Straniero Espulso che Rientra in Italia: Conseguenze e Aspetti Legali
L’obiettivo di questo contributo è analizzare un segmento poco esplorato della disciplina inerente alla condizione dello straniero sottoposto a procedimento penale, espulso dal territorio nazionale. Si tratta di verificare se i mezzi di tutela predisposti dal nostro ordinamento a garanzia delle facoltà partecipative dell’espulso siano conformi all’art. 6 della C.e.d.u., così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo.
Ingresso e Soggiorno in Italia: Requisiti e Condizioni
I cittadini stranieri possono entrare sul nostro territorio per turismo, studio, ricongiungimento familiare e lavoro. Il cittadino straniero può entrare in Italia se è in grado di documentare il motivo e le condizioni del soggiorno, oltre alla disponibilità di mezzi sia per mantenersi durante il soggiorno sia per rientrare nel Paese di provenienza, tranne i casi di ingresso per motivi di lavoro.
Non è ammesso in Italia chi non soddisfa questi requisiti, o è considerato una minaccia per la sicurezza nazionale o di uno dei Paesi con cui l'Italia ha siglato accordi per la libera circolazione delle persone tra le frontiere interne. Per entrare in modo regolare in Italia è necessario il passaporto o altro documento di viaggio e il visto di ingresso (per visita e/o turismo, per lavoro, per studio e/o ricerca, per famiglia, etc.), che va richiesto all'ambasciata o ai consolati italiani nel Paese d'origine o di residenza stabile del cittadino straniero extracomunitario.
L'ingresso in Italia è consentito con visti per soggiorni di breve durata, validi fino a 3 mesi, e per soggiorni di lunga durata che comportano la concessione di un permesso di soggiorno (di lunga durata) con motivazione identica a quella del visto. Il mancato rispetto di queste procedure, o una permanenza oltre i 3 mesi o il termine minore indicato eventualmente nel visto, pongono lo straniero nella condizione di irregolare, e ne comportano l'espulsione, salvi i casi di forza maggiore previsti dalla legge.
Non sono ammessi in Italia gli stranieri segnalati per gravi motivi di ordine pubblico e sicurezza nazionale, e di tutela delle relazioni internazionali. Lo straniero che raggiunge in modo irregolare l'Italia viene respinto alla frontiera oppure, se già entrato nel territorio nazionale, viene espulso, a meno che non debba essere trattenuto in uno dei centri per l'immigrazione per accertarne identità e/o nazionalità.
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L'ingresso in Italia per motivi di lavoro subordinato, anche stagionale, e di lavoro autonomo, deve avvenire nell'ambito delle quote di ingresso (articolo 21 T.U.) stabilite nei decreti periodici (di solito annuali), i cosiddetti 'decreti-flussi', emanati dal presidente del Consiglio dei ministri sulla base dei criteri indicati nel documento programmatico triennale sulle politiche dell'immigrazione (articolo 3).
Espulsione Amministrativa e Giudiziaria
Come spiegato prima le espulsioni amministrative sono di due tipi e sono disciplinate dall’art. 13 D.lgs. n. 286/1998:
- espulsione prefettizia (cioè del Prefetto).
- espulsione ministeriale (cioè del Ministero dell’Interno).
Sono espulsioni amministrative i provvedimenti amministrativi di espulsione (art. 13 D.lgs. n. 286/1998, commi 13, 13-bis, 14 T.U.) e espulsioni ministeriali disposte dal Ministro dell’Interno nei confronti di stranieri che siano ritenuti pericolosi per l’ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato (ad esempio in caso di presunti legami con organizzazioni terroristiche) (art. 13 co. 1 T.U.). Come dice la parola stessa, questo tipo di espulsione viene disposto dall’autorità giudiziaria.
Procedura di Espulsione e Rimpatrio
Infatti, nei casi in cui non viene disposto l'accompagnamento coatto alla frontiera, lo straniero può richiedere al Prefetto un termine tra i sette e i trenta giorni per lasciare volontariamente il territorio dello Stato. Il Prefetto può aderire alla richiesta anche subordinandola all'attuazione di una serie di misure e dopo aver verificato che lo straniero sia in possesso di risorse idonee a consentirgli l'allontanamento volontario dal territorio nazionale. Ora, quindi, la partenza volontaria è la modalità ordinaria di rimpatrio.
Al contrario, l'accompagnamento coatto alla frontiera può essere disposto esclusivamente in ipotesi specifiche. Tuttavia il variabile atteggiarsi delle circostanze del caso concreto non sempre consente l’esecuzione dell’accompagnamento immediato. L’art. 14 del D. Lgs. N. 286/98 prevede la possibilità di disporre il trattenimento nelle successive 48 ore.
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Entro 48 ore dall’adozione del provvedimento, il questore trasmette copia degli atti al giudice di pace territorialmente competente, affinché questi proceda nelle successive 48 ore a convalidarlo o meno. Se convalidato, il provvedimento comporta la permanenza nel CPR per un periodo di 30 giorni, che il giudice, su richiesta del questore, può prorogare di ulteriori 30 giorni “qualora l’accertamento dell’identità e della nazionalità ovvero l’acquisizione di documenti per il viaggio presenti gravi difficoltà”.
Il questore può chiedere al giudice altre proroghe, alla cui richiesta si applicano le stesse garanzie previste per il procedimento di convalida della prima frazione temporale del trattenimento (Cass. civ., sez. VI, n.12709/2016), ma il periodo massimo di trattenimento del CPR non può in ogni caso superare i 180 giorni. In base alla legge “lo straniero è trattenuto nel centro con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza ed il pieno rispetto della sua dignità” (art 14.2 T.U.I.).
Divieto di Reingresso e Autorizzazione Speciale
I cittadini stranieri espulsi non possono rientrare in Italia, tranne che abbiano un'autorizzazione speciale o sia terminato il divieto di ingresso. Lo straniero espulso non può rientrare in Italia senza una speciale autorizzazione del Ministero dell’Interno.
Il divieto di reingresso infatti può essere disposto per un periodo di 5 anni riducibile a 3 su richiesta del difensore e su accoglimento del giudice di pace nella sua decisione (art. 13, comma 13-ter T.U., introdotto dalla legge n. 271/2004).
Lo straniero destinatario di provvedimento amministrativo di espulsione è punito con la reclusione da un anno a quattro anni (art. 13 co. 13 T.U., come modificato dalla legge n. 94/2009) qualora, senza la speciale autorizzazione, abbia fatto reingresso sul territorio nazionale (art. 13 co. 13 T.U., come modificato dalla legge n. 94/2009). In caso di rientro illegale la sanzione sostitutiva sia revocata dal giudice competente (art. 16, comma 4 T.U. ed art. 66 legge n. 689/1981).
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In questo caso, sarà nuovamente espulso e allontanato con accompagnamento immediato alla frontiera (art. 13, comma 13-bis T.U.).
Ricorso contro il Decreto di Espulsione
Per ottenere l’accoglimento del ricorso è necessario trovare dei giusti motivi, come ad esempio il fatto di rientrare in una delle categorie per cui è previsto il divieto di espulsione oppure di avere legami familiari nel territorio dello Stato o ancora, nel caso in cui il decreto non è sia tradotto nella lingua della persona colpita dall’espulsione e quest’ultima non sia stata assistita da un interprete (v. art. 13, commi 13 e 13-bis T.U.).
Potrà essere impugnata l’adeguatezza formale della motivazione davanti al giudice amministrativo (TAR del Lazio, sede di Roma) (art. 13 co. 6 T.U.). Contro il decreto di espulsione a titolo di misura alternativa alla detenzione (tipologia d) è possibile opposizione di fronte al tribunale di sorveglianza entro 10 giorni dalla comunicazione del decreto allo straniero; il tribunale decide nel termine di 20 giorni (art. 16, co. 5 TUI).
Giurisprudenza rilevante in materia di espulsione
Di seguito alcuni esempi di massime della Cassazione in tema di espulsione di cittadini stranieri:
- Cassazione Civile, sezione I, sentenza n. 1128 del 15 gennaio 2019: “In tema di espulsione del cittadino straniero, qualora questo non eserciti il diritto al ricongiungimento familiare, i suoi legami familiari nel territorio dello Stato, per consentire l’applicazione della tutela rafforzata ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis, devono essere soggettivamente qualificati ed effettivi e il giudice di merito è tenuto a darne conto adeguatamente, sulla base di vari elementi, come l’esistenza di un rapporto di coniugio e la durata del matrimonio, la nascita di figli e la loro età, la convivenza, la dipendenza economica dei figli maggiorenni e dei genitori, le difficoltà che essi rischiano di trovarsi ad affrontare in caso di espulsione ed altri fattori che testimonino l’effettività di una vita familiare.”
- Cassazione Civile, sezione I, sentenza n. 4914 del 22 febbraio 2019: “In tema di espulsione del cittadino straniero, secondo il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2 bis, si deve tenere conto, nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare, della natura e dell’effettività dei vincoli familiari dell’interessato, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale, oltre che dell’esistenza dei legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese di origine."
- Cassazione Civile, sezione VI, sentenza n. 3893 del 14 febbraio 2013: “In tema di espulsione del cittadino straniero, la Corte di Cassazione ha ribadito che non può essere espulso lo straniero che è entrato nel territorio dello Stato con un visto generale “Schengen”. Il caso ha riguardato un cittadino di cittadinanza albanese ed oriundo greco che, pur essendo in possesso di regolare passaporto Schengen, veniva colpito da un provvedimento di espulsione per essere entrato, a detta dell’autorità amministrativa italiana, privo di visto di ingresso, così come previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998.”