Tetto Massimo di Alunni Stranieri per Classe: Analisi della Normativa Italiana
La questione centrale riguarda la percentuale ideale di alunni stranieri in classe, con una proposta del vicepremier che ne suggerisce un massimo del 20%. Il tema non è nuovo, a partire dall’affermazione del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, ripresa anche dal presidente del Senato Ignazio La Russa, si è aperto negli ultimi giorni un acceso dibattito pubblico sul rischio di segregazione scolastica.
Indicando una quota massima di studenti stranieri per classe, il ministro Valditara vuole combattere il fenomeno della segregazione scolastica su base etnica. “Se si è d’accordo che gli stranieri si assimilano sui valori fondamentali iscritti nella Costituzione, ciò avverrà più facilmente se nelle classi la maggioranza sarà di italiani”.
Precedenti Tentativi di Regolamentazione
È interessante notare come un precedente tentativo di regolamentare questa dinamica sia stato già effettuato nel 2010 dalla ministra Mariastella Gelmini, con la circolare numero 2 dell’8 gennaio, che fissava al 30% la presenza massima di alunni stranieri nelle classi delle scuole elementari, medie e superiori.
La Circolare del 2010
La circolare del 2010 identificava nel 30 per cento la soglia da rispettare per garantire una distribuzione equa degli studenti stranieri. Un valore basso per le regioni settentrionali e forse troppo alto per il Mezzogiorno.
Distribuzione degli Studenti Stranieri in Italia
La discussione di oggi rischia di confondere il tema generale dei livelli di apprendimento degli studenti stranieri con quello relativo alla loro concentrazione in classi o scuole specifiche. Va innanzitutto detto che la segregazione scolastica non riguarda solo la cittadinanza ma anche il background socio-economico degli studenti. Se ci focalizziamo sulla segregazione su base etnica, la sua distribuzione nel paese è molto disuguale.
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In base ai dati del ministero dell’Istruzione, nel 2022-2023 la quota complessiva di studenti con cittadinanza non italiana era del 10,9 per cento. Una quota che sale oltre il 12 per cento per le scuole dell’infanzia e le primarie e scende all’8 per cento nelle superiori. E che risente anche di un forte divario territoriale: mentre nelle regioni settentrionali la quota complessiva di stranieri è del 16 per cento (con una punta al 20 per cento in Lombardia), nel Mezzogiorno è al 4 per cento.
Tabella 1: Distribuzione degli Studenti Stranieri in Italia (2022-2023)
Regione | Quota Complessiva di Stranieri |
---|---|
Regioni Settentrionali | 16% (fino al 20% in Lombardia) |
Mezzogiorno | 4% |
Media Nazionale | 10.9% |
Cause e Conseguenze della Segregazione Scolastica
Una volta fotografata la situazione, resta da comprendere le cause della segregazione scolastica e valutarne le conseguenze. Sul versante delle cause, alcuni studi hanno cominciato a chiarire perché, in un certo numero di scuole, la quota di studenti stranieri ecceda di molto quella media cittadina. Il caso più eclatante è Milano, dove per una media cittadina di stranieri iscritti alle scuole primarie pari al 24 per cento, ci sono circa trenta scuole (su 143) in cui la quota supera il 50 per cento (per le scuole medie, la situazione è simile).
A Milano, se ci fosse perfetta corrispondenza tra territorio e scuole, la soglia del 50 per cento verrebbe superata solo in pochissimi casi. La concentrazione scolastica “eccedente” quella territoriale è quindi rilevante. E risulta determinata dalla mobilità dei bambini, le cui famiglie esercitano in misura rilevante la libertà di scelta scolastica. Sono soprattutto gli italiani a lasciare la scuola elementare o media locale, e lo fanno in due direzioni diverse: mentre il 40 per cento si iscrive a una scuola privata (in cui non ci sono praticamente stranieri), il restante 60 per cento si sposta all’interno del sistema pubblico.
Analizzando le caratteristiche delle scuole “evitate” e di quelle “scelte”, emerge chiaramente che, una volta controllati tutti i fattori possibili, si abbandonano soprattutto le scuole a composizione mista (sia per caratteristiche socio-economiche che etniche) e si scelgono quelle con una forte maggioranza di italiani e di studenti di classe media. Una scelta scolastica che esprime, dunque, la fuga da scuole ritenute “difficili “a causa della composizione eterogenea e multietnica della popolazione scolastica.
La forte concentrazione di stranieri in alcune scuole è dunque principalmente il risultato di quello che, in altro contesto storico e geografico, ma con forti analogie, è stato chiamato “white flight”.
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Possibili Strategie e Interventi
Come farlo? Qui la strada si fa molto irta. Una strategia possibile potrebbe comportare una limitazione parziale della libertà di scelta scolastica, ad esempio ripristinando l’obbligatorietà dell’iscrizione nel bacino scolastico di residenza: è davvero una strategia realizzabile? Lo spazio dal dire al fare è insomma molto ampio, e attraversato da idee che non considerano la realtà dei fatti.
La questione è peraltro complessa e merita senz’altro riflessioni attente. I tradizionali programmi di inclusione sociale sono evidentemente essenziali, ma rischiano paradossalmente di esasperare la separazione etnica o socio-economica. A questi programmi dovrebbero aggiungersi pratiche volte a mitigare la competizione tra scuole attive nello stesso territorio, promuovendo forme di coordinamento e gestione congiunta dei flussi scolastici. Nulla di tutto ciò è quanto si discute nel paese, ahimè.
Senza un’adeguata informazione sulla realtà attuale e una riflessione accurata su cause e conseguenze, resteremo alle dichiarazioni di principio, cui nulla di concreto seguirà.
Nuove Misure per l'Integrazione Scolastica (DL 71/2024)
Ieri il Senato ha approvato definitivamente il ddl di conversione, con modificazioni, del “DL 71/2024 - Sport, sostegno agli alunni con disabilità, avvio a.s. 2024/2025 e norme su università e ricerca”.
A partire dall’anno scolastico 2025/2026, il Ministero dell’istruzione potrà assegnare docenti dedicati all’insegnamento della lingua italiana alle classi con almeno il 20% di studenti stranieri appena arrivati in Italia (“che si iscrivono per la prima volta al sistema nazionale di istruzione”) o che comunque non raggiungono un livello A2 di conoscenza dell’Italiano.
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La nuova legge prevede anche accordi tra le scuole e i Centri provinciali per l’istruzione degli adulti (CPIA) per verificare il livello di ingresso di conoscenza della lingua italiana e per predisporre i Piani didattici personalizzati degli studenti stranieri neoarrivati.
Articolo 11 del DL 71/2024: Misure per l'Integrazione Scolastica degli Alunni Stranieri
- Con il decreto del Ministro dell'istruzione e del merito di cui all'articolo 1, comma 335, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, nei limiti delle risorse di organico disponibili a livello nazionale, può essere disposta l'assegnazione di un docente dedicato all'insegnamento dell'italiano per stranieri per le classi aventi un numero di studenti stranieri, che si iscrivono per la prima volta al sistema nazionale di istruzione ovvero che non sono in possesso di competenze linguistiche di base nella lingua italiana almeno pari al livello A2 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER), pari o superiore al 20 per cento degli studenti della classe.
- Nella programmazione dei posti da assegnare alle procedure di concorso ordinario per docenti della scuola secondaria, il Ministero dell'istruzione e del merito tiene conto del fabbisogno per la classe di concorso «Lingua italiana per discenti di lingua straniera» (classe di concorso A-23) derivante dall'applicazione del presente comma.
- L'assegnazione dei docenti di cui al primo periodo è disposta a decorrere dall'anno scolastico 2025/2026.
- Ai fini dell'accertamento obbligatorio delle competenze in ingresso nella lingua italiana secondo il Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER), nonché per la predisposizione dei Piani didattici personalizzati finalizzati al pieno inserimento scolastico degli studenti stranieri che si iscrivono, per la prima volta, al Sistema nazionale di istruzione, le istituzioni scolastiche possono stipulare accordi con i Centri provinciali per l'istruzione degli adulti (CPIA), anche avvalendosi delle risorse di cui al comma 3 e, in ogni caso, nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
- A decorrere dall'anno scolastico 2024/2025, le istituzioni scolastiche promuovono attività di potenziamento didattico in orario extracurricolare a valere sulle risorse di cui al Programma nazionale «PN Scuola e competenze 2021-2027», in attuazione del regolamento (UE) 2021/1060 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 giugno 2021, e nel rispetto delle procedure, dei vincoli territoriali, programmatici e finanziari previsti dalla programmazione 2021-2027 e dei criteri di ammissibilità del predetto Programma.
- La partecipazione alle attività di cui al presente comma è riservata alle istituzioni scolastiche che registrano tassi di presenza di alunni stranieri, che non sono in possesso di competenze linguistiche di base nella lingua italiana almeno pari al livello A2 del QCER, definiti con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, con il quale sono individuate, altresì, le modalità di partecipazione al Programma nazionale «PN Scuola e competenze 2021-2027» sulla base delle risorse disponibili di cui al primo periodo.
- All'articolo 1, comma 335, della legge 30 dicembre 2021, n.
Implicazioni a Livello Europeo
A livello europeo, la scelta di limitare la presenza di alunni stranieri nelle classi italiane potrebbe essere visto come contrario ai principi stabiliti dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, che vieta discriminazioni basate sulla nazionalità (articolo 21) e garantisce il diritto all’istruzione (articolo 14).
La Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea stabilisce i diritti civili, politici, economici e sociali dei cittadini europei e di tutte le persone residenti nell’UE.
Articoli Chiave della Carta dei Diritti Fondamentali dell'UE
- Articolo 14 (Diritto all’istruzione): Garantisce il diritto all’istruzione, inclusa la possibilità di ricevere un’istruzione gratuita obbligatoria, l’accesso alle istituzioni educative e alla formazione professionale e continua.
- Articolo 21 (Non discriminazione): Vieta qualsiasi forma di discriminazione basata su qualsiasi motivo come sesso, razza, colore, origini etniche o sociali, caratteristiche genetiche, lingua, religione o convinzioni, opinioni politiche o di altro genere, appartenenza a una minoranza nazionale, patrimonio, nascita, disabilità, età o orientamento sessuale.
La Direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, nota anche come Direttiva sulla parità razziale, mira a combattere la discriminazione basata sulla razza o sull’origine etnica. Ha lo scopo di porre in essere il principio della parità di trattamento tra le persone senza distinzione di razza o origine etnica.
La combinazione di questi documenti crea un quadro legale forte che promuove l’inclusione e protegge contro la discriminazione nelle scuole e nella società in generale. Le politiche o le pratiche che cercano di limitare l’accesso all’istruzione basandosi sull’origine nazionale o etnica degli studenti sarebbero, quindi, in contrasto con questi principi.
Invece di imporre limiti alla presenza di studenti stranieri nelle classi, una strategia di inclusione attiva e consapevole può portare a un arricchimento culturale e a un miglioramento dell’ambiente educativo per tutti gli studenti. Creare un regolamento scolastico incentrato sull’inclusione richiede un approccio olistico che coinvolga non solo gli studenti e il personale scolastico, ma anche i genitori e le comunità locali e culturali.
Analizzando le scelte di politica scolastica del nostro Paese, in un recente passato il Ministro Gelmini nel 2010 aveva introdotto il tetto massimo del 30% di alunni stranieri in ciascuna classe.
Consequenzialmente il Ministro si chiede se il sistema adottato fino ad oggi dal nostro Paese in tema di inclusione vada cambiato e in che modo. In alcune nazioni gli stranieri vengono inseriti nelle classi ordinarie, come in Italia; in altre invece frequentano, per un certo periodo, classi preparatorie con una proposta mirata; in altri ancora viene proposto “un approccio combinato”, dove alcune lezioni vengono svolte in classi ordinarie e in altre in classi separate.
In ogni caso secondo il Ministro, fatta salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche, il punto di partenza per un approccio integrativo resta la valutazione linguistica dell’allievo per stabilire, se e come intervenire per garantire la qualità dell’integrazione.
Allo stato attuale gli stranieri costituiscono l’83% nella Scuola dell’Infanzia, il 73% nella Scuola Primaria e il 67% nella Scuola Secondaria di I grado. Un grosso problema rilevato va riconosciuto nel fatto che tutta questa popolazione scolastica in famiglia o parla la lingua d’origine o un italiano molto modesto, poco funzionale alle esigenze della scuola.
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