà in due sole inquadrature: l’arrivo e il congedo attraverso un caldo sfondo fluido.
Curiosità
Il film è stato girato sulle rive del Mono Lake, in California. Dee Barton ha scritto la colonna sonora del film. Il film è stato acclamato dalla critica all'epoca della sua prima uscita e continua a essere popolare.
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Clint Eastwood propose a John Wayne di fare un western assieme ma il buon sceriffo di Ford rifiutò per il grado di violenza e revisionismo del vecchio West operato nel film in oggetto. Wayne dunque ne sconsiglierebbe la visione, probabilmente per l’arroganza del protagonista e l’irrimediabile abiezione della cittadinanza.
Sin dalla prima silenziosa cavalcata per l'unica via del minuscolo paese di Lago ci vengono fornite delle coordinate che non si limitano al versante visivo (il procedere lento, gli sguardi stupiti degli abitanti) ma toccano anche quello sonoro con i passi del cavallo estremamente in rilievo al punto da diventare quasi ossessivi. Quei passi segnano l'avanzare, tanto lento quanto inesorabile, di una vendetta che nella versione italiana viene esplicitata da un'infelice battuta messa lì per soddisfare un pubblico che si riteneva evidentemente insipiente. Alla domanda del nano divenuto sceriffo su quale sia il suo nome il cavaliere nella versione originale rispondeva: "Lo sai il mio nome". Chi ha visto il film ne ha ascoltato una totalmente diversa.
Nella versione originale in inglese l’identità dello straniero resta volutamente molto più ambigua. Infatti alla domanda di Mordecai “I never did know your name” (letteralmente “Non ho mai saputo il tuo nome”), lo straniero risponde “Yes, you do” (traducibile con “Sì, lo sai”).
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