Albergo Atene Riccione

 

Il Viaggiatore Curioso: Un'Esplorazione di Significati e Implicazioni

Il viaggio si offre alla letteratura come un tema di immensa potenzialità e produttività per la sua idoneità a combinare narrazione e descrizione, spazialità e diacronia, e anche per la sua disponibilità a infinite sfumature di metaforicità e allegoria e per la sua apertura a suggestioni referenziali le quali spaziano dal destino dei popoli all'avventura dell'individuo.

Collocandosi all'incrocio fra reale e fantastico, fra verità e meraviglia, costituisce un patto testuale di 'accettabilità' del diverso e dell'inconsueto, entro cui trovano luogo delle modalità di scrittura che vanno dalla testimonianza autobiografica all'epica, dalla rappresentazione realistica e scientifica alla conversione romanzesca e alla trasfigurazione lirica.

Il Viaggio nella Mitologia Classica

Chi si occupa di mitologia classica sa bene che essa trova la sua dimensione privilegiata nell’andare: implica un continuo dislocarsi tra luoghi e popoli leggendari, un imprevedibile viaggio letterario attraverso le terre più fantasiose, un movimento di palloncini, come diceva Baudelaire, spinti spesso dal caso; ma sa anche che esisteva uno stretto rapporto tra quelle terre immaginarie e il mondo reale che Greci e Romani conoscevano.

“All’interno dei miti è racchiuso un tentativo di spiegare i propri dubbi e le proprie esperienze. La mitologia ci sfida a vedere quale realtà si rifletta nei mondi meravigliosi nei quali sono ambientati tanti dei suoi racconti.

Ulisse ed Eracle: Archetipi del Viaggiatore

Quando si pensa alla geografia del mito e ai viaggi nei luoghi dell’immaginario antico è inevitabile che venga in mente prima di tutto Ulisse. Più ancora di Ulisse, Eracle appare in questi mitici viaggi il conquistatore del mondo.

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Ricordi del passaggio di Eracle si trovano un po’ dovunque nel mondo antico. Egli compie tuttavia le sue conquiste non soltanto con la forza, che costituisce la sua prerogativa più tipica, bensì soprattutto con la conoscenza, col rendere noto e familiare, e perciò gradito e amico, ciò che prima era sconosciuto, con l’individuare nell’altrove aspetti comuni e comuni credenze atte a rendere possibile un contatto tra mondi diversi.

Ad Agira, nei pressi di Enna, per esempio, si diceva che fossero riconoscibili le orme della mandria di buoi di Gerione condotta da Eracle in Occidente. Come si fossero conservate dall’epoca remota dei tempi mitici, la tradizione non dice. Erodoto per esempio sosteneva che un’impronta del genere fosse visibile presso gli Sciti, in prossimità del fiume Tire (oggi Dniestr).

In una località anticamente chiamata Pandosia, identificata con Mendicino, a qualche chilometro da Cosenza, secondo la leggenda erano parimenti visibili le impronte lasciate dall’eroe passato da quelle parti di ritorno dalla conquista delle mandrie di Gerione. Eracle viaggia in tutto il mondo conosciuto. Ma si spinge anche in quello sconosciuto, agli estremi confini della terra.

Tacendo dei continui spostamenti di Eracle in Grecia, o di quelli ancor più impegnativi addirittura nel mondo dei morti, possiamo ricordare ancora le sue spedizioni in Occidente, e soprattutto quelle che compie spingendosi al di là delle Colonne d’Ercole, a margine di due delle sue imprese più celebri: la conquista dei pomi delle Esperidi e la cattura delle mandrie di Gerione, che lo costringono a recarsi in due isole collocate nel favoloso Oceano occidentale.

Questi itinerari lo mettono a contatto con luoghi reali, ma spesso scarsamente noti ai Greci e abbastanza estranei anche ai Romani. Si ambientano così sul loro sfondo racconti mitici specifici: come la storia delle innumerevoli avventure, amorose e d’altro genere, di Eracle che, percorrendo l’Europa con le mandrie di Gerione al seguito, divaga, amoreggia con belle fanciulle (come nel caso degli amori con Pirene, una giovinetta che venne poi sepolta sotto i monti che da lei, secondo Plinio, Nat.

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Tra i molti significati del mito di Eracle, questo non era certo secondario agli occhi dei Greci. Né era oggetto di semplice curiosità erudita, bensì ingrediente vitale di una cultura condivisa. Tali oggetti fugano ogni dubbio circa l’identità del personaggio, anche se il suo aspetto fisico è inconsueto e potrebbe suscitare qualche incertezza nell’identificazione. La parola che conquista, più e meglio delle armi; e il mito (il racconto) che accomuna civiltà e culture diverse.

Il Viaggio come Narrazione: Dall'Odissea al Romanzo Moderno

Può soccorrere, a tal fine, la ricorrente rappresentazione en abyme della scena del racconto di viaggio che si trova nei più importanti testi odeporici, e che aiuta a rintracciare costanti nonché a scandire mutazioni storiche. La costante principale consiste nella costituzione come voce narrante del viaggiatore stesso; una scelta che in prima istanza sembra dettata da un'esigenza di credibilità del racconto: solamente il viaggiatore può essere in grado di narrare un'esperienza che si colloca 'a distanza' dal destinatario; lo scontro con l'ignoto, con il diverso, è attestabile solo da chi, in prima persona, lo ha vissuto.

Ancora più esplicita è la delega del narratore al viaggiatore nel testo fondativo delle narrazioni di viaggio: l'Odissea omerica. Come è noto, per il racconto affascinante delle "prodigiose avventure" di Odisseo, Omero cede proprio a lui la parola per quattro interi libri (da ix al xii), quasi una sorta di callida cessione di responsabilità del narratore per rendere 'accettabili' contenuti così lontani dal reale conosciuto.

La legittimazione del racconto sta nella sua poeticità, nella morfé epéon: la narrazione di viaggio, di un'esperienza altra, distante, sconosciuta all'ascoltatore e non verificabile, consente di mettere a fuoco la natura peculiare della 'finzione' artistica, distinta dalla eventuale 'falsità' del referente.

Proprio da questa sottolineatura nacque una netta distinzione, nell'antichità, fra scritture di viaggio proiettate verso il racconto mitico o fantastico e 'relazioni' indirizzate a fornire conoscenza obiettiva di realtà sconosciute. Su questo versante la testimonianza del viaggiatore-scrittore diede luogo a testi descrittivi (i Peripli, le Periegesi), una sorta di diari di bordo i quali fondavano la geografia e abbozzavano anche un'informazione etnografica e antropologica.

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Il viaggio, tuttavia, si dispose più compiutamente e pervasivamente come impulso e sostegno alla 'finzione' letteraria nel genere cui, con significativa improprietà per il mondo greco-romano, si è dato il nome di romanzo.

Il Viaggio Allegorico e Spirituale

Il cristianesimo ha assunto il campo semantico del viaggio a significazione di un'esistenza umana concepita come transizione, come 'passaggio' terrestre verso Dio. "Io sono la via, la verità, la vita" dice Cristo nel Vangelo secondo Giovanni (14, 6). Il cristiano è viator anche in senso proprio: una nuova tipologia di viaggio, il pellegrinaggio, ha prodotto un'immensa fioritura di Itinerari latini che descrivono in forma di diario e/o di guida il percorso verso i luoghi santi (Gerusalemme, Roma, Santiago de Compostela): ma l'enfasi si è spostata dalla descrizione dei luoghi al significato mistico del percorso, avviando una tendenza all'uso allegorico del viaggio che trovò l'acme nella Divina Commedia.

Il viaggio pervade e struttura in profondo il capolavoro dantesco a diversi livelli: come metafora dell'esperienza esistenziale del narratore (il "cammin di nostra vita", "di tua vita il viaggio"); come disegno fondante dell'invenzione narrativa, l'"altro vïaggio" escatologico, allegoria della progressiva acquisizione di conoscenza che conduce a Dio; come bagaglio linguistico e repertorio di immagini per la descrizione di un oltretomba che è, specie nelle prime due cantiche, perpetuo movimento di anime, demoni, angeli, figure magiche; come metafora infine della stessa scrittura del poema, raffigurata, per es., con originale riattivazione di un topos nautico antico, come navigazione di un legno che "cantando varca" (Par. ii, 3); ma anche, ancora una volta attraverso le parole del viaggiatore, come racconto: il viaggio dell'Ulisse dantesco oltre le colonne d'Ercole potrà ben essere "folle volo" (Inf. xxvi, 125), perché l'ardore "a divenir del mondo esperto" (v.

Marco Polo e l'Inversione del Rapporto Viaggiatore-Scrittore

Non stupisce così che nella narrativa romanzesca il Medioevo abbia recuperato dai modelli 'pagani' antichi il tema del viaggio, sia come connotazione eroica del personaggio, sia come sostegno dell'impianto narrativo. A partire dal 12° sec., all'uso finzionale oppure allegorico del tema si accompagnò una ripresa dello stimolo a narrare esperienze reali di viaggio, sempre più frequenti e impegnative sulla spinta di esigenze di mercatura, di religione oppure di diplomazia.

La più celebre di queste narrazioni, Il Milione di Marco Polo, sembra invertire il rapporto fra viaggiatore e scrittore: qui è il viaggiatore a delegare allo scrittore di professione (ossia Rustichello da Pisa) il racconto. Nel particolare sistema di presentazione del testo che contraddistingue Il Milione, lo sdoppiamento tra la funzione testimoniale del viaggiatore Marco e la funzione espositiva-espressiva dello scrittore Rustichello finisce in realtà per produrre una compatta unità: il 'libro', soggetto autonomo e unico della narrazione.

Per altra via, viene confermato il principio della necessaria unificazione fra viaggiatore e narratore del viaggio; con un risultato paradossale, caratteristico delle relazioni medievali: è la funzione creativa della scrittura, non solamente quella formale, a intrecciarsi strettamente e quasi a confondersi nel confronto con le meraviglie sconosciute dei Paesi lontani, con l'esperienza del reale.

Come è noto, il viaggio di Marco Polo offre ragguagli sulle usanze della corte del Gran Kahn, e 'mette anche in ordine' tutta l'informazione utile al viaggiatore di mercatura, ma pure, senza alcuna soluzione di continuità oppure di scarto di registro, raccoglie e verifica le tracce di una tradizione letteraria fantastico-romanzesca, e raggiunge, o quanto meno colloca nella mappa dei suoi itinerari, i luoghi della geografia sacra, dalla valle dell'Eden al biblico regno di Gog e Magog.

Per questa via, si comprende come un'invenzione fantastica come I viaggi di Mandeville abbia ottenuto credito di relazione di un vero viaggio e pure enorme successo per almeno due secoli. E non parrà assurdo se, come garantisce F.

Il Viaggio tra Scoperta e Rifrazione Culturale

Furono però le nuove finalità perseguite - non più scambiare merci e ambascerie, ma "discuoprire e conquistare", come recita il mandato della regina Isabella - a mutare di segno al racconto dei viaggi in terre lontane. A questa svolta contribuì il mutamento sostanziale nei processi di ricezione dei testi letterari intervenuto con l'invenzione della stampa: il corpus imponente delle relazioni di viaggio cinquecentesche, tramandato da straordinarie imprese editoriali come quella di G.B. Ramusio, il quale a metà 16° sec.

Per converso, i grandi viaggi rinascimentali stabilirono quella che E.J. Leed (1991) ha chiamato "una rifrazione culturale dinamica", deviando verso la civiltà europea e la sua identità moderna lo sguardo attivato dalle alterità e dalle lontananze visitate. Nacque così, o rinacque (un suggestivo precedente antico è la Storia vera di Luciano), il viaggio immaginario, il percorso in Paesi fantastici che nella loro patente artificialità adombrano, per contrasto o per enfasi paradossale, aspetti del qui e dell'ora europei: una linea che dal Quarto libro del Gargantua rabelaisiano attraversa i viaggi lunari di Cyrano de Bergerac per giungere alla narrativa 'filosofica' dell'Illuminismo, dai Viaggi di Gulliver di J.

Ma è soprattutto sul terreno del romanzesco, in prosa e in versi, che il secolo delle grandi navigazioni e scoperte geografiche scoprì la funzione non meramente 'tematica' del viaggio, e ne fece anzi una struttura privilegiata dell'invenzione letteraria. Come osservarono già i commentatori contemporanei, L.

Grand Tour e Viaggi di Scoperta

Fra tardo Cinquecento e Settecento, il campo della 'relazione' di viaggio si bipartì abbastanza nettamente in diretto rapporto al tipo di esperienze reali che vi si rifletteva. Da un lato c'erano i viaggi verso mete già conosciute, il cui fine era fondamentalmente un incremento di esperienza del viaggiatore: si generalizzò, per es., il fenomeno del Grand Tour, percorso europeo destinato a formare i rampolli dell'aristocrazia inglese (ma anche francese e tedesca).

Dall'altro proseguirono, sino agli inizi dell'Ottocento, i viaggi di scoperta transoceanici, i giri del mondo alla ricerca di vie nuove e terre sconosciute, che produssero scritture di carattere soprattutto descrittivo, prive di ambizioni letterarie. E tuttavia fu proprio attraverso i rozzi diari di bordo dei Walter, dei Bougainville, dei Cook, dei La Pérouse, che si resero visibili, assumendo progressiva autonomia dalle scritture descrittive e relazionali del viaggiatore di mestiere, le implicazioni etiche, filosofiche, politiche del confronto con le estreme "diversità" del mondo.

Il Viaggio Interiore e la Crisi della Referenzialità

La svolta moderna, che mosse dagli anni della Rivoluzione francese e si rafforzò nell'età romantica, consistette in una sorta di curioso divorzio fra l'esperienza reale del viaggio e le scritture che hanno un carattere propriamente letterario. L'osservazione delle caratteristiche dell'altrove visitato venne progressivamente rimossa dalle attenzioni della letteratura, e delegata allo sguardo scientifico (da L. Spallanzani ad A. von Humboldt a Ch. Darwin) o storico-artistico (da J. Burckhardt a J. Ruskin).

Mentre l'evoluzione dell'impegno propriamente letterario, creativo e/o critico, venne segnata da una paradossale negazione dei dati che caratterizzano il referente: la mobilità e la spazialità. J.-J. Rousseau scrisse nelle sue Rêveries du promeneur solitaire (pubblicate postume nel 1782) che il movimento non deve venire dal di fuori, ma deve formarsi nella nostra interiorità.

Al viaggio "in caccia di cognizioni e incrementi" L. Sterne sostituì il Sentimental journey (1768), "viaggio del cuore in traccia della natura e di quei sentimenti che da lei sola germogliano", "viaggio riposatissimo" per cui non sarebbe nemmeno necessario spostarsi dalla propria contrada. Qualche anno dopo J.

Questa idea del viaggio come ritrovamento del proprio io più profondo ha attraversato il Romanticismo, sia sul versante finzionale (si pensi per es. all'Ofterdingen di Novalis, all'Ortis foscoliano e al Childe Harold's pilgrimage di G.G. Byron) sia nei testi memoriali e autobiografici (Chateaubriand, H. Heine, Stendhal).

Appunto questa tensione estrema dell'immaginario odeporico, il distacco da ogni istanza di significazione del reale, segnala una crisi latente del mito del viaggio come scoperta dell'ignoto, e di conseguenza delle scritture di viaggio come rivelazione affascinante del nuovo e del diverso. L'età moderna aveva ormai esaurito le possibilità di discoverta aperte dall'impresa di Colombo: le desolate strofe della canzone leopardiana Ad Angelo Mai anticipano la perdita d'aura del viaggio nella modernità, esplicitata qualche decennio dopo da Ch. Baudelaire.

Ma se il viaggio perse la capacità di "significare" il diverso, la realtà altra da noi, l'attenzione si spostò sulla difficile rappresentazione di questo inabissamento dell'io e nell'io che è l'unica "avventura" possibile dell'uomo moderno.

Il Viaggio nel Novecento e l'Antropologia del Quotidiano

Il Novecento si aprì con una sorta di "antiodissea", come qualcuno ha voluto definire Heart of darkness (1902) di J. Conrad: inaugurazione esemplare di una linea di testi che mettono en abyme il racconto di viaggio, illustrando la frustrazione del sogno infantile di esplorazione e di scoperta ma anche rinvenendo in questa testimonianza una funzione centrale della letteratura moderna.

Il secondo dopoguerra portò allo scoperto la consapevolezza della irreversibile mutazione socioantropologica subita dal viaggio nella modernità. È stato un grande antropologo a trasmettere meglio di tutti la presa di coscienza di questa epocale mutazione. C. Lévi-Strauss ha fissato nella formula La fin des voyages che intitola la prima parte di Tristes Tropiques (1955; trad. it. 1960) le conseguenze della "cristallizzazione monoculturale" del globo: quelli che erano un tempo "scrigni magici pieni di promesse fantastiche" ora possono sol...

Il Viaggio come Esperienza Interiore e Iniziazione

E’ estiva l’abitudine di partire alla ricerca di luoghi che consentano di scoprire nuove realtà lontane dalla consuetudine del vivere quotidiano e dei suoi ritmi doveristici. E’ interessante, per esempio, soffermarsi sul latino viaticum, col quale si intendeva la raccolta di provviste necessarie ad affrontare un trasferimento piuttosto lungo da un territorio all’altro, o la parola inglese travel, così vicina al nostro italiano travaglio, che mette in risalto come nel passato i viaggi rivestissero impegno, gravosità e sofferenza.

Da queste domande escludiamo lo scopo esibizionistico o di consumo che sviliscono un significato più profondo del mettersi in moto. Ovviamente ciò non significa misurare il viaggio in termini chilometrici: ogni luogo può diventare quello elettivo sia per ridefinire la propria visione del mondo, sia per trovare in sé il proprio centro.

Ciò che conta, inoltre, non è la tipologia del viaggiatore a determinare necessariamente la scelta del dove andare: si può essere girovaghi vagabondi, anelare lo spirito on the road, solcare le vie dell’acqua o del cielo, essere spartani o borghesi. In questa idea del ricongiungimento alla località di partenza, il viaggio inteso come parziale e temporanea parentesi assume valenza educativa e formativa.

Potremmo affermare con Marco Dallari che “il viaggio è iniziazione quando … indipendentemente dalle sue mete … nasce e acquista autenticità se diventa viaggio vissuto”. Dove per spazi vissuti riprendiamo la bella definizione di Eugenio Borgna che in Le figure dell’ansia spiega: “modi con cui ognuno di noi rivive gli spazi che ci circondano e ci sommergono.

Il viaggiare a questo punto mette in luce una dimensione ben più profonda, poiché imbocca la traiettoria del percorso interiore e della relazione fra il proprio sé con il mondo esterno. Un po’ con lo spirito del flaneur, che cerca se stesso immergendosi nell’oggettività del mondo, allo stesso modo in cui si tufferebbe in uno spazio pieno di meraviglie.

Il Flâneur e l'Arte del Passeggio

Il flaneur, rinominato da Gaspare Armato pedone attento, ha un occhio curioso e sensibile:”esce di casa, cammina, girovaga senza una meta e senza orario … s’intende di fisiognomica, scruta con attenzione i soggetti di cui è attratto, legge i loro volti, le loro rughe, ne deduce il mestiere, l’origine, ascolta i loro ragionamenti, analizza il modo di muoversi, il passo veloce o lento, deciso o perplesso, a volte segue il loro cammino, a volte si perde fra la folla, a volte ne esce, a volte fugge verso la periferia dove ritrova quella parte di esseri umani che non possono avvicinarsi al nuovo, al lusso, s’immerge nei dedali estremi della città costruita come i labirinti della mente”.

Grandi scoperte anche in brevi spostamenti, se assumiamo l’arte del passeggio come forma di stupore, come propongono le parole di Robert Walser tratte dal suo libro La passeggiata: “Ogni passeggiata è piena di incontri, di cose che meritano d’esser viste, sentite. Di figure, di poesie viventi, di oggetti attraenti, di bellezze naturali brulica letteralmente, per solito, ogni piacevole passeggiata, sia pur breve.

L'Antropologo Moderno e la Curiosità

Chi sono? Perché sono in viaggio? Cosa cerco? Quando parto e dove sono diretto?Ecco le coordinate essenziali del moderno antropologo, ecco le cinque domande fondamentali che lo guideranno in ogni visita a un nuovo paese e in ogni approccio con una realtà diversa dalla propria.

Ognuno di noi può essere un antropologo moderno, artigiano di viaggi fuori dal comune, spinto a scoprire il mondo con la voglia di mettersi in gioco e nutrito dal miele della libertà. Lo spirito di curiosità che lo anima è quello di chi sa, ma è pronto a meravigliarsi, di chi ha delle aspettative, ma lascia che le cose accadano… perché è lì il segreto della vera scoperta.

Sapersi diversi, accogliere l’alterità e aprirsi a ciò che s'incontra è l’unico approccio possibile per un dialogo capace di tessere il percorso del viaggio con trame uniche e per tenere lontani i pregiudizi, ma anche i facili buonismi o le giustificazioni.Artifici, finzioni e grandi narrazioni sono gli strumenti attraverso cui, negli ultimi secoli, sono state costruite le culture e si sono modellate le alterità.

Non falsi d’autore né menzogne commerciali, piuttosto true fiction, cioè sceneggiature di popoli ed etnie che in parte si raccontano e in parte si lasciano raccontare dallo straniero: colonizzatore, pellegrino, soldato, mercante o turista che sia, tutti siamo parte della messa in scena che è ogni Cultura. “Guardiamo sopra le spalle” di quella e la viviamo come un’esperienza soggettiva, proiezione delle nostre conoscenze e cognizioni. Viceversa, siamo scrutati dall’Altro, straniero e sconosciuto, eppure familiare, che ci ritrae e ci interpreta a modo proprio.

Cos’è reale allora? Cos’è puro, chi è autentico? Niente, nessuno, oppure tutti, o meglio, tutto ciò che nasce dal sorprendente incontro tra il viaggiatore che osserva e l’Altro che si vede guardare. Frutti, dunque, impuri e impazziti dall’incontro che, tuttavia, è sempre stato e sarà ogni volta inaspettato e irripetibile.

Il Viaggio nell'Era Digitale

Dalla fine del XX secolo, l’antropologo in calzoncini color cachi, cappello a falde larghe e binocolo cede il passo a tutta una schiera di viaggiatori, studiosi e turisti di ogni genere, a spasso in ogni angolo del pianeta. E, nello stesso momento, il tipo di conoscenza scientifica a proposito di popoli e culture lontane fornita dagli etnografi e da altri ricercatori viene scalzata da un’informazione generica e sommaria, ma accessibile e comprensibile a tutti... alla portata di un clic.

Che sia a scopo divulgativo, informativo, turistico, promozionale, pubblicitario, religioso, umanitario, moltissime sono le informazioni che si possono trovare in rete sulle più piccole tribù o etnie abitanti i luoghi più remoti del pianeta. E tutte queste fonti affermano la loro verità, una verità che bisognerebbe verificare in loco…

Ad ogni modo, soddisfare la curiosità di tutti non è più solo una prerogativa degli esperti, ma può essere appagata con pochi battiti di tastiera che, in frazioni di secondo e a costo zero, fanno arrivare davanti ai nostri occhi il folkore e le tradizioni più esotiche che nemmeno un viaggio alla Indiana Jones potrebbe eguagliare.

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