Albergo Atene Riccione

 

Se una notte d'inverno un viaggiatore: Trama e analisi

Fedele alla «morale del fare» di ascendenza pavesiana, Calvino «fa». Ogni momento del suo percorso creativo, se non ogni sua singola opera, diventa la metafora di un nodo concettuale, di un problema conoscitivo, di un nodo espressivo. Accade, già sul piano delle scelte, con la deriva fiabesca del Sentiero dei nidi di ragno e di alcuni racconti; accade, ancora, con la svolta allegorica del fiabesco nella trilogia dei Nostri antenati e in quella, parallela e realistica, della Formica argentina, della Speculazione edilizia, della Nuvola di smog.

Se una notte d'inverno un viaggiatore segnò il ritorno dello scrittore ligure al romanzo, dopo una lunga pausa; in effetti, dopo l’esordio del Sentiero nel 1947, la sola, vera prova che possiamo ascrivere alla forma e al genere romanzesco, nelle sue vesti più classiche, resta Il barone rampante, per costruzione narrativa e per mole ben più complesso rispetto al Visconte dimezzato e al Cavaliere inesistente.

Soprattutto, Se una notte d'inverno risente, in maniera massiccia, del dibattito critico in sede semiologica e narratologica, attestandosi di fatto come un meta-romanzo, ovvero come l’ennesimo travestimento letterario, da parte di Calvino, di un «fare», rispetto a una questione ormai ineludibile. O meglio, rispetto a questioni che segnavano la cultura narrativa a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, come la scomparsa o la morte dell’autore, l’estetica della ricezione e l’accentuato spostamento dell’asse critico verso la figura del lettore; infine, ed era questo il cruccio definitivo, l’eventualità o meno di poter ancora scrivere romanzi, e di che specie, e in quale forma.

All’altezza del 1979, quando il romanzo apparve, questi interrogativi, in parte accompagnati da apodittiche risposte d’oltralpe o dei neoavanguardisti di casa nostra, convergevano verso un’unica prospettiva, che a distanza di anni Peter Brooks avrebbe identificato e percorso: è ancora possibile una trama e per quale lettore?

Ribattendo sul dominio che la letteratura esercita proprio su chi legge, il critico tornava a esaltare la costruzione dell’intreccio narrativo, dando spazio all’unica, autentica molla che spinge ogni lettore verso l’agognato finale: il desiderio. Insomma, vediamo come va a finire questa storia. Ante litteram, e con la consueta anticipazione sui tempi che caratterizza tutta la sua ricerca, Calvino lavora su questo stesso concetto, per certi aspetti decostruendolo e frustrandolo. È proprio al livello della trama, infatti, che le attese del lettore vengono improvvisamente deluse.

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Dei due grandi modelli conoscitivi che la letteratura d’occidente ha espresso - quello razionalista, illuministico, tassonomico della grande biblioteca, della realtà ordinata da una scrittura a sua volta catalogata e ordinata in poderosi scaffali, nella mente prima che in corridoi d’archivio; e l’altro, dell’inseguimento di una realtà inconoscibile e inafferrabile, come nel famoso Libro di sabbia di Borges - Calvino opta decisamente per ciò che gli appare più denso e problematico.

Proprio come nel racconto di Borges la realtà, una volta costretta in segni, sfugge e scorre come le acque di Eraclito. Non sarà concesso a nessuno, tanto meno all’appassionato bibliofilo, di ripercorrere le tracce di quella realtà in un volume, diabolico, mostruoso, dove le pagine scorrono all’infinito. Calvino vuole dare spazio a un’idea analoga, ma facendo ricorso a una scelta formale diversa. Anche il suo, di libro, è per il lettore deluso un oggetto diabolico, dove a scorrere non è la realtà dei segni, ma la letteratura stessa.

Non concepisce un libro potenzialmente infinito, ma una copia fallata in cui si ritrovano i primi sedicesimi di dieci diversi romanzi che nulla hanno a che fare tra loro. Questa, in verità, è la ur-copia che emerge da tutto il romanzo; nel concreto della vicenda, invece, il lettore si ritrova un esemplare dove la narrazione torna ogni volta al suo principio, poiché a ripetersi è lo stesso sedicesimo iniziale. Questo espediente si ripete per i dieci fondamentali capitoli del romanzo, a cui corrispondono altrettanti incipit di romanzi diversi. I loro titoli, però, letti in sequenza, ci danno una frase compiuta.

Alla fine, nei due capitoli che si pongono al di fuori di questa dinamica diegetica e che fanno da cornice conclusiva, il lettore, come l’incauto acquirente di Borges (che scrive in prima persona, da ex bibliotecario della Biblioteca Nacional di Buenos Aires e da esperto bibliofilo), approda anche lui alla «grande biblioteca». È su questo finale che Mondo e Libro, le due grandi categorie che in Calvino si sono sempre affrontate in un duello impari ma necessario, trovano forse una strada verso la pacificazione?

È ancora quello, il luogo risolutivo? Naturalmente no. Il lettore incontra mille difficoltà e non riesce ad approdare agli agognati capitoli mancanti. I volumi ci sarebbero, ma per una ragione o per l’altra non sono disponibili. Sono in prestito, o si trovano in un’ala in ristrutturazione, o fuori in legatoria. E mentre attende che una soluzione prima o poi si prospetti, eccolo imbattersi in sette lettori (numero magico, fiabesco, biblico) che rappresentano, ciascuno, diversi approcci al testo, descrivendo così nel loro insieme una complessa fenomenologia della lettura.

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Al termine di questo confronto, uno di loro riecheggerà una storia delle Mille e una notte, ovvero del libro del piacere narrativo per antonomasia, in cui sette avventori dovranno uccidere, a sorte, uno di loro, senza sapere chi sia e che si trova lì; e la sorte ricade proprio sulla vittima designata, in quello che parrebbe uno scherzo del destino ed è invece un ennesimo espediente affinché il senso dell’opera ricada su sé stesso. Anche questa narrazione si interrompe e, «ansioso d’ascoltare il racconto», al lettore non rimane che chiedersi: «Quale storia laggiù attende la fine?».

Come nelle fiabe, il lieto fine coincide con il matrimonio. Il lettore sposa la lettrice. La vita è una finzione, o la finzione è vita, sembra suggerirci Calvino con questo finale così canonico e tutto sommato conformistico, o tautologico. La scrittura è davvero mimesi dell’esistenza? O l’esistenza è già una forma di scrittura, invisibile? La tradizione non ci offre risposte, la tensione tra Mondo e Libro resta viva.

La cornice e i 10 incipit

L’inizio del libro è straniante: l’autore si rivolge direttamente al Lettore, invitato a leggere il nuovo romanzo di Italo Calvino, Se una notte d'inverno un viaggiatore, appunto. Questo espediente pone al centro il destinatario reale di ogni libro, che diventa parte attiva e centrale dell’universo letterario, nonché protagonista della narrazione stessa. Infatti la cornice del libro racconta l’avventura di un Lettore e di una lettrice, Ludmilla, alle prese con le trame di 10 libri, tra loro in qualche modo connessi, ma la cui lettura per diversi motivi non può essere portata a termine.

Ciascun episodio racconta quindi la ricerca, da parte dei lettori, di quei titoli che stavano cominciando a leggere, ed è intervallato proprio da quei 10 incipit di romanzi, oggetto della loro ricerca.

L’impianto labirintico

Il rapporto tra le 10 trame è in realtà frutto della casualità e della ricerca, da parte dei protagonisti, dei libri scomparsi. Il Lettore e Ludmilla si imbattono in una serie di situazioni, a volte rocambolesche, altre volte persino pericolose, che si generano una dall’altra, creando vertigine e spaesamento, e che conferiscono al libro lo schema narrativo del romanzo giallo, poliziesco, d’avventura.

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È straordinaria inoltre la capacità dell’autore di maneggiare nei 10 incipit 10 stili diversi, di confrontarsi con altrettanti generi romanzeschi, di piegare la sua scrittura all’esigenza di genere che quell’incipit richiede: l’abilità scrittoria di Calvino in questo caso raggiunge l’apice e sbalordisce per duttilità e adattamento. In una veste quasi da letteratura di consumo, Calvino riesce quindi a portare allo scoperto, in un gioco intellettualistico, tutte le funzioni del romanzo, e nello stesso tempo mostra i limiti stessi della letteratura in una stagione che è già entrata nel postmoderno: infatti il desiderio di confezionare un romanzo con un nucleo narrativo ben individuabile, stilisticamente e narrativamente unitario, con personaggi principali e secondari in ruoli definiti, con una trama lineare, viene a cadere del tutto.

In questo senso la letteratura, così come Calvino la concepisce, non riesce a porre argine al caos, ma è in grado di mostrare solo una realtà parziale, facendo i conti di volta in volta con l’assurdo, la frammentarietà, il non-sense, il labirinto. Il gusto della combinazione labirintica raggiunge il culmine con i titoli dei 10 incipit, che se letti di seguito formano una frase di senso compiuto che rende esplicita la finalità del romanzo; inoltre il titolo del primo incipit è quello assegnato al romanzo stesso: Se una notte d'inverno un viaggiatore.

Calvino pone in atto un vero e proprio mise en abîme, un gioco di scatole cinesi, con una trama sottile di rimandi, spesso incrociati.

Il romanzo babelico

Se da un lato la ricerca dei due protagonisti rievoca le imprese romanzesche di tutto il genere “romance” e della letteratura cavalleresca, dall’altro lato è evidente che questo lavoro di montaggio e smontaggio, di vero e proprio collage letterario, rimanda ad altro: alla crisi dello scrittore, alla sua impossibilità di cogliere la complessità del reale e di raccontare storie unitarie. L’impossibilità di una narrazione uniforme e coesa è esemplificata dal ruolo dei protagonisti, che da lettori spaesati si trasformano in investigatori: la loro rincorsa continua di storie da leggere e da portare a termine simboleggia null’altro che la necessità di avere a disposizione una trama e un quadro chiaro e definito, insomma di un romanzo che sia strutturato in quanto tale.

Il romanzo, che di fatto si configura a tutti gli effetti come un anti-romanzo, fa i conti di volta in volta con il non-finito e con miriadi di stili, si confronta quindi anche con la difficoltà di lettura, e richiede perciò un lettore maturo e dalle solide capacità critiche, che riesca a destreggiarsi in questo calderone narrativo.

Se una notte d'inverno un viaggiatore è un romanzo che parla di come sono fatti i romanzi. Italo Calvino costruisce una vicenda per cui un Lettore si trova a leggere dieci incipit diversi di romanzo senza poter mai poter portare a termine la lettura di ognuno.

L’autore pone quindi una riflessione sull’arte di scrivere e di leggere, affermando come la letteratura non possa essere per propria natura il mezzo per arrivare alla conoscenza reale delle cose; al contrario: essendo essa fatta di finzione, è il luogo in cui si dà più ampio spazio alla fantasia.

I personaggi

  • Il Lettore: il nome, costituito da un’antonomasia, indica già la condizione paradigmatica del personaggio di Calvino, che viene evocato oltretutto dal narratore attraverso il Tu della seconda persona singolare.
  • La Lettrice: è la controparte naturale del lettore, ma ha le caratteristiche sfuggenti tipiche del personaggio femminile, figura che continua a venire messa al centro della narrazione nei vari incipit di romanzo che compongono Se una notte d'inverno un viaggiatore.
  • Ermes Marana: è un personaggio che ha pochissimo spazio, ma risulta chiave nel significato filosofico immesso da Calvino nel meccanismo meta-letterario del romanzo.

Se una notte d'inverno un viaggiatore è un romanzo metaletterario in cui Calvino pone una discussione sul rapporto tra la realtà e il mondo di finzione della lettura. La ricerca di un testo unico da parte dei lettori è una ricerca impossibile poiché, secondo lo scrittore, è impossibile ricercare una verità unica e inconfutabile nella lettura. Ogni lettore, infatti, utilizza la propria esperienza nell’attività di lettura, così i libri, che di fatto hanno sempre lo stesso testo, posseggono un numero infinito di interpretazioni e realtà a seconda di chi li legge.

Nella cornice del testo troviamo una storia che si sviluppa a lato dei dieci incipit che compongono il romanzo di Calvino. Deciso a leggere il libro Se una notte d'inverno un viaggiatore, il Lettore comincia la sua avventura rendendosi conto del fatto che l’impaginazione difettosa gli impedisce di proseguirlo. Recatosi alla libreria per cercarne un’altra copia, si imbatte nella Lettrice, Ludmilla, anche lei giunta lì per lo stesso motivo. Si mettono allora alla ricerca del finale del secondo, trovando un terzo libro che per motivi ancora differenti non riescono a finire. Tra il Lettore e la Lettrice impegnati nella ricerca nasce ben presto un amore, che i due decidono di coronare sposandosi e abbandonando la ricerca impossibile della verità sui libri.

Il finale del romanzo pone una svolta definitivamente metaletteraria, poiché il Lettore, a letto con sua moglie nella prima notte di nozze, rivela di aver finalmente finito di leggere un romanzo, quel Se una notte d'inverno un viaggiatore di Italo Calvino che aveva dato inizio alla sequela di incipit, i cui titoli accostati compongono un nuovo incipit di libro incompiuto: “Se una notte d'inverno un viaggiatore, fuori dell’abitato di Malbork, sporgendosi dalla costa scoscesa senza temere il vento e la vertigine, guarda in basso dove l’ombra s’addensa in una rete di linee che s’allacciano, in una rete di linee che s’intersecano sul tappeto di foglie illuminato dalla luna intorno a una fossa vuota - Quale storia laggiù attende la fine?

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