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Tutti gli Stranieri nella Storia del Milan: Un Viaggio Internazionale

Ci sono squadre che vincono, squadre che convincono e squadre che incantano. Il Milan, nella sua storia, ha saputo fare tutte e tre le cose, spesso contemporaneamente. La storia del Milan è ricca di giocatori stranieri che hanno lasciato un segno indelebile. Kyle Walker è il nono inglese della storia del Milan, un club fondato più di un secolo fa proprio dall'inglese Kilpin (e dal socio fondatore Edwards), ma che ha avuto pochi figli del Regno nelle sue fila. Pochi inglesi nella storia, vero, ma la storia è partita da loro, cioè da chi il football lo aveva appena inventato.

Le Origini Inglesi e i Primi Anni

L'Hotel du Nord et des Anglais, in piazza della Repubblica a Milano, a due passi dalla Stazione Centrale, oggi lascia posto al Principe di Savoia. Fu lì che nacque il Milan. Anno 1899. Per volere dell'inglese Kilpin. La sede del Forest, tra i più antichi della storia del calcio è la culla anche di Herbert Kilpin. Tra i primi giocatori, il primo allenatore e il principale fondatore del Milan. La storia inglese si intreccia con quella italiana.

Gli Inglesi nella Storia del Milan

Questi 7 sono: Hayes, Menoud, Shangways, Shanks, Spencer, Strongways e Vermar. Gli amici Tomori e Abraham con Loftus-Cheek nel presente, la doppia parentesi di Beckham (al quale Walker ha fatto un omaggio), la meteora per eccellenza Blissett e il volo di Hateley in un derby su Collovati. Se esiste tuttora grande scetticismo sugli inglesi in A, in parte lo si deve a meteore come Blissett; arrivato dal Watford di Elton John, divenne presto quintessenza del flop di mercato. Promise gol ma ne fece appena sei. Molti di più quelli sbagliati. Crudle il gioco di parole creato dai tabloid: Luther Miss-It (Luther l'ha sbagliato). Nel posto giusto al momento sbagliato. A Milano dopo gli anni delle due Serie B. Via appena prima dell'inizio dell'epopea berlusconiana. Era soprannominato Razor (il rasoio) per via di quei passaggi taglienti e precisi. Ricordato con grande affetto dal tifo milanista alla sua scomparsa, nel 2018. Il volo su Collovati, olio su tela. Cioè il gol che segnò l'inglese nel derby di andata della stagione 1984-85. Era il 28 ottobre, un giorno speciale, perché quel Milan aveva giocato la Serie B, perché quel Milan non vinceva un derby da sei lunghissimi anni (1978, lo scudetto della stella) prima dell'inferno delle retrocessioni. Uno Spice Boy a Milano. Quando il Milan amava circondarsi delle superstar più lucenti. Lui aveva appena salutato l'Europa per l'America, per Los Angeles, Hollywood, a provare a dare nuovo lustro al calcio a stelle e strisce. Lasciò il patinato per lottare, su ogni pallone. A gennaio 2009 e in quello del 2010, con la MLS ferma e per conquistarsi il Mondiale con la nazionale inglese. Gol su punizione, assist, ma anche tanta corsa e tanto sacrificio. Secondo inglese della storia a vincere il campionato italiano, dopo Young con l'Inter, e anche da assoluto protagonista. Arriva dal Chelsea, giovane e con la voglia di imporsi. Nell'anno dello scudetto forma coi francesi Kalulu e Maignan la linea Maginot che vale il tricolore. Settimo figlio del Regno nella storia del Milan, anche lui dal Chelsea come Tomori e Greaves. Il Milan lo paga circa venti milioni nell'estate del 2023, con Pioli gioca spesso, ma la stagione rossonera non ingrana. C'è la sua firma sull'ultimo trofeo del Milan: 3-2 in pieno recupero nel derby vinto contro l'Inter in Supercoppa.

L'unico inglese a passare 'quota 100' è stato Ray Wilkins (105), secondo per presenze Mark Hateley (86) e terzo, udite udite, Luther Blissett (39). Goleador inglese è Mark Hateley, con 21 gol. Tre i giocatori mai impiegati, e solo di uno fra questi si conoscono nome, cognome, data di nascita e di morte: Henry Paulet Mildmay Saint John, nato nel 1853 e morto nel 1916. Campione del mondo '66 con l'Inghilterra. Leggenda Spurs, arrivava dal Chelsea.

Il Dominio Brasiliano

Quello tra il Milan e il Brasile è stato più di un legame statistico (nessuna nazionalità è stata così presente nella storia rossonera), è stata una filosofia di gioco basata anche sulla spettacolarità, oltre il risultato. Emerson Royal sarà un nuovo giocatore del Milan: è fatta per il passaggio del terzino brasiliano ai rossoneri. Sono stati infatti firmati i documenti tra il Milan e il club inglese che hanno trovato l’accordo sulla base di 15 milioni di euro più bonus. Ora, non resta che organizzare il viaggio del brasiliano verso l'Italia e programmare le visite mediche. La Federazione più rappresentata è il Brasile con ben 38 giocatori; tra questi, in 5 non hanno però mai indossato la maglia rossonera in partite ufficiali. Stranamente, il Brasile non è tuttavia rappresentato nella rosa attuale, se non per la presenza di Leonardo come dirigente. L'ultimo brasiliano ad andarsene dal Milan è stato Luiz Adriano, e, l'anno prima, toccò ad Alex ed a quella meteora di Rodrigo Ely.

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Kakà e gli Altri Protagonisti Brasiliani

Il brasiliano con più partite e con più gol, l'uomo dello scudetto del 2004, ancor di più, della Champions del 2007, che lo porterà al Pallone d'Oro, l'ultimo prima dell'era Ronaldo-Messi. Arriva in aeroporto, in punta di piedi, con la camicia ordinata e gli occhiali da studente Erasmus ("gli mancavano solo la cartella con i libri e la merendina" disse Ancelotti). Entra nei cuori dei tifosi per la classe e l'eleganza, dentro e fuori dal campo. Perché sì, vince uno scudetto e lo fa tra i protagonisti (doppietta nel derby decisivo del 2011), ma resta uno dei grande what if della storia. Cosa sarebbe successo se… Senza tutti gli infortuni a minarne l'esplosione. Quell'esordio a gennaio 2007 contro il Napoli con le mercurial vapor arancioni, le pistole e il cuore mimato nell'esultanza. 150 partite, 63 gol. Succede nel gennaio del 2007, quando chi era stato idolo della sponda nerazzurra della città firma col Milan. Nei suoi primi sei mesi si rivede - molto a sprazzi - il campione che fu. Quel Milan vince la Champions, ma lui non può prenderne parte perché (da vecchio regolamento) aveva già giocato la fase dei gironi col Real. In compenso, gioca sempre in campionato e aiuta nella rimonta quarto posto. In quel 6-0 del maggio 2001 fa ammattire tutti quanti: tre assist, un gol, l'ultimo, quello del game, set e match. Una vita al Milan, giocava a sinistra nei quattro di difesa, ma era praticamente un attaccante aggiunto. "Serginho non si diverte giocando da terzino? - chiesero una volta a Carlo Ancelotti -. Vorrà dire che dopo la partita lo porterò al cinema". Per tanti brasiliani che giocavano in attacco, uno il cui compito era proteggere la porta. E come lo faceva… Sullo scudetto di Allegri del 2011 c'è la sua firma a caratteri cubitali (un po' come per Robinho). Così lo chiamavano ai tempi del Barcellona: Galliani piazza il colpaccio nell'estate del 2002 e regala ad Ancelotti una rosa di stelle. Gioca e segna - 40 partite e 8 gol - ma non è tra gli assoluti protagonisti della Champions del 2003, con finale di Manchester guardata tutto il tempo dalla panchina. La sua storia rossonera inizia con una papera (gol sotto le gambe) a Leeds, svolta e si consacra definitivamente sempre in terra inglese a Manchester, dove para tre rigori su cinque alla Juventus consegnando letteralmente la Champions League al diavolo. È stato uno dei primi brasiliani del corso recente rossonero, dal 2000 al 2003. Uno dei simboli del calcio, campione di tutto, dalla Champions (vinta col Milan nel 2007 anche se non da titolare) ai Mondiali di calcio, due. Arriva nell'estate del 2003 dopo i grandi anni con la Roma: non è certo a fine carriera. Non il primo cronologicamente, ma il primo dell'era brasiliana moderna del Milan. Ce n'erano stati altri sei tra anni Trenta e Sessanta, lui riaccende la miccia firmando nel 1997. Fosforo in mezzo al campo: vince uno scudetto, poi diventa dirigente e - tanto per dire - contribuisce a portare in squadra tali Ricardo Kaká, Alexandre Pato e Thiago Silva. Ma la storia del Milan brasiliano non è solo coppe e samba. Nella sua avventura bis da dirigente Leonardo porta in rossonero anche Paquetá, che però delude. Negli anni più recenti si sono alternati - con pochissime fortune - anche i vari Luiz Adriano, Leo Duarte, Alex, Gabriel tra i pali, Rodrigo Ely, l'ex Roma e Inter Mancini e Claiton. Claiton chi? Che erede non fu, affatto. L'ucraino che ha scritto la storia saluta col magone nell'estate del 2006 e il sostituto arriva dalla prolifica terra verdeoro: prende la storica maglia numero 7, segna al debutto assoluto contro la Lazio (in 7 minuti esatti) ma poi è protagonista di una stagione da dimenticare. Il Milan vuole bene a Kakà e, come regalo, porta in squadra in quegli anni anche il fratello Digão, decisamente molto meno bravo. Con le maglie di Roma e Juve era stato dominante, l'Emerson più famoso del calcio (non ce ne voglia Royal) arriva in rossonero in pieno Sunset boulevard ricordando solo vagamente il puma di un tempo. Bomber implacabile con la maglia del Bayern Monaco tra fine anni Novanta e inizio Duemila: in Baviera mette la firma su Bundes a ripetizione e una Champions, tra l'altro vinta in finale a Milano; ma a San Siro in rossonero non ci gioca mai. Il Milan lo compra da giovanissimo nel 1991, ma gli slot stranieri sono occupati (da tali Van Basten, Gullit e Rijkaard): finisce in prestito in Svizzera e poi lascia definitivamente per cercare fortune in Germania. Completano il quadro altri sei brasiliani rossoneri, idealmente capeggiati da Dino Sani, faro del centrocampo del Milan tra il 1961 e il 1964, con una Coppa Campioni (la prima della storia del club) come stella polare della sua storia rossonera. In quella rosa c'era anche Emanuele Del Vecchio, mentre Amarildo (che vinse il Mondiale del 1962) col Milan collezionò solo una Coppa Italia.

Il verde-oro con più presenze è Kakà con 307 presenze, davanti a Dida con 302, Serginho 282 ed Altafini 246.

Olandesi Indimenticabili

Il feeling con gli olandesi è questione recente, tranne che per Francois Menno Knoote, al Milan nella stagione 1905/06, portiere. Dopo di lui, arrivarono, molti anni dopo, Ruud Gullit e Marco Van Basten ma il Tulipano con più presenze è certamente Clarence Seedorf (432) davanti a Van Basten e Rijkaard, entrambi con 201 apparizioni. Chiedere chi sia l'olandese con più gol è quasi una bestemmia: Marco Van Basten, 124 realizzazioni, Seedorf 62, Gullit 56.

L'Argentina e le Altre Nazioni

La seconda Nazione per numero di atleti è l'Argentina, con 31; sorprendentemente, solo un argentino ha superato quota 100 presenze, e si tratta del grande Cesare Lovati, 119 gettoni; a quota 96 c'è Ernesto Grillo e terzo Guglielminpietro (78) davanti a Chamot (75). La terza federazione è una sorpresa; se Brasile e Argentina vantano fuoriclasse celebri in tutto il mondo e ne sfornano nuovi ogni anno, ed è quindi facile trovarne numerosi in qualsiasi squadra, di svizzeri non ci si aspetta di averne avuti così tanti: 30. E' vero che di questi 30, ben 11 non sono mai stati schierati ed il più 'giovane' fra questi è nato nel 1943... Il 'primatista' di presenze è l'unico in rosa, cioè Ricardo Rodriguez, 47 gettoni al momento.

Come detto, anche i francesi sono 17, tra cui due che non sono mai scesi in campo ma uno di questi è Tiémoué Bakayoko, arrivato al Milan solo due settimane fa. Primo per numero di presenze è ovviamente Marcel Desailly (186); secondo Mathieu Flamini (122) e terzo Philippe Mexes (114).

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Queste le altre Nazioni che han dato almeno un giocatore al Milan: Svezia (12), Spagna e Uruguay (11), Ungheria (9, anche se solo 4 giocarono match ufficiali; da notare che l'ultimo magiaro ad andarsene fu Jozsef Zilisy nel 1930...), Nigeria (9), Germania e Croazia (8), Danimarca (7), Ghana, Colombia e Belgio (6, tra cui il mitico Louis Van Hege), Portogallo e Austria (5), Costa d'Avorio e Grecia (4), Gabon, Marocco, Rep. Ceca, Slovenia e Romania (3), Algeria, Bielorussia, Cile, Jugolsavia, Liberia, Norvegia, Perù, Scozia, Turchia e USA (2) e Australia, Bosnia-Erzegovina, Galles, Georgia, Giappone, Guinea, Irlanda, Islanda, Kazakhstan, Mali, Messico, Montenegro, Paraguay, Polonia, S.

Top 11 Straniera del Milan

Abbiamo scelto di schierare una Top 11 con il modulo 4-3-3, ideale per un Milan che ha sempre saputo coniugare spettacolo e risultati:

  • Portiere: Nelson de Jesus Silva, per tutti semplicemente Dida, è stato il guardiano delle notti magiche rossonere.
  • Terzino Destro: Cafu ha portato la sua energia infinita anche al Milan, vincendo tutto e insegnando che il segreto della longevità nel calcio è la gioia di giocare.
  • Difensore Centrale: Elegante, intelligente, dominante. Un difensore che ha unito potenza e grazia, imponendosi come uno dei migliori centrali della storia rossonera.
  • Difensore Centrale: Un muro difensivo, roccioso e implacabile. La sua fisicità e la sua leadership hanno reso la retroguardia milanista ancora più solida. Ha fatto parte di un Milan fortissimo, anche perché tostissimo.
  • Terzino Sinistro: Un fluidificante dal talento cristallino. Velocità, tecnica e cross perfetti: ha fatto della fascia sinistra il suo regno. In pochi sono stati abili passatori come Serginho.
  • Centrocampista: Un centrocampista totale, capace di recuperare palloni e trasformarli in oro.
  • Centrocampista: Rijkaard era la perfetta combinazione di potenza e classe, un punto di riferimento per ogni squadra che ha avuto la fortuna di schierarlo.
  • Centrocampista: L’incarnazione della versatilità, Gullit poteva giocare ovunque.
  • Attaccante: Un fulmine inarrestabile, un giocatore capace di bruciare il campo con le sue accelerazioni e di segnare gol memorabili.
  • Attaccante: Il killer gentiluomo. Con il Milan ha vinto, segnato, dominato. Scarpa d’Oro, Pallone d’Oro, eroe della notte di Manchester.
  • Attaccante: Un artista del gol, un genio assoluto dell’area di rigore. Van Basten ha reso il calcio una forma d’arte, segnando reti che restano scolpite nella memoria. Potenza, tecnica, carisma. Un Pallone d’Oro che al Milan ha mostrato al mondo quanto il calcio potesse essere spettacolo puro.

Joe Jordan: Lo "Squalo del Milan"

Arriva al Milan nell’estate del 1981, primo straniero dopo la riapertura delle frontiere decisa l’anno prima. I tifosi gli tributano un’accoglienza molto calorosa all’aeroporto di Linate. Joe Jordan, scozzese della classe 1951, è passato alla storia del Diavolo come “lo squalo del Milan”. La sua avventura rossonera comincia alla grande, con un gol in un derby di Coppa Italia. L’esultanza conseguente, sotto la Curva Sud di San Siro, rappresenta una delle icone più gettonate del milanismo della prima metà degli anni 80, superata solo dal colpo di Mark Hateley nella stracittadina di campionato disputata tre anni dopo. Jordan in campo è stato sempre un combattente senza paura. L’attaccante scozzese - con un passato a Leeds e Manchester - si buttava in tutti i duelli aerei, sempre pronto a lanciarsi senza timore nei sedici metri avversari. Dopo la deludente annata d’esordio, Joe si riscatta nella stagione 1982/83, firmando 10 gol in serie B. Memorabile è lo striscione che i tifosi rossoneri dedicarono a Jordan nell’ottobre 1981, esposto prima di un Milan-Juve: “Squalo, segna ancora per noi”.

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