Georges Moustaki e il significato de "Lo straniero"
Il 3 maggio 1934 nasce Yusef Mustacchi, figlio di Nessim e Sarah, due ebrei greci originari dell’Isola di Corfù, destinato a diventare uno dei grandi cantautori europei del Novecento con il nome d’arte di Georges Moustaki. La nascita avviene ad Alessandria d’Egitto dove i suoi genitori gestiscono una libreria. Fin da piccolo lui è figlio di tante culture. In lui convivono tutte le culture del Mediterraneo.
Giornalista, abile pianista e scrittore, in seguito anche pittore e attore, George Moustaky, il cui vero nome era Giuseppe Mustacchi, conobbe proprio a Parigi, nei primi anni ’50, il celebre cantautore Georges Brassens per il quale sembra nutrisse un’immensa stima e, successivamente, nel 1958, ebbe anche la fortuna di incontrare la famosissima Edith Piaf, impareggiabile cantante ed interprete musicale francese, alla quale propose molte canzoni proprie.
Greco perché figlio di greci, ebreo per religione, egiziano per nascita, francese per destino e cosmopolita per animo, Moustaki ha fatto delle commistioni la sua scelta musicale e artistica. Nella sua carriera ha collezionato una serie impressionante di collaborazioni iniziando a scambiare note e atmosfere con altri artisti molti anni prima che questa pratica diventasse quasi una normale abitudine artistica nel mondo globalizzato. In lui la tensione artistica e la ricerca continua coincidono in un’evoluzione artistica che è cominciata negli anni Cinquanta ed è durata oltre mezzo secolo.
Affascinato dalla letteratura e dagli chansonnier francesi nel 1951, dopo essersi diplomato va a Parigi per una breve vacanza e scopre di non aver più voglia di tornare a casa. Nel capoluogo francese sbarca il lunario con lavori occasionali e impara a suonare la chitarra che gli ha mandato sua madre dall’Egitto. Strimpella e scrive qualche canzone cercando di fare il verso a Georges Brassens, che ha ascoltato per la prima volta al Trois Baudets. Proprio Brassens lo incoraggia a continuare, gli dà qualche consiglio e alcuni indirizzi utili.
Il giovane Yussef decide che il suo nome d’arte sarà Georges in omaggio allo chansonnier che per primo gli ha dato una mano mentre il complicato Mustacchi diventa Moustaki, più semplice da pronunciare per un francese. Nel 1958 Georges Moustaki incontra Henri Crolla, uno dei personaggi chiave della scena musicale parigina di quel periodo, compositore di brani portati al successo da Yves Montand, Colette Renard e Barbara. Tra i due è amore a prima vista e non solo sul piano professionale. Proprio per la Piaf nello stesso anno scrive canzoni come Eden blues o Le gitan et la fille.
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Proprio insieme a Marguerite Monnot, l’inseparabile pianista, compositrice, amica e confidente di Edith Piaf nel 1959 scrive Milord, una canzone destinata a trasformarsi in uno dei più grandi successi internazionali dell’Usignolo di Francia. Proprio il successo del brano rende Moustaki uno degli autori più richiesti della scena musicale francese degli anni Sessanta e le sue composizioni finiscono nel repertorio di cantanti come Yves Montand, Colette Renard, Henri Salvador, Tino Rossi e Barbara solo per citarne alcuni.
Nel 1966 incontra l’attore Serge Reggiani, che è intenzionato a debuttare anche come cantante. Moustaki scrive per lui brani di successo come Sarah, Votre fille a vingt ans, Ma liberté e Ma solitude. Nel 1968 inizia a tirare un’aria diversa, più favorevole anche al Moustaki interprete. In quell’anno infatti scrive per Barbara La dame brune, uno dei più bei pezzi del repertorio della cantante, che lui stesso canta in duo con lei in un tour che tocca anche l’Olympia.
Il grande successo è arrivato. Nel 1970 vince il Grand Prix della Académie Charles-Cros. Le métèque gli regala la fama ma non ne condiziona il successivo percorso musicale. Moustaki non accetta di restare prigioniero di un brano né di un periodo. Il suo personaggio da garbato anticonformista, la sua voce quasi colloquiale, la sua capacità di fondere esperienze artistiche molto diverse sono gli elementi principali di una longevità artistica segnata da più di venti album, migliaia di concerti in luoghi diversi, dalla Carnegie Hall di New York alle Università occupate, dalle grandi piazze delle capitali d’Europa agli angusti locali del Folkclub di Roma.
"Lo Straniero": Un Inno all'Identità Meticcia
È un métèque, il meteco, il forestiero come lui stesso si definisce nell’omonima canzone che gli italiani hanno conosciuto con il titolo de Lo straniero. Conosce otto lingue, francese, arabo, ebraico, italiano, spagnolo, portoghese, inglese e greco, ma sostiene che la più importante, quella che gli ha consentito di comunicare con il mondo è la nona, cioè la musica. Nel 1969 questo strano tipo barbuto, che cantava con un accento ancora più strano, si fece conoscere in Italia con questa canzone. Il suo nome era Georges Moustaki, sembrava un tipo greco, però era francese.
La canzone era stata scritta in francese con il titolo “Le métèque”, il meticcio, proprio poco tempo prima e in italiano l’aveva tradotta Bruno Lauzi. Questa canzone fu ripresa e reinterpretata in italiano anche da Dalida nel 1961. La canzone conquista il primo posto della classifica di vendita italiana rimanendoci per svariate settimane. Quando nel febbraio del 1969 appare alla tivù francese nella trasmissione Discorama e intona Le Métèque, il brano che nella versione italiana prenderà il titolo di Lo straniero, nessuno si aspetta quanto sta per accadere.
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Nel giro di 48 ore la canzone sbanca gli ascolti e inizia una vertiginosa scalata alle classifiche di vendita di tutt’Europa. Georges Moustaki è ormai una star di primo piano che per un decennio almeno incarna davvero l’immagine dello straniero. Uno straniero di gran fascino, artista e giramondo, affamato di vita e d’amori. Un personaggio che non è frutto di un accurato marketing ma rispecchia appieno la sua vocazione di cittadino del mondo.
Ma perché meticcio? Sembra che la canzone sia nata da un episodio particolare. Moustaki, viveva in Francia da anni, aveva conosciuto una signora con cui aveva stretto profonda amicizia, diciamo così. Il cantautore volle risponderle ironicamente in musica, scrivendo questa canzone che è sì una canzone d’amore, ma la canzone d’amore di un etereo, strampalato, libero, vagabondo, un sognatore. Con l’aggiunta di una musica intrigante mezza greca, in quegli anni in cui tra Zorba e Colonnelli il sirtaki era ascoltato spesso. Un ritmo intimo e mediterraneo che si fonda sulle basi musicali greche che l’autore aveva ereditato dalle sue origini.
Stranieri, insomma. Stranieri in patria. O stranieri intermedi; dandogli del métèque, la sua amica gli dava un significato di indefinibile, di intermedio, di meticcio appunto. Gli dava di qualcuno cui, nonostante l’amicizia e non solo, non era riconosciuto lo status di “francese”. Non era “puro”, ma poi che significa puro? E così lo metteva a tacere. Ci ricorda qualcosa? Riflettiamoci seriamente, perché questo è il domani…Meteco, meticcio, emigrato, immigrato, senza casa, senza terra, apolidi, senza radici, persone sospette, strani personaggi venuti da chissà dove, portano sempre dolore, prenderà qualcosa? E quando arrivano, come oggi, sulle nostre coste disperati su barconi di fortuna o come in questi mesi famiglie, spesso solo donne con figli, perché il marito è rimasto a combattere, in una pena che non vede fine, purtroppo tanti di noi, prima ancora di portare aiuto si domandano: che vorranno? come faremo?
Nell’edizione italiana non c’è nessun meteco: Moustaki canta “con questa faccia da straniero”. Tuttavia la parola métèque genera un’eco parecchio interessante. Nel mondo Greco il meteco era infatti “il forestiero libero che risiedeva stabilmente in una città, escluso dalla partecipazione attiva alla politica e gravato di particolari imposte”.
L'Eredità Musicale e Culturale di Moustaki
Georges Moustaki è la dimostrazione di come si possa lasciare un segno importante sulla scena musicale senza mai alzare la voce. L’aveva capito bene Leo Ferré che gli diceva «tu sussurri le stesse cose che io grido», ironizzando su quell’aria precoce da profeta che gli era stata regalata anche dal precoce imbianchimento della barba e dei suoi capelli lunghi. Nel 1996 la Francia lo insignisce dell’onorificenza di Commandeur des Arts et Lettres e la televisione trasmette uno speciale sulla sua vita. Tra anni dopo l’Unesco lo inserisce nel prestigioso elenco degli Artisti per la Pace. Lui ringrazia ma non si esalta.
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Da tempo sofferente di problemi respiratori muore il 23 maggio 2013 all’età di 79 anni. In effetti se ci pensiamo bene, gentile lettore, siamo tutti meticci, migranti, incroci tra nonni e nonne di varie regioni, in Italia come in tutte le nazioni del mondo. I troppi consensi sembrano spaventarlo ancora dopo tanti anni e le folle osannanti non gli scaldano il cuore perché «…quando hai di fronte un milione di persone provi un’emozione grande, ma cerebrale perché non le vedi. Quando ne hai poche decine, invece, li guardi tutti negli occhi e loro guardano te, non c’è paragone…».
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