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Straniero tra gli angeli: significato e implicazioni

Il concetto di "straniero tra gli angeli" evoca una riflessione profonda sull'accoglienza, l'identità e la nostra relazione con il diverso. Questo articolo esplora le radici bibliche e antropologiche di questo concetto, analizzando come si manifesta nella società contemporanea e quali sfide presenta.

Le radici bibliche dell'accoglienza

Nei testi antichi dell’induismo l’ospite è considerato sacro, divino. Allo stesso modo, nella Bibbia, si invita ad aprire, sempre e con gioia, le porte della propria casa all’ospite-angelo: “Non dimenticate di ospitare volentieri chi viene da voi. Ci furono alcuni che, facendo così, senza saperlo ospitarono degli angeli” (Ebrei, 13, 2). Accogliere un ospite sarebbe, dunque, come avere Dio in casa, essendo l’ospite un suo emissario.

Questo concetto è ripreso da Gesù (cf. Mt 25,35): “Ero straniero (xenós) e mi avete accolto”. Ma ogni credente dovrebbe ricordarlo. Come possiamo essere xenofobi noi che per vocazione siamo xenofili? Affrettare quel giorno, incarnando la nostra fede, significa vivere fianco a fianco tra loro e in mezzo a noi.

Il significato antropologico dell'ospitalità

In The Law of Hospitality, l’antropologo Julian Pitt-Rivers affermava che “la sacralità dell’ospitalità e l’onore che essa conferisce non derivano da alcuna conseguenza funzionale della credenza, ma dal fatto che l’incontro con lo straniero stabilisce il confronto tra il mondo conosciuto e quello del mistero”.

Un argomento affascinante, analizzato recentemente da Francesco Spagna, docente di Antropologia culturale all’università di Padova, nel libro La buona creanza. Antropologia dell’ospitalità (Carocci editore). L’ospitalità porta con sé un atteggiamento di apertura all’incontro culturale che favorisce il rapporto con l’altro e trasforma il nemico in ospite: è il contrario della guerra, non si abbattono porte, si aprono. Partendo dal presupposto che l’ospitalità è il più straordinario dispositivo educativo e sociologico che le culture hanno elaborato nei più diversi angoli del pianeta - per usare le parole dell’autore - sono proprio le storie di ospitalità a fare l’antropologia.

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Si potrebbe fare una scala delle società e delle culture in base al grado di ospitalità. Questione intrigante, perché su questo tratto culturale il nostro Paese è piuttosto diviso. Paese che vai usanza che trovi. E, senza spingerci troppo lontano, potremmo dire: regione che vai ospitalità che trovi.

Ospitalità a confronto: Veneto e Sicilia

Prendiamo, per esempio, Veneto e Sicilia. “All’ospitalità continentale, che avviene spesso seguendo una scansione di preannunci e preavvertimenti (Da ancò a doman no se invita gnanca el càn), si contrappone quella mediterranea. Si tratta di due sistemi di valori molto diversi”, precisa Spagna. In Veneto vige la regola non scritta del non presentarsi a mani vuote: è necessario portare qualcosa, dolci, fiori o un piccolo presente, gesto doveroso di reciprocità simbolica.

“Non si può pensare di arrivare man de sgorlòn (o man sgorlando) in Veneto. In Sicilia, invece, come in altre culture al di là del Mediterraneo, è obbligatorio presentarsi a mani vuote. Anzi, arrivare portando qualcosa potrebbe addirittura suscitare disturbo, imbarazzo e una sorta di corto circuito - spiega - Perché si rischierebbe di frapporre qualcosa tra noi e il dono dell’ospitalità che, in questo caso, non richiede alcuna reciprocità, chiede solo di avvenire, portando panza e presenza”.

All’ospite è richiesto solo di fare il vuoto dentro di sé affinché venga riempito. Viene rimessa in moto la circolarità del dono. “In Veneto troviamo un’ospitalità impoverita - continua l’autore - Forse una conseguenza della fine del mondo contadino, che non era affatto così, perché nella casa contadina quel che si chiedeva veniva sempre dato”. Al Sud incontriamo un’ospitalità incondizionata, simile a quella che possiamo trovare, per esempio, in Somalia dove il rifiuto dell’ospitalità può addirittura determinare sanzioni morali e l’esclusione dalla comunità.

La sfida dell'accoglienza nell'era contemporanea

L’immigrazione è un fenomeno senza tempo. Esiste da sempre. Noi stessi siamo stati i migranti di altri paesi. Ma come abbiamo fatto a dimenticarcene? Il fatto di cercare in un altro paese una vita migliore fa parte dell’essere umano, tuttavia oggi la migrazione ha assunto un significato diverso. Il fenomeno è associato alla paura dell’immigrato e dello straniero, la “xenofobia”.

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L’immigrazione è un fenomeno senza tempo, esiste da sempre. L’Italia è stata un Paese di emigrazione e noi stessi, prima, siamo stati i migranti di altri paesi. Ma come abbiamo fatto a dimenticarcene? Quotidianamente assistiamo a storie di violenza e delinquenza che riguardano i migranti, spesso narrate con un linguaggio non appropriato, il quale, irrobustisce gli stereotipi di paura e devianza che riguardano queste persone.

Per un processo di integrazione è necessario un nuovo modello di pensiero, una rivoluzione culturale che metta le basi per nuovi valori per includere l’altro. Il lettore troverà di fronte a sé un libro che gli regalerà un’ottima occasione per una riflessione su uno dei temi più importanti della nostra società.

È importante ricordare che la paura è un'emozione umana comprensibile, ma non deve guidare le nostre azioni. La paura dello straniero nasce spesso dalla mancanza di conoscenza e dalla difficoltà di comprendere culture diverse. Invece di cedere alla paura, dovremmo cercare di conoscerci meglio, di dialogare e di costruire ponti tra culture diverse.

Il modello di Gesù: accoglienza incondizionata

Gesù ci ha insegnato ad accogliere tutti, senza distinzioni. Ha accolto i peccatori, i malati, gli stranieri, i poveri, tutti coloro che erano emarginati dalla società. Il suo amore era incondizionato e non conosceva barriere. Questo è il modello a cui dovremmo ispirarci: accogliere l'altro come un fratello o una sorella, senza pregiudizi né paure.

Nella parabola del buon samaritano (Lc 10,30-37), Gesù ci mostra cosa significa accogliere il prossimo. Il samaritano, un uomo considerato straniero e inferiore dagli ebrei, si ferma ad aiutare un uomo ferito, mentre un sacerdote e un levita passano oltre senza soccorrerlo. Il samaritano si fa prossimo all'uomo ferito, lo cura e lo porta in un luogo sicuro. Gesù ci invita a fare lo stesso: ad andare oltre i nostri pregiudizi e ad accogliere chi ha bisogno di aiuto.

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