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I Mercanti di Liquore e la Storia del Viaggiatore

I Mercanti di Liquore sono un gruppo rock-acustico fondato nei primi anni '90 da Lorenzo Monguzzi, Simone Spreafico e Piero Mucilli, tre musicisti di Monza che già suonavano insieme nel gruppo rock degli Zoo.

Il gruppo riesce a farsi notare innanzitutto per le sue splendide interpretazioni di alcune canzoni di Fabrizio De André e di altri autori significativi nel contesto della musica d'autore italiana.

La Carriera Musicale

Mai Paura, il primo CD registrato dai Mercanti (che contiene soprattutto cover di De André), esce nel maggio del 1999. L'album ottiene recensioni positive dalla critica specializzata e viene distribuito a livello nazionale nel catalogo IRD.

Nel giugno 2000 i Mercanti pubblicano un singolo contenente Geordie, una nuova versione della canzone Mai paura e Canzonetta. Sempre nel 2000 i Mercanti di Liquore progettano e realizzano lo spettacolo Gente Invisibile: omaggio a Fabrizio De André e a tutti quelli che hanno raccontato storie sbagliate, rappresentato in diversi teatri italiani.

Il 25 aprile 2001 i Mercanti di Liquore partecipano alla manifestazione Appunti Partigiani, ideata dall'attore Marco Paolini.

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La musica dei poveri esce invece nel marzo del 2002. Per la maggior parte il CD contiene composizioni originali che testimoniano la completa evoluzione del gruppo da cover-band a soggetto autonomo in grado di esprimersi tramite le proprie linee melodiche e compositive. Il tema dell'album è la storia dei vinti e degli oppressi, e non mancano certo numerosi riferimenti agli autori che hanno ispirato e guidato il gruppo nella sua crescita artistica (Van De Sfroos, De Gregori, Guccini, De André).

La musica che accompagna le canzoni è scarna, quasi essenziale, e appare come un amalgama di melodia popolare e ritmica moderna. Nel 2003 i Mercanti si cimentano nell'iniziativa Case del Popolo Tour.

La Metafora del Viaggio e la Ricerca di Essenzialità

Mi chiedono spesso: “Perché torni così di frequente in Mongolia? Non c’è niente lì!” Ed è proprio questo il punto. Non c’è niente, eppure c’è tutto. Viviamo in un’epoca ossessionata dall’urgenza, dal fare e dal possedere.

Corriamo verso obiettivi che mutano di continuo, inseguiamo sogni che si dissolvono al raggiungerli. Il tempo ci sfugge, o forse siamo noi a fuggire da lui, intrappolati in una rete di abitudini e convenzioni.

In quella vastità senza limiti, in quel “niente” che il mondo moderno non riesce a comprendere, trovo tutto ciò di cui ho bisogno. Non ci sono orologi che scandiscono le ore, non ci sono edifici a ostruire il cielo, non ci sono rumori a coprire il silenzio.

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L’inverno, con la sua quiete, è un invito alla riflessione. È il tempo dell’attesa, della semina interiore. Ma già penso al prossimo luglio, quando tornerò in quella distesa infinita, e spero di portarvi con me, almeno con il pensiero. Condividere con voi quell’esperienza di “niente” che, alla fine, si rivela essere tutto.

Un Racconto di Incontri e Tradizioni

Cosa ci portiamo a casa di un cammino? Del primo giorno di cammino però non scorderò il racconto del signor Cesare, quasi novant’anni, uno degli ultimi abitanti del borgo di Castelvecchio, che abbiamo incontrato mentre ci riposavamo vicino a un vecchio fontanile: “L’acqua buona, e l’aria pulita. Due cose ci sono rimaste qui, ma tanto mi basta per vivere felice” così esordisce la nostra conversazione.

“Da ragazzini, se vicino a una fontana notavamo tracce di molliche di pane, sapevamo che erano passati i Briganti. Non quelli dell’800 eh! Noi chiamavamo così pure i ladri e i farabutti, quelli che non lavoravano e che andavano a rubare il cibo nelle case. Arraffavano tutto quello che potevano e scappavano via.

E allora succedeva che per poter rendere mangiabile il pane che nel frattempo nei giorni si era fatto duro venivano qui, vicino ai fontanili, e lo bagnavano per renderlo più morbido. E a quel punto per noi era meglio stare accorti perché potevano essere ancora nei paraggi.

Una persona estremamente semplice, un racconto essenziale, un incontro genuino avvenuto senza alcuna pretesa.

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Il Viaggio in Bicicletta e la Storia della Fotografia

Pendici dell’Etna, maggio 2024 - In due tappe e centotrenta chilometri di asfalto raggiungo Randazzo, alle pendici dell’Etna. Lascio le Madonie e accarezzo i Nebrodi. Dopo una deviazione per Castelbuono e Geraci Siculo, ritorno sulla statale 120, che ricalca la Regia Trazzera Grande di Palermo, una delle principali arterie della Sicilia, che collegava Palermo a Messina.

Prima di Troina, nei pressi di Sperlinga, fu scattata da Robert Capa la celebre fotografia del soldato americano accovacciato mentre un contadino, con un bastone, gli indica la direzione presa dai tedeschi. La foto, scattata durante la campagna di Sicilia nell’agosto del 1943, è diventata un’icona della fotografia di guerra.

Accosto la bicicletta alla bacheca in metallo che ricorda il luogo dello scatto e osservo la piccola collina che ho di fronte. Il paesaggio è completamente cambiato. Stento a riconoscere i luoghi.

Robert Capa, pseudonimo di Endre Friedmann, è considerato il più grande fotoreporter di guerra al mondo. Insieme al grande amore della sua vita, Gerda Taro, documentò la guerra civile spagnola. Gerda incontrerà la morte a Brunete, travolta dai cingoli di un carro armato lealista: la prima donna fotografa a perdere la vita durante un reportage di guerra.

A Troina visito il museo della fotografia di Robert Capa, dove sono esposte 62 foto inedite del grande reporter.

Dopo Cesarò visito l’abbazia di Santa Maria di Maniace, meglio conosciuta come il Castello di Nelson. Il 3 settembre del 1799, Ferdinando di Borbone la dona a Nelson, conferendogli anche il titolo di Duca di Bronte, per il decisivo aiuto offerto dall’ammiraglio nella repressione della Repubblica Partenopea.

Raggiungo la Ducea nel primo pomeriggio. È maggio, ma nelle riarse terre siciliane è già estate inoltrata. Entro con la bicicletta nel cortile che ospita la croce celtica con l’iscrizione latina “Heroi Immortali Nili”, e mi affaccio alla biglietteria.

Le stanze sono ampie, spaziose e arredate con mobili d’epoca, e si affacciano su un lungo corridoio decorato con quadri di battaglie navali. Un Bechstein domina il salotto, e ovunque sono esposti diplomi, lettere e ritagli di giornali. Nelson non vi abitò mai.

Durante la spedizione dei Mille si ricorda il massacro di Bronte, ad opera di Nino Bixio, luogotenente di Garibaldi. Il Generale aveva promesso le terre ai siciliani in cambio dell’appoggio alla spedizione. Tuttavia quelle speranze furono disattese e scoppiò una rivolta popolare, diretta anche contro i proprietari della Ducea, che possedevano oltre ottomila ettari di terreni. La rivolta popolare sfociò nel sangue e fu repressa duramente.

La Storia del Mercante di Liquori: Un Racconto di Rivalità e Successo

C'era una volta un mercante di liquori che vagava di bar in bar cercando di venderli. Purtroppo non riscuoteva molto successo, perché poche persone apprezzavano i suoi liquori. Il nome? Non ce l'aveva un nome. E non aveva neanche una casa.

Aveva una barba ispida e irsuta, un labirinto ci ciocche che si estendeva lungo tutto il busto e la utilizzava in guisa di porta ingredienti segreti. I suoi occhi parevano un abisso senza fondo. Non ci credete? “Sentii due tocchi. Era un nuovo cliente, sembrava un po' ubriaco. Nel bar della piazzetta non era mai entrato nessun liquoraio come quello. L'insegna scintillava come i suoi occhi. Non vi dico come li preparava... Scotendo la barba faceva cadere gli ingredienti nella bottiglia. E' strano dirlo: tutto sommato non erano male, ma accettando quelle bevande avrei perso clienti, quindi lo cacciai via.

Però, siccome i clienti cominciarono ad apprezzare i liquori, incominciarono ad esserci dei rivali che volevano impossessarsi delle ricette. E' una notte fredda, oscura e nevosa... La luna nel cielo è inquietante e sembra incantata. Ottime condizioni per rubare a quel venditore... Il mio unico rivale, il fabbricante misterioso, il viaggiatore del mondo.

Mi avvicino di soppiatto al suo nascondiglio: una nicchia in penombra con della paglia dentro scavata sul fondo del muro del vicolo cieco. Quel povero pezzente pur avendo molto successo non ha una casa. Nel buio riesco a scorgere aguzzando la vista quel famigerato taccuino che come uno scrigno blindato racchiude le parole della mia gloria. Caro diario, quel gesto avventato che faccio per prenderlo mi costa quasi la galera, perché sgraffignando goffamente alcune pagine di quaderno, sveglio l'inconsapevole venditore.

Con il cuore in gola e la gola in fiamme, tossicchiante mi metto a correre scappando da urli e sassate. Ce l'ho fatta... Al mio risveglio mi accorsi che mancavano delle pagine nel mio taccuino, ma trovai un foglio davanti al bar di un certo Johan... un mio foglio! Entrando vidi il mio rivale che vendeva liquori a palate... avevano un' aria familiare... aspetta; erano i miei! Lui mi lanciò un occhiata fulminea e mi accorsi che non ero gradito.

La mia carriera sembrava rovinata, ma non poteva finire così male, come quando un libro ti entusiasma ma il finale è brutto, oppure quando gusti un pasto succulento ma il dolce è deludente. Andai a protestare e richiesi le pagine del mio successo mostrando quel che rimaneva del taccuino ai clienti incuriositi. Ma Johan aveva già escogitato un piano ed esclamò:<>.

A quel punto gli occhi della folla saettarono e schizzarono guardandomi come se fossi un impostore che voleva rubare la fama a tutti. Ero a corto di idee, quindi dissi :<>. <<86, 87... finito!>>. Johan era meravigliato e stupito, perché ormai mi ero ripreso quello che mi spettava.

Lui intanto aveva scritto solo 4 ricette e faceva credere al pubblico che era l'emozione e che gli veniva da piangere perché gareggiava conro un barbone. Ma come scusa non era molto credibile, quindi non gli cedettero e mi annunciarono vincitore. Mi sentivo felice come non mai.

Ma quel mascalzone di Johan scappò con i miei 87 fogli, e, con la rabbia che mi corrodeva il cervello, mi misi a correre all'impazzata. Ma un cliente mi rassicurò e chiamò la polizia, che blocco quel delinquente. In preda alla collera mi ripresi le ricette e gli sputai in faccia. Il suo bar diventò mio e il mio successo e la mia fama si ingrandirono enormemente. Beh, caro diario, a questo punto non so più che dirti.

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