Reddito di Cittadinanza e Requisiti per Stranieri: Un'Analisi Dettagliata
Il Reddito di cittadinanza (Rdc) - abrogato a decorrere dal 1° gennaio 2024 - non ha natura assistenziale, non essendo diretto “a soddisfare un bisogno primario dell’individuo”: si tratta, infatti, di una misura di politica attiva per l’occupazione, di carattere temporaneo, soggetta a precisi obblighi e soprattutto a rigide condizionalità che, se disattese, determinano il venir meno del diritto alla prestazione.
Da quando è stato introdotto con il decreto legge 4/2019, è diventato subito oggetto di molte critiche. Il reddito di cittadinanza è una misura di reddito minimo garantito, ovvero una forma di sussidio che lo stato offre ai nuclei familiari indigenti. Oltre a essere una misura di tipo assistenzialistico, il reddito di cittadinanza sarebbe anche pensata per essere una politica attiva del lavoro per tentare un reinserimento occupazionale delle persone che lo percepiscono.
Requisiti di Residenza e Cittadinanza
Vi sono poi requisiti di residenza. Specificamente, che si sia residenti in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi 2 in maniera continuativa. Essere residenti in Italia da almeno 10 anni presuppone innanzitutto che si sia in possesso di un permesso di soggiorno di lungo periodo, e quindi che ci si trovi in una situazione di regolarità.
Un atteggiamento di matrice xenofoba che però ignora una serie di fattori. In primis, che i migranti, a meno che non siano regolarmente residenti in Italia, non possono accedere al sussidio. In secondo luogo, il fatto che il reddito di cittadinanza ha delle modalità di accesso e che chi le viola, ad esempio falsificando i documenti, è perseguibile penalmente - il che vale ugualmente per gli stranieri e per gli italiani.
Interventi della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia Europea
È quanto ha ribadito la Corte costituzionale, nella sentenza numero 31, depositata giovedì 20 marzo, che decide così del rinvio pregiudiziale nato da una causa civile tra l’Inps e 6 cittadini stranieri comunitari davanti alla Corte d’appello di Milano, sezione lavoro. Al centro, la possibile discriminazione derivante dal requisito dei 10 anni di residenza in Italia, previsto dalla normativa sul Rdc, il decreto legge n. 4 del 28 gennaio 2019.
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La questione di legittimità costituzionale era stata quindi sollevata dal giudice in merito all’art 2 del decreto, anche in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione agli artt.
La Corte ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera a), numero 2)” del decreto 4/2019, “nella parte in cui prevedeva che il beneficiario del reddito di cittadinanza dovesse essere residente in Italia «per almeno 10 anni», anziché prevedere «per almeno 5 anni”, come è poi stato previsto per l’Assegno di inclusione, la misura introdotta dal governo Meloni nel 2024 per sostituire il Rdc.
“E’ stata dichiarata incostituzionale una norma che per anni ha vessato tante persone in oggettivo stato di indigenza, con i requisiti economici per accedere al sussidio e invece escluse per un requisito che oggi, finalmente, sappiamo essere illegittimo”, è il commento dell’avvocato Alberto Guariso, legale dei cittadini comunitari che si erano visti togliere la prestazione e richiedere dall’Inps la restituzione delle somme.
Ma non è tutto. Perché la Consulta ha invece deciso di dichiarare “inammissibili le questioni di legittimità costituzionale” relative all’ipotesi che ad essere discriminatorio fosse il requisito della residenza in sé. Una decisione presa alla luce della recente sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 29 luglio 2024 che, dice la Consulta, “non è d’ostacolo”.
La Corte di giustizia europea aveva dichiarato discriminatorio nei confronti degli stranieri il requisito dei 10 anni di residenza per l’accesso al Rdc, in particolare dei cittadini di Paesi terzi. Secondo i giudici europei, il requisito viola la direttiva 2003/109/CE, che garantisce uguali diritti ai residenti di lungo periodo, e può impedire loro di accedere a prestazioni sociali, contrastando così con la Carta dei diritti fondamentali Ue.
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Secondo la Corte costituzionale, però, “in tale pronuncia la Corte di giustizia, come di consueto, ha interpretato il diritto dell’Unione - notano i giudici costituzionali - ma non ha operato un sindacato sull’esattezza, o no, dell’interpretazione del diritto nazionale, quale offerta dal giudice del rinvio pregiudiziale”, che invece aveva ritenuto la natura assistenziale del Rdc.
La sentenza ha quindi precisato che non può essere accolta la questione di legittimità prospettata in via principale dal giudice che ha presentato il ricorso, che porterebbe, in sostanza, ad annullare completamente il requisito di radicamento territoriale in base alla residenza, rendendo sufficiente solo quello, per i cittadini degli Stati membri, del diritto di soggiorno.
Non trattandosi di una prestazione meramente assistenziale, un requisito di radicamento territoriale non determina, di per sé, una violazione del divieto di discriminazione indiretta e delle relative disposizioni del diritto dell’Unione, che pure vengono in considerazione nella questione in esame.
Tuttavia, nonostante tali considerazioni, il periodo di residenza decennale pone una barriera temporale all’accesso al Rdc che trascende la ragionevole correlazione con le finalità di quest’ultimo.
A differenza di altre misure, come l’assegno sociale che questa Corte ha ritenuto correlate allo “stabile inserimento dello straniero in Italia, nel senso che la Repubblica con esse ne riconosce e valorizza il concorso al progresso della società, grazie alla partecipazione alla vita di essa in un apprezzabile arco di tempo”, il progetto di inclusione previsto dal Rdc non guarda, come invece le suddette misure, al concorso realizzato nel passato, ma alle chances dell’integrazione futura.
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In quest’ottica, il gravoso termine del pregresso periodo decennale non appare ragionevolmente correlato alla funzionalità del Rdc e si pone in violazione dei principi di eguaglianza, di ragionevolezza e proporzionalità di cui all’articolo 3 della Costituzione.
Proprio per venire incontro a queste situazioni, il requisito di residenza è stato drasticamente abbassato - a due anni - nel caso del Rem, (reddito di emergenza). In linea di principio sarebbe opportuno trasferire questo criterio anche nel Rdc.
Eppure, nonostante le numerose difficoltà e iniquità del processo, alcune personalità del mondo politico hanno criticato la decisione di ridurre il tempo di residenza necessario per accedere al sussidio.
Il diritto a percepire il reddito di cittadinanza può in ogni caso decadere, qualora il beneficiario non mostri la volontà di inserirsi nel mondo del lavoro, ad esempio rifiutando più di 3 offerte di lavoro considerate congrue.
Questo obbligo è stato eliminato (vedi Decreto del MLPS del 21 ottobre 2019 ), dal momento che si è ritenuto che non esistesse nessuna possibilità di disporre di informazioni circa il patrimonio mobiliare nei vari Paesi del mondo e che invece, per quanto concerne il patrimonio immobiliare, gli unici Paesi che possono produrre la suddetta documentazione sono contenuti in un elenco facente capo alla raccolta dati della Banca Mondiale e sono: Bhutan; Repubblica di Corea; Repubblica di Figi; Giappone; Hong Kong; Islanda; Kosovo; Kirghizistan; Kuwait; Malaysia; Nuova Zelanda; Qatar; Ruanda; S. Marino; Santa Lucia; Singapore; Svizzera; Taiwan Regno di Tonga.
Dati statistici
Stando all’ultimo aggiornamento dell’istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) pubblicato a gennaio 2022 e relativo al mese di dicembre dell’anno precedente, erano circa 1,2 milioni i nuclei familiari beneficiari di Rdc in Italia. Mediamente, i cittadini stranieri ricevono importi medi inferiori rispetto agli italiani, probabilmente a causa delle discriminazioni esistenti rispetto alle famiglie numerose, che risultano meno coperte e che sono più frequenti tra i cittadini stranieri.
Tra 2019 e 2021 per i cittadini italiani l'importo medio mensile del reddito di cittadinanza è aumentato del 9,3%, passando da 537 a 587 euro. Ciononostante, gli importi per questi ultimi continuano ad essere inferiori rispetto a quelli erogati agli italiani. Gli stranieri, comunitari e non, costituiscono poco più dell'8% della popolazione italiana.
La quota di persone considerate a rischio povertà, che tra i cittadini italiani è pari al 18,9% del totale, sale al 24,2% per i cittadini comunitari e al 36% nel caso degli extra-comunitari.
Secondo questi criteri, il 6,8% degli italiani si trova in condizioni di grave deprivazione materiale. Un dato che sale al 9,5% nel caso degli europei e al 15,4% dei cittadini extra-comunitari.
Mentre se analizziamo i dati sull'intensità lavorativa, intesa come bassa frequenza di mesi lavorati in un anno, questa è una condizione che interessa appena il 6,4% degli stranieri comunitari e il 5,1% degli extra-comunitari. Nel caso degli italiani invece la cifra sale al 10,5%, ovvero il doppio rispetto a questi ultimi.
Le operazioni condotte dalla guardia di finanza nel corso del 2020 hanno portato all'identificazione di alcune migliaia di persone che hanno riscosso, o richiesto senza riscuotere, un totale di circa 63 milioni di euro (di cui 13 milioni non riscossi).
Spesso nei fatti di cronaca a proposito delle indagini della guardia di finanza sui percettori di reddito di cittadinanza, si sottolinea quanti di questi sono cittadini extra-comunitari. Allo stesso tempo però gli stranieri sono una categoria fragile, e quindi questo tipo di narrativa può avere effetti negativi sulla percezione che la popolazione italiana ha di loro o esasperare tensioni sociali preesistenti. Alcuni gruppi, o individui, possono essere più vulnerabili di altri alle critiche. A maggior ragione se a esprimersi in questo modo sono persone di grande visibilità pubblica e se lo fanno online, dove l’effetto risulta amplificato e gli utenti possono reagire con un senso di impunità.
Una foto di giovani uomini africani in gruppo rimanda chiaramente all’immaginario dei migranti che sbarcano in Italia, presumibilmente in condizioni di irregolarità. Un discorso che assume toni accusatori e anche degradanti per chi percepisce il reddito di cittadinanza, sottintendendo che il sussidio venga loro regalato.
Due cittadine extracomunitarie vengono accusate di aver falsamente attestato di soddisfare il requisito della residenza almeno decennale in Italia, al fine di ottenere il reddito di cittadinanza.
Il Tribunale di Napoli, investito della questione, mediante un rinvio pregiudiziale, chiede alla CGUE se tale requisito sia conforme o meno alla Direttiva sui cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo in uno Stato membro.
La Corte di Giustizia rileva, preliminarmente, che la Direttiva in questione prevede che un cittadino di un Paese terzo può ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo i uno Stato membro trascorso un lasso temporale di cinque anni ininterrotti.
Dunque, continua la sentenza, uno Stato membro non può prorogare il periodo di soggiorno richiesto dalla Direttiva per concedere ai cittadini di un Paese terzo l’accesso ad una prestazione sociale.
Informazioni utili
Dal 6 marzo 2019 è possibile richiedere il Reddito di cittadinanza. Come viene verificato il requisito della residenza decennale? Con circolare del 14 aprile 2020 n.
L’attestazione come risultante dai registri anagrafici costituisce quindi una mera presunzione del luogo di residenza del destinatario superabile con altri “oggettivi ed univoci elementi di riscontro“ consentiti dall’ordinamento.
Allo stesso modo, chi non comunica in tempo utile delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attivita' irregolari, nonche' di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio è punito con la reclusione da uno a tre anni.
Tutte le informazioni sono disponibili sul sito www.redditodicittadinanza.gov.it o possono essere richieste tramite l’URP (Ufficio Relazioni con il Pubblico) online. Per la verifica delle domande è invece disponibile il servizio online sul portale INPS, che può essere utilizzato previa autenticazione tramite PIN, Carta Nazionale dei Servizi (CNS) o Sistema Pubblico Identità Digitale (SPID).
Tabella riassuntiva dei requisiti di residenza
Requisito | Durata | Note |
---|---|---|
Residenza in Italia (pre-2024) | Almeno 10 anni | Dichiarato incostituzionale nella parte eccedente i 5 anni |
Residenza in Italia (post-sentenza Corte Costituzionale) | Almeno 5 anni | Adattato all'Assegno di inclusione |
Residenza continuativa | Ultimi 2 anni | Requisito aggiuntivo |
Reddito di Emergenza (Rem) | 2 anni | Requisito drasticamente abbassato |
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