Sanatorie per Stranieri in Italia: Un'Analisi Dettagliata
In Italia, il tema della regolarizzazione degli stranieri non in regola con il permesso di soggiorno è tornato prepotentemente alla ribalta. Da più parti è tirata in ballo la possibilità di una sanatoria e sembra che il governo stia già esaminando alcune bozze di decreto. Ma come si è arrivati a questa situazione? Perché in Italia centinaia di migliaia di persone sono costrette a vivere senza documenti in regola pur lavorando?
Per capire lo scenario attuale e immaginare le possibili soluzioni è indispensabile ricostruire la storia delle politiche migratorie più recenti e in particolare concentrare l’attenzione proprio sullo strumento della sanatoria, più volte adottato in Italia a partire dalla seconda metà degli anni ottanta, ma sistematicamente rifiutato per ragioni ideologiche negli ultimi dieci anni.
Storia delle Sanatorie in Italia
In Italia le sanatorie si sono susseguite in modo costante per più di trent’anni. Tecnicamente si tratta di un procedimento che permette alle persone che rispettano determinati criteri di autodenunciare la loro posizione irregolare, chiedendo il permesso di soggiorno per motivi di lavoro, ancorando i requisiti soprattutto a rapporti di lavoro già in essere o di ricerca di lavoro o a sponsorizzazione di soggetti terzi. Il ricorso sistematico a questo strumento ha fatto emergere l’ipocrisia delle classi dirigenti.
Qualsiasi tentativo di pianificare l’arrivo, il collocamento e la tutela dei lavoratori e delle lavoratrici provenienti dall’estero è stato sistematicamente rinviato. Per questo, i numeri delle regolarizzazioni sono sempre stati molto alti.
- Nel 1986 la legge Foschi fece emergere dall’irregolarità 116mila persone.
- Solo quattro anni dopo la legge Martelli ne regolarizzò 215mila.
- Nel 1995 la sanatoria del governo Dini riguardò 244mila stranieri, mentre tre anni più tardi la regolarizzazione della legge Turco-Napolitano coinvolse 217mila immigrati.
Ogni volta, puntuale, il solito ritornello: sarà l’ultima. Ma i testi legislativi venivano inzeppati di vincoli e rigidità che rendevano sempre più difficile il percorso per arrivare e restare in Italia in modo legale.
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Nel 2002 la legge Bossi-Fini sintetizzò tutte queste storture. Nonostante paletti molto stringenti, voluti dal governo Berlusconi II, che aveva fatto della battaglia contro l’immigrazione un perno della sua propaganda, la regolarizzazione riguardò ben 634mila persone. Per questo viene chiamata “grande regolarizzazione”, anche perché in seguito i provvedimenti analoghi riguarderanno solo singoli settori lavorativi.
Addirittura gli annuali decreti sui flussi, previsti fin dalla Turco-Napolitano, di fronte al bisogno diffuso di regolarizzazione iniziarono a presentare i tratti di una sorta di sanatoria mascherata, con costi altissimi per i richiedenti in Italia, che dovevano di fatto tornare nei rispettivi paesi e ricominciare da capo il percorso migratorio per poter usufruire del decreto flussi.
Prima la crisi economica mondiale cominciata nel 2008, poi i conflitti in Nordafrica e Medio Oriente e i nuovi flussi migratori cominciati nel 2011 hanno reso ancora più complicato il quadro. I decreti flussi hanno permesso un numero sempre più limitato di ingressi e regolarizzazioni (fino ad arrivare alla cifra ridicola di 30mila all’anno sia nel 2018 sia nel 2019), mentre le regolarizzazioni hanno garantito, ma solo fino al 2012, l’emersione di alcune singole professioni (come colf e badanti).
A fronte di anni e anni di chiusure e restrizioni, l’attuale dato sulla stima della presenza irregolare si attesterebbe a poco meno di 600mila persone (i cittadini stranieri regolarmente residenti al 1 gennaio 2020 sono invece 5 milioni 382mila, secondo l’Istat). Una cifra che possiamo definire contenuta, se pensiamo allo stillicidio di blocchi e restringimenti in vigore ormai a partire dal 2008.
Sono quindi del tutto fuori luogo le prospettive fosche agitate dal variegato fronte di chi è contrario a una nuova regolarizzazione: in Italia una sanatoria del genere c’è già stata. E anche se tardiva, come tutte le altre, ha comunque portato stabilità e radicamento.
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Ma se vogliamo trarre qualche lezione dalla storia più recente dobbiamo anche accettare che una regolarizzazione - da sola - non può essere sufficiente per affrontare l’attuale congiuntura, che rischierebbe di riproporsi puntualmente dopo un certo lasso di tempo e certamente sarebbe ancora meno risolutivo un provvedimento limitato solo all’agricoltura, come sembra emergere negli ultimi giorni.
Diventa prioritario, a fianco di una sanatoria generalizzata, ricostruire un sistema di regole e di garanzie per rendere legali gli spostamenti: visti, flussi, autorizzazioni che alzino il velo sull’attuale trappola in cui imperversano burocrazia e criminalità.
Sanatoria 2020: Decreto Rilancio
Nonostante l'ultimo provvedimento significativo per la regolarizzazione dei lavoratori irregolari risalga al Decreto Rilancio del 2020 (articolo 103), pubblicato durante l'emergenza pandemica, negli ultimi anni non sono state emanate nuove sanatorie per i lavoratori stranieri.
La sanatoria è stata voluta dal Governo italiano come misura di contrasto al lavoro sommerso ed al fenomeno del caporalato. Non solo i cittadini stranieri, ma anche gli italiani che vivono in una condizione di sfruttamento lavorativo, possono chiedere al datore di lavoro di stipulare un contratto vero e proprio di lavoro.
La norma prevede infatti che non si proceda penalmente né con sanzioni amministrative contro quei Datori di lavoro che hanno impiegato “a nero” i Lavoratori o che hanno fatto lavorare manodopera irregolarmente presente in Italia. Nel fenomeno del lavoro sommerso la stragrande maggioranza del personale impiegato è costituito da Lavoratori migranti spesso totalmente sprovvisti di permesso di soggiorno, o in possesso di un permesso di soggiorno scaduto.
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Le tipologie di istanze ammesse riguardavano:
- Agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura e attività connesse.
- Assistenza alla persona per sé stessi o per componenti della propria famiglia, anche non conviventi, affetti da patologie o handicap che ne limitino l'autosufficienza.
- Lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.
Per l’accesso alle procedure era necessario che lo straniero avesse fatto ingresso in Italia, in maniera comprovata, prima dell’8 marzo, senza esserne successivamente uscito. Inoltre, non erano ammessi alle procedure gli stranieri rientranti in determinate categorie, come:
- Già espulsi in quanto considerati pericolosi.
- Da ritenersi pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica.
- Segnalati ai fini della non ammissione in Italia.
- Condannati anche in via non definitiva per determinati reati.
A poco più di quattro anni dalla chiusura della finestra per presentare le domande di emersione, i permessi di soggiorno rilasciati sono 130.100, su un totale di 220.528 istanze. Il tasso di successo si è attestato intorno al 59%. Le domande rifiutate sono pari a 35.070, cioè quasi il 16%.
“Il giudizio sulla misura - dichiarano nel dossier le organizzazioni promotrici di Ero straniero - non può che essere negativo, visti i tempi lunghissimi e la condizione prolungata di precarietà per le oltre 200.000 persone che hanno fatto domanda di emersione.
Requisiti e Procedure
La condizione determinante è che lo straniero irregolare dimostri di essere arrivato in Italia prima dell’8 marzo 2020, quando è scoppiata l’emergenza Covid, e di non essersi allontanato dall’Italia per tutto questo periodo.
La seconda categoria di stranieri per i quali è prevista la regolarizzazione è quella di coloro che si trovano in Italia con un permesso scaduto dal 31 ottobre 2019 e non rinnovato né convertito in altro permesso.
Per le regolarizzazioni dei rapporti di lavoro domestico e di assistenza alla persona, il reddito non deve essere inferiore a 20 mila euro per il nucleo familiare composto da una sola persona, mentre non dovrà essere inferiore a 27 mila euro per il nucleo familiare composto da più soggetti conviventi.
Dopo la valutazione dell’assenza di ragioni che impediscono l’accoglimento della domanda, e dopo aver verificato con l’Ispettorato del Lavoro che il datore di lavoro ha le condizioni di reddito per pagare il lavoratore assunto, lo Sportello unico per l’immigrazione convoca il datore di lavoro e lo straniero per la conclusione del contratto e per la richiesta di permesso di soggiorno.
Per la prima procedura di emersione del lavoro irregolare, è stabilito il pagamento della somma di Euro 500,00. Per la presentazione invece della domanda di permesso temporaneo di sei mesi, è previsto il versamento del contributo di Euro 130,00.
Conclusioni
Le sanatorie in Italia rappresentano uno strumento complesso e controverso. Se da un lato offrono una via d'uscita dall'irregolarità per molti stranieri, dall'altro sollevano questioni legate alla gestione dei flussi migratori e alla necessità di politiche più strutturate e lungimiranti.
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