Turismo Americano in Italia: Statistiche, Tendenze e Sfide
I dati ISTAT recentemente pubblicati tracciano un quadro positivo per il turismo italiano, ma al tempo stesso offrono spunti significativi per riflettere sulle sfide che il settore dovrà affrontare nel prossimo futuro.
Secondo l’ultimo report, l’Italia ha registrato nel 2023 oltre 447 milioni di presenze, posizionandosi al terzo posto in Europa, dietro solo a Spagna e Francia.
Come CEO di Visit Italy, considero questi numeri una testimonianza concreta dell’efficacia del nostro impegno nella promozione del Paese, ma anche uno spunto per analisi più approfondite sulle sfide che il settore deve affrontare.
Da un lato, le città d’arte come Roma, Venezia e Firenze continuano a trainare il turismo, affrontando però le sfide dell’overtourism.
Dall’altro, oltre 2.500 piccoli comuni italiani restano a rischio spopolamento.
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Il Ruolo del Turismo Internazionale e l'Importanza del Mercato USA
Il turismo internazionale, che ha costituito il 52,4% delle presenze totali, è stato il principale motore della ripresa nel 2023. I mercati chiave - Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Canada e Germania - hanno contribuito significativamente a questo successo.
Dietro questi dati si cela un cambiamento cruciale: oltre il 70% dei viaggiatori oggi pianifica e prenota online, influenzato da social media, contenuti visivi e recensioni.
Visit Italy, solo attraverso il proprio canale Instagram, ha raggiunto oltre 200 milioni di utenti nel 2023, più del doppio delle presenze turistiche registrate nello stesso anno.
I dati ISTAT non solo confermano l’aumento del turismo internazionale, ma riflettono anche un cambiamento nel comportamento dei viaggiatori, sempre più orientati al digitale.
Visit Italy ha capitalizzato su questa trasformazione, posizionandosi come leader nella promozione digitale del Paese. Attraverso contenuti emozionali e storytelling autentico, i nostri canali social raggiungono centinaia di milioni di utenti all’anno, ispirando viaggiatori da paesi come Stati Uniti, Regno Unito e Australia a scoprire l’Italia.
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A livello nazionale, i turisti provenienti dagli Stati Uniti si sono posizionati come il secondo mercato di origine per importanza nel 2023, costituendo il 9,1% di tutte le presenze straniere.
L’incremento in valore assoluto rispetto al 2022 è stato notevole, con 6,1 milioni di presenze aggiuntive. La loro rilevanza è confermata anche dai dati sulle prenotazioni online in specifiche tipologie di alloggi (come quelli per vacanze e brevi soggiorni), dove i turisti USA figurano al secondo posto.
Specificamente, i turisti statunitensi hanno rappresentato il 15% delle presenze straniere totali in Toscana nel 2023. Le presenze nordamericane hanno registrato un’impennata del 37,8% rispetto al 2022, superando addirittura del 25,8% i livelli pre-pandemici del 2019.
L’analisi di questi dati rivela una dinamica fondamentale: il mercato statunitense non si è semplicemente ripreso, ma ha espanso la sua presenza in Toscana ben oltre i livelli pre-Covid. Mentre le presenze turistiche totali nella regione nel 2023 erano ancora marginalmente inferiori a quelle del 2019 (-0,03%) , quelle nordamericane erano significativamente superiori (+25,8%).
Ciò implica che la quota di mercato detenuta dai turisti statunitensi nel panorama turistico toscano è aumentata rispetto al periodo pre-pandemico. Di conseguenza, la regione si trova oggi potenzialmente più esposta a eventuali shock che dovessero colpire la domanda turistica statunitense rispetto a quanto non fosse nel 2019.
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Tabella: Presenze Turistiche USA in Italia (2022-2023)
Anno | Presenze Turistiche USA |
---|---|
2022 | 2.9 milioni |
2023 | 4.1 milioni |
Incremento | 39.5% |
Stagionalità e Distribuzione del Turismo
Un dato significativo che emerge dal report è che il 58% delle presenze turistiche si concentra nei mesi estivi, tra giugno e settembre.
Per affrontare questa sfida, è necessario distribuire i flussi turistici su tutto l’anno e incentivare visite in aree meno battute. Progetti di destagionalizzazione come quelli sviluppati da Visit Italy con quasi 30 piccoli comuni italiani rappresentano un esempio concreto di come il turismo possa essere redistribuito in modo più equo.
Oltre la metà delle presenze turistiche italiane nel 2023 si è concentrata nel periodo estivo, tra giugno e settembre.
Riguardo alle preferenze ricettive, il 2023 ha visto in Toscana una crescita robusta del settore extra-alberghiero, che ha superato i livelli del 2019 (+10,3%), mentre il settore alberghiero, pur crescendo rispetto al 2022, è rimasto leggermente al di sotto (-2%).
Tuttavia, un’analisi più dettagliata rivela una performance particolarmente brillante degli alberghi di categoria superiore (4 e 5 stelle), che hanno registrato aumenti significativi delle presenze (+14,8% e +12,5% rispettivamente rispetto al 2022). Questa tendenza è coerente con la tipologia di spesa spesso associata ai turisti statunitensi.
A Firenze, sia il settore alberghiero (+18,1%) che quello extra-alberghiero (+14,0%) hanno mostrato incrementi nel 2023.
L’ottima performance degli hotel a 4 e 5 stelle in Toscana si allinea temporalmente e quantitativamente con la forte espansione del mercato nordamericano. Sebbene una correlazione diretta non sia dimostrata esplicitamente dai dati forniti, questa concomitanza suggerisce fortemente che i turisti statunitensi, noti per una maggiore capacità di spesa, siano tra i principali motori del successo del segmento ricettivo di fascia alta. Questo rende tale segmento particolarmente vulnerabile a eventuali flessioni della domanda statunitense.
Rischio di Spopolamento e Valorizzazione dei Borghi
Mentre le grandi città d’arte continuano ad attrarre milioni di visitatori, oltre un terzo dei comuni italiani - più di 2.500 - è a rischio spopolamento.
Secondo l’Organizzazione Mondiale del Turismo, le destinazioni che investono in campagne di marketing territoriale efficaci possono registrare un aumento dal 10% al 20% annuo nel numero di arrivi. È proprio questo l’obiettivo di Visit Italy, che ha scelto di puntare sulla valorizzazione di borghi e territori meno conosciuti attraverso strategie mirate e innovative.
Impatto Economico e Spesa Turistica
La spesa turistica internazionale rappresenta un volano economico fondamentale per l’Italia. La spesa totale dei visitatori stranieri ha raggiunto i 51,7 miliardi di euro nel 2023 , con stime che indicano una spesa di 23 miliardi di euro solo nel periodo estivo. Il contributo specifico dei visitatori statunitensi è particolarmente rilevante, stimato a circa 6,5 miliardi di euro annui per l’intera nazione.
Sebbene le fonti analizzate non forniscano dati disaggregati sulla spesa specifica dei turisti statunitensi in Toscana per il 2023-2024, l’elevato volume di presenze e la loro nota propensione per destinazioni di alto profilo come Firenze e per strutture ricettive di fascia alta implicano un contributo economico sostanziale per la regione.
Secondo il rapporto di Banca d’Italia sul turismo internazionale in Italia, gli americani sono in assoluto i turisti che spendono di più, con una media di 184,7 euro per notte nel 2023, in netta crescita dai 126,2 del 2021, e quelli che ci restano più a lungo, con una media di soggiorno di 10,6 notti.
Firenze e il Calo delle Prenotazioni
Firenze paga il conto di una stagione internazionale turbolenta. Dopo mesi di crescita costante, il turismo statunitense mostra segni di cedimento, con prenotazioni che si fermano, disdette che aumentano e una generale incertezza che pesa sull’intero comparto alberghiero.
A preoccupare è il blocco del flusso americano, che tradizionalmente rappresenta una delle voci più forti della domanda estera in città, sia in termini numerici che di capacità di spesa.
Già a maggio si erano registrati i primi segnali di tensione, ma il mese si era comunque chiuso con risultati positivi. Poi è arrivato giugno e, dopo una prima settimana discreta, il sistema si è improvvisamente rallentato. Le presenze statunitensi sono quelle prenotate mesi fa. Il resto si è arenato, bloccato da un contesto internazionale instabile che ha generato incertezza e timori.
“La situazione internazionale - osserva Francesco Bechi, presidente di Federalberghi Confcommercio Firenze - non aiuta certo a prenotare viaggi. Maggio è andato bene, ma da giugno si è registrata una frenata. E anche luglio parte a rilento. Il conflitto tra Stati Uniti e Iran desta molte preoccupazioni e ha avuto un impatto immediato: dopo i primi giorni del mese, le prenotazioni sono diminuite drasticamente. Stanno arrivando solo i turisti che avevano confermato mesi fa”.
Il settore alberghiero, dopo aver attraversato gli anni bui della pandemia e una faticosa ripartenza, si ritrova ora esposto a dinamiche geopolitiche su cui non ha alcun potere d’azione. “Il turismo - prosegue Bechi - è estremamente sensibile al tema della sicurezza. Le persone, davanti a scenari incerti, preferiscono rimandare il viaggio”.
La preoccupazione si sposta ora sulla seconda parte dell’anno. Le prenotazioni per luglio, agosto e settembre al momento sono praticamente assenti.
“Gli americani sono molto sensibili a questo tipo di eventi - conferma Monica Rocchini, presidente di Assohotel Confesercenti Firenze - e da mesi assistiamo a una preoccupante tendenza. Appena sono usciti i primi titoli legati alla questione dei dazi, molti hanno iniziato a cancellare le vacanze. Poi è arrivata la crisi mediorientale, e le prenotazioni non sono più arrivate. Abbiamo avuto disdette a maggio e giugno, ma ora il vero problema è che non ci sono richieste per i mesi estivi. Il secondo semestre si prospetta molto più debole rispetto allo scorso anno. I numeri del 2024, che ci avevano fatto ben sperare, oggi ce li sogniamo”.
Secondo le stime di Assohotel, il calo degli arrivi dagli Stati Uniti può sfiorare anche il 30% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Un crollo che riguarda sia i grandi hotel che le piccole strutture, dai B&B fino agli appartamenti per affitti brevi. Il turista americano, tradizionalmente, è tra i più affidabili: prenota con largo anticipo, soggiorna per periodi medio-lunghi, spende molto e dimostra interesse per musei, ristoranti, artigianato e cultura. La sua assenza, dunque, ha un impatto che va ben oltre l’ambito ricettivo e colpisce l’intero indotto economico della città.
Ad aggravare il quadro è l’impossibilità di fare previsioni. L’instabilità geopolitica frena la propensione al viaggio, e città d’arte come Firenze si ritrovano esposte a onde d’urto difficili da gestire.
Nonostante ciò, il recupero rispetto ai livelli pre-pandemici del 2019 è apparso più lento per l’Area Fiorentina rispetto ad altre zone della Toscana (ancora -18,3% nel periodo gennaio-maggio 2024 vs 2019).
L'Influenza dei Dazi USA-UE sul Turismo
L’analisi che segue si basa sull’ipotesi di future tensioni commerciali tra Stati Uniti ed Unione Europea che potrebbero portare all’introduzione di nuovi dazi doganali a partire dall’estate 2025.
Per le finalità di questa analisi previsionale, si assume la possibilità che vengano introdotti dazi statunitensi generalizzati (ad esempio, al 10% o 25%) sui beni provenienti dall’UE, e che l’UE possa rispondere con misure ritorsive con effetto a partire dall’estate 2025.
L’impatto primario e più documentato dei dazi statunitensi sui beni importati (ad esempio, dall’UE) è l’aumento del loro costo per i consumatori e le imprese americane. Studi empirici relativi a precedenti episodi tariffari hanno mostrato una trasmissione quasi completa dei dazi sui prezzi finali negli Stati Uniti.
Questo si traduce in una riduzione generalizzata del potere d’acquisto delle famiglie statunitensi, che si trovano a dover spendere di più per un’ampia gamma di beni.
Dazi su materiali fondamentali per l’industria aeronautica potrebbero incrementare i costi operativi delle compagnie aeree.
Un aumento generalizzato dell’inflazione negli Stati Uniti riduce il budget disponibile per tutte le spese di viaggio, inclusi alloggio, ristorazione e acquisti in destinazione.
Emerge un quadro chiaro: l’impatto più probabile e potenzialmente più significativo di ipotetici dazi USA-UE sul turismo statunitense verso la Toscana non deriverebbe tanto da un aumento diretto dei costi dei servizi turistici in Europa, quanto piuttosto dall’effetto indiretto sulla capacità di spesa dei consumatori statunitensi.
La riduzione del potere d’acquisto negli USA, causata da un’inflazione indotta dai dazi su un’ampia gamma di beni, limiterebbe il budget disponibile per viaggi discrezionali come quelli in Italia.
Diversi studi proiettano che l’introduzione di dazi generalizzati potrebbe aumentare l’indice dei prezzi al consumo (Personal Consumption Expenditures - PCE) negli Stati Uniti dall’1% all’1,5% su base annua. L’aumento dei prezzi, non compensato da un analogo aumento dei salari, porterebbe a una riduzione del reddito reale disponibile.