La Legge sull'Immigrazione in Italia: Un Quadro Generale
L'immigrazione in Italia è un fenomeno relativamente recente. Sul piano storico, l'arrivo dei primi flussi migratori comincia nei primi anni '70 con l'inizio della crisi del petrolio.
Evoluzione Legislativa
Le linee generali delle politiche pubbliche in materia di immigrazione in Italia, fissate dalla legge 40/1998 (cosiddetta "legge Turco - Napolitano"), sono state successivamente consolidate nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico sull'immigrazione e sulla condizione dello straniero. Successivamente, sono intervenute numerose modifiche - tra cui quelle apportate dalla legge 189/2002 (la cosiddetta "legge Bossi-Fini") - che hanno modificato il testo unico, pur non alterandone l'impianto complessivo.
Norme regolamentari, di attuazione del testo unico, sono contenute nel D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, come modificato dal D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334, emanato in attuazione della legge 189/2002.
Il testo unico interviene in entrambi gli ambiti principali del diritto dell'immigrazione:
- Il diritto dell'immigrazione in senso stretto, concernente la gestione nel suo complesso del fenomeno migratorio: la definizione di regole di ingresso, di soggiorno, di controllo, di stabilizzazione dei migranti ed anche la repressione delle violazioni a tali regole.
- Il diritto dell'integrazione, che riguarda l'estensione, in misura più o meno ampia, ai migranti dei diritti propri dei cittadini (diritti civili, sociali, politici).
I princìpi fondamentali che sono alla base del testo unico sono essenzialmente tre:
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- La programmazione dei flussi migratori e il contrasto all'immigrazione clandestina (per quanto riguarda il diritto dell'immigrazione).
- La concessione di una ampia serie di diritti volti all'integrazione degli stranieri regolari (diritto dell'integrazione).
Il testo unico non interviene in materia di diritto di asilo la cui disciplina, in passato contenuta nel decreto-legge 416/1989 (la cosiddetta "legge Martelli"), ha avuto una regolamentazione dettagliata ad opera di provvedimenti di recepimento della normativa comunitaria.
La condizione giuridica degli stranieri cittadini di stati membri dell'Unione europea è stata disciplinata con il decreto legislativo 30/2007 sempre di derivazione comunitaria (dir. 2004/38/CE).
Programmazione dei Flussi Migratori
In Italia l'immigrazione dei cittadini stranieri non appartenenti all'Unione europea è regolata secondo il principio della programmazione dei flussi. Ogni anno il Governo, sulla base della necessità di manodopera interna, stabilisce il numero di stranieri che possono entrare nel nostro Paese per motivi di lavoro.
In particolare, la gestione dei flussi di immigrazione è realizzata attraverso una serie di strumenti, quali il documento programmatico triennale e il decreto annuale sui flussi.
Il documento programmatico sulla politica dell'immigrazione viene elaborato dal Governo ogni tre anni ed è sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari. Esso contiene:
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- Un'analisi del fenomeno migratorio e uno studio degli scenari futuri.
- Gli interventi che lo Stato italiano intende attuare in materia di immigrazione.
- Le linee generali per la definizione dei flussi d'ingresso.
- Le misure di carattere economico e sociale per favorire l'integrazione degli stranieri regolari.
L'ultimo documento programmatico adottato è quello per il triennio 2004-2006 (D.P.R. 13 maggio 2005).
Il decreto sui flussi è lo strumento attuativo del documento programmatico, con cui il Governo stabilisce ogni anno, sulla base delle indicazioni contenute nel documento programmatico triennale e dei dati sull'effettiva richiesta di lavoro da parte delle realtà locali, elaborati da un'anagrafe informatizzata tenuta dal Ministero del lavoro, le quote massime di stranieri da ammettere in Italia per motivi di lavoro. In esso sono previste quote riservate per i cittadini provenienti da Paesi a forte pressione migratoria con i quali l'Italia ha sottoscritto accordi specifici di cooperazione in materia di immigrazione.
Il decreto è adottato entro il 30 novembre di ciascun anno, previo parere delle competenti commissioni parlamentari. Una norma di salvaguardia prevede che qualora non sia possibile emanare il decreto (per esempio in assenza del documento programmatico triennale) il Presidente del Consiglio può provvedere in via transitoria con proprio decreto (art. 3 del testo unico del 1998).
Il 26 gennaio 2023 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 dicembre 2022 recante la programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori non comunitari nel territorio dello Stato per l'anno 2022. Il decreto flussi 2022 ammette in Italia, per motivi di lavoro subordinato stagionale e non stagionale e di lavoro autonomo, i cittadini non comunitari entro una quota complessiva massima di 82.705 unità (il decreto flussi 2021 prevedeva l'ingresso di 69.700 unità).
Il D.L. 20/2023 (art. 1) ha introdotto, per il triennio 2023-2025, una disciplina derogatoria rispetto a quelle ordinaria sopra descritta. In primo luogo, il decreto ha validità triennale e non annuale, ossia indica le quote massime di lavoratori ammessi per ciascuno dei tre anni di riferimento. Inoltre, oltre alle quote, reca anche i criteri generali per la definizione dei flussi di ingresso. Funzione che, come si è detto, è svolta ordinariamente dal documento programmatico triennale. Tali criteri devono tenere conto dell'analisi del fabbisogno del mercato del lavoro effettuata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, previo confronto con le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale. In attuazione di tale disposizione, è stato adottato il DPCM 27 settembre 2023 recante la programmazione dei flussi d'ingresso legale in Italia dei lavoratori stranieri per il triennio 2023-2025.
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Il D.L. 145/2024 ha prorogato la disciplina derogatoria anche al triennio 2026-2028 (art.
Il testo unico prevedeva un terzo strumento: il decreto annuale per l'accesso alle università italiane degli studenti stranieri. Il decreto-legge 145/2013 ha liberalizzato l'ingresso degli studenti residenti all'estero con la soppressione del contingentamento del numero dei visti per motivi di studio rilasciati ogni anno. Ha, inoltre, previsto altre misure per agevolare l'ingresso e la permanenza di ricercatori e di lavoratori qualificati provenienti da Paesi terzi.
Contrasto all'Immigrazione Clandestina
Il secondo principio su cui si fonda la disciplina dell'immigrazione è quello del contrasto all'immigrazione clandestina. L'ingresso e il soggiorno illegale nel territorio nazionale è considerato un reato punibile con una ammenda o con l'espulsione.
Gli strumenti che l'ordinamento predispone per il contrasto all'immigrazione clandestina sono numerosi e vanno dalla repressione del reato di favoreggiamento all'immigrazione clandestina, al respingimento alla frontiera, dall'espulsione come misura di sicurezza per stranieri condannati per gravi reati, all'espulsione come sanzione sostitutiva. Il principale di essi può tuttavia considerarsi l'espulsione amministrativa.
Essa può essere eseguita con l'accompagnamento alla frontiera da parte delle forze dell'ordine, disposto dal prefetto in determinati casi (rischio di fuga, presentazione di domanda di permesso di soggiorno fraudolente ecc.). Qualora non ricorrano tali condizioni lo straniero, può chiedere al prefetto, ai fini dell'esecuzione dell'espulsione, la concessione di un periodo per la partenza volontaria, anche attraverso programmi di rimpatrio volontario ed assistito.
Particolarmente severe sono le disposizioni volte a reprimere il reato di favoreggiamento all'immigrazione clandestina. Le pene sono poi aumentate in presenza di circostanze aggravanti, quali l'avviamento alla prostituzione. Va inoltre ricordata, in proposito, la ridefinizione dei reati di riduzione in schiavitù e di tratta di persone operata dalla legge 228/2003.
Una menzione spetta anche al permesso di soggiorno a fini investigativi, rilasciato in favore degli stranieri che prestino la loro collaborazione all'autorità giudiziaria o agli organi di polizia in relazione a delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico. Si tratta di uno strumento introdotto dal decreto-legge 144/2005, e che si inserisce nel solco della legislazione premiale in materia di immigrazione inaugurata dal permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, che può essere rilasciato a immigrati clandestini che siano vittime di situazioni di violenza o di grave sfruttamento.
Quando l'espulsione non può essere immediata, gli stranieri devono essere trattenuti presso appositi centri di permanenza per i rimpatri (CPR) istituiti dal D.L. 13/2017 in sostituzione dei centri di identificazione ed espulsione (i CIE, che a loro volta avevano sostituito i centri di permanenza temporanea ed assistenza - CPTA), per il tempo strettamente necessario alla loro identificazione ed espulsione. I CPR sono luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione di provvedimenti di espulsione. In tali strutture lo straniero deve essere trattenuto con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza ed il pieno rispetto della sua dignità (art. 14, co. 2, D.Lgs. 286/1998). Il trattenimento è disposto con provvedimento del questore.
Il limite massimo di permanenza nei CPR è di 18 mesi. Il termine ordinario è di 3 mesi, prorogabile di altri 3 mesi. Ulteriori proroghe, fino al massimo di altri 12 mesi possono essere stabilite in determinati casi: se lo straniero non collabora al suo allontanamento o per i ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione da parte dei Paesi terzi (l'estensione del periodo massimo di permanenza è stato disposto dal decreto-legge 124/2023).
Uno degli strumenti di contrasto all'immigrazione clandestina è stato la stipulazione, da parte del Governo italiano, di una serie di accordi bilaterali in materia di immigrazione. Si tratta, innanzitutto, degli accordi di riammissione degli stranieri irregolari, previsti dal testo unico sull'immigrazione, volti ad ottenere la collaborazione delle autorità del Paese straniero nelle operazioni di rimpatrio dei migranti non regolari, espulsi dall'Italia o respinti al momento dell'attraversamento della frontiera.
Con alcuni Paesi, e specificamente con quelli a più alta pressione migratoria, sono stati perfezionati pacchetti di intese di portata più ampia che prevedono non soltanto accordi di riammissione, ma anche intese di cooperazione di polizia, nonché accordi in materia di lavoro. Nei decreti annuali sui flussi di ingresso del lavoratori extracomunitari sono previste quote riservate per gli stranieri provenienti da Paesi che hanno stretto tali accordi globali di cooperazione.
Per quanto riguarda il terzo dei tre princìpi ispiratori della legislazione vigente, l'integrazione degli stranieri regolari, il nostro ordinamento garantisce una ampia tutela dei diritti degli stranieri e promuove l'accoglienza e l'integrazione degli immigrati.
Integrazione degli Stranieri
Innanzitutto, agli stranieri sono garantiti, alla stregua dei cittadini italiani, i diritti fondamentali di libertà ed eguaglianza fissati dalla prima parte della nostra Costituzione. Tra questi, espressamente destinato agli stranieri, il diritto di asilo (art. 10 Cost.). Inoltre, una serie di disposizioni contenute in leggi ordinarie provvedono a fissare contenuti e limiti della possibilità degli stranieri di godere dei diritti propri dei cittadini e dall'altro a promuovere l'accoglienza e l'integrazione degli immigrati.
In primo luogo, la legge prevede, in presenza di determinate condizioni, la concessione agli stranieri della cittadinanza (per naturalizzazione, per nascita o per matrimonio), quale massimo strumento di integrazione e di possibilità di godimento dei diritti garantiti dall'ordinamento. L'acquisizione della cittadinanza per naturalizzazione presuppone la permanenza regolare e continuativa nel territorio nazionali per dieci anni ed è subordinata alla decisione, in larga parte discrezionale, dell'amministrazione pubblica (L. 91/1992).
Per quanto riguarda i diritti civili, agli stranieri è garantito il diritto alla difesa in giudizio (art. 17, TU). Inoltre, è prevista una serie di strumenti volti al contrasto della discriminazione razziale: a partire dalla legge 654/1975 di ratifica della Convenzione di New York del 1966 contro il razzismo, fino al testo unico che da una definizione puntuale degli atti di discriminazione (art. 43) e disciplina l'azione di sede civile contro tali atti (art. 44).
In questo settore alcuni importanti interventi sono stati realizzati principalmente in attuazione della disciplina comunitaria: il D.Lgs. 215/2003 e il D.Lgs. 216/2003 contengono disposizioni per garantire la non discriminazione a causa delle proprie origini, il primo in generale, il secondo in materia di lavoro.
Sono previste, inoltre, alcune disposizioni relative alla tutela dei diritti sociali. Specifiche disposizioni del testo unico (artt. 28-33) prendono in esame le forme di garanzia del diritto all'unità familiare e al ricongiungimento familiare, riconosciuto agli stranieri regolarmente soggiornanti, e di tutela dei minori, il cui prioritario interesse deve sorreggere tutti i provvedimenti amministrativi e giurisdizionali in materia di diritto all'unità familiare.
Per quanto riguarda il diritto alla salute, viene garantita una ampia assistenza sanitaria a tutti gli stranieri, compresi coloro che non sono in regola con le norme relative all'ingresso e al soggiorno (artt. 34-36). Anche il diritto allo studio è garantito dal testo unico (art. 38 e seguenti).
Le disposizioni del testo unico in materia di servizi abitativi e di assistenza sociale per stranieri (artt. 40-41) prevedono che le regioni, in collaborazione con gli enti locali e con le associazioni di volontariato, predispongano...
Ingresso e Soggiorno
I cittadini stranieri possono entrare sul nostro territorio per turismo, studio, ricongiungimento familiare e lavoro. Il cittadino straniero può entrare in Italia se è in grado di documentare il motivo e le condizioni del soggiorno, oltre alla disponibilità di mezzi sia per mantenersi durante il soggiorno sia per rientrare nel Paese di provenienza, tranne i casi di ingresso per motivi di lavoro.
Non è ammesso in Italia chi non soddisfa questi requisiti, o è considerato una minaccia per la sicurezza nazionale o di uno dei Paesi con cui l'Italia ha siglato accordi per la libera circolazione delle persone tra le frontiere interne.
Per entrare in modo regolare in Italia è necessario il passaporto o altro documento di viaggio e il visto di ingresso (per visita e/o turismo, per lavoro, per studio e/o ricerca, per famiglia, ecc.), che va richiesto all'ambasciata o ai consolati italiani nel Paese d'origine o di residenza stabile del cittadino straniero extracomunitario.
L'ingresso in Italia è consentito con visti per soggiorni di breve durata, validi fino a 3 mesi, e per soggiorni di lunga durata che comportano la concessione di un permesso di soggiorno (di lunga durata) con motivazione identica a quella del visto.
Il mancato rispetto di queste procedure, o una permanenza oltre i 3 mesi o il termine minore indicato eventualmente nel visto, pongono lo straniero nella condizione di irregolare, e ne comportano l'espulsione, salvi i casi di forza maggiore previsti dalla legge. I cittadini stranieri espulsi non possono rientrare in Italia, tranne che abbiano un'autorizzazione speciale o sia terminato il divieto di ingresso.
Non sono ammessi in Italia gli stranieri segnalati per gravi motivi di ordine pubblico e sicurezza nazionale, e di tutela delle relazioni internazionali. Lo straniero che raggiunge in modo irregolare l'Italia viene respinto alla frontiera oppure, se già entrato nel territorio nazionale, viene espulso, a meno che non debba essere trattenuto in uno dei centri per l'immigrazione per accertarne identità e/o nazionalità.
L'ingresso in Italia per motivi di lavoro subordinato, anche stagionale, e di lavoro autonomo, deve avvenire nell'ambito delle quote di ingresso (articolo 21 T.U.) stabilite nei decreti periodici (di solito annuali), i cosiddetti 'decreti-flussi', emanati dal presidente del Consiglio dei ministri sulla base dei criteri indicati nel documento programmatico triennale sulle politiche dell'immigrazione (articolo 3).
La Legge Bossi-Fini
Il primo intervento innovativo sul Testo unico è la famosa legge “Bossi-Fini” [dlgs 113/99] che già nell’aprile del 1999, a meno di un anno di distanza dalla promulgazione del dlgs 286, scrive nuove norme in tema di lavoro, permesso di soggiorno, controllo alle frontiere, diritto di asilo.
Per esempio, nel lavoro: prima il perno della disciplina era la garanzia offerta dal privato, che aveva già assunto il lavoratore e regolarizzato la sua permanenza in Italia, permettendo in molti casi il ricongiungimento familiare di moglie e figli; ora si passa al “contratto di soggiorno” con cui il datore di lavoro si obbliga non solo a dare un impiego ma anche a trovare un alloggio allo straniero, e il periodo massimo di disoccupazione è ridotto da un anno a 6 mesi.
Un’altra innovazione riguarda l’obbligo per gli extracomunitari della fotosegnalazione e delle impronte digitali che, raccolte in una banca dati, risolvono radicalmente il problema dell’identificazione.
Tabella Riassuntiva delle Principali Leggi sull'Immigrazione
Legge | Descrizione |
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Legge 30/12/1986 | Norme in materia di immigrazione (D.L. 416/1989 "Legge Martelli") |
Legge 28/02/1990 | Norme urgenti in materia di immigrazione |
Legge 6/03/1998 n. 40 | Legge Turco-Napolitano, poi Testo unico n. 286/1998 |
Legge 189/02 | Modifica la legge Turco-Napolitano (Legge Bossi-Fini) |