Albergo Atene Riccione

 

Franco il Viaggiatore: Una Storia Vera nel Medioevo

Nell’immaginario collettivo, il Medioevo appare spesso come un’epoca statica, in cui il movimento di persone, merci e idee sembrava diminuire rispetto all'epoca antica, in particolare alla civiltà romana. Il paesaggio dell’Europa occidentale durante l’epoca romana era dominato dalle città, dalle vie di comunicazione e dai campi coltivati. Le vie di comunicazione venivano mantenute in ottimo stato e le strade permettevano di raggiungere i più remoti angoli dell’Impero.

Mercanti, soldati, ricchi signori e anche semplici viandanti erano sempre in movimento. Viceversa il Medioevo viene spesso rappresentato come un’epoca opposta alla nostra, soprattutto dal punto di vista della mobilità delle persone, dei commerci e della cultura. Nonostante gli studi innovativi sulla società medievale apparsi nel corso del Novecento, permane l’immagine dei “secoli bui”.

Certamente le invasioni dei barbari e la fine del mondo romano influirono negativamente sul movimento di uomini e cose e le vie di comunicazione divennero sempre più insicure. I ponti, senza più manutenzione, caddero in rovina e lo stesso accadde alle strade, che si ridussero spesso a sentieri sconnessi, dove i carri facevano molta fatica a passare. Ma queste considerazioni fanno del Medioevo un’epoca in cui si viaggiava poco o, peggio, un’epoca in cui le persone consideravano il viaggio come a loro estraneo?

Il Viaggio nel Medioevo: Un'Analisi di Franco Cardini

Franco Cardini, uno dei massimi medievisti italiani, ha opinioni precise in merito. «È esattamente il contrario. Nel Medioevo, per tanti motivi, si viaggiava di continuo. Viaggiavano tutti, anche le persone più umili, e spesso per necessità.

Chi Viaggiava nel Medioevo?

Viaggiavano prima di tutto gli agricoltori: il sistema di coltivazione delle terre, infatti, prevedeva una rotazione periodica dei terreni con una messa a riposo dei vari appezzamenti di terra, praticata alternativamente. Era un sistema necessario perché esistevano solo concimi naturali, che avevano poca resa e costringevano gli agricoltori a far riposare a lungo i campi. Per questo motivo nel Medioevo contadini di interi villaggi la mattina si svegliavano e facevano chilometri per andare a lavorare in campi lontani. Non sempre questi agricoltori tornavano a casa la sera, ma dormivano in capanne improvvisate.

Leggi anche: Franco: Ristorante di Pesce

Oltre ai contadini, viaggiavano i mercanti per i loro affari, anche nei tempi più difficili dell’Alto Medioevo, e viaggiavano i nobili per la guerra oppure per andare a caccia. L’aristocrazia guerriera, in particolare, era sempre in moto perché andare in guerra voleva dire fare il servizio feudale e quindi seguire il proprio signore nelle sue imprese o guadagnarsi la vita come mercenari o partecipare alle Crociate. Nell’Alto Medioevo erano in costante movimento anche i sovrani perché le corti erano itineranti e i re con i loro seguiti si muovevano costantemente all’interno dei possedimenti reali per raccogliere nelle diverse curtes regie gli approvvigionamenti necessari.

Spesso verso le stesse mete delle Crociate si muovevano anche i pellegrini: uomini e donne in abito da penitente e armati di bordone (il bastone per il cammino) che percorrevano lunghe distanze a piedi, affrontando pericoli e privazioni dirigendosi verso Gerusalemme, Roma, Santiago de Compostela. Tanti erano dunque i motivi per cui nel Medioevo ci si metteva in cammino.

Gli unici che non avrebbero dovuto viaggiare erano i monaci benedettini, che erano tenuti alla stabilitas loci, cioè avrebbero dovuto, secondo la Regola di san Benedetto, stare tutta la vita in un monastero specifico, ma anche questo spesso non succedeva. I monaci si muovevano come chiunque altro; infine, non bisogna dimenticare il grande movimento dei chierici, studenti che si muovevano di città in città, di università in università, per cercare insegnamenti migliori o più a buon mercato.

Le Vie di Comunicazione e le Strutture di Accoglienza

Le strade e in generale le vie di comunicazioni vengono spesso considerate elementi che di fatto impedirono ai medievali di muoversi come i loro predecessori di epoca romana. Ma, ci si muoveva più lentamente e magari su distanze più brevi, ma comunque ci si muoveva, come dimostra la nascita in epoca medievale di tanti hospitia e tabernae.

Sia la cultura romana sia quella germanica consideravano l’ospite sacro. La società cristiana medievale concretizzò questi ideali in una rete di strutture ecclesiastiche che assicuravano alloggio e ristoro ai viaggiatori, come previsto dalle regole monastiche che prescrivevano la realizzazione all’interno dei monasteri di uno xenodochium, cioè di locali per l’ospitalità gratuita dei forestieri.

Leggi anche: Il percorso spirituale nella musica di Battiato

Certo, in epoca medievale le strade non erano quelle lastricate di epoca romana, erano sentieri polverosi e magari solo accennati sui quali ci si muoveva a piedi oppure a dorso di mulo o a cavallo, se si era più ricchi. Spesso le strade non erano carrabili e comunque i carri del Medioevo non erano molto efficienti. Solo nel Rinascimento si comincerà a muoversi più di frequente a bordo di carri.

Importanti erano anche le vie d’acqua interne: fiumi e torrenti erano percorsi da imbarcazioni di varie dimensioni: scialuppe, barche, traghetti, lance e gabarre (antenate delle moderne chiatte) rappresentavano una rapida scorciatoia, soprattutto per le merci più pesanti. La navigazione via mare risultava invece difficoltosa. Il mondo medievale non amava granché il mare perché i trasporti nautici non erano molto sicuri, finché nel corso del XIV secolo venne introdotta la grande innovazione delle vele mobili.

Queste permettevano di viaggiare anche controvento: allora il viaggio per mare divenne maggiormente fattibile e si aprirono nuovi orizzonti. A confermare come i medievali fossero spesso in movimento e amassero anche raccontare i loro viaggi ci sono poi i tanti resoconti di viaggiatori e le opere letterarie dedicate al viaggiare giunte fino a noi…

La Letteratura di Viaggio Medievale

Anche nel Medioevo il piacere di muoversi, di scoprire cose nuove e di descrivere ci è stato trasmesso attraverso una ricca letteratura di viaggio. Sono tutti elementi fissati, per esempio, nelle pagine dei devoti che hanno descritto i loro pellegrinaggi fin dal IV secolo. Il racconto del pellegrinaggio a Gerusalemme è un genere letterario molto fiorente nel Medioevo, così come sono giunti fino a noi molti resoconti scritti dai partecipanti alle varie Crociate.

Poi vi sono le cronache di viaggio dei primi missionari, soprattutto domenicani, che si sono spinti verso Oriente. Anche questa è letteratura di viaggio. Così come esiste una letteratura descrittiva di tipo trattatistico-geografico per far conoscere le meraviglie del mondo (poco o molto che fosse) conosciuto. Una cosa però va detta trattando il tema della letteratura di viaggio del Medioevo: è difficile dire con certezza fino a che punto certe esperienze siano state frutto di veri viaggi e da che punto in poi siano copie più o meno elaborate, intelligenti e astute di lavori precedenti.

Leggi anche: Esplorando l'Italia con Franco

In molti resoconti, infatti, si fa finta di viaggiare, mentre in realtà si viaggia intorno alla propria stanza. Tra i più famosi viaggiatori che ci hanno lasciato resoconti fantasiosi spicca l’anglo-francese Jean de Mandeville che nel Trecento ha realizzato una descrizione dell’Asia che per certi aspetti ricorda quella di Marco Polo. Una descrizione scritta, però, sottolineando gli aspetti fiabeschi dell’Asia: i fiumi di spezie, le montagne di pietre preziose, gli animali mitici e i mostri.

I contemporanei che leggevano i suoi resoconti gli prestavano fede perché parlava di cose che erano parte dell’immaginario diffuso all’epoca. Paradossalmente, quando, invece, Marco Polo descrive un’Asia più realistica e, per esempio, davanti all’unicorno (ossia al rinoceronte) dice: “sì, l’ho visto anch’io, è una brutta bestia, piuttosto irascibile, non è affatto il bellissimo animale di cui ci parlano gli araldisti” la sua spiegazione non convince nessuno.

Oggi crediamo sia facile comprendere questa letteratura, distinguendo il falso dal vero sulla base del verosimile. Quindi siamo portati a ritenere falsa la letteratura assolutamente fantastica, vera quella più realistica. Le cose non sono, però, così semplici quando si tratta di resoconti di un’epoca, come il Medioevo, in cui si credeva profondamente nel fantastico e nell’immaginario. Negli scritti di Marco Polo ci sono sicuramente degli elementi di realismo molto forti, ma ciò non ci assicura che nel suo racconto non siano stati inseriti elementi fantastici o fantasiosi.

Le Ragioni di una "Leggenda Nera"

Da dove nasce allora questa sorta di “leggenda nera” su un Medioevo ripiegato in se stesso e poco incline al viaggio? Dopo l’anno Mille si ebbe una generale rinascita delle città. Le civiltà urbane sono sempre dominate dai sedentari. E i sedentari sono solitamente pieni di pregiudizi nei confronti di chi viaggia, vedono di cattivo occhio gli erranti.

Probabilmente, per queste ragioni nacquero tutte le leggende sul pellegrino ladro, che insidia le donne, che è preda del demonio e via dicendo. Sono leggende che mostrano come, nei confronti dei viandanti, ci sia un pregiudizio che nasce e si alimenta proprio perché è il contro-altare della sedentarietà, che è invece il fenomeno nuovo, il fenomeno che si sta affermando e che vuole prendere il centro della scena.

Inoltre c’era la retorica anti-itinerante della Chiesa che per ragioni mistico-disciplinari insisteva molto sul tema della stabilitas loci per i monaci e i religiosi in genere. Infine, tante testimonianze contrarie al viaggio che sono giunte fino a noi sono puri esercizi retorici fondati sul recupero dell’antica avversione dei greci e dei romani per il viaggio, soprattutto per mare. Petrarca, per esempio, critica i viaggi e chi viaggia, dice di desiderare un’esistenza sedentaria, quasi una monastica stabilitas loci, salvo però essere lui per primo sempre in cammino, come dimostra la sua biografia.

Il Viaggio come Metafora della Vita

Possiamo allora concludere che il viaggio era, viceversa, profondamente radicato nell’animo medievale? Assolutamente. Il viaggio è, come detto, alla base della fantasia dell’uomo medievale. Anzi, è la base della concezione del mondo nel Medioevo. Anche da questo punto di vista chi dice che nel Medioevo la gente non viaggia dice una cosa non vera.

Per il mondo medievale, il viaggio è fondamentale come esperienza simbolico-metaforica perché è la metafora della vita: la vita è un viaggio, dalla nascita fino alla morte, dopo la quale vi è il passaggio alla vita eterna. Quindi, tutte le volte che si viaggia si ripercorre spiritualmente il viaggio dell’esistenza. Un viaggio anche piccolo è l’occasione per meditare sul grande viaggio dell’esistenza.

Così come, quando si parla della Chiesa, ci si immagina la sua storia come la navigazione della navicella di Pietro dalle acque del peccato fino al porto sicuro del paradiso di Cristo. C’è continuamente, nella mentalità medievale e nella cultura del tempo, questo riferimento ai viaggi, alla strada, all’arrivo ma anche alla partenza.

Mercanti e Pellegrini: Figure Chiave del Viaggio Medievale

Il viaggiatore del mediovo apparteneva a due categorie fondamentali: il mercante e il pellegrino. In fondo, si trattava di tipi non del tutto divergenti. Antropologicamente, tra il mercante e il pellegrino non c’era, poi, quella differenza che a prima vista si potrebbe immaginare. Con i proventi dei suoi viaggi, il mercante spesso finanziava, anche a sconto dei suoi peccati, belle chiese, grandi affreschi, splendide vetrate.

Mentre i pellegrini, da parte loro, molto spesso mercificavano gli esiti del loro pellegrinaggio, magari con un traffico di reliquie, o semplicemente con il giro di affari che intorno alla loro peregrinatio si poteva creare. I regni sorti sulle rovine del mondo romano in Occidente mantennero a lungo una relativamente intensa attività di scambi e di commerci come racconta il volume I viaggi nel Medioevo di Norbert Ohler.

La Sopravvivenza delle Pratiche Commerciali

I greco- siriani, in grado di occupare vaste porzioni urbane nella grande area portuale mediterranea, restarono a lungo gli operatori commerciali delle numerose città della Gallia meridionale e della Spagna visigotica, zone in cui dovettero mantenersi le fiere (nundinae) ed i mercati che la legislazione tardoantica testimonia.

Le città portuali nelle quali più a lungo si mantenne la legislazione romana, con le sue precise prescrizioni circa le dogane ed i magazzini, conservano ancora per il VII secolo le tracce dell’esistenza di thelonarii (mercanti locali), a riprova della continuità di una prassi che aveva visto cooperare nell’attività mercantile individui sia stranieri sia indigeni, i quali poi distribuivano le merci nell’interno.

I quartieri commerciali che avevano caratterizzato i principali centri mercantili del mondo romano-bizantino, sopravvissero forse più a lungo di quanto non si sia abituati a pensare, e Gregorio di Tours ci informa dell’esistenza di una simile area specializzata anche nella Parigi merovingia. È del resto in questo stesso contesto che si incontrano non solo le prime fiere, ma anche la nuova funzione cui esse assolsero nel quadro economico del tempo.

Le Fiere Medievali

La grande fiera di Saint Denis istituita da Dagoberto I ebbe come scopo quello di costituire un importante cespite di entrate per l’abbazia omonima, che usufruiva per concessione regia di tutte le gabelle e le entrate che in quei giorni si raccoglievano. Nel-l’VIII secolo Childeberto III ricordava il rilievo internazionale assunto dalla fiera, verso la quale confluivano mercanti sassoni e di altre nazioni.

Questo tipo di protezione regia accordato a grandi abbazie prossime ai centri commerciali nel giorno in cui ricorreva la festa del loro santo eponimo o la commemorazione liturgica della fondazione, pur se più evidente nelle epoche successive, testimonia degli adeguamenti strutturali del-l’attività commerciale ai nuovi centri di aggregazione del potere territoriale, confermando l’esistenza di una molteplicità di livelli: da quelli prettamente locali - legati allo smercio delle eccedenze di una proprietà signorile o di un villaggio - fino a quelli stimolati dalla domanda di centri urbani maggiori, capaci di catalizzare un’offerta mercantile più vasta.

Occasionale o periodica, come nel caso delle fiere, la mobilità mercantile sopravvisse fino alla stagione della rinascenza urbana dell’XI secolo. A partire dall’XI-XII secolo, per favorire gli scambi, si crearono in tutta Europa mercati periodici o stagionali che si tenevano in varie città di solito nei giorni consacrati alla festa dei santi patroni locali (e per questo, da feria, 'festa', prendevano il nome di fiere). Le più famose avevano luogo in sei città della regione franco-orientale della Champagne, dove ogni centro ospitava il mercato per la durata di sei mesi. in questo modo, si aveva almeno una grande fiera aperta ogni giorno dell’anno.

Il Pellegrino: Viaggiatore Spirituale

Il viaggiatore medievale per eccellenza, però, era il pellegrino. Il mondo cristiano ha espresso nella concezione dell’homo viator, del viaggiatore, il simbolo della ricerca spirituale che nondimeno si esprime talvolta anche nei termini d’un reale ed effettivo spostamento da un luogo all’altro.

Il termine 'pellegrino' poi, deriva dal verbo latino peragere che è quanto mai ricco di significati: da quello di 'muoversi con inquietudine, senza tregua' a quello di 'condurre a termine' (e quindi 'perfezionare', ma anche 'morire'). Il peregrinus non è semplicemente l’hospes, lo 'straniero'. La parola peregrinus esprime l’estraneità e al tempo stesso l’estraneamento e lo spaesamento.

Il pellegrino è tale in quanto straniero nella terra nella quale giunge; ma al tempo stesso l’espressione che lo qualifica è ambigua al punto tale da poter significare il contrario: in realtà egli potrebb’essere straniero nella sua terra d’origine, e la sua vera patria essere appunto la sua mèta. Le grandi mète del pellegrinaggio medievale erano Santiago de Compostela in Galizia (Spagna), Roma, Gerusalemme; esse erano alternate a mète secondarie, a pellegrinaggi meno importanti o 'minori', soprattutto legati alla devozione dell’arcangelo Michele (Mont-saint-Michel in Normandia, la Sacra di San Michele in Val di Susa, Monte Gargano in Puglia) o a quella per la Madonna (Le Puy, Chartres, Rocamadour).

I pellegrini erano protetti dalla Chiesa, che colpiva con la scomunica chi li avesse offesi; erano sovente dei penitenti, riconoscibili per la sacca e il bastone da viaggio; e come segno della loro penitenza e della santità della loro mèta portavano indosso - sugli abiti e sui copricapi - dei distintivi speciali. I pellegrini - fra i quali vi erano anche vecchi, bambini, donne - si affiancavano a girovaghi, mercanti ambulanti, contadini in cerca di nuove terre che fra X e XI secolo si muovevano con maggiore frequenza.

Inoltre, nel corso del-l’XI secolo la grande Abbazia di Cluny si era fatta promotrice dei pellegrinaggi a Santiago de Compostela in Galizia, all’estremità di nordovest della penisola iberica. Esso sarebbe servito infatti, si pensava, a propagandare le guerre cristiane di riconquista contro i musulmani di Spagna. Infine v’era Gerusalemme: controllata dagli abbasidi, ma visitata da un crescente numero di pellegrini occidentali.

Nell’ambito propriamente ecclesiale, una certa diffidenza nei confronti dei pellegrinaggi rimase costantemente: anche perché l’organizzazione ecclesiastica era rigorosamente territoriale, e gli ordini regolari erano organizzati, dal canto loro, sulla base della stabilitas loci, che impediva al monaco di mutare monastero rispetto a quello nel quale era entrato nell’ordine.

Tuttavia si finì con l’ammettere l’esperienza del pellegrinaggio come fatto centrale nella vita della Ecclesia, sebbene ordinato dalla Chiesa, sancito da un apposito voto e corredato dalle relative indulgenze spirituali. In questo modo la Chiesa provvide a inserirsi, disciplinandolo, nel vasto movimento che animava le strade dell’XI secolo.

TAG: #Viaggi #Viaggiatore

Più utile per te: