Georges Moustaki: Lo Straniero, un Inno all'Identità Cosmopolita
Il 3 maggio 1934 nasce Yusef Mustacchi, figlio di Nessim e Sarah, due ebrei greci originari dell’Isola di Corfù, destinato a diventare uno dei grandi cantautori europei del Novecento con il nome d’arte di Georges Moustaki. La nascita avviene ad Alessandria d’Egitto dove i suoi genitori gestiscono una libreria. Fin da piccolo, Moustaki è figlio di tante culture.
È un métèque, il meteco, il forestiero come lui stesso si definisce nell’omonima canzone che gli italiani hanno conosciuto con il titolo de Lo straniero. In lui convivono tutte le culture del Mediterraneo. Greco perché figlio di greci, ebreo per religione, egiziano per nascita, francese per destino e cosmopolita per animo, Moustaki ha fatto delle commistioni la sua scelta musicale e artistica.
Un Mosaico di Lingue e Culture
Yussef Mustacchi fin da piccolo capisce che il mondo è complesso. Quando gioca nelle strade con i coetanei parla arabo, in casa un po’ di greco e anche italiano visto che una zia un po’ originale si esprime solo in questo idioma e si rifiuta di parlare greco per scelta personale. Siccome poi frequenta le scuole della comunità francese la sua conoscenza linguistica si arricchisce ancora di più.
Conosce otto lingue: francese, arabo, ebraico, italiano, spagnolo, portoghese, inglese e greco, ma sostiene che la più importante, quella che gli ha consentito di comunicare con il mondo è la nona, cioè la musica. La scuola però non si limita a regalargli una lingua in più ma lo fa entrare in un mondo nuovo che gli tocca il cuore. Affascinato dalla letteratura e dagli chansonnier francesi nel 1951, dopo essersi diplomato va a Parigi per una breve vacanza e scopre di non aver più voglia di tornare a casa.
Gli Inizi a Parigi e l'Incontro con Brassens e Piaf
Nel capoluogo francese sbarca il lunario con lavori occasionali e impara a suonare la chitarra che gli ha mandato sua madre dall’Egitto. Strimpella e scrive qualche canzone cercando di fare il verso a Georges Brassens, che ha ascoltato per la prima volta al Trois Baudets. Proprio Brassens lo incoraggia a continuare, gli dà qualche consiglio e alcuni indirizzi utili.
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Il giovane Yussef decide che il suo nome d’arte sarà Georges in omaggio allo chansonnier che per primo gli ha dato una mano mentre il complicato Mustacchi diventa Moustaki, più semplice da pronunciare per un francese. Nella sua carriera ha collezionato una serie impressionante di collaborazioni iniziando a scambiare note e atmosfere con altri artisti molti anni prima che questa pratica diventasse quasi una normale abitudine artistica nel mondo globalizzato. In lui la tensione artistica e la ricerca continua coincidono in un’evoluzione artistica che è cominciata negli anni Cinquanta ed è durata oltre mezzo secolo.
Nel 1958 Georges Moustaki incontra Henri Crolla, uno dei personaggi chiave della scena musicale parigina di quel periodo, compositore di brani portati al successo da Yves Montand, Colette Renard e Barbara. Proprio Crolla gli presenta Edith Piaf. Tra i due è amore a prima vista e non solo sul piano professionale. Proprio per la Piaf nello stesso anno scrive canzoni come Eden blues o Le gitan et la fille.
Il rapporto tra i due è burrascoso e alterna momenti di grandi intensità emotiva con liti improvvise seguite da altrettanto impreviste riappacificazioni. Il giovane segue la cantante in tutte le sue tournée e vive a stretto contatto con il suo entourage. Proprio insieme a Marguerite Monnot, l’inseparabile pianista, compositrice, amica e confidente di Edith Piaf nel 1959 scrive Milord, una canzone destinata a trasformarsi in uno dei più grandi successi internazionali dell’Usignolo di Francia.
Grazie agli studi effettuati presso scuole francesi, iniziò ad interessarsi alla letteratura francese e ad ascoltare le canzoni di Charles Trenet ed Edith Piaf. Nel 1951 si stabilì a Parigi, lavorando come giornalista, cameriere e pianista di piano bar. L’occasione della sua vita arrivò nel 1958, quando il chitarrista Henri Crolla gli presentò Edith Piaf, per la quale scrisse (1959), tra le altre, la celebre canzone Milord, musicata da Marguerite Monnot, che venne poi interpretata da Dalida (in italiano e in tedesco), come pure da Milva (in italiano).
Il Successo come Autore e l'Affermazione come Interprete
Proprio il successo del brano rende Moustaki uno degli autori più richiesti della scena musicale francese degli anni Sessanta e le sue composizioni finiscono nel repertorio di cantanti come Yves Montand, Colette Renard, Henri Salvador, Tino Rossi e Barbara solo per citarne alcuni. Se come autore gode di grande considerazione, come interprete fatica a imporsi nonostante la Pathé Marconi abbia pubblicato un paio di suoi dischi a quarantacinque giri.
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Nel 1961 dopo che la storia d’amore con la Piaf è finita male si trasferisce sull’isola di Saint-Louis a Parigi e inizia a lavorare al suo primo album che contiene qualche brano già conosciuto per essere stato interpretato da altri, un paio di canzoni già pubblicate in singolo e un buon numero di inediti. Quando l’album arriva nei negozi viene accolto tiepidamente dal pubblico.
Nel 1966 incontra l’attore Serge Reggiani, che è intenzionato a debuttare anche come cantante. Moustaki scrive per lui brani di successo come Sarah, Votre fille a vingt ans, Ma liberté e Ma solitude. Nello stesso anno propone alla sua casa discografica un brano a cui tiene molto. Nel 1968 inizia a tirare un’aria diversa, più favorevole anche al Moustaki interprete. In quell’anno infatti scrive per Barbara La dame brune, uno dei più bei pezzi del repertorio della cantante, che lui stesso canta in duo con lei in un tour che tocca anche l’Olympia.
Proprio nel corso di questa tournée accade un episodio decisivo. A Mulhouse Barbara viene colta da una improvvisa indisposizione pochi minuti prima di salire sul palco. Mentre il pubblico rumoreggia gli organizzatori chiedono a Georges Moustaki di esibirsi al posto della cantante. L’accoglienza calorosa degli spettatori fa capire che i tempi sono davvero cambiati.
Le Métèque e il Riconoscimento Internazionale
Nel 1969 finalmente registra Le métèque il brano che gli regala la grande popolarità internazionale e, per sfruttare il buon momento, un album che contiene versioni personalissime di brani come Ma solitude o Joseph, destinati a restare per anni nella sua scaletta dal vivo. Il grande successo è arrivato. Nel 1970 vince il Grand Prix della Académie Charles-Cros e sale sul palco del Bobino per uno spettacolo che verrà poi pubblicato nell’album Bobino ’70.
Divenne famoso in Francia e anche in Italia per aver interpretato la canzone Le métèque. Il brano, forte di 500.000 copie vendute in Francia, tradotto da Bruno Lauzi e intitolato Lo straniero, fu portato al successo da Moustaki stesso, raggiungendo il primo posto nelle classifiche italiane di vendita nell’ottobre del 1969 per nove settimane.
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Cresciuto in un ambiente multiculturale, appassionato agli studi e all’arte, Moustaki studiò in Francia e sin da giovane maturò una straordinaria passione per la musica, innamorandosi delle canzoni di Charles Trenet ed Edith Piaf. La svolta della vita gli piombò addosso come un fulmine. Era il 1958. L’amico chitarrista Henri Crolla gli presentò Edith Piaf, uno dei suoi miti. Fortemente ispirato dalla quella personalità e dalla sua voce struggente, Moustaki le propose molte canzoni. La più famosa è certamente Milord, di cui Georges compose il testo, mentre le musiche sono di Marguerite Monnot.
Da lì, Moustaki iniziò la carriera di autore prolifico. Scrisse 300 canzoni, alcune furono interpretate dai nomi più popolari della musica francese, su tutti Edith Piaf e Yves Montand. Molte di quelle canzoni sono diventate poi autentici classici, tradotti ovunque nel mondo: tra le altre, Ma solitude, Ma libertè e La dame brune, interpretata da Barbara nel 1968.
Lo Straniero: Un Inno all'Identità e all'Amore
Ma in Italia lo ricordiamo soprattutto per Lo straniero. Il brano, che lui aveva scritto in francese - con il titolo originale Le métèque aveva fatto subito boom (500.000 copie vendute oltralpe) - fu poi tradotto da Bruno Lauzi che lo trasformò in una perla romantica che lo stesso Moustaki interpretò con successo. Difficile scordare quei versi: “Il nostro amore durerà/ per una breve eternità/ finché la morte non verrà”, e ancora “Metà pirata metà artista/ un vagabondo un musicista/ che ruba quasi quanto dà”.
Le métèque gli regala la fama ma non ne condiziona il successivo percorso musicale. Moustaki non accetta di restare prigioniero di un brano né di un periodo. Il suo personaggio da garbato anticonformista, la sua voce quasi colloquiale, la sua capacità di fondere esperienze artistiche molto diverse sono gli elementi principali di una longevità artistica segnata da più di venti album, migliaia di concerti in luoghi diversi, dalla Carnegie Hall di New York alle Università occupate, dalle grandi piazze delle capitali d’Europa agli angusti locali del Folkclub di Roma.
Georges Moustaki è la dimostrazione di come si possa lasciare un segno importante sulla scena musicale senza mai alzare la voce. L’aveva capito bene Leo Ferré che gli diceva «tu sussurri le stesse cose che io grido», ironizzando su quell’aria precoce da profeta che gli era stata regalata anche dal precoce imbianchimento della barba e dei suoi capelli lunghi. Nel 1996 la Francia lo insignisce dell’onorificenza di Commandeur des Arts et Lettres e la televisione trasmette uno speciale sulla sua vita. Tra anni dopo l’Unesco lo inserisce nel prestigioso elenco degli Artisti per la Pace. Lui ringrazia ma non si esalta.
Moustaki interpretò anche una versione in francese di Marche de Sacco et Vanzetti, cover della memorabile Here’s to you (l’aveva scritta Ennio Morricone per la voce di Joan Baez, indimenticabile nel film “Sacco e Vanzetti”) né disdegnò di avventurarsi in brani più leggeri.
Moustaki fu anche attore. Nello sceneggiato televisivo “Il conte di Montecristo” interpretò il ruolo dell’Abate Faria.
La Scomparsa di un Artista Cosmopolita
Da tempo sofferente di problemi respiratori muore il 23 maggio 2013 all’età di 79 anni. I troppi consensi sembrano spaventarlo ancora dopo tanti anni e le folle osannanti non gli scaldano il cuore perché «…quando hai di fronte un milione di persone provi un’emozione grande, ma cerebrale perché non le vedi. Quando ne hai poche decine, invece, li guardi tutti negli occhi e loro guardano te, non c’è paragone…».
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