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Storia e Addestramento dei Piccioni Viaggiatori Italiani

I piccioni viaggiatori, razze domestiche del colombo selvatico Columba livia, sono stati per molto tempo il più veloce mezzo di comunicazione disponibile, grazie alla loro eccellente abilità nel trovare la via del ritorno al nido.

Storicamente, l’uso dei piccioni viaggiatori è stato molto vario. Per esempio, ebbe un’importanza fondamentale durante i periodi di guerra nel Medioevo, quando era normale scambiarsi messaggi di posta per mezzo di questi animali, anche se la loro storia risale a molti anni prima.

E’ dimostrata storicamente l’esistenza di uno scambio di messaggi tramite piccioni viaggiatori fino dal 2.800 a.C e risale agli egizi e ai persiani, e rimase un efficiente mezzo di comunicazione fino all'avvento del telegrafo, del telefono e, infine, della radio ed adesso degli smartphone.

La loro importanza in ambito militare si estese invece anche al XX secolo: durante entrambe le guerre mondiali furono utilizzati migliaia di piccioni per spedire messaggi strategici, scritti su carta leggera o in microfilm e inseriti in un tubicino legato a una zampa.

Dalla mitologia e dalla letteratura vengono tratte tante storie in cui viene apprezzato il loro compito: per esempio, ne “Le mille e una notte” si fa riferimento alla grande importanza di possedere questi animali. Come già precedentemente detto nel passato hanno rappresentato un simbolo significativo nel recapitare dei messaggi nella Bibbia ad esempio, una colomba che consegna a Noè un ramoscello di ulivo, segno che la terra era vicina ed era finito il Diluvio Universale.

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Pensate che presso gli antichi Greci i vincitori delle Olimpiadi erano soliti appendere alle gambe del colombo il messaggio della vittoria e le truppe romane disponevano di piccionaie portatili che trasportavano in diverse campagne militari e la comunicazione "via piccione" può funzionare in un senso solamente: il piccione, trasportato lontano dalla sua piccionaia, quando è liberato ritorna al luogo d'origine.

Non è insomma possibile istruire il messaggero alato per indirizzarlo a una destinazione differente. Tuttavia, il loro utilizzo non è esclusivo della storia classica. Durante la Prima Guerra mondiale fu un vero privilegio avere a disposizione questi amici pennuti, e anche durante la Seconda Guerra Mondiale, sono stati usati per evitare che le conversazioni venissero intercettate.

In entrambe le guerre, l’addestramento di diversi animali, come cani e gatti fu molto importante e si giunse persino a pensare alla possibilità di addestrare i pipistrelli. I piccioni non venivano solo usati esclusivamente per inviare messaggi, ma anche per piccoli oggetti di cui qualcuno aveva bisogno altrove con urgenza, per esempio, campioni di sangue provenienti da ospedali o laboratori.

Nelle due Guerre mondiali alcuni si distinsero in battaglia per aver consegnato messaggi importanti, i colombigrammi , The Mocker avrebbe volato per 52 missioni, Cher Ami, una femmina, fu ferita nell’ultima settimana della Grande Guerra, ma il suo messaggio salvò parecchi americani. E poi Paddy che beffò i falchi di Hitler e per primo diede agli alleati notizie sullo sbarco in Normandia.

Alcuni eserciti moderni continuano ad addestrare i piccioni viaggiatori, allo scopo di contare su di un piano di emergenza in caso di conflitto militare che provochi un collasso dei moderni sistemi di comunicazione.

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Si ritiene che i piccioni, per trovare la via di casa, sfruttino varie strategie: una sorta di bussola interna che percepisce il campo magnetico terrestre, un sistema di orientamento basato sulla posizione del sole, un meccanismo olfattivo per riconoscere gli odori del proprio nido d'origine e la capacità di individuare alcune caratteristiche del paesaggio.

I piccioni viaggiatori sono diversi rispetto agli altri, perché hanno un ottimo senso dell’orientamento e una corporatura più robusta, riuscendo a percorrere fino a mille chilometri in un solo giorno, ad una velocità di 90 chilometri all’ora.

Oggi, con i nostri sofisticati sistemi di comunicazione, che ci permettono di inviare istantaneamente messaggi in qualunque parte del mondo, è molto difficile pensare che, in passato, l’uso del piccione viaggiatore era uno dei metodi più veloci per comunicare. Tuttavia, dobbiamo molto all’abilità di questi uccelli che, per secoli, hanno viaggiato su lunghe distanze per trasportare messaggi che davano speranza.

Nonostante la colombofilia (che è il nome con cui viene denominato l’allevamento e l’addestramento di piccioni viaggiatori) continui ad aumentare, i piccioni vengono utilizzati principalmente per modalità sportive, un’attività profondamente consolidata in Spagna. Esiste un numero importante di allevatori locali, al fine di mantenere la tradizione di addestrare i piccioni viaggiatori, così come di promuovere lo sport e la sana competizione.

Alcune curiosità, in inglese c’è anche una locuzione piuttosto curiosa, pigeon on a stool, piccione su uno sgabello, che inizialmente indicava un piccione da richiamo, usato per catturare altri piccioni con una rete,e ora viene usata in senso figurato: è una persona che fa da esca o un infiltrato o informatore della polizia.

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Al mondo esistono 290 specie di piccioni, ma solo una si è adattata a vivere nelle città. I piccioni domestici sono sinantropici: prosperano negli ambienti umani, si sfamano con i nostri avanzi e fanno il nido nelle fessure e nelle nicchie degli edifici, che sembrano le pareti di roccia dove un tempo viveva il suo progenitore genetico, Columba livia, il piccione selvatico.

Noi pensiamo che i piccioni siano grigi, ma le loro piume sono una tavolozza oceanica: tonalità di blu e di verde punteggiate di bianco, come la cresta di un’onda. Quando non sono maciullate o amputate da funi o fili di ferro, le loro zampe da rettili sono forti ed eleganti. Possono vedere molto più lontano di noi, e con maggiore chiarezza.

Negli anni settanta e ottanta, la guardia costiera statunitense allenava i piccioni a riconoscere le persone disperse in acqua: venivano messi in capsule d’osservazione montate sul fondo degli elicotteri e addestrati a beccare un pulsante quando avvistavano in mare un pezzo di stoffa colorata. I piccioni riuscivano a vedere la stoffa il 93 per cento delle volte, gli umani solo il 38.

I piccioni sono più intelligenti di quanto siamo disposti ad ammettere, e sono tra i pochi animali - insieme alle grandi scimmie, ai delfini e agli elefanti - in grado di superare il test di autoriconoscimento allo specchio: se mettiamo un segno sull’ala di un piccione e lo facciamo guardare allo specchio, lui cercherà di togliersi il segno, rendendosi conto che quella che vede è l’immagine riflessa del suo corpo.

I piccioni impiegano cinque secondi per riconoscersi in un video (i bambini di tre anni ci riescono con difficoltà in due secondi) e riconoscono le persone dalle foto. “La modestia”, ha scritto Marianne Moore, “non può offuscare lo splendore del piccione”.

I piccioni si muovono in un mondo umano. Rimangono vicini alla terra e spesso volano al livello della strada, a un’altezza più bassa dei tetti. Studi recenti suggeriscono che si orientano usando le strutture umane oltre a quelle naturali: seguono strade e canali e sono stati visti seguire le rotatorie stradali prima di prendere l’uscita giusta.

Possono volare a grande velocità - fino a 180 chilometri all’ora - e con il vento favorevole arrivano a coprire 1.100 chilometri in un solo volo senza interruzioni (ai piccioni non piace volare di notte, ma possono essere addestrati a farlo). Ci sono uccelli più veloci - i falchi pellegrini, i maggiori predatori dei piccioni, possono raggiungere i 320 chilometri orari in picchiata - ma nessuno riesce a volare orizzontalmente, con la propria forza, alla stessa rapidità di un piccione.

I piccioni domestici sono parenti stretti delle centinaia di varietà di colombacci addomesticati e poi allevati dai sumeri quattromila anni fa. Il più celebrato e familiare è il racing homer, il piccione viaggiatore selezionato per la sua straordinaria capacità di orientamento.

Quando imparano a riconoscere la loro colombaia -il che succede intorno alle sei settimane di vita - i piccioni viaggiatori ci tornano per tutta la vita, perfino a distanza di anni. Possono volare migliaia di chilometri e attraversare gli oceani per tornare a casa.

Uno dei viaggi di ritorno più lunghi della storia fu realizzato da un esemplare che apparteneva al duca di Wellington, liberato dall’isola di Ichaboe, una delle isole dei Pinguini davanti alla costa della Namibia, il 1 giugno 1845. Ci mise 55 giorni per percorrere 8.700 chilometri e tornare a Nine Elms, a Londra, dove fu trovato morto in un canale di scolo a un miglio dal suo ricovero.

Il problema di come riescano a orientarsi è ancora molto dibattuto. Darwin credeva che ritrovassero la strada memorizzando le svolte e i cambi di direzione del viaggio di andata per calcolare la rotta del ritorno. Ma mettere un piccione in un rullo rotante oscurato prima di liberarlo nel tentativo di confondergli le impressioni di viaggio non sembra influire sulla sua capacità di tornare a casa.

Negli anni cinquanta del novecento, il biologo Gustav Kramer scoprì che i piccioni, come tutti gli uccelli migratori, possiedono un cronometro interno incredibilmente preciso grazie al quale possono usare il Sole come una bussola, ma anche se il cielo è coperto riescono a ritrovare la loro colombaia.

Sembra molto probabile che per navigare i piccioni usino tutta una serie di capacità sensoriali poco conosciute. La vista ha un certo ruolo, soprattutto quando sorvolano l’area intorno alla loro colombaia, ma ritrovano la strada anche quando gli vengono applicate lenti a contatto opache, pur non riuscendo a rientrare nel loro ricovero.

I ricercatori hanno dotato i piccioni di dispositivi che cambiano i campi magnetici intorno al loro capo per vedere se, come molte creature marine, usano i poli per orientarsi. Negli anni settanta degli scienziati italiani scoprirono che tagliando il nervo olfattivo i piccioni non ritrovavano la strada di casa, e studi successivi hanno ipotizzato che si creino una “mappa olfattiva” utilizzando gli odori portati dal vento.

È questa loro straordinaria capacità di tornare nella colombaia d’origine che li ha fatti diventare tra gli animali da compagnia più diffusi. I piccioni volavano in tutto l’impero romano portando messaggi dalla periferia alla capitale. Decimo Bruto riuscì a spezzare l’assedio imposto da Marco Antonio a Modena inviando lettere ai consoli con i piccioni.

“Quale vantaggio ha ottenuto Antonio dalle sue trincee”, scrisse Plinio, “dal suo vigile blocco e perfino dalle reti stese attraverso il fiume, mentre i messaggeri alati solcavano l’aria?”. I piccioni, però, hanno ottenuto il giusto riconoscimento solo con la modernità, quando la loro velocità, affidabilità e docilità li hanno resi particolarmente interessanti per gli imprenditori delle comunicazioni e gli strateghi militari.

Durante il settecento e all’inizio dell’ottocento diventarono ausiliari importanti delle reti tecnologiche che stavano spuntando in tutto il mondo. Nel 1850 fu fondata l’agenzia di stampa Reuters, ed era dotata di uno stormo di 45 piccioni che venivano usati per coprire un’interruzione nella rete del telegrafo tra Bruxelles e Aquisgrana, dando a Paul Reuter il monopolio su tutto il traffico telegrafico tra Belgio e Germania.

I cinque figli di Mayer Amschel Rothschild usavano i piccioni per restare in contatto mentre viaggiavano in tutt’Europa per consolidare la dinastia bancaria del padre. Durante l’assedio di Parigi, nel 1870, i piccioni venivano fatti uscire dalla città in mongolfiera e tornavano portando migliaia di lettere immagazzinate su microfilm e cucite alle piume della coda.

Durante la prima guerra mondiale, i soldati al fronte usavano i piccioni per comunicare con chi si trovava dietro le linee e con i comandanti carristi quando le loro radio non funzionavano. Durante la seconda guerra mondiale molti equipaggi dei bombardieri portavano a bordo un paio di piccioni in un’apposita gabbia galleggiante. Se gli aerei venivano abbattuti liberavano un piccione con un messaggio che indicava la loro posizione.

“Se fosse necessario rinunciare immediatamente a ogni linea e metodo di comunicazione usati al fronte tranne uno”, scrisse il generale Fowler, capo dei segnali e delle comunicazioni dell’esercito britannico, “e spettasse a me scegliere quell’unico metodo, non esiterei a scegliere i piccioni. Quando la battaglia infuria e rimangono in gioco solo l’artiglieria e il fuoco delle mitragliatrici, per non parlare degli attacchi con il gas e dei bombardamenti, è al piccione che ci rivolgiamo”.

L’idea di usare i piccioni a scopi di spionaggio fu una delle tante reazioni alla difficoltà di far uscire informazioni dall’Europa all’inizio della seconda guerra mondiale. Durante la prima guerra mondiale, lo spionaggio per l’estero britannico dell’Mi6 aveva usato corrieri e passeur per portare le informazioni oltre le linee nemiche. Era un lavoro pericoloso, e molti furono catturati e giustiziati.

La necessità di nuovi mezzi di comunicazione portò ad alcuni progetti bizzarri, e l’operazione Columba fu tra quelli che ebbero maggiore successo. In Secret pigeon service, il libro che ha scritto su questa operazione (William Collins 2018), Gordon Corera racconta che si tentò anche di mandare messaggi “scritti su banconote con inchiostro invisibile e lasciati nelle cassette dell’elemosina nelle chiese cattoliche, che potevano essere trasportate oltre le linee nemiche”.

Anche quando avevano successo, di solito le comunicazioni erano estremamente lente: i messaggi passavano di mano in mano, perché la tecnologia radio era rozza e facile da intercettare. La Funkabwehr, il controspionaggio radio tedesco, diventò più sofisticata nel corso della guerra, e nel 1943 ormai era pericoloso usare la radio per più di qualche minuto alla volta. Ci volevano circa tre mesi perché il rapporto di un agente raggiungesse l’Mi6.

Rispetto alla radio, i piccioni erano affidabili, soprattutto sulle brevi distanze. A meno che non fossero catturati mentre liberavano l’animale, la posizione degli addestratori era difficile da scoprire. Ma il vantaggio maggiore dei piccioni era che potevano permettere alle agenzie di spionaggio britanniche di comunicare direttamente con le persone che vivevano nel territorio occupato, le cui informazioni spesso erano più dettagliate e sicure di quelle delle spie.

Secondo Corera, un agente mandò un rapporto in cui sosteneva che “i soldati tedeschi in Norvegia si stavano addestrando a nuotare fino a riva con dei costumi verdi impermeabili ed erano stati sentiti suonare le cornamuse scozzesi”.

L’operazione Columba fu concepita e gestita da una banda scombinata di funzionari dei servizi segreti, allevatori di piccioni, aristocratici amanti degli animali e soldati che non sempre lavoravano bene insieme. Era diretta dallo Special continental pigeon service, l’Mi14(d), un ramo dell’intelligence militare (Mi16), e il suo ideatore fu Rex Pearson, un agente che aveva passato gli anni tra le due guerre alla Unilever, in Svizzera, come copertura del suo lavoro per l’organizzazione Z, una rete parallela dei servizi segreti gestita dall’Mi6.

Nel 1939 Pearson suggerì che i piccioni si potevano usare non solo per ricevere informazioni dagli agenti in servizio, ma anche per reclutarne di nuovi. L’Mi6 la giudicò un’idea ridicola e non volle saperne. Ma l’intelligence militare, che era gestita dall’esercito e aveva sede al ministero della guerra invece che al ministero degli esteri, permise a Pearson di andare avanti.

Il suo piano fu reso possibile dal lavoro di William Osman, componente di una famosa dinastia di allevatori. Il padre di William, il tenente colonnello Alfred Henry Osman, aveva abbandonato la carriera legale per dedicare più tempo ai suoi volatili e nel 1898 fondò la rivista The Racing Pigeon, che viene pubblicata ancora oggi. Alfred era stato responsabile dell’addestramento e dell’organizzazione dei piccioni durante la prima guerra mondiale.

Dopo la guerra le unità di piccioni erano state sciolte, ma negli anni trenta William sostenne che bisognava creare un servizio piccioni nazionale permanente (Nps) e mise insieme una rete di duemila allevatori che dovevano procurare gli animali. Dopo lo scoppio della guerra i membri dell’Nps accettarono di fornire venti piccioni al mese, e in cambio poterono continuare a curare le loro colombaie e acquistare il mangime.

I primi lanci sperimentali dell’operazione Columba risalgono alla fine del 1940, e dall’inizio del 1941 fino al settembre 1944 il servizio lanciò sull’Europa occupata 16mila piccioni attaccati a piccoli paracadute, coprendo un territorio che andava da Copenaghen a Bordeaux. I piccioni trasportavano un questionario che chiedeva a chiunque li trovasse di fornire informazioni sui movimenti delle truppe, le postazioni per mitragliatrici o i sistemi radar e “se potevano ascoltare chiaramente la Bbc e la loro opinione sul servizio fornito da questa radio”, comunicando le loro risposte con i piccioni.

Molti uccelli andarono perduti (secondo Corera nel corso della guerra solo un piccione su dieci riuscì a tornare a casa), perché morirono a causa della mancata apertura dei paracadute, caddero in mani nemiche o furono mangiati da persone ridotte alla fame. Ma migliaia di piccioni riuscirono a tornare nelle loro diroccate colombaie nei giardini delle villette periferiche di tutta la Gran Bretagna.

I messaggi che i piccioni riconsegnavano erano alternativamente utili, incomprensibili, futili, divertenti e commoventi. La gente scriveva per sollecitare rifornimenti (a volte armi e munizioni, spesso whisky e sigarette), schernire il nemico, denunciare i traditori e chiedere che venissero denunciati pubblicamente alla radio, oppure per dire agli alleati di stare più attenti quando sganciavano le bombe. A volte sembravano solo incuriositi dagli uccelli.

“Ho trovato questo piccione la mattina presto mentre tagliavo il trifoglio per gli animali”, scriveva uno, “mi sono preso cura di lui e gli ho dato da mangiare e da bere e ora sono ansioso di sapere se la bestiolina ritroverà il suo ricovero”. Un messaggio dai Paesi Bassi al Lancashire firmato “I due pirati” mandava saluti a Churchill e alla regina d’Olanda, che si trovava in esilio nel Regno Unito.

“Vorrei chiedervi, amici miei”, scriveva un agricoltore francese che aveva trovato un piccione nel suo campo di rape, “di avvisare la popolazione qualche minuto prima di un bombardamento perché uccidete molti civili che sono vostri amici. Pochissimi tedeschi vengono uccisi”. Un messaggio inviato da Assen, nei Paesi Bassi, diceva semplicemente: “Aiutate i nostri ebrei”.

La maggior parte delle persone a cui capitarono tra le mani i piccioni della Columba erano civili - agricoltori e abitanti dei villaggi che trovavano gli uccelli nei loro campi - ma alcuni caddero nelle mani di gruppi più organizzati. In alcuni casi intorno all’arrivo di un piccione si formarono unità della resistenza, e Corera ne segue una in particolare, Leopold Vindictive, una cellula belga guidata da un sacerdote dotato di grande carisma, Joseph Raskin.

Durante il primo conflitto mondiale, Raskin era stato autista di ambulanza, barelliere e artista di guerra, dipingendo acquarelli delle postazioni tedesche al fronte. Da giovane aveva vissuto per qualche tempo in Cina, dove aveva sviluppato doti calligrafiche che si sarebbero rivelate molto utili per scrivere messaggi su minuscoli foglietti di carta di riso. Nel 1941, quando alcuni amici scoprirono un piccione della Columba nei loro campi, Raskin organizzò la composizione di un messaggio straordinariamente dettagliato - cinquemila parole più diverse mappe - da rispedire a Londra.

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