Il Portiere e lo Straniero: Un Riassunto Dettagliato
In Lo Straniero di Albert Camus, Meursault si trova di fronte alla morte di sua madre, reagendo con apparente distacco. Guarda, ascolta, fuma, passivamente, limitandosi a rispondere senza partecipare emotivamente.
Il giorno successivo, la sua vita prosegue con la stessa indifferenza: incontra Marie, fa il bagno e dorme con lei, non per desiderio, ma perché lei è presente. Similmente, aiuta il suo vicino Raymond senza riflettere sulle conseguenze, semplicemente rispondendo alle sue richieste insistenti.
Raymond invita Meursault, Marie e una coppia di amici a un picnic in spiaggia. Durante una passeggiata, vengono avvicinati da alcuni arabi con cui Raymond ha dei conti in sospeso. Scoppia una lite, e Meursault osserva passivamente. Più tardi, ritornando da solo alla sorgente sulla spiaggia, incontra uno degli arabi. Non prova odio, né ha un particolare ricordo dell'alterco precedente.
Meursault, il narratore, descrive gli eventi in modo distaccato, senza interpretarli o inserirli in un contesto logico, dando l'impressione di essere completamente estraneo al mondo che lo circonda.
Il Processo e la Condanna
La condanna di Meursault è dovuta principalmente alla sua insensibilità durante il funerale della madre, al suo mancato rispetto del decoro. Non si è comportato come ci si aspettava da lui in tali circostanze: fumava, beveva latte, si rifiutava di vedere il corpo della madre, è andato al cinema e ha passato la notte con Marie Cardona. Questi elementi si ritorcono contro di lui durante il processo, e il pubblico ministero chiede la sua condanna perché non ha mostrato segni di dolore né si è giustificato durante le indagini o le udienze.
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Camus analizza il comportamento del suo personaggio nella prefazione a un'edizione del 1958: "Nella nostra società, un uomo che non piange al funerale della madre rischia di essere condannato a morte. L'eroe del libro è condannato perché non sta al gioco, si rifiuta di mentire. Mentire non è solo dire ciò che non è."
Meursault: Un Personaggio Complesso
Meursault vive a Belcourt, un sobborgo popolare di Algeri, conducendo una vita da scapolo. La morte della madre sconvolge la sua routine, come emerge dalle prime pagine del romanzo.
Se Meursault non esprime apertamente i suoi sentimenti, prova comunque sensazioni intense. Poco prima dell'omicidio, percepisce il calore del sole in modo particolarmente acuto.
Meursault non è lo stesso all'inizio e alla fine del romanzo. Inizialmente, descrive la morte della madre con un linguaggio amministrativo. Successivamente, riflette su di lei in modo più umano: "Mi è sembrato di capire perché alla fine di una vita si fosse presa un 'fidanzato', perché avesse giocato a ricominciare da capo." Prima della sua esecuzione, non si limita più a raccontare i fatti materiali della sua vita quotidiana. I suoi sentimenti per la madre si sono evoluti, e la vede come un essere umano simile a lui nella loro condizione comune. La vicinanza della morte sembra permettere a Meursault di trovare una nuova relazione con gli altri e con il mondo.
Marie e la Natura
Meursault incontra Marie, una dattilografa che lavora nel suo ufficio, alla spiaggia. La loro relazione è principalmente sensuale, con poche parole scambiate. Ogni volta che fanno il bagno insieme, la presenza fisica di Marie è associata alla percezione di un'armonia con gli elementi naturali: il mare e il sole. Marie permette, in un certo senso, la comunione dell'eroe con la natura.
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Raymond: L'Amicizia Accidentale
Meursault diventa amico di Raymond senza averlo scelto. Raymond lo invita a casa sua "a mangiare qualcosa", e Meursault accetta passivamente, pensando che lo salverà dalla cucina. Raymond gioca un ruolo importante nella condanna di Meursault, poiché la lettera che Meursault scrive per lui permette al pubblico ministero di parlare del carattere discutibile di Meursault.
Salamano: Un Riflesso della Perdita
Salamano, un altro vicino di Meursault, ha appena perso il suo cane e Meursault lo sente piangere. Salamano gli aveva anche detto cosa si diceva nel quartiere quando aveva mandato sua madre in un ospizio. La narrazione stabilisce così una relazione tra le due coppie: Meursault-sua madre e Salamano-il suo cane. Questi effetti speculari sottolineano l'idea della perdita di una persona cara senza che tali sentimenti siano attribuiti direttamente a Meursault.
Lo Stile e il Tempo nel Romanzo
Lo stile de Lo Straniero colpisce per la sua semplicità e naturalezza. Non troviamo, dietro la scrittura di Camus, le abitudini retoriche proprie dei grandi romanzieri dell'Ottocento. La prima parte del racconto copre diciotto giorni, mentre la seconda parte copre quasi un anno. Il tempo del romanzo è lineare, senza ritorni al passato.
L'Evoluzione di Meursault
L'indifferenza di Meursault verso gli altri cambia dopo il crimine. La società lo costringe a reagire, paradossalmente risvegliando in lui sentimenti di simpatia che prima non provava. Il giudice gli sembra "molto ragionevole e, nel complesso, comprensivo", e il dispiacere del suo avvocato lo rattrista.
L'evoluzione di Meursault si avverte nel modo in cui percepisce i rappresentanti della società. Inizialmente, descrive piccoli dettagli che lo colpiscono, come la cravatta bizzarra dell'avvocato o il vestito rosso del presidente. Successivamente, nota gli occhi lucidi del giornalista e ha la sensazione di essere osservato attentamente.
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La Tenera Indifferenza del Mondo
Così vicino alla morte, svuotato di ogni speranza e paura, Meursault si apre "per la prima volta alla tenera indifferenza del mondo. Ero stato felice e lo ero ancora".
Interpretazioni dell'Epilogo
Se proviamo a leggere l'epilogo dello Straniero alla luce teorica e retrospettiva del Mito di Sisifo, ci si presentano diverse interpretazioni, tutte che ci dicono che Meursault non seppe "sostenere la straziante e meravigliosa scommessa dell'assurdo", perché queste interpretazioni sono altrettante spiegazioni di un "consenso". Se, ad esempio, Meursault acconsente alla propria morte, può essere paragonato a un suicidio. Questa è l'accettazione al limite. "Tutto è consumato, l'uomo ritorna alla sua storia essenziale. Il suo futuro, il suo unico e terribile futuro, lo discerne e vi si precipita dentro". Il suicidio risolve quindi l'assurdo. Lo trascina nella morte.
- Prima dell'omicidio: Meursault è indifferente, passivo e distaccato.
- Dopo l'omicidio: La società lo costringe a reagire, risvegliando in lui sentimenti di simpatia.
- Verso la fine: Meursault si apre alla "tenera indifferenza del mondo", accettando la sua condizione.
Altra ipotesi: si trattava di “morire irreconciliabile” ed è in comunione con il mondo che Meursault va invece alla morte. La sua riconciliazione finale appare allora solo come un’estrema illusione consolatrice. Ricoprendo il mondo di un significato illusorio, Meursault cede a questa esigenza antropomorfica di familiarità con ciò che ci è tuttavia radicalmente ostile ed estraneo. Ha negato lo “spessore” e la “stranezza” del mondo e quindi l’assurdo è svanito. “C’è tanta tenace speranza nel cuore umano. Gli uomini più nudi finiscono talvolta per acconsentire all’illusione”.
Altra ipotesi: Meursault avrebbe adottato una filosofia di tipo Chestoviano, non avrebbe più acconsentito alla morte o alla natura ma all’assurdo stesso; e sperimenterebbe, nella sua comunione con il mondo, “l’euforia dell’irrazionale e la vocazione all’estasi” che distoglie necessariamente una mente lucida dall’assurdo. Così la rivolta viene nuovamente elusa: «L’uomo integra l’assurdo e in questa comunione fa scomparire il suo carattere essenziale, che è opposizione, strappo e divorzio. Questo salto è un’evasione». Perché l’irrazionale qui è diventato dio. E senza dubbio Camus stesso non sceglie né aderisce a nessuna di queste risposte. La figura di Cristo ossessiona The Stranger e Camus ne moltiplica il significato.
L'Influenza di Nietzsche
Il Nietzsche dell’Anticristo alimenta qui il testo con i suoi significati. Antichrist è la denominazione che ironicamente - e sintomaticamente - riprende l’indirizzo di Meursault, il giudice istruttore alla fine di ogni suo interrogatorio: “Per oggi è finita, Monsieur l’Antichrist”. Questa designazione non ha, ovviamente, lo stesso significato per il giudice e per l’autore.
Per il giudice ante significa anti e l’espressione giovannea dell’Apocalisse parla dell’indifferenza e dell’insensibilità (l’indurimento del cuore) di Meursault di fronte all’immagine paradigmatica del dolore redentore espressa dal crocifisso che il giudice agitava con veemenza davanti agli occhi di il peccatore: «Sono cristiano. A costui chiedo perdono delle tue colpe. Come fai a non credere che abbia sofferto per te? Di fronte all’arringa del teologo-giudice, sul sacrificio dell’innocente per il colpevole, Camus - seguendo in questo senso Nietzsche - descrive attraverso Meursault un Cristo o un Anticristo di tipo completamente diverso: un Cristo prima della teologia cristiana, da prima dell’invenzione della colpa, del peccato, del sacrificio e della redenzione, un Cristo essenzialmente innocente, in comunione immediata con Dio in un’esperienza vissuta di una beatitudine che non è privilegio di uno o di pochi, alcuni ma che potesse essere condiviso da tutti, “come una vita innamorata senza reticenze o esclusività, senza distanza” o resistenza.
Meursault, seguendo l’esempio di sua madre, seguendo l’esempio di questo Cristo (che è anche lei) e che Nietzsche descrive, Meursault o “non resiste, non difende il suo diritto, non fa un gesto per volgere l’estremo lontano da lui, molto meglio, lo provoca…». E questa negazione non è un abbandono, è una scelta.
In uno schema storico essenzialmente nietzscheano, Meursault esprimerebbe dunque (nell’identità della madre) il tipo dell'”ultimo uomo”, quello per il quale “tutto è vuoto, tutto è uguale, tutto è finito”. È lo stadio del nichilismo passivo, cioè del “punto zero” di esaurimento di una cultura (o di un immaginario) che troverebbe così, nella sua fine, il tipo naturale, elementare della sua origine ma anche il fulcro della un possibile rimbalzo.
Nel rumoroso e reticolato parlatorio del carcere dove gli esseri compensano con grida la distanza della separazione, in questo spazio ristretto dove i frammenti di frasi semplificate all’estremo cozzano l’uno contro l’altro in modo assurdo, dove Marie con un smile artificialmente cerca di dare vita alla speranza - è il nostro stesso mondo… - Meursault nota accanto a sé un “giovanotto dalle belle mani” davanti a una “vecchietta” che si guardano senza parlare con intensità: “L’unica isola di silenzio era accanto a me in questo giovanotto questa vecchietta che si guardava. A poco a poco gli arabi furono portati via. Quasi tutti tacquero appena uscì il primo La vecchietta si avvicinò alle sbarre e nello stesso tempo una guardia fece un cenno al figlio, disse: “Arrivederci, mamma” e lei mise la mano tra due sbarre per fargli un piccolo cenno, lento e prolungato. Comunione intensa e silenziosa e, infine, ineludibile separazione tra madre e figlio, tra l’uomo e il mondo. Questo piccolo segno tra le sbarre, senza speranza, è anche quello che, sull’orlo della morte e nel cuore stesso della sua fratellanza con il mondo, Meursault percepisce nella “notte carica di segni e di stelle”. Segno di addio alla vita, addio della madre al figlio dal fondo della notte della sua verità.
Come insegna Epicuro, la separazione e la morte sono necessariamente incluse nei patti dell’uomo con la natura. La madre trasmette silenziosamente la vita e lentamente si ritira, lasciando il figlio nella prigione del mondo.
Nel mondo assurdo il valore di una vita si misura dalla sua infertilità e la madre di Jacques e Meursault “ha scelto di non essere niente”. E questa sterilità, che sfugge alla falsità, è esemplare: libera l’amore dall’immaginazione, dal desiderio di identificazione e di possesso e dal seguire tutti i suoi affetti passivi. Significa anche, però, un aumento della disponibilità alla vita nella sua diversità. L’amore esclusivo della madre totalizzante, divoratrice e nevrotica lascia il posto a una tenera indifferenza, a una certa “aria di assenza e di dolce distrazione come alcune persone innocenti portano perennemente” e di cui solo l’immensa solitudine di una terra magnifica e senz’anima , sereno e primitivo, sa dare la misura.
Silenziosamente, discretamente, la madre diventava naturale, d’accordo «con questo immenso paese intorno a lui di cui aveva sentito il peso, da bambino, con l’immenso mare davanti a sé, e dietro questo interminabile spazio di montagne, altipiani e deserto che noi chiamato l’interno, e tra i due il pericolo permanente di cui nessuno parlava perché sembrava naturale…” E Meursault aprirsi liberamente a questo vuoto immenso, a questa presenza permanente della morte e, insieme, anche al ricchezza del mondo.
C’è una perfetta contentezza nelle cose più semplici: “Il cielo era verde, mi sentivo contenta. Comunque andai subito a casa perché volevo farmi delle patate lesse”; la vita ritirata in una sola stanza… “il resto è abbandonato”; l’attitudine che Meursault riconosce di poter “vivere in un tronco d’albero secco senza altra occupazione che guardare il fiore del cielo”. Questo esprime senza dubbio l’attività immobile caratteristica dell’energeia epicurea. L’esplorazione del diverso appare allora, dal punto di vista di questa semplificazione della vita, contraddittoria. È però l’opposto di un’agitazione suscitata dalla mancanza e dall’illusoria infinità dei desideri. Piuttosto l’estensione indefinita dell’attività immobile di una pienezza.
Meursault è anche Don Juan. Questa vita lo soddisfa. Non conosce la mancanza, ma il suo desiderio corre comunque di corpo in corp... Avete presente quel delizioso libricino di Max Aub, che si chiama Delitti esemplari? Quello in cui si trovano tutte le motivazione degli omicidi, tipo: “L’ho ucciso perché avevo il mal di pancia”? Per uccidere non c’è bisogno di valide e profonde motivazioni, basta avere un’arma al momento giusto. Scrive Max Aub: “Lo uccisi perché invece di mangiare ruminava”, oppure: “Lo uccisi perché avevo una pistola”.
La Semplicità Disarmante della Trama
La trama de Lo straniero è di una semplicità disarmante. Pubblicato nel 1942, il romanzo è stato tradotto in 45 lingue ed è uno dei libri più letti di tutti i tempi. Ecco la sua storia in pillole. Il suo insegnante di filosofia, Jean Grenier, che sarà suo grande amico (a lui dedicherà il Nobel), convince la madre a fagli continuare gli studi e lo prepara al concorso per una borsa di studio all’Università di Algeri. La tubercolosi gli impedisce di giocare a pallone - è un eccellente portiere - e di seguire la carriera universitaria.
André Malraux legge Lo straniero e fa di tutto per convincere Gaston Gallimard a pubblicarlo.
Le Critiche e la Posizione di Camus
A partire dal 1952, viene esposto a un fortissimo attacco da parte degli intellettuali comunisti. Sartre lo accusa di non essere marxista. Tra le sue colpe c’è di aver denunciato quello che stava accadendo in Unione Sovietica, ovvero le oscenità criminali della dittatura di Stalin, di cui era proibito parlare. Camus è meno ideologico e più umano, non pensa che il fine giustifichi i mezzi e questa posizione per Sartre è intollerabile perché ritiene che la rivolta debba passare per un’azione violenta. Per Camus la vita vale più delle idee, in Unione Sovietica come in Algeria, e Sartre lo accusa di essere un intellettuale da camera.
Il fascino del libro risiede in quest’omicidio senza motivo che crea un mistero. E’ evidente che lui ha ucciso l’arabo, lo ha fatto sotto ai nostri occhi, ma non capiamo perché. Abbiamo il colpevole ma ci manca il movente e questo è destabilizzante. Non c’è un significato sicuro, non si può raggiungere l’essenza del romanzo e forse in questo sta la sua grandezza e universalità. Ecco la risposta che l’imputato dà al processo quando gli chiedono perché lo ha fatto: “L’ho ucciso perché c’era il sole”. Il pubblico in aula ride.
Gli Ultimi Anni di Camus
Dopo aver lasciato l’Algeria, Camus era andato a vivere a Parigi, nel VI arrondissement. Ma odiava stare a Parigi e odiava i parigini. Soprattutto odiava l’atmosfera della vita letteraria francese. Per tutta la vita ha pensato che avrebbe voluto vivere da qualche altra parte e quando ebbe il Nobel, con i soldi del Premio comprò una casa nel sud della Francia, a Lourmarin, da dove poteva vedere l’Algeria oltre le colline della Provenza.
Morì nel gennaio del 1960 in un incidente automobilistico insieme al suo amico ed editore Michel Gallimard che era alla guida dell’auto. La moglie e la figlia dell’editore si salvarono. Nell’auto, sul sedile in cui era seduto, venne trovato il manoscritto incompiuto de Il primo uomo. In tasca aveva un biglietto del treno per Parigi.
In un’intervista al BBC World Book Club, Olivier Todd, uno dei biografi dello scrittore, sostiene che Camus era molto arrogante ma anche pieno di dubbi. Molto talentuoso e molto incerto sul suo talento. Fondamentalmente un insicuro. Todd racconta della prima volta che lo ha incontrato in un bar di Parigi. Aveva vent’anni, si era sposato da poco e stava in un caffè di Place Saint-Sulpice, seduto a un tavolo con un amico e sua moglie che era molto bella. Camus, che abitava nella porta accanto in Rue Madame, è entrato, si è seduto al bar e si è messo a guardarla come se volesse spogliarla con gli occhi. "Viene sempre il momento in cui bisogna scegliere fra la contemplazione e l'azione. Ciò si chiama diventare un uomo".
La Famiglia e la Giovinezza di Camus
Albert Camus, giornalista e filosofo, vince il premio Nobel per la letteratura nel 1957. Nato a Mondovi in Algeria nel 1913, tra l’amore di una madre che non sapeva né leggere né scrivere e l’assenza di un padre che conobbe solo in fotografia, Albert Camus fu doppiamente estraneo all’intellighenzia francese. Sua madre faceva le pulizie mentre suo padre, operaio in una cantina agricola, ferito durante la battaglia della Marne, morì con “il cranio aperto. Cieco e agonizzante durante una settimana […]”(“L’Envers et l’Endroit”, Il Rovescio e il Diritto 1938) servendo “un paese che non era suo”. Camus scrisse nella prefazione di 1958 “Solo col silenzio, col riserbo, con la naturale e sobria fierezza, questa famiglia, che non sapeva nemmeno leggere, m’ha dato allora le lezioni più alte, che durano sempre”.
Il piccolo Camus crebbe con la madre affettuosa che parlava poco e il fratello maggiore Lucien ad Algeri nel quartiere popolare di Belcourt. Scriverà più tardi: “Non ho imparato la libertà da Marx.
Con il ruolo di portiere, fece parte della squadra di calcio “tanto amata” del Racing universitario di Algeri. diventò membro del Partito Comunista ma ne fu escluso due anni dopo, nel 37, accusato di eresia politica. collaborò con due giornali quotidiani:- Alger Républicain: Nei suoi primi articoli sulla “miseria in Cabilia” scrisse “non esiste uno spettacolo più disperante che questa miseria nel mezzo del paese più bello del mondo”.
Dopo la censura dei due giornali, Camus dovette lasciare l’Algeria a causa delle sue opinioni politiche. Si stanziò a Parigi nel 1940 e lavorò come segretario di redazione al Paris-Soir. Entrò nella Resistenza nel 1943, si occupò del giornale Combat. Fu l’autore delle Lettres à un ami allemand (Lettere ad un amico tedesco), scritte e pubblicate durante l’occupazione.
Nel 1951, dopo diversi viaggi (in Algeria e nel Sudamerica) e soggiorni (Costa Azzurra, Vosgi) e malgrado il peggioramento della sua salute, Camus pubblicò un lungo saggio, L’Homme révolté (L’uomo in rivolta) che rimetteva in causa il concetto di rivoluzione: “ogni rivoluzionario finisce oppressore o eretico”.
Il Nobel e gli Ultimi Anni
Parigi, 17 ottobre 1957: foto che ritrae Ragnar Kumlin mentre annuncia ad Albert Camus di aver vinto il premio Nobel per la letteratura. Gli anni seguenti furono per lo scrittore una lunga fase di dubbio e depressione, accentuata dall’inizio della guerra d’Algeria nel 1954. Nel 1956 con il racconto brillante e cinico La Chute (La Caduta) sorprese sia i suoi ammiratori che i suoi detrattori. Quando ricevette il premio Nobel di letteratura a 44 anni, 20 anni dopo la sua prima pubblicazione, divenne il più giovane vincitore dopo J.R. Kipling. I discorsi pronunciati a Stoccolma e poi a Uppsala furono calorose difese dell’arte e della libertà: i Discorsi di Svezia diventarono presto la “bibbia” degli scrittori dissidenti e perseguitati.
Stava lavorando su un grande racconto autobiografico Le Premier Homme (Il primo uomo incompiuto, 1994) quando morì il 4 gennaio 1960 in un incidente d’auto guidata dal suo editore Michel Gallimard. In tasca aveva un biglietto ferroviario non utilizzato: si crede avesse pensato di compiere quel viaggio in treno, cambiando idea solo all’ultimo momento.
L'Assurdo e la Rivolta nelle Opere di Camus
Sono le due parole chiave di un’opera multiforme. Lo straniero di Camus: l'assurdità dell'esistenza. La formazione filosofica dello scrittore che attraversa i tempi bui della guerra e che combatte la malattia influenzano lo scrittore che non può dimenticare che la morte è sempre vicina, anche nel pieno della propria vita. Da qui, l’assurdità dell’esistenza. A. Camus è spesso affiancato agli esistenzialisti, ma grandi divergenze lo separano da Sartre. la seconda parte racconta il carcere, il processo e la pena di morte di Meursault colpevole di questo crimine, ma condannato non al nome del principio universale del rispetto della vita ma perché non ha pianto durante il funerale della madre.
La peste di Camus: il ciclo della rivolta. Il dottore Rieux, narratore de La Peste, trova invece nella lotta contro l’epidemia un’occasione per combattere contro l’assurdo. Ѐ l’attitudine di un “uomo in rivolta”, quella di Camus stessa, che trova nella vita, nella natura, nell’uomo, ragioni per sperare. La Peste si presenta come una riflessione allegorica sul male e sul recente trauma della guerra: come il male la peste resta latente in attesa dell’ambiente propizio a una nuova esplosione. L’uomo è chiamato ad essere “eroe”, data l’emergenza del morbo (del male) che infetta ogni vita. L’immenso successo internazionale rende La Peste un classico della letteratura antitotalitaria.
Quindi il sentimento dell’assurdo non porta alla rassegnazione ma alla rivolta. E questa rivolta porterà all’impegno.
Uno Straniero in Rivolta: Camus tra Impegno e Filosofia
Uno straniero in rivolta: Albert Camus tra impegno storico e interrogazione filosofica. Il 7 novembre 2013, presso la Biblioteca del Senato "Giovanni Spadolini", nella Sala degli Atti Parlamentari, si è svolto il convegno "Uno straniero in rivolta: Albert Camus tra impegno storico e interrogazione filosofica". Nel corso del convegno, accanto a quella di Camus è stata più volte evocata la figura di Sartre. Al riguardo Cesare Milanese ha evidenziato come essi - pur appartenendo entrambi alla sinistra - abbiano incarnato due figure contrapposte dell'intellettuale moderno. Emanuele santi ha indirizzato il suo sguardo sull'adolescenza algerina di Camus, sulla sua malattia, sulla passione per il calcio: giocava come portiere nel Racing Universitaire di Algeri.
Luigi Fenizi, nel concludere il convegno, ha tracciato un profilo complessivo di Camus, illustrando le ragioni per le quali merita un posto d'onore nel panorama culturale del Novecento. Con la formula "Mi rivolto, dunque siamo", egli ha riassunto efficacemente se stesso: intellettuale, insieme, "solitaire" (il singolare) e "solidaire" (il plurale). Ebbene: in un secolo contrassegnato da molteplici tradimenti, Camus è rimasto fedele a quel modo di essere, e per quella fedeltà ha pagato il prezzo dell'isolamento politico-intellettuale.
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