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Espulsione dello Straniero per Pericolosità Sociale: Requisiti e Profili di Illegittimità

Con uno studio approfondito possono individuarsi dei profili di illegittimità del decreto di espulsione emesso nei confronti dello straniero: dai vizi formali a quelli più strettamente sostanziali, per la violazione dei presupposti di legge.

La Disciplina dell'Espulsione

La disciplina dettata dall'art. 13 del D. Lgs. n. 286/1998 (T.U. Immigrazione) regola l'espulsione amministrativa degli stranieri in Italia. L'espulsione per extracomunitari e dei loro familiari, infatti, è soggetto alla distinta regolamentazione di cui al D. Lgs. n. 30/2007.

Il Ministro dell’interno o, su sua delega il prefetto, può disporre l’espulsione dello straniero in presenza di fondati motivi per ritenere che la sua permanenza nel territorio dello Stato possa, in qualsiasi modo, agevolare organizzazioni o attività terroristiche internazionali (art. 3, L. 155/2005).

Per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, il Ministro dell’interno ha facoltà di disporre l’espulsione dello straniero, anche non residente nel territorio dello Stato (art. 13, co. 1, T.U.). La natura di atto politico, altamente discrezionale, di questa tipologia espulsiva è sottolineata dall’obbligo per il Ministro di dare preventiva comunicazione dell’adozione del provvedimento al Presidente del Consiglio dei ministri ed al Ministro degli affari esteri.

Il prefetto dispone - previa valutazione caso per caso - l’espulsione dello straniero che è entrato nel territorio nazionale sottraendosi ai controlli di frontiera, senza essere stato respinto (art. 13, co.2, lett. a), T.U.). Per stabilire quando l’ingresso è irregolare, occorre far riferimento alle disposizioni del T.U. che lo regolano: “l’ingresso nel territorio dello Stato è consentito allo straniero in possesso di valido passaporto o documento equipollente e del visto d’ingresso, salvo i casi di esenzione, di documentazione atta a dimostrare le condizioni e i motivi del soggiorno, di disponibilità di mezzi di sostentamento e che non si trovi in una delle condizioni ostative al soggiorno previste dall’art. 4 T.U. e l’ingresso può avvenire soltanto attraverso i valichi di frontiera appositamente istituiti, salvi i casi di forza maggiore” (art. 4, co. 1 e 2, T.U.).

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Il prefetto dispone - previa valutazione caso per caso - l’espulsione dello straniero che si trovi in una delle seguenti situazioni (art. 13, co. 2, lett. b), T.U.):

  • si è trattenuto nel territorio dello Stato in assenza della comunicazione prevista (art. 27, co. 1-bis, T.U.);
  • si è trattenuto nel territorio dello Stato senza avere chiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto (art. 5, co. 2, T.U.);
  • si è trattenuto nel territorio dello Stato senza avere reso alla Questura entro 8 giorni dall’ingresso la dichiarazione di presenza prevista per i soggiorni inferiori a 90 giorni per turismo, affari, visita, studio (art. 1, co. 3, L. 68/2007);
  • si è trattenuto nel territorio dello Stato quando il permesso di soggiorno è stato annullato o rifiutato dal Questore (e sempreché lo straniero il cui permesso di soggiorno sia stato rifiutato non abbia volontariamente lasciato il territorio dello Stato entro il termine, non superiore a 15 giorni lavorativi, concesso dal questore ai sensi dell’art. 12 del regolamento di attuazione del T.U. approvato con d.p.r. n. 394/1999). Tra i motivi che determinano l’annullamento o il rifiuto del permesso di soggiorno vi sono la mancanza dei requisiti per l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, salvo che subentrino nuovi elementi o che si tratti di irregolarità amministrative sanabili (art. 5, co. 4, T.U.);
  • si è trattenuto nel territorio dello Stato quando il permesso di soggiorno è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo (tuttavia in base all’art. 30 T.U. essendo munito di permesso di soggiorno o altro titolo equipollente rilasciato da altro Paese dell’Unione europea non ha reso alla Questura la dichiarazione di presenza entro sessanta giorni dall’ingresso nel territorio dello Stato (art. 5, co. 3-bis, T.U.).

Il prefetto dispone l’espulsione quando, dopo valutazione caso per caso, ha motivo di ritenere, sulla base di elementi di fatto oggettivi e attuali , che lo straniero appartenga a talune categorie di persone pericolose per le quali sarebbero applicabili le misure di prevenzione (art. 1, L. 1423/1956; art. 1, L. 575/1965). Le ipotesi delle leggi del 1956 e del 1965 oggi sono riprodotte dall’art. 1 del Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia (d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159).

Il prefetto dispone l’espulsione dello straniero già espulso o respinto con le forme dell’ordine di allontanamento del questore (art. 14, co. 5-ter, T.U.). Anche il nuovo decreto di espulsione, così emanato, può essere corredato da nuovo ordine di allontanamento del questore: è dunque possibile reiterare l’ordine di allontanamento del questore e, ad ogni successiva inottemperanza, si procederà a nuova espulsione determinando così un sistema di espulsioni a catena (art. 14, co. 5-quater, T.U.).

Il prefetto è altresì competente ad adottare il provvedimento di espulsione in esecuzione di una decisione di allontanamento adottata da un altro Stato membro dell’Unione Europea, all’esecuzione dell’espulsione provvede il questore (art. 2, D. Lgs. 30/2007).

Il richiedente protezione internazionale può essere espulso dopo che la sua domanda sia stata rigettata, estinta, dichiarata inammissibile dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale e sia inutilmente decorso il termine per impugnare (art. 35, D. Lgs. 25/2008).

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Esistono diverse tipologie di espulsioni amministrative:

  1. espulsioni ministeriali disposte dal Ministro dell’Interno nei confronti di stranieri che siano ritenuti pericolosi per l’ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato (ad esempio in caso di presunti legami con organizzazioni terroristiche) (art. 13, co. 1, TUI);
  2. espulsioni prefettizie, che possono essere disposte per varie ragioni, tra cui l’irregolarità del soggiorno o la pericolosità sociale dello straniero (art. 13, co. 2, TUI);
  3. espulsioni a titolo di misura di sicurezza, applicate dal giudice nei confronti di stranieri condannati per determinati reati (art. 235 c.p.);
  4. espulsioni a titolo di sanzione alternativa della pena pecuniaria (art. 16, TUI) applicabile dal giudice di pace in caso di condanna per i reati d’ingresso e soggiorno illegale (art. 10 bis, TUI) e d’inottemperanza, anche reiterata, all’ordine di allontanamento del questore (art. 14, co. 5-ter, TUI).

Nei casi previsti dall’art. 13, comma 2 T.U., il prefetto dispone l’espulsione dello straniero che è entrato nel territorio nazionale sottraendosi ai controlli di frontiera, senza essere stato respinto (art. 13, co.2, lett. a), T.U.).

Espulsione Giudiziaria

Come dice la parola stessa, questo tipo di espulsione viene disposto dall’autorità giudiziaria.

Lo straniero condannato per uno dei reati previsti dagli Artt. 73, 74, 79 e 82 commi 2 e 3, a pena espiata deve essere espulso dallo Stato. Lo stesso provvedimento di espulsione dallo Stato può essere adottato nei confronti dello straniero condannato per uno degli altri delitti previsti dal presente testo unico.

Se ricorre lo stato di flagranza di cui all’Art. 382 Cpp in riferimento ai delitti previsti dai commi 1, 2 e 5 dell’Art. 73, il prefetto dispone l’espulsione immediata e l’accompagnamento alla frontiera dello straniero, previo nulla osta dell’AG procedente.

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Da notare è che l’Art. 86 TU 309/90 impiega il lemma “straniero” e non “extracomunitario”: Dunque, il provvedimento di espulsione può riguardare anche cittadini comunitari. Tuttavia, il presupposto giurisprudenziale per dare luogo all’allontanamento dal territorio nazionale consta nell’accertata “pericolosità” dell’infrattore non munito di cittadinanza italiana.

Requisiti e Accertamento della Pericolosità Sociale

Ai fini dell'accertamento della pericolosità dello straniero deve condursi un riscontro sulla base degli stessi elementi valutati in sede di emanazione di una misura di prevenzione.

Ai fini dell'espulsione per pericolosità sociale, il prefetto dispone l’espulsione quando, dopo valutazione caso per caso, ha motivo di ritenere, sulla base di elementi di fatto oggettivi e attuali , che lo straniero appartenga a talune categorie di persone pericolose per le quali sarebbero applicabili le misure di prevenzione (art. 1, L. 1423/1956; art. 1, L. 575/1965).

Anzi, tale “pericolo” antisociale ed antinormativo è presunto qualora le disposizioni penali del TU 309/90 siano violate da uno straniero, il che deroga la clausola di eguaglianza ex Art. 3 Cost.

Da rimarcare è che Consulta 58/1995 ha dichiarato illegittimo il comma 1 Art. 86 TU 309/90, nel senso che la “pericolosità” non è una caratteristica automaticamente legata alla cittadinanza straniera dell’infrattore; pertanto, l’AG procedente è tenuta ad accertare la sussistenza del pericolo caso per caso, in tanto in quanto è discriminatorio presumere, in ogni caso, l’antisocialità eterolesiva del reo solamente sulla base della propria provenienza.

Quindi, Corte Costituzionale 58/1995 censura il nesso automatico di cui al comma 1 Art. 86 TU 309/90. Anche, del resto, la Suprema Corte ha esortato ad una contestualizzazione più egualitaria ed afferente a ciascun singolo caso.

Cass., sez. pen. IV, 4 luglio 2002, n. 35953 ha asserito che “in tema di misure di sicurezza, qualora lo straniero sia condannato per reati di spaccio di sostanze stupefacenti, il giudice di merito ha il dovere di accertare, in concreto, - non sussistendo, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 58 del 1995, la presunzione assoluta di pericolosità - la sussistenza della pericolosità sociale del condannato per i suddetti reati, ed alla stregua di tale accertamento, compiuto alla luce degli elementi indicati dall’Art. 133 CP, e congruamente motivato, deliberare l’applicabilità o meno dell’ordine di espulsione dello straniero dallo Stato”.

Motivazione del Decreto di Espulsione

Per quanto riguarda la motivazione del decreto prefettizio di espulsione, la giurisprudenza ha sottolineato che “in presenza di un potere di natura vincolata, l’obbligo di motivazione si restringe all’indicazione della sussistenza dei necessari presupposti di legge per l’adozione del provvedimento, senza che occorrano ulteriori giustificazioni a sostegno” (Tar Piemonte Torino, 14/02/2004 n. 186).

Secondo la giurisprudenza di legittimità, inoltre, il decreto prefettizio di espulsione non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della Legge n. 241/1990, avendo tale decreto natura di atto ad emanazione vincolata e non discrezionalità ed essendo comunque garantito il contraddittorio, seppure differito, in via giurisdizionale (Cass. 22/08/2006 n. 18226; conforme: Cass. 9/04/2002 n. 5068).

Esecuzione dell'Espulsione

Ora, quindi, la partenza volontaria è la modalità ordinaria di rimpatrio. Infatti, nei casi in cui non viene disposto l'accompagnamento coatto alla frontiera, lo straniero può richiedere al Prefetto un termine tra i sette e i trenta giorni per lasciare volontariamente il territorio dello Stato. Il Prefetto può aderire alla richiesta anche subordinandola all'attuazione di una serie di misure e dopo aver verificato che lo straniero sia in possesso di risorse idonee a consentirgli l'allontanamento volontario dal territorio nazionale.

Al contrario, l'accompagnamento coatto alla frontiera può essere disposto esclusivamente in ipotesi specifiche. Tuttavia il variabile atteggiarsi delle circostanze del caso concreto non sempre consente l’esecuzione dell’accompagnamento immediato.

Revoca e Rientro

Il decreto di espulsione, in quanto provvedimento amministrativo ad efficacia durevole, è revocabile. Lo straniero espulso non può rientrare in Italia senza una speciale autorizzazione del Ministero dell’Interno.

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