Visto Negato: Cosa Fare e Possibili Rimedi
Il visto è l'autorizzazione concessa allo straniero per l'ingresso nel territorio dello Spazio Schengen e della Repubblica Italiana, rilasciato dalle Rappresentanze italiane all’Estero. Esistono varie categorie di visto, diverse per tipologia e durata.
Tipologie di Visto e Motivi di Rifiuto
Il diniego del visto di ingresso può avvenire per diversi motivi. Il regolamento CE del 13.07.2009, n. 810/2009 che regola i visti di ingresso in Italia attraverso il Codice Comunitario dei visti, all’art. 32, stabilisce quando il visto di ingresso è rifiutato. E cioè quando il richiedente:
- Presenta un documento di viaggio falso, contraffatto o alterato
- Non fornisce la giustificazione riguardo allo scopo e alle condizioni del soggiorno previsto
- Non dimostra di disporre di mezzi di sussistenza sufficienti, sia per la durata prevista del soggiorno sia per il ritorno nel paese di origine o di residenza oppure per il transito verso un paese terzo nel quale la sua ammissione è garantita, ovvero non è in grado di ottenere legalmente detti mezzi
- Abbia già soggiornato per 90 giorni nell’arco del periodo di 180 giorni in corso, sul territorio degli Stati membri in virtù di un visto uniforme o di un visto con validità territoriale limitata
- È segnalato nel SIS al fine della non ammissione
- È considerato una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza interna o la salute pubblica, quale definita all’articolo 2, paragrafo 19, del codice frontiere Schengen, o per le relazioni internazionali di uno degli Stati membri e, in particolare, sia segnalato nelle banche dati nazionali degli Stati membri ai fini della non ammissione per gli stessi motivi
- Non dimostra di possedere un’adeguata e valida assicurazione sanitaria di viaggio, ove applicabile
- Qualora vi siano ragionevoli dubbi sull’autenticità dei documenti giustificativi presentati dal richiedente o sulla veridicità del loro contenuto, sull’affidabilità delle dichiarazioni fatte dal richiedente o sulla sua intenzione di lasciare il territorio degli Stati membri prima della scadenza del visto richiesto
Il problema del “rischio migratorio” è uno dei motivi più utilizzati dalle autorità diplomatiche per rigettare il visto di ingresso. Quando si richiede il visto di ingresso è fondamentale allegare tutta quella documentazione che può fornire un supporto alla richiesta stessa. Ogni visto richiesto avrà una differente documentazione da allegare.
Documenti Necessari per il Rilascio del Visto di Ingresso
Ai sensi dell’art. 5 del Trattato di Schengen, ratificato dall’Italia con la legge n. 388/93, e riportata oggi nell’art. 5, comma 1, lettera c) del Regolamento CE n. 562/06, viene stabilito che per l’ingresso nel territorio dei paese contraenti lo straniero deve esibire:
- I documenti che giustificano lo scopo e le condizioni del soggiorno previsto.
- Disporre di mezzi di sussistenza sufficienti, sia per la durata prevista del soggiorno, sia per il ritorno nel paese di provenienza.
Oltre a questo, ai sensi dell’art. 4, comma 3 del d. lgs. n.
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Visto per Residenza Elettiva
In particolare, il visto per residenza elettiva, disciplinato dal Decreto Ministeriale del 11/05/2011, consente l’ingresso in Italia, ai fini del soggiorno, allo straniero che intenda stabilirsi nel nostro Paese e sia in grado di mantenersi autonomamente, senza esercitare alcuna attività lavorativa. Lo straniero, a tal fine, dovrà dimostrare di possedere i seguenti requisiti:
- Disponibilità di un’abitazione da eleggere a residenza
- Disponibilità di ampie risorse economiche autonome, stabili e regolari, di cui si possa ragionevolmente supporre la continuità nel futuro. In sostanza, un reddito pari a circa 31.000 € annui, che dovranno provenire dalla titolarità di cospicue rendite (pensioni, vitalizi…), dal possesso di proprietà immobiliari, dalla titolarità di stabili attività economico-commerciali o da altre fonti diverse dal lavoro subordinato
- La stipula di una polizza assicurativa sanitaria valida per tutta l’area Schengen, che abbia una copertura minima di 30.000 euro e una durata minima di 30 giorni
- È, altresì, richiesta la dimostrazione della volontà dello straniero di stabilire la propria residenza in Italia (T.A.R. Lazio, sent. n. 7797/2016)
Lo stesso visto può essere rilasciato al coniuge convivente, ai figli minori, ai figli maggiorenni conviventi e a carico, ed ai genitori conviventi a carico del titolare di visto, qualora le capacità finanziarie siano adeguate.
Cosa Fare in Caso di Diniego del Visto
Riassumendo: se vi è stato negato un visto Schengen o un visto nazionale, (la cui richiesta non è stata fatta per motivi familiari), si può proporre ricorso, tramite un legale specializzato, al T.A.R.
È fondamentale, per lo straniero che ha avuto un visto rifiutato, rivolgersi a un avvocato specializzato in diritto dell’immigrazione ed esperto in diniego del visto per ricongiungimento familiare. Studiamo i documenti, e se ci sono i presupposti, avanziamo domanda cautelare di sospensiva del provvedimento di rifiuto, ritenuta l’urgenza.
Deve ricordarsi, infatti, che, ai sensi dell’art. 3 della Legge sul procedimento amministrativo del 7 agosto 1990, n. 241 e successive modifiche, “Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli concernenti l'organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato (…). La motivazione, quindi, per la sua genericità, non risponde ai requisiti richiesti dall’art. 3, L. n. 241/90 in quanto “non consente di ricostruire l’iter logico-giuridico seguito dall’amministrazione ai fini della decisione” (così, ad esempio, Tar Lazio, Sezione Prima Quater, Sentenza del 6 aprile 2012, n.
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In particolare, sarà essenziale dimostrare che non sussiste il "rischio migratorio" perché lo straniero ha una situazione in patria che lo spinge al rientro, ad es. interessi commerciali, lavorativi, familiari.
Le ambasciate hanno interpretato a loro modo la legislazione, rendendo questo "settore" della pubblica amministrazione "terra di nessuno", un far west dove fare il bello ed il cattivo tempo, complice la difficolta' di contrastare i dinieghi, che devono essere impugnati avanti al Tar Lazio, un tribunale lontano a volte migliaia e migliaia di chilometri dal luogo in cui si vive, cui puo' ricorrere solo chi ha la fortuna di avere in Italia un parente, un amico o un fidanzato che puo' aiutarlo a trovare un avvocato e presentare il ricorso.
Afferma correttamente il Tar: l'ambasciata puo' non comunicare i motivi del diniego all'utente, ma dovra' farlo davanti al giudice. In questo modo, solo chi ha la possibilità' economica e geografica di rivolgersi al Tar del Lazio avra' la possibilità' di conoscere i motivi del diniego.
Tempi per la Decisione
Per i visti Schengen (cioè per brevi soggiorni) occorrono 15 giorni, prorogabili in casi specifici, fino a 60 giorni. (art. Per i visti nazionali (cioè per lunghi soggiorni), se l’istanza è valutata ricevibile e dopo gli accertamenti previsti, la Rappresentanza diplomatico-consolare rilascia il visto entro 90 giorni dalla richiesta (30 gg.
Protezione Internazionale e Permesso di Soggiorno
La protezione internazionale rappresenta il sistema di norme volte a garantire, tutelare e proteggere i diritti fondamentali della persona costretta a fuggire dal Paese di cittadinanza o di dimora abituale per il fondato timore di subire persecuzioni personali o danni gravi, che si trova in uno degli Stati in cui è in vigore la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati. Qualora lo straniero o apolide, richiedente la protezione internazionale, non possieda i requisiti per ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, potrà ottenere il riconoscimento della protezione sussidiaria se nei suoi confronti sussistono fondati motivi per ritenere che, qualora egli ritornasse nel Paese di origine (o nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, se apolide) correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno.
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È denominato permesso di soggiorno per casi speciali quello rilasciato in favore delle vittime di violenza domestica (art. 18-bis TUIMM), delle vittime di grave sfruttamento lavorativo (art. 22, co. 4-quater TUIMM), nei casi di soggiorno per protezione sociale (art. È altresì rilasciato ai sensi dell’art. 1, co. 9, DL n. 113/2018, ovvero a coloro che avrebbero avuto diritto ad ottenere il permesso di soggiorno per motivi umanitari oramai abrogato.
È un permesso di soggiorno che può essere concesso dalla Commissione Territoriale al richiedente asilo che, pur non avendo diritto alla protezione internazionale, potrebbe subire persecuzioni o tortura o trattamenti inumani e degradanti nel caso di ritorno nel Paese di origine. Il permesso di soggiorno per protezione speciale può essere riconosciuto anche in altre circostanze nelle quali il richiedente asilo, se rimpatriato, potrebbe subire la violazione di diritti costituzionali o internazionali vincolanti per lo Stato italiano. Il permesso di soggiorno per protezione speciale chiesto ed ottenuto dopo il 6 maggio 2023 non può essere convertito in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o autonomo.
È un permesso di soggiorno rilasciato nei casi in cui il Paese verso il quale lo straniero dovrebbe fare ritorno si trova in una situazione di contingente ed eccezionale calamità che non consente il rientro e la permanenza in condizioni di sicurezza. Il titolo ha durata di sei mesi, rinnovabile per ulteriori sei mesi se permangono le condizioni che hanno determinato il rilascio, consente lo svolgimento di attività lavorativa, ma non è convertibile in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Il titolo di soggiorno per calamità è valido solo sul territorio nazionale e consente l’iscrizione obbligatoria al Servizio Sanitario Nazionale.
La domanda di protezione internazionale è presentata personalmente dal richiedente presso l’ufficio di polizia di frontiera, all’atto dell’ingresso nel territorio nazionale, oppure all’ufficio della Questura competente in base al luogo di dimora del richiedente. Al momento della domanda l’autorità che la riceve è tenuta ad informare il richiedente sulla procedura da seguire sui suoi diritti e doveri durante la procedura, sui tempi ed a consegnare un opuscolo informativo. La domanda può essere presentata in ogni momento e non può essere respinta, né esclusa, per il solo fatto di non essere stata presentata tempestivamente.
La verbalizzazione della domanda di protezione avviene attraverso la sottoscrizione di un modello, chiamato “C3” nel quale, il richiedente, dovrà fornire i suoi dati anagrafici, l’indicazione dei suoi più stretti familiari, della sua cittadinanza, della lingua parlata, dell’eventuale orientamento religioso e/o appartenenza etnica, nonché dei Paesi da lui attraversati prima di arrivare in Italia. Se il modello “C3” presenta degli errori di traduzione e/o di trascrizione, il richiedente, innanzi alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione Internazionale, confermerà o meno i suoi dati anagrafici ed i motivi posti a fondamento della sua domanda di protezione.
Commissioni Territoriali
Con le modifiche introdotte dal D.Lgs 220/2017 in vigore dal 31 gennaio 2018 è stata delineata la nuova composizione delle CT, attualmente composte da 4 funzionari amministrativi con poteri istruttori, da un funzionario di carriera prefettizia con funzioni di Presidente e da un esperto in materia di protezione internazionale e tutela dei diritti umani designato dall’UNHCR. Le CT hanno il compito di ascoltare il richiedente in una lingua da lui indicata, esaminare la domanda in modo obiettivo ed imparziale ed adottare un provvedimento motivato in relazione alle circostanze di fatto e di diritto, sulla sua domanda di protezione. La decisione della Commissione deve essere presa con riferimento alla situazione aggiornata del Paese di origine e/o di provenienza del richiedente.
L’audizione del richiedente si svolge innanzi alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione Internazionale in una lingua da lui indicata. Il colloquio si svolge in seduta non pubblica, alla presenza del componente funzionario amministrativo, ove possibile dello stesso sesso del richiedente. Il colloquio può essere rinviato qualora le condizioni di salute del cittadino straniero non lo rendano possibile o l’interessato ne faccia richiesta per gravi motivi. In presenza di richiedente vulnerabile perché portatore di particolari esigenze, al colloquio può essere ammesso personale di sostegno per prestare la necessaria assistenza. La Commissione territoriale può comunque omettere l’audizione del richiedente quando ritiene di avere sufficienti motivi per accogliere la domanda in relazione agli elementi da lui forniti.
Ricorso Contro il Diniego di Protezione Internazionale
Contro il diniego di riconoscimento della protezione internazionale emesso dalla Commissione territoriale è ammessa impugnazione davanti al Tribunale del capoluogo del distretto di Corte di Appello in cui ha sede la Commissione territoriale che ha adottato il provvedimento impugnato. Se lo straniero si trova ospitato in una struttura di accoglienza governativa, in una struttura del sistema di protezione degli enti locali, o è trattenuto in un centro di permanenza per i rimpatri, il ricorso va presentato alla Sezione specializzata del Tribunale distrettuale del luogo in cui ha sede la struttura o il centro presso cui si trova il richiedente, a prescindere dalla sede della Commissione territoriale che ha emanato il provvedimento sulla protezione.
Oggetto di impugnazione è sia il diniego della domanda di protezione che la decisione di rimpatrio. A seguito delle ultime modifiche normative intervenute (art. 7 legge n. 50/23), la decisione di rigetto produce, infatti, anche direttamente gli effetti del provvedimento di espulsione amministrativa (cd. provvedimento unificato) e comporta quindi l’obbligo di rimpatrio.
Contro il provvedimento della Commissione territoriale che ha totalmente respinto la domanda di protezione o ha riconosciuto allo straniero un tipo di protezione minore rispetto a quanto richiesto, il richiedente protezione può proporre ricorso, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla notificazione del provvedimento (60 giorni, se il richiedente asilo risiede all’estero).
Dopo che riceve la comunicazione del rigetto della domanda di protezione internazionale, il richiedente ha diritto a rimanere sul territorio italiano sino alla scadenza del termine per proporre il ricorso. Decorso tale termine (30 o 15 giorni a seconda dei casi), in conseguenza della decisione di rigetto, vi è 'obbligo per il richiedente di lasciare il territorio nazionale, a meno che gli sia stato rilasciato un permesso di soggiorno ad altro titolo oppure la Commissione territoriale ritiene vi siano i presupposti per concedere un permesso di soggiorno per protezione speciale.
Per effetto del deposito del ricorso l’efficacia del provvedimento che ha respinto la domanda di protezione internazionale o che ha dichiarato la revoca o la cessazione dello status è sospesa automaticamente, ad eccezione di alcuni casi tassativi, ovvero domande presentate dal richiedente trattenuto nei CPR, domande dichiarate inammissibili o rigettate per manifesta infondatezza o, in ultimo, nel caso di domande presentate in maniera strumentale e per le quali è prevista la procedura accelerata.
In base all’articolo 35 bis del D.lgs. n. 25/2008 il Tribunale dovrebbe pronunciarsi entro quattro mesi dalla presentazione del ricorso. Oggetto della domanda non è il provvedimento negativo della Commissione territoriale, bensì il diritto soggettivo alla protezione internazionale.
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