Il Consolato Italiano a Salonicco: Informazioni e Contesto Storico
Nella seconda metà del XIX secolo, l'influenza sociale degli ebrei italiani residenti nel vivace centro portuale di Salonicco, specie di quelli giunti negli ultimi tempi, «superava di gran lunga la loro importanza numerica».
Tanto questo recente flusso migratorio, quanto quello sviluppatosi nei secoli precedenti, provenivano per lo piĂą dalla comunitĂ ebraica di Livorno e in minor misura da quelle delle cittĂ adriatiche.
Gli ebrei italiani e di altri Paesi europei nella Macedonia ottomana godevano di uno status privilegiato (le «capitolazioni») rispetto agli ebrei locali e talora agli stessi turchi.
Alle soglie del Novecento il gruppo ebraico italiano di Salonicco, pur se comprendente anche persone di ceti bassi e medio-bassi, era caratterizzato quindi da un’ampia presenza di appartenenti all’élite cittadina: commercianti, banchieri, industriali, professionisti.
Nel 1892 il console italiano riferiva che essi occupavano «nella importanza economica e nella considerazione del paese un posto cospicuo e ben meritato».
Leggi anche: Tutto quello che devi sapere prima di partire per la Turchia
Cinquanta anni dopo, mentre avvenivano le vicende narrate in questo studio, i suoi successori scrissero: «Quasi tutto quello che qui abbiamo è in mani di cittadini ebrei e il loro allontanamento significherebbe la perdita irrimediabile di posizioni, che sono il frutto di lunghi anni di lotta» e «Prima della presente guerra, la bandiera mercantile italiana aveva a Salonicco il secondo posto, subito dopo quella greca.
Il consolato italiano di Salonicco osservava con attenzione tutto ciò che concerneva la comunità ebraica.
Nell’aprile 1937, quattro anni dopo l’ascesa al potere di Hitler e un anno prima dell’avvio della legislazione antisemita italiana, il console Michelangelo Zimolo commentava: «E` naturale che abbiano una profonda avversione per la Germania attuale in quanto essa ha realizzato una politica di compressione e di eliminazione verso gli ebrei.
Ed è quindi naturale la loro simpatia verso il Fascismo italiano sapendo essi che gli israeliti in Italia non sono oggetto della ostilità della quale sono oggetto gli ebrei in Germania.
Il processo di introduzione dell’antisemitismo di Stato in Italia produsse effetti anche nelle collettività di emigrati e tra i rappresentanti diplomatici.
Leggi anche: Servizi consolari offerti a Roma
Nel marzo 1938 Zimolo riferì a Roma che un «gruppetto» della «parte cattolica» della colonia «pretenderebbe qui un console apertamente antisemita e che allontanasse gli israeliti da ogni carica finora ricoperta», mentre «sono indubbiamente gli israeliti i maggiori sostenitori delle nostre opere assistenziali».
E aggiunse: «Chi conosce il mio passato sa che in Italia io ho svolto un’attività in perfetto accordo con quanto, sul problema dei semiti, scrive la più accesa stampa antisemita del nostro Paese»; ma riteneva dannoso «in una colonia come questa, ove le due religioni numericamente si equivalgono, l’applicazione rigida dei sistemi che sarebbero consigliati dalle proprie convinzioni».
Era una posizione di pieno allineamento alla politica fascista, ma attenta alla difesa degli interessi concreti del Paese.
L’esercito del Terzo Reich entrò a Salonicco il 9 aprile 1941. Le autorità naziste vi avviarono subito una politica antisemita, similmente a quanto fatto nella vicina Serbia, occupata negli stessi giorni.
Ma mentre la persecuzione degli ebrei ex-jugoslavi si aggravò impetuosamente, fino al completamento dello sterminio nella primavera 1942 (attuato sempre in loco, da ultimo con l’uso di camion saturi di gas), quella dei circa 55.000 ebrei di Salonicco ebbe uno sviluppo cronologico meno rapido.
Leggi anche: NIE Consolato Spagnolo
I trasporti per il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau si succedettero a breve frequenza dal 15 marzo al 9 maggio e poi ancora l’1 giugno e il 10-11 agosto, per un totale di 19 convogli con 48.533 persone; di esse sopravvissero meno di mille.
Tra i deportati vi erano anche ebrei profughi ed ebrei arrestati in altre cittĂ greche sotto occupazione tedesca.
Il 2 agosto partì il convoglio per Bergen Belsen con 367 cittadini spagnoli (successivamente trasferiti in Spagna) e 74 greci privilegiati.
Quelli italiani e di alcune altre nazionalitĂ (varie decine) furono evacuati dai rispettivi governi.
Altri ebrei di Salonicco erano stati deportati, sempre verso Auschwitz, dai Paesi dell’Europa occidentale ove erano emigrati (in novembre 1942 - come si dirà - ne furono arrestati circa mille a Parigi e in altre città francesi).
Oltre che a Salonicco ebrei di nazionalità italiana erano presenti a Tunisi, Alessandria d’Egitto e altre città del Mediterraneo meridionale e orientale.
Il sostegno ai golpisti spagnoli e le aggressioni all’Etiopia e all’Albania degli anni Trenta, così come gli attacchi a Francia, Grecia e Jugoslavia del 1940-1941 mostrarono le dimensioni e gli scopi della nuova politica imperiale fascista.
Questa complessa situazione manifestò i suoi primi effetti rilevanti in Francia e soprattutto in Tunisia, assoggettata a una complessa intelaiatura di autorità locali, francesi, italiane e tedesche.
Lì, a partire dal dicembre 1940, vennero emanati dei decreti antiebraici che allontanavano tutti gli ebrei da incarichi, professioni e proprietà ; ma l’arianizzazione dei beni e delle professioni degli israeliti italiani si traduceva di fatto nella loro «francesizzazione» e quindi nel danneggiamento delle prospettive di dominio italiano in Tunisia.
Così, quando nel maggio 1942 il plenipotenziario italiano ad Atene, Pellegrino Ghigi, comunicò al Ministero che il collega tedesco gli aveva trasmesso la proposta del suo governo di adottare in tutta la Grecia un segno per gli ebrei, il capo di gabinetto Blasco Lanza d’Ajeta concordò con lui che la misura era inopportuna relativamente alla situazione di Salonicco, di Tunisi e dell’intera area mediterranea, aggiungendo che non era «intonata ai nostri criteri di applicazione della politica della razza».
La proposta venne quindi respinta.
Laddove non vi erano interessi nazionali da difendere, il fascismo si comportò diversamente.
Il 9 ottobre 1942 varò la legge di persecuzione degli ebrei in Libia, adattando le norme già emanate in Italia.
Inoltre, sulla scia della politica di allontanamento degli ebrei dal territorio nazionale, l’11 settembre 1942 il ministro degli Esteri Ciano, esortando l’ambasciatore in Bulgaria a tutelare gli interessi economici degli ebrei italiani precisò: «Rimpatrio delle famiglie italiane non ariane costà residenti non può essere impedito.
Per quanto è oggi noto, Hitler non informò Mussolini della sua decisione e questi apprese che lo sterminio era in atto solo nell’estate-autunno 1942.
In particolare il 21 agosto un Appunto del Ministero degli Esteri gli riferì che il segretario dell’ambasciata tedesca a Roma Otto von Bismarck aveva detto che l’arresto e la deportazione degli ebrei croati «tenderebbero in pratica alla loro dispersione ed eliminazione» e l’11 ottobre 1942 Heinrich Himmler, capo delle SS e della polizia, lo informò dell’uccisione in Russia di molti ebrei, anche donne.
Comunque alla fine del 1942 il genocidio e le modalità della sua attuazione erano ormai relativamente noti: il 17 dicembre i governi dell’alleanza antifascista diffusero una Dichiarazione che affermava: «le autorità tedesche [...] stanno ora mettendo in atto il proposito di Hitler, molte volte annunciato, di sterminare la popolazione ebraica in Europa.
Da tutti i territori occupati gli ebrei sono trasportati in condizioni del più abbietto orrore e brutalità verso l’Europa dell’Est.
[...] Non si hanno piĂą notizie di nessuno di quelli portati via.
La Dichiarazione fu firmata anche dal governo greco in esilio.
Non è noto se il testo poté raggiungere gli abitanti di Salonicco, ebrei e non ebrei.
Comunque nel marzo 1943 Gennadios, metropolita greco ortodosso della città , disse che deportazione significava morte e una donna, rinchiusa in attesa della deportazione, in una delle strazianti lettere ai figli ad Atene utilizzò anche il termine sterminio («... Nel corso dello sterminio e su istruzioni del proprio governo, il 22 settembre 1942 l’ambasciata tedesca informò il Ministero degli Esteri italiano che dal 1º gennaio seguente gli ebrei italiani e di altre nazionalità residenti nel «territorio occupato dell’ovest» (ossia Francia, Belgio e Olanda) non sarebbero più stati esentati dalle «misure generali riguardanti gli ebrei» e in particolare dall’obbligo di portare la «stella ebraica» e dall’«allontanamento verso l’est».
La comunicazione precisava, con linguaggio consono al rapporto tra le due dittature, che qualora l’Italia avesse voluto evitare ciò, «ci si permette di suggerire di ritirare [... Le note dell’11 settembre e del 10 ottobre concernevano ebrei italiani abitanti in territori occupati dalla Germania; il «nulla osta» di agosto concerneva ebrei non italiani abitanti in territori occupati dall’Italia.
Per quanto concerne una terza tipologia di persone, quella degli ebrei nati in Paesi ora occupati dall’Italia e abitanti in territori ora occupati dalla Germania, sono stati conservati alcuni documenti concernenti gli israeliti greci emigrati in Francia e in Belgio.
Infine il confronto generale sulla permanenza degli ebrei italiani nell’area controllata dal Terzo Reich si concluse con l’accettazione italiana della proposta tedesca del 22 settembre.
Dopo un ultimo colloquio dell’ambasciatore tedesco a Roma con Ciano, il 27 gennaio 1943 il capo di gabinetto degli Esteri avvisò l’alleato che l’Italia aveva deciso il loro rimpatrio entro il 31 marzo.
Esso sarebbe avvenuto dalla Germania e dai territori «occidentali» occupati (innanzitutto Francia e Belgio) o «protetti» e avrebbe riguardato anche gli ebrei originari delle zone jugoslave annesse all’Italia o libici.
Successivamente venne esteso agli ebrei italiani residenti nei territori polacchi e nei paesi baltici e - come si dirĂ - a Salonicco.
In marzo le autorità tedesche di occupazione in Belgio acconsentirono a includere nell’evacuazione gli ebrei stranieri strettamente imparentati con gli italiani.
In quei mesi la Germania nazista concordò accordi similari con altri nove governi alleati o neutrali: Danimarca, Finlandia, Portogallo, Romania, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Ungheria.
Gli ebrei di Salonicco furono assoggettati al lavoro obbligatorio dall’11 luglio 1942. Quelli italiani ne vennero esentati sin dall’inizio.
Ben presto il console italiano registrò voci sulla revoca dell’esenzione e sull’introduzione di nuovi provvedimenti, quali l’esclusione dalle scuole e dai pubblici impieghi, la limitazione della proprietà , l’obbligo del segno distintivo e la ghettizzazione.
Questi ultimi due provvedimenti erano stati già introdotti dai nazisti in altre zone d’Europa, sempre con l’accompagnamento di massacri, che nella vicina Serbia erano sfociati nello sterminio sistematico, completato nella primavera 1942.
E’ lecito ipotizzare che proprio da questa regione siano arrivate notizie più o meno precise su di esso.
In quello stesso mese il console aveva proseguito l’esame di un’altra questione: quella degli «italiani che hanno rinunziato alla cittadinanza italiana durante il conflitto italo-greco».
Le rinunzie erano state effettuate da «ariani» ed «ebrei»; il consolato ne aveva ricevuto l’elenco nel gennaio 1942.
TAG: #Consolato #Italiano #Italia