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Il Viaggiatore Leggero: Un Omaggio ad Alex Langer

Sono trascorsi 25 anni dalla sua scomparsa, ma le parole e i pensieri di Alex Langer continuano a risuonare intensamente nell’arena della nostra contemporaneità, specie in un tempo ad alta instabilità politica e vulnerabilità democratica come l’attuale. Nato nel 1946 in Südtirol, in un territorio logorato dalla contrapposizione, non solo linguistica, tra italiani e tedeschi, ha scelto di costruire “ponti”. Di essere un “ponte”.

Langer è stato tante cose nella sua pur breve vita, iniziata a Vipiteno il 22 febbraio 1946 e interrotta a soli 49 anni, la sera del 3 luglio 1995, con la scelta di impiccarsi a un albicocco, in un campo nei pressi della sua casa toscana, a San Miniato. La si può riassumere, quella vita, ricorrendo all’allegoria dei quattro elementi naturali: terra, aria, acqua, fuoco. E non solo perché scandivano gli annuali appuntamenti a Città di Castello, dedicati a esperienze e progetti di conversione ecologica, promossi dalla Fiera delle Utopie Concrete (una delle innumerevoli iniziative realizzate da Langer).

Un Radicale alla Ricerca della Sobrietà

Il suo radicalismo non era da intendersi come una forma di estremismo culturale o reazionario, anzi: era la ricerca autentica di una profondità che aprisse il campo alla sobrietà, alla prossimità. Alex Langer, dunque, coniò la triade lentius, profundius, soavius (“più lento, più profondo, più lieve”, in latino), con l’intento di concorrere alla genesi di un modello inter-relazionale e cross-culturale ispirato dai paradigmi della cooperazione e della partecipazione, dell’inclusione e dell’autodeterminazione.

Se si dovesse chiudere in una formula ciò che Alex Langer ci ha insegnato, essa non potrebbe che essere: piantare la carità nella politica. Proprio piantare, non inserire, trasferire, insediare. Dico carità nel preciso senso evangelico, poiché Alex era un cristiano, dei non molti che cercavano di attenersi agli insegnamenti evangelici che era possibile conoscere in quegli anni nel «movimento» e non, come tanti di noi che gli fummo contemporanei e amici, di fragilissime convinzioni «marxiste» oppure, al meglio, mossi confusamente da una visione solo etica del cristianesimo.

L'Eredità di un Costruttore di Ponti

Ricordava tanti anni fa Piero Calamandrei fondando, a guerra appena conclusa, una rivista che si chiamava «Il ponte», il significato metaforico ma anche concreto dei ponti, da riedificare dopo le distruzioni della guerra che si era accanita a distruggerli. Ponti veri, che gli uni o gli altri avevano fatto saltare, e che dovevano mettere di nuovo in comunicazione e in «commercio» persone e città, culture e territori. Ponti ideali, che potessero permettere ai vinti e ai vincitori, tutti infine perdenti, sopravvissuti ai conflitti e alle stragi e cioè al dominio della morte, di ritrovare nell’incontro e nel dialogo la possibilità di un futuro migliore.

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Alex Langer ha svolto una funzione di ponte in due direzioni prioritarie: quella di accostare popoli e fazioni, di attutirne lo scontro e di promuoverne l’incontro, e quella dell’apertura a un rapporto nuovo tra l’uomo e il suo ambiente naturale. E se nel primo caso, quello più determinato dalle pesanti contingenze della storia (per Alex, la guerra interna alla ex Jugoslavia), si trattava di far da ponte ma anche da intercapedine, da camera d’aria dove potesse esprimersi un dialogo assai difficile, nel secondo si trattava piuttosto di additare nuovi territori all’azione politica responsabile, allargandone il significato da città a contesto, da polis a natura.

Contro il gioco chiuso del potere, anche se il nostro ritmo e tempo non sono quelli del potere e del capitale, della violenza che essi propongono o provocano, dobbiamo però conoscerli, studiarli, contrastarli. L’azione soffre di aver trascurato il pensiero, quando i suoi tempi si accelerano, e un pensiero senza azione serve a poco, cambia poco.

Il Viaggio come Metafora di Vita

L’aria, invece, evoca il viaggiare. La sua, infatti, è stata una vita in perenne movimento, preferibilmente in treno, in macchina o in autostop. Concepiva gli incontri come risorsa straordinaria, fonte di ispirazione, occasione di scambio. Ritornava sempre carico di indirizzi nuovi e di persone di cui prendersi cura. Non un turista, dunque, semmai un esploratore di frontiere, abituato a saltare i muri: si intitola, infatti, Il viaggiatore leggero (Sellerio, 2015) la preziosa raccolta dei suoi scritti, curata da Edi Rabini e Adriano Sofri. Sono scritti in viaggio: in treno soprattutto, anche di notte, rubando tempo al tempo. Sono scritti di viaggio: resoconti, interventi, valutazioni a bilancio.

L'Impegno Ambientale e la "Conversione Ecologica"

L’elemento dell’acqua evoca il tema - esistenziale per Langer - della tutela dell’ambiente. È tra i primi a cogliere il nesso tra remissione del debito, dissesto ecologico e sviluppo della democrazia. È anche tra i primi a iscrivere le tematiche ecologiche in un orizzonte massimamente inclusivo: tutti gli esseri viventi (animali compresi), le generazioni future, gli esclusi dei paesi più poveri. Soprattutto, Langer coniuga la dimensione planetaria della difesa della biosfera con l’invito alla responsabilità individuale, all’insegna di una necessaria «conversione ecologica».

Vanno ascritte a questo capitolo le lotte di Langer su temi ora attualissimi, allora quasi profetici: l’uscita dal nucleare; la tutela della biodiversità; la bioetica; i rischi della biotecnologia; lo scambio virtuoso tra remissione del debito e politiche di conservazione ecologica nei Paesi più poveri; l’istituzione di una Corte internazionale per l’ambiente, accessibile non solo agli Stati ma anche a cittadini e associazioni.

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Il Rifiuto della Violenza e l'Interrogativo sulla Difesa Legittima

Il fuoco, infine, riassume due tratti costitutivi della personalità di Langer. Innanzitutto, il rifiuto radicale della violenza - il fuoco delle armi - come pratica politica. Davanti all’immane mattanza etnica nella ex-Jugoslavia, Langer invita a distinguere tra aggredito e aggressore. Sostiene la creazione di un Tribunale penale internazionale ad hoc per i crimini commessi in quel conflitto. All’interno della sinistra, fu tra i pochi ad interrogarsi a fondo (e dolorosamente) sulla difesa legittima, sulla responsabilità per omissione di soccorso umanitario, sull’ingerenza internazionale che giustificava in nome dei diritti umani e delle emergenze ambientali.

Un Apostolato Politico

Un vero fuoco interiore che, alla fine, ne ha bruciato prematuramente l’esistenza. Alla «coscienza infelice» delle avanguardie che «credono di dover portare gli altri lì dove loro stessi pensano di essere arrivati», preferiva «la testimonianza individuale, l’obiezione di coscienza, quando credo di dover fare qualcosa che mi preme e che altri non vedono, sperando - piuttosto - che questo provochi effetti autonomi in altre persone». Per lui, non di militanza ma di apostolato è più corretto parlare.

Della laicità in politica Langer ha incarnato la tolleranza, la curiosità, la gradualità nell’azione, la verifica empirica degli ideali, l’apertura al cambiamento, la pluralità degli strumenti di lotta ben oltre la forma organizzativa del partito.

L'Eredità di Langer per l'Europa

Costruire ponti tra gli uomini e tra gli uomini e la natura, per fare del Vecchio continente un continente nuovo, aperto, giusto e solidale, senza barriere né orridi nazionalismi. Il suo Manifesto fu profetico e rappresenta la chiave per salvare l’Europa odierna.

Ci sarebbe ancora, e ancor più bisogno di Alexander Langer per questa Europa, che sta attraversando la crisi forse più difficile e grave dalla sua fondazione. Ovviamente il suo “Manifesto” dovrebbe essere aggiornato alla drammatica realtà attuale. Ma il suo pensiero sulla “conversione ecologica” (ripreso poi dall’enciclica “Laudato si’” di papa Francesco), sulla “convivenza inter-etnica” e sulla capacità di costruire “ponti di pace tra gli uomini e con la natura” (in tempi di cambiamenti climatici), resta di una straordinaria attualità, soprattutto per le nuove generazioni.

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Un uomo senza frontiere, nato in terra di frontiera, a Sterzing/Vipiteno, in Trentino Alto Adige/Sud Tirolo. Cresciuto in un luogo di diversità linguistica e di forte contrapposizione etnica, aveva capito presto il pericolo del particolarismo che inocula negli uomini - anche a quelli che pensano di esserne immuni - il germe del settarismo.

Un uomo che sentiva l’incombenza improcrastinabile di “riparare il mondo“. Non si trattava più di costruirlo ma di ripararlo dai disastri che il pensiero dogmatico della crescita senza limiti aveva provocato. “Se avessi di fronte a me un uditorio di ragazze e ragazzi”, disse Adriano Sofri al Parlamento Europeo pochi giorni dopo la morte di Langer, avvenuta il 3 luglio 1995, “non esiterei a mostrar loro com’è stata bella, com’è stata invidiabilmente ricca di viaggi e di incontri e di conoscenze e imprese, di lingue parlate e ascoltate, di amore, la vita di Alexander. Che stampino pure il suo viso serio e gentile sulle loro magliette. Che vadano incontro agli altri col suo passo leggero, e voglia il cielo che non perdano la speranza”.

Per questo ho sempre trovato bellissime le parole che l’allora arcivescovo Loris Capovilla scrisse, alla notizia della morte, alla moglie Valeria Malcontenti Langer: “Per chi lo ha amato, questa è l’ora del silenzio. Per chi dissentiva dalle sue scelte, è l’ora del discernimento. Per chi crede possibile muoversi verso una convivenza più umana, è l’ora della gratitudine. Alex ha studiato, operato, servito proprio per questo. Mi inchino dinanzi a lui. Chiedo a Dio di accoglierlo nella sua Casa e di collocarlo, a nostro conforto, come una stella nel firmamento. Alex appartiene alla schiera degli eletti che non muoiono.

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